NdA: in questo capitolo viene introdotto un popolo di mia
invenzione, i Meneliani. Ne ho dato qualche accenno nella Raccolta “You are the
reason” che vi consiglio di recuperare prima di leggere questo capitolo!
CAPITOLO IX
Una fitta alla spalla le fece emettere un piccolo gemito di
dolore che fu udito solo da Legolas. Pur essendo un’Elfa, il veleno stava
facendo effetto fin troppo in fretta e le forze le venivano meno ogni attimo
passato senza che il drago ottenesse le cure necessarie. Pregò i Valar che lo
facessero arrivare fino a Imladris da suo fratello, in modo che potesse salvarlo.
Non perché in questo modo avrebbe scongiurato la sua stessa morte, lei era
pronta ad affrontare anche quel viaggio, ma perché il suo amico non meritava la
morte per mano di orridi Uruk-hai.
Camminavano da almeno un giorno sulla neve del Caradhras e,
mentre tutti i suoi compagni sprofondavano nella soffice ed alta distesa
immacolata, lei e Legolas camminavano leggiadri sulla sua superficie. In
assenza del drago, assunsero loro l’incarico di andare in avanscoperta e, come
aveva già predetto il lucertolone prima che iniziassero la scalata, delle
nuvole oscure e tempestose si avvicinavano sempre di più alla Compagnia.
<< Io e te potremmo anche superare il valico del
Cornorosso, ma gli uomini e gli hobbit non ce la faranno>> Legolas annuì
a quella affermazione, concordando che l’idea di passare per le Montagne non
era stata delle migliori.
<< Se prendessimo la strada attraverso Moria forse
saremo più al sicuro, Balin sicuramente ci darebbe una mano e poi…>> un
accenno di un sorriso si aprì sul suo volto pallido, mentre con una mano si
riportava un ciuffo dietro alle orecchie a punta.
<<…non vedo l’ora di rivedere Ori e fargli i miei
complimenti per i suoi ritratti e per le sue poesie, chissà se avrà composto
qualche canzone o qualche ballata in questi anni>> si chiese pensierosa,
mentre i ricordi del nanetto le provocarono una piccola risata cristallina.
Legolas si perse per qualche istante ad ammirare la
compagna. Tante volte si era chiesto quando avrebbe avuto la possibilità di
ascoltare ancora la sua risata e ora non gli pareva vero. Da quando avevano
lasciato Imladris qualcosa era cambiato in lei, sembrava odiarlo di meno e
dalla loro chiacchierata nei boschi sembrava essersi sciolta di più nei suoi
confronti.
Decisero di ritornare dai loro compagni e riferire quanto
avevano visto riguardo alle nuvole minacciose, ma quando arrivarono da loro si
ritrovarono davanti una scena ancora più preoccupante. Boromir teneva tra le
mani l’Anello, mentre Aragorn era già pronto a scattare contro l’uomo di
Gondor. Eruannie portò istintivamente una mano all’elsa della spada, mentre
vide con la coda dell’occhio che Legolas sfiorava le piume di una freccia. Dopo
un attimo di tentennamento Boromir si avvicinò ciondolando a Frodo e gli
restituì l’Unico, scompigliandogli i capelli come se non fosse successo nulla.
Eruannie si scambiò un’occhiata preoccupata con il Ramingo,
prima di soffermarsi a controllare che Frodo stesse bene. Lasciò che la Compagnia
riprendesse il cammino e affiancò il mezz’uomo, circondandogli le spalle con il
braccio sano.
<< Stai bene?>> sussurrò inchinandosi un poco
verso le orecchie dello hobbit, che annuì balbettando leggermente. Le ricordava
così tanto suo zio Bilbo quando Thorin lo aveva minacciato ad Erebor, una morsa
le strinse il cuore ma lo lasciò andare subito dopo.
<< Per un attimo ho avuto paura che non me lo avrebbe
più ridato>> le confessò il mezz’uomo, mentre la guerriera gli stringeva
leggermente la spalla in segno di conforto.
