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Autore: GiulsOakenshield    27/07/2021    0 recensioni
Sono passati quasi ottant'anni da quando la guerriera Eruannie ha deciso di addormentarsi nel Sonno Eterno. Suo fratello, re Elrond, decide che è giunto il momento di destarla da questa morte apparente per poter fronteggiare l'Oscurità che minaccia ormai apertamente la Terra di Mezzo. Oltre alla guerriera si risveglierà anche un altro nuovo personaggio assai interessante e che potrebbe cambiare le sorti di Arda. Tra la nostalgia per la Montagna Solitaria e per Thorin, un pizzico di risentimento nei confronti di un elfo biondo e l'amore per l'Erba Pipa e la birra, Eruannie dovrà imparare a confrontarsi con i suoi demoni.
Seguito di "Sound of Silence" questa long rappresenta la prima parte di un racconto diviso in tre e che seguirà le vicende del Signore degli Anelli.
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elrond, Galadriel, Legolas, Nuovo personaggio, Sauron
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le Cronache di Eruannie di Imladris'
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Capitolo IX

NdA: in questo capitolo viene introdotto un popolo di mia invenzione, i Meneliani. Ne ho dato qualche accenno nella Raccolta “You are the reason” che vi consiglio di recuperare prima di leggere questo capitolo!

 

 

 

 

CAPITOLO IX

 

 

Una fitta alla spalla le fece emettere un piccolo gemito di dolore che fu udito solo da Legolas. Pur essendo un’Elfa, il veleno stava facendo effetto fin troppo in fretta e le forze le venivano meno ogni attimo passato senza che il drago ottenesse le cure necessarie. Pregò i Valar che lo facessero arrivare fino a Imladris da suo fratello, in modo che potesse salvarlo. Non perché in questo modo avrebbe scongiurato la sua stessa morte, lei era pronta ad affrontare anche quel viaggio, ma perché il suo amico non meritava la morte per mano di orridi Uruk-hai.

Camminavano da almeno un giorno sulla neve del Caradhras e, mentre tutti i suoi compagni sprofondavano nella soffice ed alta distesa immacolata, lei e Legolas camminavano leggiadri sulla sua superficie. In assenza del drago, assunsero loro l’incarico di andare in avanscoperta e, come aveva già predetto il lucertolone prima che iniziassero la scalata, delle nuvole oscure e tempestose si avvicinavano sempre di più alla Compagnia.

<< Io e te potremmo anche superare il valico del Cornorosso, ma gli uomini e gli hobbit non ce la faranno>> Legolas annuì a quella affermazione, concordando che l’idea di passare per le Montagne non era stata delle migliori.

<< Se prendessimo la strada attraverso Moria forse saremo più al sicuro, Balin sicuramente ci darebbe una mano e poi…>> un accenno di un sorriso si aprì sul suo volto pallido, mentre con una mano si riportava un ciuffo dietro alle orecchie a punta.

<<…non vedo l’ora di rivedere Ori e fargli i miei complimenti per i suoi ritratti e per le sue poesie, chissà se avrà composto qualche canzone o qualche ballata in questi anni>> si chiese pensierosa, mentre i ricordi del nanetto le provocarono una piccola risata cristallina.

Legolas si perse per qualche istante ad ammirare la compagna. Tante volte si era chiesto quando avrebbe avuto la possibilità di ascoltare ancora la sua risata e ora non gli pareva vero. Da quando avevano lasciato Imladris qualcosa era cambiato in lei, sembrava odiarlo di meno e dalla loro chiacchierata nei boschi sembrava essersi sciolta di più nei suoi confronti.

Decisero di ritornare dai loro compagni e riferire quanto avevano visto riguardo alle nuvole minacciose, ma quando arrivarono da loro si ritrovarono davanti una scena ancora più preoccupante. Boromir teneva tra le mani l’Anello, mentre Aragorn era già pronto a scattare contro l’uomo di Gondor. Eruannie portò istintivamente una mano all’elsa della spada, mentre vide con la coda dell’occhio che Legolas sfiorava le piume di una freccia. Dopo un attimo di tentennamento Boromir si avvicinò ciondolando a Frodo e gli restituì l’Unico, scompigliandogli i capelli come se non fosse successo nulla.

