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Autore: ChrisAndreini    09/08/2021    0 recensioni
L'unico obiettivo di Phoenix Wright, semplice garzone di paese, era raccogliere un sasso caduto dal cielo per avere l'occasione di sposare la donna che ama, e magari incontrare il padre che non aveva mai conosciuto nel frattempo. Non aveva mai messo in conto che tale roccia si sarebbe rivelata un brontolone irritante e irritato e che il suo regalo di compleanno e proposta di matrimonio sarebbe stato ricercato da tre principesse, una strega spalleggiata dal bicentenario padre, e un'aspirante regina con manie di grandezza. Se poi ci mettiamo in mezzo anche una pericolosa ciurma di pirati dei cieli, mercanti senza scrupoli e stregoni mezzi ciechi e molto abili negli inganni, si può dire con assoluta certezza che Phoenix avrebbe preferito restare a casa. Anche se l'avventura può pericolosa della sua vita può rivelarsi anche la più straordinaria e importante che affronterà mai. E chissà, magari si renderà conto che l'amore della sua vita potrebbe essere diverso da quello che pensava.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Franziska von Karma, Maya Fey, Miles Edgeworth, Phoenix Wright
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Stardust

Prologo

 

C’è chi crede che le stelle che illuminano il cielo notturno altro non siano che grosse palle di fuoco a miliardi di chilometri di distanza. Rocce cosmiche senza vita, senz’anima, senza cuore.

Ognuno è libero di credere in ciò che vuole, ma se una stella dovesse sentire tali supposizioni, posso assicurarvi che il suo sdegno sarebbe decisamente forte e giustificato.

Perché le stelle era molto più di questo, e sebbene ce ne fossero alcune che potevano considerarsi senz’anima, un po’ come senz’anima sembrano alcuni uomini, una cosa è certa: hanno un cuore. Un cuore di una potenza straordinaria, capace di illuminare il cielo, concedere giovinezza e vita eterna a chiunque se ne fosse impossessato. Insomma, erano di certo molto più che semplici palle di gas.

E chiunque dicesse il contrario, veniva fulminato dai loro occhi luminosi.

Perché un’altra cosa che bisogna sapere delle stelle, è che osservano costantemente la terra, e gli altri pianeti che si trovano a loro portata di vista. La vita lassù nel cielo, dopotutto, non è particolarmente piena di eventi, quindi le stelle osservavano i drammi degli uomini come fossero il loro Netflix. E senza possibilità di cambiare canale, purtroppo.

E in quel momento, sulla terra, c’erano due fatti che quasi tutte le stelle si alternavano dall’osservare.

Beh, uno di questi due fatti era un evento estremamente importante, che tutte le stelle del firmamento stavano osservando.

Il secondo fatto era di importanza minima per le stelle e per gli uomini, ma è fondamentale in questa storia, pertanto ne parlerò, anche se, a conti fatti, di importanza teoricamente ne aveva ben poca.

Entrambi gli eventi si svolgevano a poche centinaia di miglia di distanza, in Inghilterra, ai due lati del muro che divideva il villaggio di Wall, che prendeva il nome proprio dal muro di pietra che era vietato attraversare, e il regno fantastico di Kurain, dimora di maghi, streghe, regine e magia.

I due luoghi non sapevano della rispettiva esistenza, ma ciò non significava che non si fossero mai incontrati.

E Phoenix Wright era il degno esempio di incontro tra i due mondi. Un vero e proprio “figlio” dei due mondi.

Ma non è ancora arrivato il momento di parlare di lui, passiamo invece al grande evento che stava capitando quella notte nel regno di Kurain, al castello reale.

 

Infatti la regina, Ami Fey, era sul suo letto di morte, circondata dalle tre nipoti e dall’unica figlia rimasta: Morgan Fey, madre della nipote più piccola, Pearl.

Voci di corridoio sussurravano che la regina Ami non sopportasse la scelta della figlia di chiamare la nipote Pearl, e che tutto ciò che sarebbe successo di lì a poco, sarebbe stato quasi interamente a causa dell’infelice scelta.