<< In quel caso, avremmo visto quanto può urlare un
uomo di Gondor dopo che un elfo di Imladris gli ha infilato il suo bel corno su
per il>> Aragorn dietro di loro si schiarì la voce, ricordando alla
guerriera la sua presenza solo in quel momento.
L’Elfa lanciò un’occhiataccia all’uomo come a chiedergli se
volesse aggiungere altro, quando qualcosa si infranse contro la base del suo
collo e una sostanza fredda e bagnata si insinuò nei suoi vestiti, colando giù
per tutta la schiena. Lanciò un gridolino sorpreso e cercò di identificare
l’aggressore, facendo saettare i grandi occhi blu su ogni membro della
Compagnia.
Escluse Sam per la sua timidezza, non si sarebbe mai
azzardato. Gandalf era troppo vecchio e troppo lontano. Legolas era troppo
serioso e poi guardava avanti per individuare eventuali pericoli. Boromir
sembrava chiuso nel suo mutismo dopo aver tentato di impossessarsi dell’Anello.
Gimli rideva divertito, ma sulle sue mani non vi era alcun segno che lo
incriminasse. Rimanevano solo Merry e Pipino, che sghignazzavano di gusto pur
dandole le spalle. Arrivò da loro con due falcate, afferrò quanta più neve poté
e inondò i mezz’uomini con una potenza tale da far arrivare qualche fiocco
anche addosso a Sam e a Gimli.
<< Non siamo stati noi!>> protestò Merry,
alzandosi a fatica e ripulendosi come meglio poteva.
<< È stato Legolas a suggerircelo!>> il
tentativo di Pipino era addirittura più ridicolo di quello del cugino, cosa che
fece aggrottare la fronte di Eruannie.
Gandalf si era fermato a guardarli, lasciandosi scappare un
commento che solo l’Elfa poté udire e che la fece ridere di gusto, mentre gli
occhi della guerriera venivano attirati dalle nuvole temporalesche che si
avvicinavano con estrema velocità.
***
Camminavano da ore in quella tempesta di neve, mentre sul
loro fianco iniziavano a scorgere la parete di roccia del Cornorosso. I due
uomini si erano offerti di portare gli hobbit, dato che la neve si era alzata
così tanto da impedire ai piccoli della Contea di proseguire a piedi. Eruannie
aveva fatto la stessa proposta a Gimli, ma il nano si era rifiutato categoricamente,
in quanto Durin non si sarebbe mai perdonato di essere trasportato da qualcun
altro. Orgoglioso e testardo come un vero figlio della Montagna.
I due elfi precedevano la Compagnia, ispezionando il
percorso che gli si poneva davanti. Nessuno riusciva a vedere in quella
tempesta a parte loro, ma qualcosa o qualcuno li stava ostacolando a tal punto
da mettere in difficoltà anche due Immortali come loro.
<< Non potremo proseguire a lungo, sento una malvagia
entità nell’aria che ci impedisce di andare oltre!>> urlò la guerriera,
cercando di sovrastare il forte suono del vento che si abbatteva impetuoso su
di loro. L’elfo annuì e tornarono indietro a comunicare la situazione al
gruppo.
Le faccette degli hobbit facevano capolino dai loro
mantelli, mentre la neve gli veniva sbattuta in faccia con prepotenza dal vento
che infuriava. Anche gli uomini erano allo stremo delle forze, così come Gimli
e Gandalf.
<< Dobbiamo prendere un’altra via!>> la voce di
Eruannie arrivò con difficoltà ai compagni, che si sforzarono per udirla il più
possibile.
<< Gandalf, attraversiamo Moria!>> propose
Gimli, con grossi pezzi di ghiaccio incastrati nella barba rossa.
<< Concordo con Gimli!>> ululò la guerriera,
cercando di capire se gli hobbit fossero tutti vivi o se stessero morendo
assiderati.
