POST
FATA RESURGO.
E niente, non mi aspettavo di aggiornare, però è
successo. Perdonatemi per aver
inserito la scena più gialla della storia e non averla data
ai Male. Sono
cattiverrima.
Grazie a chiunque segua questo delirio,
Un bacio
RLandH
Qualcosa
di grosso – e sfacciatamente attraente
“Ci
scommetto che è colpa
di qualche studente di antropologia strafatto d’erba che ha
pensato di
giocherellare con le forze occulte perché lo ha letto in un
libro trovato in
biblioteca” era l’ultima cosa che Magnus aveva
sentito, riconoscendo la rabbia
di Justine, che aveva appena aperto il portale nel suo soggiorno, dopo
aver
sigillato casa sua, per proteggere la sua bambina.
Ej si era data un forte slancio, Magnus l’aveva identificata
come una macchia
rossa, che era scivolata al suo fianco, con il rilevatore di
attività demoniaca
in una mano ed una luminosa spada angelica in un’altra.
“Provo un certo brivido nel sapere che combatterò
al fianco di Magnus Bane”
aveva esclamato la ragazzina piena di vigore, “Hai
l’età per farlo si?” aveva
domandato lui di rimando.
Era abbastanza ipocrita da parte sua, visto che aveva aiutato
Biscottino ed
Alexander più e più volte quando avevano circa
l’età di quella ragazza.
“Magriet mi ha portato alla mia prima caccia quando avevo
dodici anni, ha detto
che ero una Shadowhunters e non aveva senso fingere che non lo
fossi” aveva
replicato con un certo divertimento, arricciando le labbra in un
sorriso
soddisfatto.
Non era stato necessario dicesse altro perché davanti a loro
in tutta fretta
comparvero un paio di mondani urlanti.
“Mi occupo io di sistemarli” aveva detto Justine,
anche lei insieme a Ragnor
avevano passato il portale, “Sono più brava con il
glamour e la difesa” aveva
spiegato, dando un’occhiata al suo ex-amante con un tono
spento, “Tu sei
l’esperto di portali e voi due i combattenti” aveva
dichiarato.
“Tuo fratello e molte altre persone potrebbero
dissentire” aveva dichiarato
Ragnor, “C’è un demone vermiforme che
sta avanzando verso di noi, meno
chiacchiere” aveva risposto secca Justine, piccata, prima di
cominciare a
rumoreggiare una formula in greco antico, con i palmi aperti, mentre
bolle
d’energia bianche si stavano sorvegliando sopra la testa dei
mondani urlanti.
Ej aveva sorriso, “Io ed Amenadiel possiamo farcela contro di
lui” aveva
dichiarato con tranquillità, lanciandosi verso il demone con
l’alabarda
angelica luminosa, sotto i raggi del sole, sembrava sapesse rifulgere
ancora di
più.
“Sento una grossa attività demoniaca”
aveva valutato Magnus, “Vedo altri demoni
in arrivo” aveva riconosciuto Magnus, giusto prima che un
lupo mannaro in forma
trasformata venisse sbattuto via da un demone drago di dimensione
notevole.
Ragnor si era occupato di quello, mentre Magnus si era lanciato sul
demone,
pronto a respingerlo con la sua magia.
Quello era il momento in cui rimpiangeva l’assenza degli
shadowhunters,
rimpiangeva l’assenza di Alec sempre, molto spesso e per i
motivi più assurdi,
ma in quel preciso momento pensava di sentir la mancanza dei guerrieri
angelici
e della loro missione.
Una
giovane Doxie era
corsa verso di loro, con l’abito strappato che continuava a
strillare in
olandese cose, che Magnus riusciva a comprendere poco.
L’attimo dopo le vie di Leiden si erano aperte in fiamme
infernali, niente di
troppo pericoloso in realtà realizzava.
Magnus aveva affrontato demoni molto più pericolosi, ma
quella situazione
sembrava un gran caos.
Si
era ritrovato Ej al
fianco ed un giovane nascosto, sospettava fosse fey. “Sai che
sta succedendo?”
aveva chiesto EJ proprio a quell’ultimo, “Stavo
litigando con la mia ragazza,
Anya, è un vampiro, ora è nascosta da qualche
parte” aveva chiarito subito
quello, “Che boom, ci esplode la sinistra e un demone corax
era nel nostro
soggiorno” aveva raccontato impellente.