Infatti, nella famiglia Fey, era tradizione che ogni nome avesse la M da qualche parte.

La regina Ami teneva molto a questa tradizione, infatti aveva chiamato i suoi tre figli con nomi che cominciavano con questa sacra lettera: Misty, Manuel e Morgan.

La maggiore, Misty, era stata altrettanto fedele alla tradizione, e aveva chiamato le sue figlie Mia e Maya. Purtroppo era scomparsa anni prima, durante la ricerca del secondogenito, Manuel, sparito molti anni prima, quando era ancora adolescente. Avevano quasi tutti perso le speranze di ritrovarlo, e non aveva prodotto eredi, da ciò che la famiglia Fey poteva supporre.

L’ultima figlia, Morgan, era poco attenta alla tradizione, e neanche particolarmente amante della famiglia, da ciò che le stelle potevano osservare.

Non aveva versato neanche una lacrima alla notizia che i suoi fratelli maggiori fossero scomparsi, e l’unica persona che riuscisse a strapparle un sorriso era sua figlia Pearl, l’unica figlia che aveva, e il suo gioiellino.

Anche adesso che sua madre era in punto di morte, Morgan non riusciva a fingere di essere triste al riguardo, e il suo volto impassibile tradiva l’accenno di un sorriso.

Era l’unica erede, era ovvio che la corona sarebbe passata a lei.

E forse sarebbe anche stato così, se non avesse chiamato sua figlia Pearl.

Ami era sul suo letto di morte, e guardava amorevolmente le nipoti chine al suo fianco.

Mia Fey, la maggiore, di anni 27 stringeva la mano della nonna. Tentava di farsi forza per non piangere ed essere il sostegno delle altre due, ma i suoi occhi erano lucidi.

Maya, sua sorella, di anni 17, piangeva copiosamente, ed era abbracciata a Pearl, la cugina di appena 8 anni, che non capiva esattamente cosa stesse succedendo, e continuava a sperare che la nonna si riprendesse, ma sentiva comunque la gravità della situazione, e piangeva a sua volta.

-Mie carissime nipoti…- cominciò Ami, guardando le tre ragazze con affetto -…figlia…- diede poi un’occhiata a Morgan, che inarcò un sopracciglio, ma non replicò -…il mio tempo è giunto ormai alla fine. Ho vissuto una lunga vita piena di gioia, amore, e ho dato tutto il possibile per essere una buona regina. Non ho alcun rimpianto- nonostante le sue parole, lanciò un’occhiata a Morgan che sembrava dire “beh, forse un rimpianto potrei averlo, ma non voglio pensarci”.

-Sei la migliore regina che questo regno abbia mai avuto, nessuno potrà mai eguagliarti- commentò Mia, avvicinandosi all’amata nonna che l’aveva cresciuta come una madre dopo la scomparsa di Misty.

-Vorrei tanto aver avuto il potere di impedire che i miei figli sparissero nel nulla, ma grazie per le tue parole, Mia. Sono certa che chiunque di voi diventerebbe una meravigliosa regina- guardò le nipoti, con affetto.

-Ma può esserci solo una regina- le ricordò la figlia, Morgan, allargando appena il sorriso quasi impercettibile, che iniziò quasi a somigliare ad un ghigno gongolante.

-Morgan ha ragione. Solo una di voi può salire sul trono. Normalmente, questo onore spetterebbe alla primogenita della famiglia…- Ami cominciò ad annunciare le regole.

Il ghigno di Morgan di allargò. Anni di attesa, di schemi, di inganni, e finalmente avrebbe avuto la corona.

-Ma Misty purtroppo è scomparsa anni or sono, così come Manuel- Ami scosse la testa. Mise una mano sul magatama che indossava. Brillava di una luce verde, ed era il simbolo della famiglia Fey. Possederlo dava il pieno potere, sia metaforico che letterale, dato che era la pietra più ricolma di magia spirituale del regno. Solo il re o la regina avevano il diritto di tenerlo in mano, e le capacità di usarlo.

