Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Ricorda la storia  |       
Autore: robyzn7d    10/08/2021    4 recensioni
“Quante assurdità in questa storia.”
Nami, seduta sul letto, ancora quello dell’infermeria, aveva ascoltato tutto il racconto informativo di quella mattina narrato da Robin, sulle vicende bizzarre della misteriosa bambina apparsa per caso nelle loro vite.
“Come al solito a quel testone di Rufy non interessa indagare” strinse i pugni “io voglio sapere tutto, invece.”
_____________________________
STORIA REVISIONATA
Datele una seconda possibilità, chissà che non ve ne pentirete!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo I 
Quel profumo

 

________________________________________________
Piccola premessa aggiunta dopo averla finita: 

Ho fatto una piccola revisione, cancellando obbrobri di distrazione e gli errori più gravi. Ho finalmente dedicato del tempo anche a scegliere dimensioni e carattere del testo, e questo cambia davvero la modalità di lettura!, rendendola più morbida come quando scrivo su Word. I primi capitoli sono un po’ più semplici, ma con un po’ di pazienza il gioco si fa più interessante, con tanta introspezione e tanto, tanto ZoNamismo.
________________________________________________


 

 
 

 
 
Correva, correva a perfidiato il povero Chopper nella sua forma a quattro zampe, oltrepassando rapido il netto rumore di acciaio contro acciaio, scansando il vento che alzava la terra e la trasformava in polvere accecante, schivando anche un numero spropositato di proiettili vaganti. Erano finiti in un campo di battaglia: c’era odore di sangue, c’era odore di morte. 
Stava appoggiandosi al suo olfatto, in modo da riuscire a trovare il resto della ciurma che sperava di raggiungere al più presto e, soprattutto, la sperava fuori dai guai. Diviso in gruppo con Sanji, entrambi incaricati di badare alle spese comuni quella mattina, era poi rimasto solo, o meglio, il cuoco come suo solito era corso dietro alle donzelle che incontrava quando girava per mercati. 
Qualcosa si era scatenata all’improvviso, distruggendo quella rilassante giornata di sole e serenità, interrompendo bruscamente un’avventura positiva e felice, con uno sparo che aveva dato il via ad un combattimento che sembrava sempre più coinvolgere ogni zona del paese. Forse erano stati scoperti dai Marines, o forse erano gli stessi pirati che avevano iniziato a saccheggiare l’isola. 
Il battito cardiaco dell’alce accelerava ad ogni boato. Sperava di sentire l’odore di Nami o di Robin che, senza scorta maschile, erano andate allegre a fare compere personali. O Usop che si era avventurato in solitaria, poiché tranquillo di sostare su un’isola innocua. O di ritrovare almeno Sanji. 
Non riusciva a ricordare il nome di quel posto, eppure, Nami lo aveva ripetuto almeno un paio di volte, scandendo bene le parole, ma nella sua mente si erano materializzati solo ricordi olfattivi: dallo stesso porto aveva potuto sentire fin da subito gli odori del paese, le sue narici erano rimaste infastidite da quel forte aroma speziato, e da quel momento non aveva pensato ad altro che a quello. Sarebbe volentieri voluto rimanere sulla Sunny, se non fosse stato per quel rifornimento di medicinali di cui solo lui poteva occuparsi. 
E poi, eccolo, l’odore che cercava. 
I suoi pensieri vennero interrotti da un profumo che conosceva molto bene - poiché lo detestava - la fragranza diabolica di Nami, quella che si spruzzava sempre addosso prima di sbarcare su un’isola sconosciuta. Alleggiava nell’aria, e dunque non sembrava provenire da troppo lontano. Accelerò così il passo, affidandosi totalmente al suo olfatto impareggiabile, stando attento ad annusare verso ogni direzione. Imboccò una stradina lunga e fitta alla sua destra. Quell’odore era diverso, non era più solo profumo, era stato contaminato da qualcosa…dal sangue!, ne era più che certo. Sgranò gli occhi e proseguì per quella strada nascosta fino alla sua fine. Destra e sinistra. Ancora destra. Poi sinistra. Quell’odore era sempre più forte, ed era contaminato anche da un altro profumo familiare: la renna captò la presenza di Robin. Fece un sospiro di sollievo. 
Nami non è sola. 
Non riusciva però a scorgerle davanti e lui, eppure dovevano essere lì, e mentre incominciava ad agitarsi, ecco che lo annusò, un altro odore, un nuovo profumo a lui sconosciuto, nonostante le sfumature sembrassero familiari. Abbandonò la vista, e si lasciò trasportare solo dall’olfatto: non poteva perdere tempo. 
Arrivò in un altro vicolo, sempre piuttosto stretto e buio, e le vide, finalmente, le sue due fidate compagne. Scorse nel viso di Robin un’espressione seria e piuttosto preoccupata. Nami era al suo fianco, poggiata al muro, con addosso due mani, di Robin ovviamente, che le tamponavano la spalla da cui vedeva scorrere un filo di sangue. Ebbe un sussulto. 
“Robin! Nami!”
Il piccolo medico cambiò forma, riprendendo la sua solita, e si precipitò davanti alla compagna ferita. 
"NAMI! Sei stata colpita?“