Lo stregone annuì e si rivolse a Frodo in quanto portatore
dell’Anello. Lo hobbit, più ghiacciolo che carne, annuì energicamente. Così la
Compagnia ridiscese la montagna, riacquistando a poco a poco la sensibilità di
tutti gli arti.
Quando giunsero ai piedi delle Montagne Nebbiose, Eruannie
si allontanò dal gruppo senza dare troppo nell’occhio. Si appoggiò a un albero
vicino e si tenne i capelli con una mano, mentre si acquattava per rimettere il
poco Lembas che aveva mangiato la mattina. Si passò la fronte con il bordo
della giaccia per rimuovere lo strato di sudore che le imperlava il viso.
“Ûr-thalion devi resistere” con tono supplichevole sperò di
raggiungere il dragone, mentre un altro conato di vomito la faceva piegare in
due. Senza che se ne rendesse conto, qualcuno alle sue spalle le poggiò una
mano sulla schiena e le tenne la fronte mentre rimetteva, dandole un minimo
sollievo.
<< Sta peggiorando>> constatò Legolas, mentre
controllava la ferita sul braccio della guerriera. L’Elfa si scostò
leggermente, consentendo all’amico di guardarla negli occhi.
<< Perspicace>> ironizzò, mentre si accovacciava
a terra con la schiena premuta contro il tronco di un albero. L’elfo le lanciò
una rapida occhiata prima di allontanarsi di qualche passo e afferrare
dell’Athelas, con cui fece un impacco nuovo alla guerriera.
<< Grazie>> sussurrò l’Elfa, socchiudendo un poco
gli occhi e beandosi del vento freddo che li avvolse, mentre le narici
captarono il tipico profumo di muschio e pino dell’elfo.
<< Devi riposare, per stanotte coprirò io i tuoi turni
di guardia>> emise un verso contrariato udendo le parole di Legolas, ma
il principe era irremovibile. Senza nessun preavviso si inginocchiò e la prese
tra le braccia, conducendola più vicino al fuoco acceso da Boromir al centro
dell’accampamento.
<< Grazie Laeg>> sussurrò, mentre l’elfo la
depositava dolcemente su un giaciglio improvvisato. Legolas non disse nulla, si
posizionò accanto ai suoi piedi e la coprì con il proprio mantello, mentre una
sensazione di serenità riempì l’animo della guerriera, lasciando che cadesse in
un sonno profondo.
“Stupida guerriera! Hai lasciato che il tuo drago seguisse
la stessa sorte di Scudodiquercia!” una voce sinistra che ben conosceva le
invase la mente. Si guardò intorno cercando di capirne la provenienza, ma il
buio la circondava rendendola cieca.
“E ora perirete entrambi!” la voce di Sauron le fece male,
era come se una lingua di fuoco le bruciasse in testa.
“Esci dalla mia mente, laido!” urlò di rimando, mentre la
risata del Signore Oscuro si impossessava di lei.
“Hai già perso una persona che amavi, stai per perdere il
tuo drago…cosa farai quando perderai anche il tuo nuovo amore elfico?” Eruannie
scosse la testa, mentre vi portava le mani in un tentativo disperato di
cacciarlo dalla sua mente.
“No, tu non sai niente…niente!” fece uno sforzo immane per
chiudersi al suo controllo, provò ad erigere un muro tra loro e sembrò
funzionare. Il Signore di Mordor l’abbandonò, ma non prima di averle mostrato
una visione del suo futuro.
Una città alle sue spalle veniva attaccata da un esercito di
Orchi, erano talmente tanti che non riuscì nemmeno a quantificarli. Di fianco a
lei Legolas combatteva sinuosamente, mozzando teste con i suoi pugnali elfici e
scoccando frecce contro i nemici più lontani. Poi un grido stridulo sopra di
loro gli fece alzare lo sguardo, portandoli ad individuare un Nazgûl
a cavallo di un mostro nero alato proprio su di lei. L’elfo le lanciò
un’occhiata piena di terrore, mentre le si catapultava addosso, spostandola
dalla traiettoria del loro nemico. La bestia spalancò le fauci e afferrò il
corpo di Legolas, facendo scattare la mascella e imprigionando l’elfo nel suo
morso. Un grido di dolore lasciò le labbra del principe di Bosco Atro, mentre
un fiotto di sangue proruppe dalla sua bocca e un suono per niente rassicurante
di ossa rotte giungeva alle orecchie della guerriera.