E in pochi minuti Morgan avrebbe avuto questo onore, stava sbavando dall’attesa.

Ami se la tolse dal collo.

-Nonna, il tuo magatama…- commentò Mia, sorpresa se lo stesse donando.

Morgan sollevò il braccio per prenderglielo dalle mani, ma uno strano gesto di sua madre la bloccò sul posto.

Infatti, concentrandosi al massimo delle sue forze che lentamente la stavano abbandonando, tenne stretta tra le mani la pietra, che da verde divenne nera come la pece, perdendo il suo brillio caratteristico

Morgan si ritirò, sconcertata.

Cosa diamine stava succedendo?!

-Il primo dei miei nipoti che riesca a trovare il magatama diventerà il futuro monarca del mio regno. Solo una di voi nipoti. Chiunque altro tocchi il magatama che non sia mio nipote non riuscirà a restituire ad esso il suo brillio verde, quindi non potrà ereditare il trono- spiegò Ami, mettendo particolare enfasi sul grado di parentela che l’erede doveva avere con lei.

Morgan era troppo sconvolta per essere fumante di rabbia come avrebbe voluto. E anche toppo sconvolta per suggerire a sua figlia di prendere la collana finché era in tempo e a portata di mano.

Si limitò a fissare sua madre a bocca aperta.

Ami dischiuse le mani, e il magatama iniziò a volteggiare a mezz’aria, girando intorno le increduli nipoti, ma pronto a sfuggire alla loro presa nel caso si fossero avvicinate troppo.

-Non voglio che questa piccola gara separi la famiglia, prendetela come nient’altro che una divertente caccia al tesoro… e che vinca il migliore- sorrise con affetto alle nipoti, non lanciò neanche un’occhiata alla figlia, e si accasciò sul cuscino.

Mentre le tre Fey più piccole si affrettarono ad accertarsi delle sue condizioni, piangendo e non dando la minima attenzione alla collana, Morgan cercò di afferrarla. Non avrebbe potuto essere regina, ma doveva fare in modo che sua figlia lo diventasse, e comandarla a bacchetta da dietro le quinte.

Ma nel momento stesso in cui Morgan alzò la mano per prendere la pietra, questa sfrecciò violentemente fuori dalla finestra, verso il cielo notturno, in mezzo alle stelle che stavano osservando la scena con distaccato interesse.

E trascinando una di loro con sé, nella sua inevitabile caduta.

Una delle poche stelle che non stava minimamente osservando quella scena, ma era intenta a guardare con attenzione un processo che si stava tenendo a Londra proprio in quel momento.

Purtroppo non avrebbe mai saputo come fosse andato a finire.

E non avrebbe neanche mai scoperto se, dall’altra parte del mondo, il Samurai d’Acciaio e il Crudele Magistrato si sarebbero sposati davvero, o se le leggi giapponesi avrebbero impedito la loro unione, perché non sarebbe rimasto nel cielo abbastanza per ritornare ad osservare il Giappone la mattina dopo.

Decisamente fastidioso.

E terribilmente doloroso.

La stella, di nome Miles, cadde violentemente al suolo accompagnato da un ciondolo che non sapeva neanche quanto fosse importante, dritto in mezzo ad una foresta di Kurain, formando un enorme cratere, e provocandosi un forte dolore al coccige e alla gamba.

Mentre la luce iniziava ad affievolirsi dal suo corpo, sussurrò gli ultimi pensieri che aveva avuto prima dell’arrivo del magatama: -L’accusato è chiaramente colpevole, vostro onore- prima di svenire per il dolore dell’impatto.

 

Ma ora passiamo al secondo particolare evento della serata, quello che nessuna stella stava osservando, ma che a noi interessa particolarmente.

E prima di dare i dettagli dell’evento in sé, meglio presentare i protagonisti, o meglio, il protagonista, di questa storia, non solo dell’evento.