La sua voce era agitata, la situazione confusa. Si apprestò immediatamente a verificare di cosa si trattasse senza aspettare risposte chiare e delucidazioni. Posò delicatamente le sue zampette sulla pelle diafana delle compagna, spostandole prima i capelli che le ricadevano addosso, e poi le mani magiche di Robin che, capita l’antifona, fece sparire direttamente. 
“Chopper, che bello che sei qui!” 
L’archeologa poté liberarsi da un peso indescrivibile e sospirare sollevata. 
Nami, labbra socchiuse, un solo occhio aperto, ansimava leggermente per il dolore, ma cercava in tutti i modi di trattenerlo. “Chopper, devi sbrigarti…”
Stava seduta a terra con una gamba distesa su quelle mattonelle sporche e fredde e l’altra piegata in avanti su sé stessa, su cui poggiava il braccio sano. La renna aveva ben focalizzato l’attenzione sulla ferita alla spalla, “tranquilla, ora ci penso io.” 
“No, non per me”, la navigatrice era sempre piuttosto brava a nascondere il dolore che provava, anche se ormai aveva perso l’abitudine dal momento che non necessitava mai di ricorrere a simili tecniche di sopravvivenza nel suo posto sicuro, “...devi curare quella bambina!” 
Ma il medico non stava dando importanza a quelle parole, talmente era preoccupato per la ferita che osservava con sguardo disperato. “Nami, ti hanno sparato! Devo togliere il proiettile!” Cercava di mantenere la lucidità, voleva medicarla immediatamente ed evitare ogni rischio possibile di infezione. Le zampette un po’ tremavano, sentiva su di sé il peso di quella situazione; doveva agire, essere un buon medico, il migliore anzi. 
“Devi curare quella bambina.” 
Nami, che sapeva senz’altro essere insistente, con la serietà dipinta sul volto, e con lo sguardo fisso sulle gambe di Robin, che stava aspettando che il dottore si accorgesse di ogni cosa per poter proferire parola, cercava di farsi capire. 
Solo in quel momento, allora, la renna seguì quello sguardo deciso della rossa e notò una ragazzina stesa a terra con la testa sopra le gambe della mora: si era talmente concentrato sulla ferita, che aveva scordato di quel profumo nuovo, lo stesso che aveva sentito mentre correva, nonostante scorgesse ancora quelle sfumature che erano così familiari mischiate ad esso. Lo giustificò pensando che quel profumo potesse essere stato influenzato dalla presenza delle amiche. 
Una bambina di almeno 10 anni coi capelli neri legati in una coda di cavallo, e che stringeva in mano un’arma indefinita - forse era un bastone, forse una spada, non si capiva poiché coperta da un rivestimento nero che ne impediva il riconoscimento - aveva perso i sensi ed era adagiata sopra Robin con il volto rivolto verso l’alto. Il piccolo medico per un attimo ebbe una strana sensazione, come se quel volto fosse conosciuto, ma, capendo l’importanza del tempismo in simili situazioni, si precipitò su di lei per sentirne immediatamente il battito: respirava ancora. Le sue ferite non sembravano gravi, erano per lo più graffi superficiali sul corpo, e un piccolo taglio di una lama sul fianco destro, da dove fuoriusciva del sangue, ma a piccoli fiotti - motivo per cui sicuramente aveva perso i sensi. 
“Nami…l’ha protetta da un proiettile.” 
Robin, che aveva ripreso a tamponare la ferita della compagna di viaggio, avvertì il dottore facendo segno con il capo verso la bambina; ma Chopper, di riposta, la osservò per accertarsi che anche Robin non fosse ferita.
“Sto bene” lo anticipò. 
Alla velocità della luce, il medico prese il disinfettante dal suo zainetto rosa, e lo gettò, senza dosarlo, sulla ferita della nuova comparsa. Aveva dei normali jeans neri e una maglietta corta a top dello stesso colore che le lasciava la pancia scoperta, e perciò si poteva facilmente notare la ferita in superficie. Sempre con attenta cura ma anche estrema velocità, la ricoprì con le bende. Finito, ritornò su Nami, per cui era decisamente più spaventato, non prima però di tremare per un ulteriore boato proveniente da non molto lontano da lì, provocando una reazione allarmata a tutte le presenti. 
“Speriamo che gli altri scemi non si siano cacciati nei pasticci!” 
Nami tossì, buttando fuori un po’ di sangue. 
Chopper era serissimo, adesso, e la guardava con apprensione, quella solita, in cui sembrava sempre farsi prendere dal panico. “Nami è grave, dobbiamo tornare sulla nave adesso.” 
Robin aiutò l’amica a rimettersi dritta con la schiena sul muro. Fissando più Chopper con estrema serietà, trasmettendogli tutte le sue sensazioni. 
"Non possiamo né aspettare qui, ma nemmeno buttarci nella mischia, in queste condizioni.” 
I due vennero distratti dalla voce flebile ma sempre autoritaria di Nami che, immediatamente, aveva pensato ad un piano che mentalmente la soddisfaceva abbastanza, illustrando al medico e all’archeologa quelle che erano le sue priorità, e senza porsi troppi problemi, sapendo che seppur qualcuno avesse obiettato, avrebbe comunque vinto lei. “Porta la bambina sulla nave” il suo respiro si stava facendo più leggero “…e, nel frattempo, cerca qualcuno che venga a prenderci.” La navigatrice decretò il verdetto finale, infocando la via e sorridendo in modo quasi raccapricciante per farsi ubbidire in fretta ed evitare di alimentare esagerate reazioni contrarie che avrebbero solo che fatto perder tempo. 
 