“Demoni minori ovunque” aveva dichiarato Ej con un
sorriso rigido, aveva perso
la gonna di lustrini e la maglietta, rimanendo solo nella tenuta nera,
oleata
di icore malsano, anche la lama di Amenadiel era insozzata di sangue
demoniaco.
“Senti, cacciatrice” aveva dichiarato quello,
“Quando ero a Idris per
combattere contro l’orda demoniaca di Valentine Morgerstern
in un cacciatore
poco sorridente mi ha fatto una runa della condivisione, alleanza, non
ricordo”
aveva dichiarato quello, ammiccando allo stilo allacciato alla coscia
di Ej.
Lei lo aveva guardato, “Ficata, si, la runa
dell’alleanza. Ne ho sentito
parlare!” aveva ammesso Ej squillante, “Willem e
Isolde se la fanno spesso!”
aveva aggiunto, “Però ecco, non ricordo come si
faccia” aveva ammesso con una
punta di imbarazzo. “Per tua fortuna la conosco io”
si era intromesso Magnus,
afferrando il braccio di Ej “Segui il disegno”
aveva detto, tracciando con una
sottile riga blu, come il tratto di una matita per occhi il disegno
sull’avambraccio
della ragazza.
Lo stregone aveva allungato il suo braccio a sua volta.
Magnus
aveva preso il
telefono, per chiamare suo marito, ma aveva scoperto che il telefono
era andato
a vuoto, non aveva di che scrivere un messaggio di fuoco ed era esausto.
Aveva sistemato la bellezza di diversi demoni, tutti minori, senza
particolare
importanza, i mondani sembravano decisamente scomparsi, con
l’eccezione di un
ragazzo particolarmente spigliato con una pistola armata di proiettili
sicuramente non standard ed i nascosti si erano organizzati bene.
“Una di queste bestiacce ha attaccato il mio ragazzo
oggi” si stava lamentando
un uomo grande come un armadio a due ante, con espressione cattiva
mentre
teneva il piede sulla testa di un moribondo demone valtak. Magnus non
aveva mai
provato particolarmente empatia per i demoni, ma doveva dire che
l’orribile
creatura paludosa ed anguiforme in quel momento li procurava un filino
di pena.
“Magnus!” era stato chiamato a gran voce da
Justine, che stava venendo verso di
lui piuttosto infervorata, “C’è una
fottuta porta infernale nella mia città”
aveva dichiarato, “Più di uno, troppi demoni
differenti” aveva dichiarato poi
Magnus.
“Non vedevo un casino del genere da quando Maometto II ha
deciso di prendere
Constantinopoli” aveva dichiarato Justine, “Be,
almeno non è come la volta che
Lilith e Samael hanno aperto la via” aveva scherzato Magnus.
L’amante di Magnus
aveva lanciato verso di lui uno sguardo al vetriolo, “Oh se
scopro chi è lo
stregone che c’è dietro, lo anniento”
aveva detto poi lei infastidita, le dita
erano scintillate di magia bianca, densa, sfrigolante.
Poi si era rivoltata diverso un gruppo chiassoso lì di
là, “Atras smetti di
pavoneggiare e ammazza quel demone!” aveva strillato Justine,
riferendosi al
gruppetto con il demone valtak, prima di prendere Magnus senza
particolare
grazia.
“Dovevo saperlo che sarebbe andato tutto storto appena Bo mi
ha chiesto di
incontrare te e Ragnor. Non potevi venire da solo?” si era
lamentata, “Ma che
dico è stato da quando quella stronza di Ele che mi ha
chiamato che sapevo
sarebbe successo qualcosa. Antonius, infame, ha duemila anni che
sarà mai? Non
è il caso di parlare di pensionamento, ai miei tempi
c’erano certi stregoni
Hittiti molto più vecchi” aveva vomitato fuori,
mentre seguivano il frusciante
flusso di energia demoniaco.
Più potente rispetto quello emanato dai demoni.
“Ragnor ha insistito per venire” le aveva confidato
Magnus, “Fingeva non fosse
così, ma lo ha davvero fatto” aveva aggiunto.
Era stata Catarina a suggerirlo, Ragnor era stato poco inclino ad
andare
inizialmente, timoroso della reazione della stregonesca, ma poi
…
Justine si era lasciata sfuggire un sorriso, “Non lo avrei
mai detto dopo
l’ultima volta” aveva dichiarato lei,
“Sì, mi ha detto che non è finita
proprio
bene” aveva rammentato Magnus, “Direi che
è un eufemismo” aveva dichiarato lei.