Urlò di rabbia e di dolore, mentre si gettava contro la
bestia che le aveva portato via il suo compagno.
<< Eruannie, svegliati>> nonostante la voce
tranquillizzante dell’elfo, la guerriera continuò a gridare per qualche
istante, prima di destarsi completamente dal sonno.
<< Laeg?>> chiese timidamente non appena ebbe
incrociato gli occhi con quelli dell’altro. L’elfo aveva uno sguardo
preoccupato, ma si rilassò in un piccolo sorriso quando vide il blu delle sue
iridi.
Senza pensarci lo abbracciò di slancio, mentre il principe
di Bosco Atro lasciava che il profumo di rose dei suoi capelli penetrasse nelle
sue narici. Sarebbe rimasto così per molto tempo ancora, ma dovevano mettersi
in marcia al più presto. Si costrinse a interrompere quel contatto, ricevendo un’occhiata
contrariata dell’Elfa e aiutandola subito dopo a rialzarsi.
<< Come ti senti?>> chiese con la fronte
aggrottata e lo sguardo che studiava minuziosamente la fasciatura. La guerriera
si affrettò a infilarsi la giacca marrone e gli rivolse un sorriso caldo,
mentre la preoccupazione derivante dal sogno di poco prima stava lasciando il
posto a uno strano miscuglio di sensazioni. Con un gesto della mano liberò i
lunghi capelli scuri costellati di treccine e si preparò alla marcia verso
Moria.
<< Bene, credo che Ûr-thalion si stia
riprendendo>> affermò con convinzione, mentre l’elfo annuiva nella sua
direzione. Merry e Pipino le furono accanto in un batter d’occhio e il più
giovane le allungò un pezzo di Lembas per colazione.
<< Ci hai fatti preoccupare! Legolas non voleva che ti
svegliassimo, diceva che stavi male!>> si lagnò Merriadoc, mentre
scrutava la guerriera per controllare che stesse bene.
<< Laeg ha fatto cosa?>> sbottò leggermente
irritata. L’elfo non aveva il diritto di condividere con tutti la sua
condizione di debolezza, li aveva fatti preoccupare per nulla.
Pipino fece un gesto con la mano per minimizzare e la prese
sottobraccio, imitato dal parente. Eruannie rivolse loro uno sguardo
interrogativo e quelli non si fecero pregare per darle una spiegazione.
<< Dunque, abbiamo notato come si comporta l’elfo nei
tuoi confronti…>> iniziò Peregrino con il suo sguardo da furbetto dipinto
sul volto.
<<…quindi sputa il rospo, cosa c’è tra voi due?
Dobbiamo sapere se c’è un nuovo contendente!>> la guerriera ridacchiò
divertita, comprendendo dove volessero andare a parare.
<< Contendente?>> chiese mentre tutto il resto
della Compagnia volgeva un ultimo sguardo alle Montagne Nebbiose e si preparava
a percorrerle dall’interno.
<< Certo! Per la tua mano!>> le spiegò Merry
risoluto, facendo un piccolo saltello e unendo i piedi pelosi a mezz’aria,
prima di atterrare con grazia.
<< La mia mano?>> la guerriera scoppiò a ridere
e aggrottò la fronte, chiedendosi a che gioco stessero giocando quei due.
<< Ma certo! Io e Merry ci sfideremo a duello per
ottenerla, il principino cosa farà?>> Pipino parlava a voce così alta che
tutta la Compagnia li sentì. Eruannie arrossì prepotentemente, mentre Gimli li
affiancava.