Il suo nome era Phoenix Wright, ed era un giovane ed entusiasta ragazzo di 24 anni, che lavorava come garzone alla bottega di paese, ed era ben poco considerato.

Non era infatti più bello, più atletico o più intelligente degli altri ragazzi della sua età. Sua madre affermava con assoluta convinzione che fosse il più buono, e non posso obiettare su questo. Purtroppo il resto del villaggio di Wall obiettava, dato che la madre di Phoenix Wright, Patricia Wright, era vista di cattivissimo occhio a Wall, come una poco di buono e una poco seria. Sebbene fosse molto intelligente, una gran lavoratrice, e una bellissima donna, tutti i suoi pregi venivano surclassati dallo scandalo di avere un figlio illegittimo, e di non essersi mai sposata.

Nessuno sapeva chi fosse il vero padre di Phoenix, ma tutti supponevano fosse un poco di buono come lei, con la quale Patricia aveva passato un’avventura di una notte finita male.

Phoenix sapeva che se non fosse stato per lui, sua madre sarebbe potuta essere decisamente rispettata, e avere tutto ciò che meritava. E cercava sempre di renderla orgogliosa al meglio delle sue possibilità.

Anche se, ora come ora, il suo obiettivo era più che altro tentare di conquistare la donna di cui era profondamente innamorato, e ragazza più bella, brillante e gentile dell’intero villaggio, forse anche dell’intera Inghilterra: Dahlia Hawthorne.

Figlia del sindaco, piena zeppa di ammiratori, nessun fratello o sorella ad eccezione di una sorellastra di nome Valerie. Nessuna gemella, nessun mistero su chi fosse sua madre, che era la moglie del sindaco e non si chiamava Morgan. Meglio specificarlo.

Phoenix sapeva di non essere all’altezza di una ragazza tanto splendida, ma stava comunque cercando di corteggiarla al massino delle sue capacità, con fiori, favori, e comportandosi praticamente come un cagnolino fedele pronto ad agire ad ogni suo ordine. 

E sebbene sua madre non fosse molto felice della cosa, questo metodo, per Phoenix, stava funzionando alla grande, perché era passato da non essere neanche notato, all’essere, in quel preciso momento, seduto sotto le stelle con l’amore della sua vita, intento a bere dello champagne e mangiare dei panini.

Se questo non era progresso, cos’era? Sfruttamento? Sì, io punto sullo sfruttamento, dato che Dahlia aveva mangiato quasi tutto, bevuto metà bottiglia, Phoenix era stato colui che aveva organizzato e pagato, e al momento la ragazza si stava rimirando le unghie e non prestava la minima attenzione allo spasimante.

-Non avevo mai bevuto champagne prima d’ora… tu avevi mai bevuto champagne?- Phoenix stava cercando di mantenere viva la conversazione. Aveva speso tutti i suoi risparmi per quella serata, e voleva che fosse significativa.

-Sì, Doug ieri mi ha portato ad una locanda molto alla moda. Ne abbiamo finite due bottiglie- rispose Dahlia, sorridendo civettuola al pensiero, e guardando Phoenix e la sua unica bottiglia con una certa delusione.

Phoenix si rabbuiò, e le riempì il bicchiere nel tentativo di essere più gentiluomo di Doug.

-Passi molto tempo con Doug, ultimamente- osservò, pensando al suo maggiore rivale d’amore.

Ne aveva molti, che erano comunque più letali di Phoenix stesso, ma Doug era il candidato principale al cuore della ragazza, pertanto il maggiore rivale.

-Sì, ci divertiamo. E poi è un avventuriero, e un genio. Qualche giorno fa è andato a Londra, e dicono sia stato solo per comprarmi un anello per il mio compleanno- si vantò la ragazza, scuotendo la lunga chioma ramata.

Il cuore di Phoenix sembrò sprofondare nello stomaco.

-Un anello? Perché un anello?- chiese, sperando che l’ovvia conclusione non si rivelasse anche giusta.

-Feenie, tesoro, perché un uomo compra un anello ad una donna?- chiese Dahlia, in tono ovvio, guardandolo come se fosse un idiota.