Eruannie si scambiò un’occhiata preoccupata con il Ramingo, prima di soffermarsi a controllare che Frodo stesse bene. Lasciò che la Compagnia riprendesse il cammino e affiancò il mezz’uomo, circondandogli le spalle con il braccio sano.

<< Stai bene?>> sussurrò inchinandosi un poco verso le orecchie dello hobbit, che annuì balbettando leggermente. Le ricordava così tanto suo zio Bilbo quando Thorin lo aveva minacciato ad Erebor, una morsa le strinse il cuore ma lo lasciò andare subito dopo.

<< Per un attimo ho avuto paura che non me lo avrebbe più ridato>> le confessò il mezz’uomo, mentre la guerriera gli stringeva leggermente la spalla in segno di conforto.

<< In quel caso, avremmo visto quanto può urlare un uomo di Gondor dopo che un elfo di Imladris gli ha infilato il suo bel corno su per il>> Aragorn dietro di loro si schiarì la voce, ricordando alla guerriera la sua presenza solo in quel momento.

L’Elfa lanciò un’occhiataccia all’uomo come a chiedergli se volesse aggiungere altro, quando qualcosa si infranse contro la base del suo collo e una sostanza fredda e bagnata si insinuò nei suoi vestiti, colando giù per tutta la schiena. Lanciò un gridolino sorpreso e cercò di identificare l’aggressore, facendo saettare i grandi occhi blu su ogni membro della Compagnia.

Escluse Sam per la sua timidezza, non si sarebbe mai azzardato. Gandalf era troppo vecchio e troppo lontano. Legolas era troppo serioso e poi guardava avanti per individuare eventuali pericoli. Boromir sembrava chiuso nel suo mutismo dopo aver tentato di impossessarsi dell’Anello. Gimli rideva divertito, ma sulle sue mani non vi era alcun segno che lo incriminasse. Rimanevano solo Merry e Pipino, che sghignazzavano di gusto pur dandole le spalle. Arrivò da loro con due falcate, afferrò quanta più neve poté e inondò i mezz’uomini con una potenza tale da far arrivare qualche fiocco anche addosso a Sam e a Gimli.

<< Non siamo stati noi!>> protestò Merry, alzandosi a fatica e ripulendosi come meglio poteva.

<< È stato Legolas a suggerircelo!>> il tentativo di Pipino era addirittura più ridicolo di quello del cugino, cosa che fece aggrottare la fronte di Eruannie.

Gandalf si era fermato a guardarli, lasciandosi scappare un commento che solo l’Elfa poté udire e che la fece ridere di gusto, mentre gli occhi della guerriera venivano attirati dalle nuvole temporalesche che si avvicinavano con estrema velocità.

 

***

 

Camminavano da ore in quella tempesta di neve, mentre sul loro fianco iniziavano a scorgere la parete di roccia del Cornorosso. I due uomini si erano offerti di portare gli hobbit, dato che la neve si era alzata così tanto da impedire ai piccoli della Contea di proseguire a piedi. Eruannie aveva fatto la stessa proposta a Gimli, ma il nano si era rifiutato categoricamente, in quanto Durin non si sarebbe mai perdonato di essere trasportato da qualcun altro. Orgoglioso e testardo come un vero figlio della Montagna.

I due elfi precedevano la Compagnia, ispezionando il percorso che gli si poneva davanti. Nessuno riusciva a vedere in quella tempesta a parte loro, ma qualcosa o qualcuno li stava ostacolando a tal punto da mettere in difficoltà anche due Immortali come loro.

<< Non potremo proseguire a lungo, sento una malvagia entità nell’aria che ci impedisce di andare oltre!>> urlò la guerriera, cercando di sovrastare il forte suono del vento che si abbatteva impetuoso su di loro. L’elfo annuì e tornarono indietro a comunicare la situazione al gruppo.