<< Giovane mastro hobbit, la guerriera che ti trovi davanti
non può prendere un mezz’uomo come marito!>> sbottò con un accenno di
saggezza nella voce. Eruannie inarcò un sopracciglio, chiedendosi per quale
motivo ci si stesse mettendo anche il nano.
<< E perché mai?>> chiesero in coro i due
hobbit, assai incuriositi da quella nuova scoperta.
<< Beh, ma perché lei è di stirpe nanica! Dovrà
sposare un nano!>> sbottò Gimli, lisciandosi la lunga barba rossa.
Eruannie si divincolò dalla presa di quei tre, allontanandosi un poco da loro.
<< Voi>> indicò i suoi interlocutori con un
dito, mentre quelli le sorridevano sornioni.
<< Mi fate paura…>> concluse, lasciandoseli alle
spalle. Era bello poter distogliere la mente un poco dalla missione, ma doveva
concentrarsi e cercare di comunicare con Ûr-thalion.
“Dimmi che stai bene, ti prego” sperò con tutto il suo cuore
che il suo pensiero potesse raggiungere il drago.
***
Nel lontano Est, in una distesa incontaminata dove l’Occhio
di Sauron non si era mai posato e dove la pace aveva regnato sovrana per
diverso tempo, l’elfo Calen si prodigava nell’addestramento dei giovani di
Menel. La figlia della Madre faceva volteggiare la sua lancia sopra la testa,
mostrando agli adepti come colpire correttamente un bersaglio in movimento. I
Meneliani non erano mai stati un popolo di combattenti, anzi, ma quando il loro
alleato Re Thranduil aveva inviato il proprio figlio a chiedere loro una mano
nella guerra che avrebbe coinvolto tutta la Terra di Mezzo, la Madre non aveva
avuto dubbi sul da farsi. L’Albero della Vita aveva assegnato alla migliore dei
suoi figli il compito di insegnare a tutto il popolo di Menel a difendersi. Non
era stata certo una passeggiata convincere gli abitanti pacifici di quel pezzo
di paradiso a brandire un’arma, figuriamoci insegnargli le basi del
combattimento corpo a corpo. Per fortuna avevano avuto ben settantacinque anni
per esercitarsi e, quando il Male aveva iniziato ad espandersi sulla Terra di
Mezzo come aveva già fatto in precedenza, i Meneliani erano pronti. Certo, la
loro tecnica era da perfezionare, dovevano apprendere ancora molto e non
potevano di certo competere con i loro cugini di Bosco Atro, ma se la cavavano.
Una forte ventata gelida fece bloccare gli elfi di Bosco
Selvaggio. I volti verdi degli abitanti di Menel si voltarono istintivamente
verso un punto imprecisato nel cielo, rimanendo a fissare una strana figura che
si faceva sempre più vicina. Inizialmente pensarono ad un grande stormo di
corvi, ma più quella cosa si avvicinava e più le loro orecchie a punta si appiattivano
per la tensione.
Non era uno stormo, era un drago. Iar, l’elfo più anziano
del villaggio, affiancò rapidamente Calen, la quale aveva abbassato lentamente
la sua lancia. I due si scambiarono un’occhiata preoccupata, prima di iniziare
a impartire ordini a tutti gli elfi di Menel. Nel giro di pochi secondi, tutti
gli abitanti si rifugiarono nelle proprie abitazioni con la rapidità di un
coniglio inseguito da un predatore affamato. Calen si fiondò nella Tenda della
Madre insieme a Iar e, sbirciando dalla microscopica apertura nella stoffa,
poté ammirare il passaggio del drago sopra le loro teste.
Tutti a Menel conoscevano le leggende delle grandi creature
alate che dimoravano indisturbate sulle Montagne Rosse, ma nessuno di loro
aveva mai avuto il privilegio di vederle prima di quel giorno. Calen pensò
fosse un segno, se positivo o negativo non lo sapeva ancora, ma qualcosa si
stava muovendo nella Terra di Mezzo. Iar si prostrò d’innanzi alla Madre,
innalzando una supplica. Il grande albero al centro della tenda emanò una
leggera luce e la Madre gli parlò.
