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Autore: SabryYasha    09/08/2021    3 recensioni
A volte rifugiarsi nei sogni sembra l'unica via di salvezza, o almeno è questo che pensa Kagome, una ragazza di diciassette anni, costretta da sempre a vivere un incubo dopo l'altro: bullismo, genitori violenti, amicizie instabili e tante paure.
Incontrerà qualcuno che sarà in grado di aiutarla a farle trovare un bagliore di luce in quel tunnel buio e soffocante.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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1) Situazioni complicate

 
Partiamo dal fatto che nessuno la sta cagando. La sua spiegazione è divertente quanto le 3000 pubblicità che sei costretto a skippare prima di guardare un video di 2 minuti su YouTube.
Ma poi... perchè diavolo la professoressa di giapponese crede che quello che sta spiegando possa essere di vitale importanza? È mai morto qualcuno perchè non conosceva vita, morte e miracoli di Matsuo Bashō?


Sbuffo annoiata e assumo una posizione scomposta sulla sedia, sbattendo potentemente il palmo della mano sul banco. Impreco a bassa voce per il dolore.
"Signorina Higurashi, qualcosa non le garba?" Sentendo il mio cognome, sposto lo sguardo verso la professoressa. Mi osserva con aria severa, posando le mani sui fianchi.Mi sbrigo a ricompormi e mi sistemo composta, chiedendole scusa.


Riprende la lezione e cerco di stare attenta questa volta, ma mi distraggo subito a causa di una pallina di carta che colpisce la mia spalla.Mi giro per vedere chi è il cretino che me l'ha tirata, anche se so già chi è stato: ovviamente lui, Naraku Shibuya, il bullo della classe, colui che trova divertente mostrare al mondo la sua ignoranza.Soddisfatto per l'esilarante scherzo, scoppia a ridere rumorosamente, battendo il cinque al suo amichetto decelebrato."Coglione" sussurro, alzando il dito medio verso di lui.


"Ma insomma, cos'è questo fastidioso vocìo di sottofondo?" La professoressa si gira scocciata, e, notando me con quel bel ditino alzato, spalanca gli occhi, per poi guardarmi con sdegno.
"Higurashi, Shibuya, fuori dalla classe! Non posso spiegare un argomento così importante se voi fate così tanto rumore! E tu, signorina, vedi di imparare le buone maniere, altrimenti ti porto dalla preside."Ascoltando l'ultima frase, roteo gli occhi con fare annoiato.Va a finire che sono io la maleducata qua dentro.
Una volta usciti dalla classe, ci appoggiamo al muro, mantenendo ovviamente una distanza di sicurezza, indispensabile per me per non essere contagiata dalla sua ignoranza e per non dargli il privilegio di respirare la mia stessa aria.


"Ehy tu." Sentendo la sua sgradevole voce, giro verso di lui."Che vuoi?" Gli chiedo malamente. Sono innervosita, perché per colpa sua sono stata cacciata dalla classe. È dalla seconda media che mi dà il tormento con i suoi scherzi e le sue battute del cavolo. Sa essere veramente sgradevole quando vuole.
"Che problemi hai?" Mi domanda, lasciandomi un attimo perplessa."Come scusami?"
"Ti ho chiesto che problemi hai. Sei sempre così chiusa e scorbutica, potresti anche farti una risata una volta ogni tanto." Sentendo queste parole, mi giro dalla parte opposta, dandogli le spalle e ignorandolo. A domande tanto stupide preferisco non rispondere. Non può pretendere che io mi possa fare due risate con la persona che da cinque anni mi tormenta senza motivo. Ha quasi 18 anni e si mette a fare scherzi del cavolo con l'intento di infastidirmi. Mi duole ammetterlo, ma ci riesce.


Lo sento sospirare pesantemente per la mancanza di una risposta da parte mia, ed io lo imito. Guardo l'orologio per vedere quanto manca alla fine della lezione. 27 minuti. Arriccio il naso, infastidita al pensiero di dover stare sola con lui per mezz'ora.
"Per domani abbiamo da fare qualcosa?" Mi chiede il troglodita."Non lo so, dovrei controllare il diario. Quanto ci scommetti che la prof di matematica ci ha dato almeno 15 esercizi?"
"E tu quanto ci scommetti che non aprirò libro?" Chiede con un sorriso sghembo."Ma per carità, photomath tutta la vita. Chi ha voglia di fare matematica?"
"Nessuno, solo Ayame Sasaki, la perfettina secchiona di 'sto cazzo."