Le faccette degli hobbit facevano capolino dai loro mantelli, mentre la neve gli veniva sbattuta in faccia con prepotenza dal vento che infuriava. Anche gli uomini erano allo stremo delle forze, così come Gimli e Gandalf.

<< Dobbiamo prendere un’altra via!>> la voce di Eruannie arrivò con difficoltà ai compagni, che si sforzarono per udirla il più possibile.

<< Gandalf, attraversiamo Moria!>> propose Gimli, con grossi pezzi di ghiaccio incastrati nella barba rossa.

<< Concordo con Gimli!>> ululò la guerriera, cercando di capire se gli hobbit fossero tutti vivi o se stessero morendo assiderati.

Lo stregone annuì e si rivolse a Frodo in quanto portatore dell’Anello. Lo hobbit, più ghiacciolo che carne, annuì energicamente. Così la Compagnia ridiscese la montagna, riacquistando a poco a poco la sensibilità di tutti gli arti.

Quando giunsero ai piedi delle Montagne Nebbiose, Eruannie si allontanò dal gruppo senza dare troppo nell’occhio. Si appoggiò a un albero vicino e si tenne i capelli con una mano, mentre si acquattava per rimettere il poco Lembas che aveva mangiato la mattina. Si passò la fronte con il bordo della giaccia per rimuovere lo strato di sudore che le imperlava il viso.

Ûr-thalion devi resistere” con tono supplichevole sperò di raggiungere il dragone, mentre un altro conato di vomito la faceva piegare in due. Senza che se ne rendesse conto, qualcuno alle sue spalle le poggiò una mano sulla schiena e le tenne la fronte mentre rimetteva, dandole un minimo sollievo.

<< Sta peggiorando>> constatò Legolas, mentre controllava la ferita sul braccio della guerriera. L’Elfa si scostò leggermente, consentendo all’amico di guardarla negli occhi.

<< Perspicace>> ironizzò, mentre si accovacciava a terra con la schiena premuta contro il tronco di un albero. L’elfo le lanciò una rapida occhiata prima di allontanarsi di qualche passo e afferrare dell’Athelas, con cui fece un impacco nuovo alla guerriera.

<< Grazie>> sussurrò l’Elfa, socchiudendo un poco gli occhi e beandosi del vento freddo che li avvolse, mentre le narici captarono il tipico profumo di muschio e pino dell’elfo.

<< Devi riposare, per stanotte coprirò io i tuoi turni di guardia>> emise un verso contrariato udendo le parole di Legolas, ma il principe era irremovibile. Senza nessun preavviso si inginocchiò e la prese tra le braccia, conducendola più vicino al fuoco acceso da Boromir al centro dell’accampamento.

<< Grazie Laeg>> sussurrò, mentre l’elfo la depositava dolcemente su un giaciglio improvvisato. Legolas non disse nulla, si posizionò accanto ai suoi piedi e la coprì con il proprio mantello, mentre una sensazione di serenità riempì l’animo della guerriera, lasciando che cadesse in un sonno profondo.

“Stupida guerriera! Hai lasciato che il tuo drago seguisse la stessa sorte di Scudodiquercia!” una voce sinistra che ben conosceva le invase la mente. Si guardò intorno cercando di capirne la provenienza, ma il buio la circondava rendendola cieca.

“E ora perirete entrambi!” la voce di Sauron le fece male, era come se una lingua di fuoco le bruciasse in testa.

“Esci dalla mia mente, laido!” urlò di rimando, mentre la risata del Signore Oscuro si impossessava di lei.

“Hai già perso una persona che amavi, stai per perdere il tuo drago…cosa farai quando perderai anche il tuo nuovo amore elfico?” Eruannie scosse la testa, mentre vi portava le mani in un tentativo disperato di cacciarlo dalla sua mente.

“No, tu non sai niente…niente!” fece uno sforzo immane per chiudersi al suo controllo, provò ad erigere un muro tra loro e sembrò funzionare. Il Signore di Mordor l’abbandonò, ma non prima di averle mostrato una visione del suo futuro.