Prima che Justine potesse aggiungere altro, lei e Magnus erano stati
costretti
ad arrestarsi, l’avevano percepita forte e chiaro, come una
secchiata d’acqua
gelata sulla schiena. Energia demoniaca di quelle oscure, profonde e
spaventose.
Feroce.
Qualcosa di diverso.
“Cosa
è stato?” aveva
chiesto lo stregone, “Qualcosa è passato. Qualcosa
di grosso. E questo
mi ricorda il tempo in cui le grandi bestie demoniache camminavano in
questo
mondo” aveva risposto Justine.
Magnus ne aveva sentito parlare.
Contro quelle che i Nephilm Giganti, grossi e infiammati, servivano,
per
combattere contro quelle bestie, che di quei tempi non riuscivano
più a
valicare le dimensioni. Tutti i portali e gli strappi che si erano
aperti erano
come crune d’ago per loro.
Magnus si chiese se per caso non avessero a portata di mano un paio di
parabatai innamorati da impiegare in quel momento – sarebbe
stato utile.
Il viso di Justine si era fatto livido, letteralmente, come la pietra,
aveva
perso per qualche secondo la compostezza sulla sua illusione, prima di
riprendere con furia la sua camminata.
“Hai parlato con tuo marito?” aveva chiesto subito
Justine, “Ho provato, ma non
risponde” aveva spiegato Magnus, “Spero che la
vegliarda di Amsterdam ci
riesca. Ho fatto informare l’istituto di Amsterdam,
Rotterdam, Haarlam ed anche
l’Aia, non che credo che i Pangborn si
presenteranno” aveva spiegato subito la
stregona.
Prima che Magnus potesse o meno lanciarsi in illazioni, decisamente
stupefatto
dalla prontezza di Justine, visto come sia lei, sia Ragnor, avevano
più volte
sottolineato l’insofferenza ai Nephilm della strega, ma tutto
il suo sarcasmo
era stato inghiottito via.
“Demoni infernali” aveva detto Magnus, invece,
quando l’aveva vista.
La cosa.
“Ma … quella …” si era
lasciata sfuggire Justine strozzata.
Bella in una maniera quasi disarmante, una bestia, ed era tutto dire
perché lui
non aveva mai trovato esattamente carini i demoni.
Ma quello era notevole.
Aveva il corpo snello di una pantera dal manto sabbia, ma ben
più enorme, aveva
le zampe massicce come quelle d’un orso, con unghia nere e
spesse. Dal busto si
diramavano sette lunghi colli squamati ed altrettanti famelici musi
bestiali.
Tre erano leonine, con fauci d’avorio, tre di pantera e tre
di leone, ed una
quarta informe, d’una bestia che non era nulla
d’umano comprensibile, ma
spaventosa, più spessa e grossa delle altre. Tutte avevano
denti aguzzi e occhi
carmini. leonini, con zanne arcuate ed occhi rosso carminio. Ogni testa
svettava una criniera di grano ardente, da cui sulla sommità
del capo
spuntavano corna dorate. Alcune teste ne avevano una, ritte ed
acuminate come
quelli d’un unicorno ed altre due arricciate come quelle
d’un caprone[1].
“Ma quelle sono corone. Il demone indossa corone!”
aveva esclamato Ej,
confusa e – be, anche strabiliata –
perché sì, aveva ragione, ogni testa aveva
il proprio diadema, degno di una vincitrice di un concorso di bellezza.
Magnus non si era decisamente accorto del fatto che la giovane
cacciatrice
fosse arrivata, era insozzata di icore dalla testa ai piedi, ma aveva
gli occhi
luminosi, sfrigolati, con la lama ruggente in mano.
Al suo fianco c’era un fey su di giri, su cui scintillava la
runa dell’alleanza.
“Cosa è quello?” aveva esclamato proprio
quell’ultimo con la voce sottile come
un miagolio. “Direi la Bestia a sette testa e dieci corna,
dritta fuori
dall’Apocalisse di San Giovanni. Una versione in miniatura,
grazie a San
Giuseppe” aveva risposto Justine.