Ayame Sasaki è la più brava della classe, in tutte le materie. È molto saputella, a volte quasi insopportabile e poco umile, ma non è poi così male alla fine.
"Dai, non insultarla, sa essere anche gentile e simpatica" lo riprendo, dandogli una leggera gomitata sul braccio."Sì, certo, simpatica quanto una supposta nel culo." Sbuffa annoiato.Mi giro verso di lui, alzando le sopracciglia. Trattengo una risata, per non dargli la soddisfazione di fargli credere che sia stata divertente la sua battuta.Lui, però se ne accorge, e dice stupito: "Ah, allora sai anche ridere, i miei complimenti. Credevo che tu non conoscessi affatto il senso dell'umorismo."
"Se ti ho dato questa impressione, è solo perché il tuo senso dell'umorismo è penoso. In realtà rido per qualsiasi cosa, ma tu fai ridere solo a te stesso."E mezz'ora passa così, tra un battibecco e un altro. Suona finalmente la campanella, annunciando la fine di questa lezione di escremento.
Mi fiondo in aula per preparare lo zaino ed esco di corsa. Non vedevo l'ora di andarmene. Mi incammino verso casa molto lentamente, perché non ho voglia di tornare in quella gabbia di matti. Prima di rincasare, mi addentro in un parco e mi fermo a guardare le piante di ciliegio che stanno fiorendo. È uno spettacolo bellissimo. Uno di questi giorni cercherò di venire, è un posto così bello e rilassante...

 

Al suono del mio stomaco che brontola, decido che è ora di tornare a casa, anche se al solo pensiero mi sale l'angoscia. Non ho un rapporto roseo con i miei genitori, anzi, tutt'altro. Mia madre è una casalinga, mio padre un operaio che di recente ha perso il lavoro. Fantastico direi.
"Sono tornata" urlo appena apro la porta. Ovviamente non arriva nessuna risposta. Entro, e vengo subito investita da un forte e sgradevole odore di aria consumata. Mi affretto ad alzare le serrande e a spalancare le finestre, ma immediatamente sento un lamento che mi avverte che qualcuno non gradisce la luce solare in casa."Abbassa quella cazzo di serranda, Veronica." Mi implora con voce stanca la donna che mi ha partorito, portandosi un braccio a coprire gli occhi."Hai mangiato?" Le chiedo ignorando la sua richiesta, dirigendomi verso la cucina."E perché dovrei? Se muoio di fame almeno non avrò più nulla a che fare con tuo padre, e tu non sarai più costretta a sopportarmi." Dice con voce roca."Hai assolutamente ragione, ma non voglio averti sulla coscienza, quindi vieni a sederti, preparo qualcosa da mangiare al volo."Sbuffa rumorosamente, alzandosi di malavoglia. Entra in cucina e si siede, mentre io preparo un uovo e taglio un po' di insalata. Consumiamo il pasto in totale silenzio, finché non le domando dove sia mia padre."Dice di essere andato a cercare lavoro, ma tu ci credi? Per favore, chi vuole prendere in giro? Sarà andato a puttane quello stronzo." Mi risponde mia madre, accendendosi una sigaretta e riempiendosi il bicchiere di vodka.


La situazione in casa fa decisamente schifo ed è insopportabile.Non riusciamo in alcun modo a sopportarci, litighiamo di continuo oppure ci ignoriamo, nessuno si occupa della casa, la dispensa ha sempre un'abbondante scorta di superalcolici che vengono consumati in pochi giorni...
"Quando vi deciderete a divorziare?" Chiedo con aria stanca, massaggiandomi le tempie."Divorziare? Ti sei bevuta il cervello? E dopo chi porterà i soldi a casa?""Papà è stato licenziato, ed è ora che ti rimbocchi le maniche e trovi un lavoro anche tu." La rimprovero.
La sua reazione, esagerata come sempre, non tarda ad arrivare. Sbatte con forza il bicchiere sul tavolo, facendomi sobbalzare, ed urla "Come puoi dirmi queste cose, razza di idiota? Tu non puoi sapere come sia difficile. Credi che io sia felice di non avere un lavoro???"Alzo gli occhi al cielo, sapendo perfettamente che non si è mai impegnata a cercarne uno. La verità è che mia madre non sa e non vuole fare nulla.