Una città alle sue spalle veniva attaccata da un esercito di Orchi, erano talmente tanti che non riuscì nemmeno a quantificarli. Di fianco a lei Legolas combatteva sinuosamente, mozzando teste con i suoi pugnali elfici e scoccando frecce contro i nemici più lontani. Poi un grido stridulo sopra di loro gli fece alzare lo sguardo, portandoli ad individuare un Nazgûl a cavallo di un mostro nero alato proprio su di lei. L’elfo le lanciò un’occhiata piena di terrore, mentre le si catapultava addosso, spostandola dalla traiettoria del loro nemico. La bestia spalancò le fauci e afferrò il corpo di Legolas, facendo scattare la mascella e imprigionando l’elfo nel suo morso. Un grido di dolore lasciò le labbra del principe di Bosco Atro, mentre un fiotto di sangue proruppe dalla sua bocca e un suono per niente rassicurante di ossa rotte giungeva alle orecchie della guerriera.

Urlò di rabbia e di dolore, mentre si gettava contro la bestia che le aveva portato via il suo compagno.

<< Eruannie, svegliati>> nonostante la voce tranquillizzante dell’elfo, la guerriera continuò a gridare per qualche istante, prima di destarsi completamente dal sonno.

<< Laeg?>> chiese timidamente non appena ebbe incrociato gli occhi con quelli dell’altro. L’elfo aveva uno sguardo preoccupato, ma si rilassò in un piccolo sorriso quando vide il blu delle sue iridi.

Senza pensarci lo abbracciò di slancio, mentre il principe di Bosco Atro lasciava che il profumo di rose dei suoi capelli penetrasse nelle sue narici. Sarebbe rimasto così per molto tempo ancora, ma dovevano mettersi in marcia al più presto. Si costrinse a interrompere quel contatto, ricevendo un’occhiata contrariata dell’Elfa e aiutandola subito dopo a rialzarsi.

<< Come ti senti?>> chiese con la fronte aggrottata e lo sguardo che studiava minuziosamente la fasciatura. La guerriera si affrettò a infilarsi la giacca marrone e gli rivolse un sorriso caldo, mentre la preoccupazione derivante dal sogno di poco prima stava lasciando il posto a uno strano miscuglio di sensazioni. Con un gesto della mano liberò i lunghi capelli scuri costellati di treccine e si preparò alla marcia verso Moria.

<< Bene, credo che Ûr-thalion si stia riprendendo>> affermò con convinzione, mentre l’elfo annuiva nella sua direzione. Merry e Pipino le furono accanto in un batter d’occhio e il più giovane le allungò un pezzo di Lembas per colazione.

<< Ci hai fatti preoccupare! Legolas non voleva che ti svegliassimo, diceva che stavi male!>> si lagnò Merriadoc, mentre scrutava la guerriera per controllare che stesse bene.

<< Laeg ha fatto cosa?>> sbottò leggermente irritata. L’elfo non aveva il diritto di condividere con tutti la sua condizione di debolezza, li aveva fatti preoccupare per nulla.

Pipino fece un gesto con la mano per minimizzare e la prese sottobraccio, imitato dal parente. Eruannie rivolse loro uno sguardo interrogativo e quelli non si fecero pregare per darle una spiegazione.

<< Dunque, abbiamo notato come si comporta l’elfo nei tuoi confronti…>> iniziò Peregrino con il suo sguardo da furbetto dipinto sul volto.

<<…quindi sputa il rospo, cosa c’è tra voi due? Dobbiamo sapere se c’è un nuovo contendente!>> la guerriera ridacchiò divertita, comprendendo dove volessero andare a parare.

<< Contendente?>> chiese mentre tutto il resto della Compagnia volgeva un ultimo sguardo alle Montagne Nebbiose e si preparava a percorrerle dall’interno.

<< Certo! Per la tua mano!>> le spiegò Merry risoluto, facendo un piccolo saltello e unendo i piedi pelosi a mezz’aria, prima di atterrare con grazia.

<< La mia mano?>> la guerriera scoppiò a ridere e aggrottò la fronte, chiedendosi a che gioco stessero giocando quei due.