Phoenix abbassò lo sguardo.

-Ti chiederà in sposa…- sussurrò, incapace di accettare l’idea -E… dirai di sì?- chiese poi, in tono ancora più basso. Il suo compleanno sarebbe stato in una settimana. Mancava pochissimo tempo.

-È andato fino a Londra, purtroppo non posso rifiutarmi, Phoenix. Mi dispiace- più finta dell’affetto che Ami provava per la figlia minore, Dahlia diede un buffetto sul naso di Phoenix, tentando di fargli rendere conto che il futuro era già scritto.

-Io per chiederti in sposa andrei fino a Parigi, a Roma, in Cina perfino. Andrei ovunque nel mondo, troverei i gioielli più preziosi, oro, animali esotici. Artefatti magici. Tu vali molto di più di un semplice anello che viene da Londra- Phoenix le prese le mani e la guardò negli occhi per trasmettere tutto l’amore che provava per lei. Il panico della consapevolezza che avrebbe potuto perdere la donna che amava nel giro di una settimana venne sostituito in fretta dalla determinazione di fare tutto quanto in suo potere per non perderla.

Dahlia rimase impassibile.

-Che carino che sei, ma purtroppo se non arriverai con un’offerta migliore in una settimana, non potrò in alcun modo rifiutare quella di Doug- la ragazza scosse la testa, fingendosi dispiaciuta, ma in realtà con malevolo divertimento.

Adorava vedere i suoi ragazzi scannarsi tra di loro.

La replica di Phoenix venne interrotta quando lo sguardo di entrambi venne attirato da una stella cadente. Era una visione piuttosto rara da quelle parti, e quella stella, in particolare, sembrava avvicinarsi a loro, e scendeva più lentamente, brillante e acciecante.

-Wow- per la prima volta da che Phoenix la conoscesse, Dahlia sembrò genuinamente affascinata dalla visione davanti ai loro occhi. Il suo sguardo ambizioso sembrava recepire l’immenso potere che quella stella portava con sé. 

E Phoenix non era da meno.

Quella stella cadente era meravigliosa.

E sembrava estremamente vicina, a qualche miglio oltre il muro invalicabile.

Un’idea gli balenò in testa.

-Dahlia…- strinse con forza la mano della ragazza, che si girò a guardarlo quasi seccata -Per avere la tua mano, io attraverserei il muro e ti porterei quella stella- annunciò con determinazione e occhi brillanti.

Dahlia sembrò davvero stupita dalla sua proposta, ma la sorpresa durò poco. Sorrise e piegò la testa, interessata e malevolmente divertita.

-Davvero? Riusciresti nell’impresa in una settimana?- lo sfidò, valutando le possibili opzioni.

-Sì!- Phoenix, facendosi illuminare dalla speranza, si alzò in piedi, per mostrare la sua decisione -Se ti portassi la stella entro il tuo compleanno, mi sposeresti?- chiese, mettendosi poi in ginocchio come se quella fosse la sua proposta.

Dahlia esitò solo un istante, poi allargò il sorriso.

-Ovviamente, una stella personale presa oltre il muro invalicabile batte di gran lunga un anello di Londra… ma ho paura che sia pericoloso per te- finse preoccupazione, ma non fece che riempire Phoenix di maggiore determinazione.

-Come ho detto, per avere la tua mano farei questo e altro! Attraverserò il muro, prenderò quella stella, e te la porterò entro il tuo compleanno, te lo prometto!- le diede un bacio sul dorso dell amano, si alzò, e si avviò pieno di energia verso l’entrata del muro, senza neanche munirsi di provviste o avvertire sua madre del suo piano suicida.

Quando sparì dalla portata di vista, il sorriso di Dahlia sparì. Si ripulì il dorso della mano che Phoenix aveva baciato come se fosse infetto, prese la bottiglia con lo champagne avanzato, e vi si attaccò, finendola in un sorso.

