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Autore: Xeire    28/07/2021    1 recensioni
Un mondo devastato e un ragazzo che ha perso tutto. Un organizzazione ribelle e un giovane capo che deve dimostrare costantemente di essere meritevole del suo posto. Un soldato costretto a nascondere i propri sentimenti. In questa realtà, dove conta solo essere forti per sopravvivere, c'è spazio per l'amore, la fiducia, l'amicizia? Ma, soprattutto, sono stati davvero degli eventi naturali a distruggere l'umanità, oppure, c'è dietro qualcosa di più grande?
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La giornata di Marco era cominciata male ed era proseguita ancora peggio.
Era stato svegliato dal suono di uno sparo e, come d’abitudine, aveva raccolto le sue cose (un coltello a serramanico, il sacco a pelo, qualche vestito) e le aveva infilate a forza dentro lo zaino. Aveva spento il fuoco, sparso le ceneri e chiuso la tenda, che aveva appallottolato e riposto nella sacca. Poi, si era incamminato nella direzione opposta a quella del colpo di pistola.
Non era la prima volta che sentiva degli spari: ormai poteva distinguere con chiarezza una Walther P38 da una Luger o da una Beretta. Ogni tanto sentiva anche qualche mitragliatrice e, più raramente, esplosioni.
Le pistole ormai si potevano trovare ovunque: bastava andare in un qualsiasi Mercato, in una qualsiasi stazione della metro, o in ogni altro luogo al chiuso abbastanza grande da ospitare le migliaia di persone che vi si recavano per acquistare letteralmente qualsiasi cosa.
Marco avrebbe voluto avere con sé una pistola. La prima volta che sentì uno sparo rimase paralizzato per ore, rannicchiato nella sua tenda, stringendo nel palmo sudato il manico del coltello la cui lama rifletteva il suo volto terrorizzato. Per prendere una pistola c’erano tre opzioni. La più scontata: andare al Mercato, che brulicava di Ali, e avere qualcosa di abbastanza prezioso con cui barattarla. La più facile: strapparla dalle mani di un cadavere. La più coraggiosa (o stupida) rubarla a qualcuno. Nessuna di queste tre ipotesi gli sembrava invitante, al momento. Nel posto in cui era qualche mese prima andava spesso al Mercato, soprattutto da zia Jo, una donna con un braccio solo che, quando lo vedeva particolarmente denutrito, gli dava due piatti di zuppa in cambio solamente di uno scoiattolo. A Marco piaceva zia Jo. Gli aveva anche consigliato dove e da chi prendere una pistola a un buon prezzo. Lì non c’era il problema delle Ali: erano molto lontani dal loro quartier generale, non si spingevano tanto lontano. Qualche settimana dopo, qualcuno applicò la terza opzione e tanti saluti alla pistola.
Continuò a camminare, stringendo il coltello, finché non arrivò al delimitare del bosco. Davanti a lui non c’erano altri alberi, solo strade e case. Se fosse uscito, sarebbe stato scoperto. Se fosse tornato indietro, sarebbe andato incontro allo sparo.
Decise di proseguire, fino al prossimo nascondiglio, che si rivelò essere un garage malmesso e polveroso.
Si era dimenticato da quanto tempo faceva quella vita. Si rifugiava da qualche parte, scappava in un altro luogo, cercava un nascondiglio, poi si spostava ancora e ancora. Ogni volta che le Ali si avvicinavano, lui doveva essere il più lontano possibile da loro: davano la caccia a quelli come lui.
Cinque anni fa avrebbe pregato per scappare dalla propria vita: una madre protettiva, un padre troppo esigente, il dover costantemente dare il meglio nelle partite per poter avere la borsa di studio e andare all’MIT. Gli mancava persino la sua piccola casa nella periferia di Chicago, la camera che doveva dividere con suo fratello Javier, il bagno perennemente allagato, l’odore di sigarette e fiori appassiti che proveniva dal salotto.
La vita scorreva così inesorabilmente lenta quell’estate del 2025 che quello che accadde lo investì in pieno come un treno in corsa.  Prima iniziarono le morti: all’inizio qualcuna, nei vari stati d’America (“non è grave” dicevano alla tv, “la situazione è sotto controllo” proclamavano solennemente i politici), poi i decessi si sparsero a macchia d’olio. Un virus letale, in grado di uccidere in poche ore una persona. Si trasmetteva per via sessuale, o per via trasversale, dalla madre al figlio. Non si sapeva altro, né come fosse venuto fuori, né quale potesse essere una possibile cura. Iniziarono a chiamarlo “il nuovo AIDS”, “la malattia del sesso”, o, semplicemente “la Piaga”.