<< Ma certo! Io e Merry ci sfideremo a duello per ottenerla, il principino cosa farà?>> Pipino parlava a voce così alta che tutta la Compagnia li sentì. Eruannie arrossì prepotentemente, mentre Gimli li affiancava.

<< Giovane mastro hobbit, la guerriera che ti trovi davanti non può prendere un mezz’uomo come marito!>> sbottò con un accenno di saggezza nella voce. Eruannie inarcò un sopracciglio, chiedendosi per quale motivo ci si stesse mettendo anche il nano.

<< E perché mai?>> chiesero in coro i due hobbit, assai incuriositi da quella nuova scoperta.

<< Beh, ma perché lei è di stirpe nanica! Dovrà sposare un nano!>> sbottò Gimli, lisciandosi la lunga barba rossa. Eruannie si divincolò dalla presa di quei tre, allontanandosi un poco da loro.

<< Voi>> indicò i suoi interlocutori con un dito, mentre quelli le sorridevano sornioni.

<< Mi fate paura…>> concluse, lasciandoseli alle spalle. Era bello poter distogliere la mente un poco dalla missione, ma doveva concentrarsi e cercare di comunicare con Ûr-thalion.

“Dimmi che stai bene, ti prego” sperò con tutto il suo cuore che il suo pensiero potesse raggiungere il drago.

 

***

 

Nel lontano Est, in una distesa incontaminata dove l’Occhio di Sauron non si era mai posato e dove la pace aveva regnato sovrana per diverso tempo, l’elfo Calen si prodigava nell’addestramento dei giovani di Menel. La figlia della Madre faceva volteggiare la sua lancia sopra la testa, mostrando agli adepti come colpire correttamente un bersaglio in movimento. I Meneliani non erano mai stati un popolo di combattenti, anzi, ma quando il loro alleato Re Thranduil aveva inviato il proprio figlio a chiedere loro una mano nella guerra che avrebbe coinvolto tutta la Terra di Mezzo, la Madre non aveva avuto dubbi sul da farsi. L’Albero della Vita aveva assegnato alla migliore dei suoi figli il compito di insegnare a tutto il popolo di Menel a difendersi. Non era stata certo una passeggiata convincere gli abitanti pacifici di quel pezzo di paradiso a brandire un’arma, figuriamoci insegnargli le basi del combattimento corpo a corpo. Per fortuna avevano avuto ben settantacinque anni per esercitarsi e, quando il Male aveva iniziato ad espandersi sulla Terra di Mezzo come aveva già fatto in precedenza, i Meneliani erano pronti. Certo, la loro tecnica era da perfezionare, dovevano apprendere ancora molto e non potevano di certo competere con i loro cugini di Bosco Atro, ma se la cavavano.

Una forte ventata gelida fece bloccare gli elfi di Bosco Selvaggio. I volti verdi degli abitanti di Menel si voltarono istintivamente verso un punto imprecisato nel cielo, rimanendo a fissare una strana figura che si faceva sempre più vicina. Inizialmente pensarono ad un grande stormo di corvi, ma più quella cosa si avvicinava e più le loro orecchie a punta si appiattivano per la tensione.

Non era uno stormo, era un drago. Iar, l’elfo più anziano del villaggio, affiancò rapidamente Calen, la quale aveva abbassato lentamente la sua lancia. I due si scambiarono un’occhiata preoccupata, prima di iniziare a impartire ordini a tutti gli elfi di Menel. Nel giro di pochi secondi, tutti gli abitanti si rifugiarono nelle proprie abitazioni con la rapidità di un coniglio inseguito da un predatore affamato. Calen si fiondò nella Tenda della Madre insieme a Iar e, sbirciando dalla microscopica apertura nella stoffa, poté ammirare il passaggio del drago sopra le loro teste.