“L’ultima volta che è stata sulla terra,
ci sono voluti tre shadowhunters,
alcuni infuocati e molto grandi, due lupi mannari
ed uno stregone per
buttarla giù” aveva raccontato.
C’era un brivido di soddisfazione in quel racconto.
“Siamo uno shadowhunters alleato ad un fey e due stregoni
molto potenti” aveva
dichiarato Ej, usando la sua maglia per togliere via l’icore
fangoso.
“Come si uccide?” aveva chiesto solamente il
ragazzo fey, “È tipo come quella
storia dell’Idra che se tagli una testa ricrescono
doppie?” aveva domandato.
“No, bisogna tagliare le teste, tutte le
teste. Se potete raccogliete le
corone” aveva risposto Justine.
Magnus immaginava fossero pregne di potere.
“Però c’è
qualcos’altro” aveva valutato Justine,
“Ma non riesco a ricordare
cosa” aveva ammesso poi, colpevole e frustrata, prima di
ricordare loro – e
nessuno le stava dicendo nulla – che erano passati quasi
novecento anni.
Ej aveva annuito, “Sento che avrei dovuto ascoltare meglio la
lezione di
Grootmoder sull’apocalisse. Henrich saprebbe sicuramente
tutto” aveva aggiunto.
Allora speravano tutti nella buona creanza della matriarca
dell’Istituto di
Amsterdam, che mandasse loro la cavalleria.
Da
lì a poco Magnus
avrebbe scoperto cosa Justine avesse dimenticato sulla Bestia a Sette
Testa e
Dieci Corna – ed era proprio un bel mistero come avesse
dimenticato un fattore
così importante.
“Tu non vuoi ferirmi Magnus Bane”
aveva sentito.
Era certo che ad aver parlato fosse stata la testa centrale, quella
mefitica,
ma quando dallo squarcio zannuto non era uscito il roborare di un
ruggito,
Magnus aveva capito di essere incappato in un problema. La voce della
bestia
era la stesa calda voce di Alec, in certe notti che Magnus conservava
nei suoi
ricordi e che era certo di essere stato l’unico ad udire.
“Tu vuoi solo adorarmi, Magnus Bane, come hai sempre
fatto” lo aveva invitato
la voce.
In un secondo Magnus non era più in una caotica strada di
Leiden, di fronte una
bestia biblica – in miniatura – ma nel vecchio
appartamento parigino in cui
aveva abitato negli anni in prossimità della Rivoluzione
Francese.
E c’era anche Alec, bello come il sole, l’innocenza
che ancora dopo tutto quel
tempo albergava nei suoi occhi, completamente assopita in contrasto con
occhi
blu scintillanti di pura malizia ed un sorriso lezioso ad adornarli il
viso.
“Mio Magnus, mio bellissimo Magnus” aveva insistito
Alec, prendendolo per mano,
era bollente, guidandolo verso quell’improbabile letto,
alcova di amanti ed
amori, dimenticati nel tempo. Ma non Alec, che Magnus lo sapeva,
sarebbe
rimasto in eterno, sepolto sotto la pelle, ramificato nel profondo a
stringere
presa sul suo cuore.”
“Alexander” era riuscito a
sospirare solamente Magnus, prima di sentire
le mani bollenti, quasi brucianti sulla sua pelle, sul suo collo, il
suo viso.
“Mi adorerai Magnus, vero? Ci venererai
come se fossi il tuo
unico dio?” aveva chiesto Alec, smaliziato, ad un centimetro
dal suo orecchio,
sfiorando il suo lobo con le labbra morbide, baciandolo poì,
lì, sulla guancia,
sulla mascella.
Magnus sentiva sulla pelle scintille di fuoco.
Brucianti e dolorose, eppure elettrizzanti.
Non era necessario che lo chiedesse, ovviamente, Magnus avrebbe sempre
adorato,
venerato e vezzeggiato Alexander, in quel momento e probabilmente per
sempre.
Alec lo aveva baciato, a distrarlo da quel bacio – passionale
e sbagliato, era
stato la mano di suo marito che aveva infilato la mano entro il bordo
dei suoi
pantaloni di pelle.
“Mi adori vero Magnus Bane, sono
l’unica cosa che conta? Sei nostro,
vero? Nostro e solo?” aveva insistito
Alec.