Iniziarono a morire i politici, le loro amanti, i mariti e fidanzati delle amanti e chiunque facesse sesso non protetto. Ovviamente crebbe la necessità dei preservativi e le vendite erano alle stelle, ma non bastavano per tutti. Così le persone fecero quello che sapevano fare meglio: cercare su internet. Chi usava la pellicola alimentare, chi le buste di plastica, chi si lavava le parti intime con la candeggina prima e dopo il rapporto.
Alcuni iniziarono a dichiarare di essere sopravvissuti dopo, vennero chiamati alla tv e intervistati, poi radunati dai migliori team di medici e scienziati. Venne dichiarato che lo 0,001% delle persone poteva contrarre l’infezione senza morire, e svilupparne gli anticorpi. Gli altri erano solo semplici esibizionisti.
In seguito alla scomparsa di chi era ai vertici, seguirono rivolte popolari e corse al potere. Prima un gruppo di vecchi bigotti, secondo i quali la Piaga era una punizione di Dio che dovevamo scontare perché ci eravamo abbandonati alla lussuria e alla dissolutezza. Non durarono molto. Poi si ebbe un governo popolare, come lo chiamavano, ma nemmeno questo superò i 3 mesi. Alla fine militari, paramilitari e simpatizzanti presero il potere e si creò un vero e proprio regime di terrore. Maschi e femmine vennero portati via dalle loro case e collocati in ghetti separati. Non tenevano conto, però, che esistevano altri orientamenti sessuali. La Piaga continuò ad avanzare. Così iniziò ad essere diffusa la notizia che ogni persona, dai 13 anni in poi, sarebbe stata prelevata e isolata, usando le vecchie carceri.
Molti scapparono: in Canada, in Messico, In Colombia. Paesi meno pericolosi, dove nessun governo militare voleva imprigionare le persone.
“Noi dobbiamo andare in Europa” gli disse una volta Javier. Erano nella loro baracca; Marco lo guardò sgranando gli occhi.
“Lo sai che è la cosa migliore. Adesso che tutti stanno fuggendo in Canada o in Messico, i confini sono controllati. Sono pieni di perros”. Perros, i cani dell’esercito. I loro occhi, le loro braccia: quelli che facevano il lavoro sporco per le alte sfere. Mentre parlava, suo fratello stava accarezzando una foto della loro famiglia. Non vedevano più la loro mamma da quando erano stati separati nei ghetti. Si diceva che le donne sopra i 50 anni fossero state portate a Boston, mentre loro erano a Providence. Il padre di Marco e Javier era morto a causa del virus.
Javier diede la vita per quel piano. Cercò tra i suoi contatti una persona che conoscesse un marinaio, uno che potesse portare loro e altri fuggitivi in Europa. Niente aerei, troppo pericoloso. Li aspettavano mesi di viaggio, chiusi in una scatola di metallo galleggiante, con cibo sufficiente per mangiare una sola volta ogni due giorni. Trovato il marinaio, cercò altre persone interessate a quella traversata: tutti i maschi del ghetto, tranne una decina. Tutti insieme offrirono qualcosa per pagare la tratta.
Per scappare e raggiungere il porto dovettero organizzare una rivolta nel ghetto, approfittare del trambusto e scappare: 34 morirono così, uccisi dalle guardie e dai perros. Gli altri 121, compresi Javier e Marco, riuscirono a fuggire, ma erano un gruppo troppo numeroso e non fu difficile per i perros individuarli: dopo poche ore arrivarono i veri militari e cominciarono a sparare. Un proiettile colpì Javier e subito dopo un altro. Il fratello cadde davanti agli occhi di Marco, che si inginocchiò accanto a lui. Non gli importava se gli avrebbero potuto sparare. Il mondo per lui si era fermato nel momento in cui il corpo di Javier si era accasciato al suolo. Lui, così forte e coraggioso, giaceva per terra come una bambola spezzata. Le membra scomposte e il petto coperto di sangue. Marco non vedeva le persone che continuavano a morire, i fuggitivi che venivano picchiati, altri fuggitivi che colpivano con pietre i militari e prendevano loro le armi per difendersi: in quel momento vide solo gli occhi del suo fratellone. Avevano passato gli ultimi due anni in una baracca con lui, a farsi consolare, a ridere, a prendere in giro i perros, a pensare ai loro genitori. In quel momento tutto il mondo, il suo mondo, era racchiuso negli occhi di suo fratello. Li vedeva colmi di tristezza, paura, rabbia, voglia di fuggire, delusione. Marco gli strinse le mani, come se quel solo, insignificante gesto, potesse tenere Javier ancora ancorato a questo mondo.