Si alza stizzita, mi lancia la sua sigaretta consumata, che finisce sul mio braccio, ustionandomi leggermente e facendomi sobbalzare per l'improvviso bruciore "Buttamela, e pensa tu a sistemare la cucina, ingrata che non sei altro." E se ne va dalle palle, lasciandomi da sola. Mi sciacquo subito la ferita che mi ha causato mia madre con la cicca e lavo i piatti, trattenendomi dall'urlarle contro.in queste condizioni non c'è modo di farla ragionare.
Mi fa incazzare dover subire i loro litigi solo perché mia madre non vuole divorziare per poi cercare un lavoro. Questa situazione fa stare male tutti e tre, non è affatto salutare.
Decido di chiudermi in camera e iniziare a fare i compiti.


Dopo qualche ora sento la porta d'ingresso aprirsi e mio padre che sbatte qualcosa per terra. Alzo gli occhi al cielo, pregando che non succeda nulla. Lo sento sbiascicare cose a caso e capisco che anche oggi è tornato ubriaco. Mia madre scende al piano terra, rimproverandolo "Anche oggi sei ubriaco, e dimmi, hai trovato lavoro o sei stato con le tue puttane?" Esco dalla camera e sbircio un po'."Stai zitta, troia, cercati un lavoro e poi dimmi se è così facile come pensi." Sbraita mio padre, spingendo mia madre contro la porta della cucina.Mi tappo le orecchie, un po' perché non voglio sentire i loro litigi così violenti e volgari, un po' per la paura di quel che potrebbe succedere. Mi rinchiudo in camera per ascoltare un po' di musica, cercando di ignorare le loro urla. Dopo una mezz'oretta sento le palpebre farsi pesanti e, senza accorgermene, mi addormento.
Un rumore improvviso mi desta dal mio sonno. Controllo l'orario: 22:38. Cazzo, ho dormito così tanto? Ho anche saltato la cena. Ovviamente nessuno dei due si è preso la briga di venirmi a svegliare. Sento la porta aprirsi ed intravedo la sagoma di mio padre."Quante volte ti devo ripetere di bussare prima di entrare?" Gli chiedo innervosita. Non dice nulla, semplicemente respira in modo affannoso, e la cosa in po' mi spaventa. Quando si avvicina sento un forte odore di alcol."Che schifo, hai di nuovo bevuto"Ancora non dice nulla, e quando lo vedo chinarsi verso di me inizio ad agitarmi. "Papà?" Lo chiamo titubante. "Oh sì Vilma, dillo di nuovo" geme mio padre. Vilma? Con un gesto fulmineo, si lancia verso di me, mettendomi una mano sotto la maglietta, accarezzandomi i fianchi, per poi risalire verso il seno.Realizzo ciò che sta succedendo quando si abbassa a baciarmi il collo, così porto le mani sul suo petto e lo scanso con forza, facendolo sbattere per terra.


Mi risistemo la maglia e corro verso il bagno, per poi chiudermici dentro. Non riesco a credere a quello che è successo. Stavo per essere violentata da mio padre, che credeva che io fossi un'altra donna, una certa Vilma. Ho i brividi. Che schifo. Sconvolta da ciò che è appena successo, mi siedo per terra, appoggiata al muro e con le ginocchia strette sul petto. Ansimo in mancanza di ossigeno e, senza rendermene conto, inizio a piangere in preda all'ansia. Che diavolo è appena successo? Non riesco ancora a crederci, è surreale tutto questo!
Odio la mia vita. Odio la mia famiglia. Odio la mia scuola. Non c'è nulla che vada bene.
Rimango in bagno per circa 20 minuti, poi, un po' titubante, decido di controllare che quell'essere schifoso sia uscito dalla mia stanza. Sì, se n'è andato. Tiro un enorme sospiro di sollievo, anche se non mi sento affatto meglio. Esco dal bagno, cercando di fare meno rumore possibile, entro in camera mia e chiudo a chiave la porta, per essere sicura che non si verifichino altri incidenti.


Mi rimetto a letto, ma ormai il sonno è passato.

   
 
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