<< Calen, è giunto il momento di mandare il nostro
aiuto a coloro che ce lo chiesero>> l’elfo femmina si allontanò
dall’ingresso della tenda e si avvicinò all’albero, quando fu a pochi passi da
esso si inginocchiò e depositò la sua lancia al suolo.
<< Se questa è la tua volontà, io la
perseguirò>> abbassò il capo in segno di rispetto e accolse la
benedizione della Madre. La luce debole che circondava l’albero si fece sempre
più abbagliante, fino a esplodere nella tenda. Calen si alzò e, dopo aver
lanciato un rapido sguardo a Iar, lasciò l’abitazione per radunare i suoi
guerrieri. Un piccolo sorriso le si aprì in volto, non erano guerrieri e mai lo
sarebbero stati. Ma erano pronti a morire per mantenere la Vita sulla Terra di
Mezzo.
Calen emise un lungo fischio a cui si aggiunsero le voci di
tutti gli abitanti di Menel. In breve tempo si ritrovò circondata da tutti gli
esseri che popolavano il Bosco Selvaggio. Cervi, conigli, uccelli, volpi, lupi,
cinghiali e ogni altro genere di creatura. Gli occhi ambrati di Calen si
posarono su ognuno di loro, prima di iniziare a parlare una lingua antica come
la terra.
<< Il mondo in cui viviamo rischia di sparire, siamo
chiamati a intervenire in questa guerra>> l’elfo femmina fece correre il
suo sguardo sulle creature che la circondavano, mentre lei stessa si
sorprendeva di come riusciva a parlare così fluidamente una lingua che non
aveva nemmeno mai sentito prima.
<< Ci siamo nascosti per troppo tempo, è giunto il
momento di uscire allo scoperto e agire>> gli animali si fecero sempre
più vicini, mentre le loro orecchie recepivano ogni singola parola dell’elfo
femmina.
<< Combatterete con me per la Terra di Mezzo?>>
ogni creatura emise un verso di assenso, accompagnato dalle urla dei Meneliani.
Calen sorrise ai suoi compagni e si voltò verso la tenda
della Madre, ululando una promessa: sarebbero tornati vittoriosi da Lei.
***
Ûr-thalion volava sopra le Terre Selvagge da giorni ormai,
la ferita alla spalla pulsava e gli provocava alcuni scossoni di dolore che
penetravano nelle ossa e si espandevano in tutto il corpo. Sentiva che la
guerriera aveva cercato più volte di mettersi in contatto con lui, ma era
troppo debole per mantenere quel legame. Il suo istinto lo aveva guidato per
tutto quel tempo, anche se non sapeva esattamente dove si stesse dirigendo. Una
voce lontana lo chiamava come una madre e lui l’aveva seguita. Sentiva le
budella attorcigliarsi in una morsa mortale, ma doveva resistere. Non solo per
la sua stessa salvezza, ma anche per quella della guerriera a cui si era
legato. Fece scoccare ancora una volta le grosse ali verdi e i suoi occhi
guizzarono su una radura sotto di lui. Vide alcune figure microscopiche che si
muovevano sull’erba incontaminata mischiandosi con essa. Si chiese che tipo di
creature fossero, ma l’istinto gli diceva di non attardarsi. Le grandi Montagne
Rosse si stagliavano minacciose davanti a lui. Grosse rocce appuntite con una
spruzzata di neve a interrompere il grigio scuro che le dominava. Sentiva che
era la strada giusta, che non stava sbagliando e che lì avrebbe trovato la
risposta ad ogni sua domanda.
Si lasciò gli strani esseri verdastri alle spalle e valicò
con non poca fatica la catena montuosa che si ritrovava davanti. Al di là della
stessa, si ritrovò ad assistere ad uno spettacolo che mai avrebbe sfiorato la
sua mente.
Era a casa.