“M-marco” balbettò, tossendo sangue “vai. Passa dalla discarica, non ti vedranno”. Marco protestò. Non voleva allontanarsi da lui. “te quiero con toda el alma, mi hermano”  sussurrò, mentre i suoi occhi si spegnevano.
Quei ricordi investirono totalmente Marco. Le lacrime gli rigarono le guance. Era tanto tempo che non ripensava a suo fratello. Era troppo doloroso; gli sembrava di non riuscire a respirare, era come se i suoi organi interni stessero per implodere, lacerandolo. Si rannicchiò in un angolo del garage, dietro ad un vecchio pick up arrugginito, come per comprimere il dolore che stava provando, senza lasciarlo uscire. Non seppe per quanto tempo rimase così, ma si scosse dalla trance perché sentì dei rumori. Poteva essere un animale, ma sarebbe stato troppo facile, troppo bello che la cena stesse camminando verso di lui.
Sentì delle voci, lontane, di uomini. Ali? Contrabbandieri? Randagi come lui? Erano troppe le opzioni.
Marco era sicuro che sarebbe stata la peggiore delle opzioni, ovvero le Ali.
Attento a non far rumore si nascose sotto il veicolo, portando con se la sua roba. I passi si avvicinavano e le voci si facevano sempre più chiare.
“… hanno chiamato?”
“L’Orso ci ha assicurato che una sua fonte certa ne ha visto passare uno per di qua”
Marco abbozzò un sorriso: ci aveva preso, Ali. Ali informate da un contrabbandiere del Mercato probabilmente, che aveva spie proprio in questo posto del cazzo. Non gli sarebbe potuta andare meglio.
“Tu, controlla lì. Walker 1 e 2, andate nel garage. Quello nuovo controllerà la strada”.
Il sorriso di Marco scomparve. Poteva restare nascosto lì sotto. Poteva cavarsela. Ma la fortuna non era MAI a suo favore. Trattenne il respiro. Aveva paura. Se le Ali lo avessero trovato, lo avrebbero portato ai Campi. Avrebbe passato la vita a lavorare come uno schiavo oppure avrebbe potuto distinguersi dagli altri, farsi notare e fare l’addestramento per diventare uno di loro. Due ipotesi di merda. In realtà non sapeva bene cosa facessero le Ali a chi veniva catturato, ma queste erano le cose che aveva sentito dire maggiormente. C’era chi diceva che ti veniva fatto il lavaggio del cervello, chi diceva che ti uccidevano e basta. Marco aveva sentito troppe storie e non ci teneva a sapere quale potesse essere vera.
Due uomini piazzati come armadi entrarono nel garage. Marco smise del tutto di respirare. Si rigirava compulsivamente l’anello sul dito. Il cuore sembrava stesse per esplodergli nel petto.
Si guardarono intorno, fecero pigramente qualche passo intorno al veicolo, senza prendersi il disturbo di controllare meglio.
“Sembra non esserci nessuno. Andiamo, voglio andare a mangiare” dichiarò il primo uomo.
“Qui libero, passo” comunicò il secondo ad una specie di walkie talkie mentre si dirigeva verso la porta, seguito dall’altro.
Marco non fece in tempo a stupirsi per quella che definì una” botta di culo” che uno dei due uomini inciampò in qualcosa: ”Ahia! Ma che cazzo è? Stavo per ammazzarmi”
“Fammi vedere” ordinò l’altro. “È un coltello”
Marco si immobilizzò. Il sangue iniziò a martellargli nelle tempie. Non riusciva a credere di essere stato così stupido.
“C’è inciso un nome, guarda: Marco Sanchez”
“Credo che sia del Randagio che stiamo cercando”
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Ciao a tutt*, questa è la mia prima storia. E' stato veramente difficile dover "tradurre" dai pensieri alle parole scritte. Spero che la legga qualcuno  e che mi sappiete indicare i miei errori, cosicchè possa migliorarmi.
Grazie <3 Xeire

 
   
 
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