La sua mano era infiammata e, be, Magnus trovava estremamente difficile
concentrarsi. Per un solo secondo si era lasciato balenare da quella
situazione, un secondo di troppo. Divorato dalla bestia, guidato verso
un letto
di spine ed inganni, avvolto dal calore dell’inferno, mai
stato così seducente.
“Oh ma questo è scontato” aveva
risposto, con fatica, allontanandosi dalle
labbra fameliche di quell’Alec, “Io ho
dedicato già la mia fedeltà ad Alec
Lightwood” aveva dichiarato.
La bestia aveva sorriso.
“Quello vero, però. Lo splendido figlio
dell’angelo, con il sorriso più
luminoso del sole stesso” aveva detto Magnus, calmo, mentre
osservava il viso
dell’Alec infernale scomporsi, “Ed anche se
decisamente più disinibito, ancora
fin troppo pudico per questo scenario e quella maglietta di rete, ma
tranquillo
fiorellino, conserverò quest’illusione per
l’avvenire” aveva scherzato.
Alec aveva riso, di gusto, con una punta di crudezza, accomodandosi sul
letto a
baldacchino, incrociando le gambe.
“Non dovremmo essere stupiti d’altronde, sei un asmodeide”
aveva
dichiarato.
Magnus aveva inclinato il capo, “Sono anche uno stregone di
quattrocento anni,
con un bel po’ di esperienza alle spalle, questo ha
contribuito” aveva
dichiarato, che non aveva alcuna voglia di dare meriti a suo padre di
nulla.
Alec aveva riso, “L’età regala a voi
stregoni molti doni e conoscenze, ma il
sangue prescinde da essa” aveva raccontato. “Tu sai
chi sono io, ma io non so
chi sei tu” aveva ammesso Magnus. “Il
nostro nome è Yam, siamo il figlio
di Leviatano, la Bestia del Mare, o almeno una sua pallida ombra[2],
lo stregone che ci ha
evocato non aveva così tanto potere a disposizione per
evocarmi come si deve[3]”
aveva raccontato, “O
anche solo per controllarci. Lui si è inginocchiato a noi e
lo ho marchiato
come nostro” aveva dichiarato, “Come
farò con tutto questo mondo, vi asservirò
a noi e banchetteremo con le vostre anime” aveva esclamato,
“Anche con la tua
Magnus Bane, Asmodeide, che forse pensi di esserti sottratto alla
nostra
lussuria ma sei ancora ancorato alla nostra
volontà” aveva dichiarato, facendo
roteare un dito per indicare l’illusione di cui era ancora
prigioniero.
Magnus aveva riso, “Fin da che sono bambino Ragnor Fell ha
evocato demoni che
mi tentassero” aveva dichiarato con orgoglio, ripensando come
lui stesso avesse
compiuto tale azione sul suo mirtillo. Per prepararlo.
“Non sei che una versione più grossa e –
riconosco – sfacciatamente più
attraente di quello” aveva stabilito inflessibile.
Yam aveva riso, cristallino, per un secondo era apparso veramente come
il suo
Alexander, “Mi piaci Magnus Bane, i principi avevano detto
fossi divertente, in
particolare Samael, ma non credevo fino a questo punto” aveva
concesso il
demone, “Forse hai ragione, non posso tentare la tua anima,
sei già così oscuro
da non aver bisogno di essere tentato, saresti probabilmente anche
indigesto, i
figli di Lilith lo sono sempre, troppo simili a noi … ma il
tuo corpo, o sono
sicuro quello me lo gusterò pezzettino per
pezzettino” aveva dichiarato.
Magnus doveva dichiararsi davvero teso da quella situazione, Yam era
brutalmente seducente, anche se stava sfruttando la faccia
d’angelo di suo
marito, cosa che cominciava anche ad irritarlo.
“Ho evocato demoni maggiori, ho evocato …angeli,
e sono ancora qui per
raccontarlo, non sarai tu Yam a terminare la mia vita” aveva
dichiarato.
[1]
La
descrizione è una combo di quella canonico con qualcosa di
personale.
[2]
Yam
parla al plurale per il fatto di essere composto da sette teste ma
è
effettivamente un unico individuo, all’inizio parla al
singolare eprchè sta
interpretando “Alec”.
[3]
Diciamo
che ho immaginato l’evocazione di Yam come quella di Lilith
compiuta da
Sebastian per raccogliere il sangue: incompleta. In questo caso per la
‘manchevolezza’ dello stregone, rispetto a veri
problemi relegati alla bestia.