Nella sua mente c’erano due possibilità, che non le dispiacevano affatto: la prima possibilità era che Phoenix non riuscisse neanche ad attraversare il muro, fallendo quindi immediatamente nell’impresa e smettendo di sbavarle addosso. Era l’ipotesi più probabile;

La seconda possibilità era che Phoenix superasse il muro e venisse ucciso durante l’impresa da creature selvagge. Era molto più improbabile, ma Dahlia lo sperò con sadico divertimento.

Ovviamente la possibilità che Phoenix tornasse con la stella erano persino meno di zero, quindi Dahlia non si preoccupò di doverlo un giorno sposare. Fosse stato per lei, non avrebbe sposato nessuno, ma Doug era una buona opzione. Era ricco, quindi poteva ucciderlo e beccarsi tutti i soldi. Phoenix non poteva dargli neanche quello, dato che era povero in canna.

Anche se, se gli avesse portato una stella… nah, non l’avrebbe sposato comunque, era una persona troppo insignificante.

E poi sarebbe senz’altro morto tentando.

 

Oltre il muro, a parecchie miglia di distanza dalla foresta dove era caduta la stella, una ragazza di circa diciassette anni parlava con una persona che lei chiamava padre, ma che sembrava di anni averne un centinaio, anche se non era affatto così. 

…di anni ne aveva quasi un migliaio.

-Ti dico che l’ho vista, mentre raccoglievo la legna per il fuoco. Una stella brillante! Caduta a ovest di qui- la ragazza informava il padre, che la guardava con un sopracciglio inarcato.

-Ne sei certa, Franziska?- chiese l’uomo, prendendo il proprio bastone e provando ad alzarsi.

-Sì, posso andare a recuperarla, te la porterò, e potrai ringiovanire e allungare ulteriormente la tu vita!- esclamò la ragazza, con veemenza, tenendo stretto il manico della frusta che portava sul fianco.

-Tu? Perché dovrei affidare una missione così importante ad una ragazzina?- Manfred scosse la testa, e si avviò zoppicando verso una mensola, per prendere le sue medicine magiche.

Franziska lo guardò in modo eloquente.

-Perché sei un cencio che a malapena sa stare in piedi- borbottò tra sé, roteando gli occhi.

-Come, prego?- Manfred si  mise sull’attenti, offeso, ma seriamente ignorante su cosa la figlia avesse detto, dato che era anche duro d’orecchi.

-Non ti deluderò, padre. Sarò rapida come il vento, ti porterò il cuore della stella in pochi giorni, e ci terremo in contatto con gli orecchini- Franziska si recuperò, e indicò i gioielli che entrambi portavano alle orecchie. 

-Giorni? Bah! Ci metterò pochi minuti con la candela di Babilonia- Manfred, dopo aver preso le medicine, si piegò con difficoltà per armeggiare in un piccolo cassetto.

Franziska gli si avvicinò, con un sopracciglio inarcato.

-Ne avevamo un’altra? Non avevi usato l’ultima per andare al mercato, sette anni fa?- chiese Franziska, confusa.

Manfred si interruppe, e rifletté con attenzione.

Poi si girò verso la figlia.

-Ti do massimo una settimana. Spero tu ci metta meno se non vuoi deludermi. Ti guiderò con le rune- alla fine le diede il permesso di uscire finalmente di casa.

Franziska non trattenne un sorriso pieno di gioia, e salì in fretta in camera sua per prepararsi prima del lungo viaggio.

Era la prima volta che le veniva concesso un compito così importante, e non avrebbe mai deluso suo padre.

L’uomo che le aveva dato una casa e lezioni di magia, riconoscendo il suo talento straordinario.

L’uomo che le aveva insegnato che la perfezione era l’unica risposta, e il fallimento non era mai contemplato.

 

Insomma, per riassumere, tre principesse cercavano una collana, caduta insieme ad una stella, che era cercata da una strega spalleggiata dal padre ultracentenario e un ragazzino che voleva solo un regalo di nozze.

Insomma… una bella caccia al tesoro.

   
 
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