Tutti a Menel conoscevano le leggende delle grandi creature alate che dimoravano indisturbate sulle Montagne Rosse, ma nessuno di loro aveva mai avuto il privilegio di vederle prima di quel giorno. Calen pensò fosse un segno, se positivo o negativo non lo sapeva ancora, ma qualcosa si stava muovendo nella Terra di Mezzo. Iar si prostrò d’innanzi alla Madre, innalzando una supplica. Il grande albero al centro della tenda emanò una leggera luce e la Madre gli parlò.

<< Calen, è giunto il momento di mandare il nostro aiuto a coloro che ce lo chiesero>> l’elfo femmina si allontanò dall’ingresso della tenda e si avvicinò all’albero, quando fu a pochi passi da esso si inginocchiò e depositò la sua lancia al suolo.

<< Se questa è la tua volontà, io la perseguirò>> abbassò il capo in segno di rispetto e accolse la benedizione della Madre. La luce debole che circondava l’albero si fece sempre più abbagliante, fino a esplodere nella tenda. Calen si alzò e, dopo aver lanciato un rapido sguardo a Iar, lasciò l’abitazione per radunare i suoi guerrieri. Un piccolo sorriso le si aprì in volto, non erano guerrieri e mai lo sarebbero stati. Ma erano pronti a morire per mantenere la Vita sulla Terra di Mezzo.

Calen emise un lungo fischio a cui si aggiunsero le voci di tutti gli abitanti di Menel. In breve tempo si ritrovò circondata da tutti gli esseri che popolavano il Bosco Selvaggio. Cervi, conigli, uccelli, volpi, lupi, cinghiali e ogni altro genere di creatura. Gli occhi ambrati di Calen si posarono su ognuno di loro, prima di iniziare a parlare una lingua antica come la terra.

<< Il mondo in cui viviamo rischia di sparire, siamo chiamati a intervenire in questa guerra>> l’elfo femmina fece correre il suo sguardo sulle creature che la circondavano, mentre lei stessa si sorprendeva di come riusciva a parlare così fluidamente una lingua che non aveva nemmeno mai sentito prima.

<< Ci siamo nascosti per troppo tempo, è giunto il momento di uscire allo scoperto e agire>> gli animali si fecero sempre più vicini, mentre le loro orecchie recepivano ogni singola parola dell’elfo femmina.

<< Combatterete con me per la Terra di Mezzo?>> ogni creatura emise un verso di assenso, accompagnato dalle urla dei Meneliani.

Calen sorrise ai suoi compagni e si voltò verso la tenda della Madre, ululando una promessa: sarebbero tornati vittoriosi da Lei.

 

***

 

Ûr-thalion volava sopra le Terre Selvagge da giorni ormai, la ferita alla spalla pulsava e gli provocava alcuni scossoni di dolore che penetravano nelle ossa e si espandevano in tutto il corpo. Sentiva che la guerriera aveva cercato più volte di mettersi in contatto con lui, ma era troppo debole per mantenere quel legame. Il suo istinto lo aveva guidato per tutto quel tempo, anche se non sapeva esattamente dove si stesse dirigendo. Una voce lontana lo chiamava come una madre e lui l’aveva seguita. Sentiva le budella attorcigliarsi in una morsa mortale, ma doveva resistere. Non solo per la sua stessa salvezza, ma anche per quella della guerriera a cui si era legato. Fece scoccare ancora una volta le grosse ali verdi e i suoi occhi guizzarono su una radura sotto di lui. Vide alcune figure microscopiche che si muovevano sull’erba incontaminata mischiandosi con essa. Si chiese che tipo di creature fossero, ma l’istinto gli diceva di non attardarsi. Le grandi Montagne Rosse si stagliavano minacciose davanti a lui. Grosse rocce appuntite con una spruzzata di neve a interrompere il grigio scuro che le dominava. Sentiva che era la strada giusta, che non stava sbagliando e che lì avrebbe trovato la risposta ad ogni sua domanda.

Si lasciò gli strani esseri verdastri alle spalle e valicò con non poca fatica la catena montuosa che si ritrovava davanti. Al di là della stessa, si ritrovò ad assistere ad uno spettacolo che mai avrebbe sfiorato la sua mente.

Era a casa.


   
 
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