 
                            


 
Ancora una volta a quattro zampe, il dottore correva tra i vicoli bui del paese, cercando di evitare le strade aperte e gli scontri che vi si volgevano. Erano pirati contro marines. Essendo un’isola di passaggio nel nuovo mondo tante imbarcazioni pirata si fermavano per fare rifornimento, e i marines, ogni tanto, si preparavano all’assalto per catturare qualche fuorilegge pezzo grosso. Proprio adesso che c’erano capitati loro! 
Sulla sua groppa c’era ben fissata quella bambina, con legata a se quell’arma indefinibile. 
Non era per nulla d’accordo, Chopper, della decisione di Nami. Ma non poteva nemmeno perdere tempo a contrattare con quella sua compagna testarda. D’altronde, i bambini avevano sempre la priorità. Doveva fare in fretta, prima avrebbe trovato qualcuno e portato la bambina al sicuro, e prima avrebbe potuto curare Nami. 
Nuovamente si concentrò sull’olfatto, dimenticandosi quasi della vista; pensava alla via per il porto, dove sapeva che erano rimasti Zoro e Franky, quella mattina, a proteggere la nave. Sentiva l’odore della salsedine, mischiata alla polvere da sparo. E sentiva ancora quell’odore su di sé, di quella strana ragazzina; come poteva essere nuovo ma allo stesso tempo anche così familiare? Accelerò. Non poteva farsi distrarre da simili dubbi inutili. 
Ancora a destra. Poi l’ultima svolta a sinistra. Non ricordava di aver fatto tutta quella strada la prima volta. 
Lo sentiva l’odore di Zoro, ma non riusciva a vederlo da nessuna parte. Marines contro pirati ovunque. Qualcuno aveva avuto la sua stessa idea di usare le viuzze per scappare, ma non erano così in tanti a farlo, per fortuna. Sentiva l’odore di Zoro così forte che sarebbe dovuto essere lì, vicino a lui, ma non c’era, non era li. Non riusciva proprio a spiegarselo. D’istinto, si voltava il più possibile verso la sua groppa, verso quella creatura misteriosa ancora priva di sensi che emanava quell’odore così familiare. Non poteva essere suo quest’odore. Non doveva assolutamente farsi confondere da se stesso. 
Ecco, era arrivato al porto, e lo vide finalmente Zoro, e c’era anche Franky con lui, proprio come aveva calcolato in precedenza. Sorrise, facendo un’ultimo sforzo e arrivando accanto ai due, che a suon di colpi di spada e laser fiammanti, allontanavano i marines dalla nave. 
Eccolo, anche Brook, arrivato fluttuante e saltellante, sbandierando la sua arma leggera come lui e silenziosa come la notte: si era appena sbarazzato di un intero gruppo di soldati. 
“Brook! Devi portare questa bambina al sicuro sulla nave!” 
Il medico raggiunse il suo compagno, nascondendosi dietro Zoro e Franky che continuavano a sbaragliare uomini e lasciare dietro di sé una scia di feriti ovunque capitassero. 
“Ma chi sarebbe?” 
Lo scheletro si ritrovò in un baleno quella giovane ragazzina tra le braccia, senza avere il tempo di porre dei leciti dubbi, poiché quel gesto venne immediatamente accompagnato dalle parole pericolose di Chopper: “È un ordine di Nami!” 
Brook sudò freddo, pensando a come lo avrebbe ridotto se non avesse obbedito a quella richiesta. “V-va bene Chopper, ci penso io.” 
Guardando il compagno di schiena, e vedendolo sparire di fretta sull’imbarcazione, il medico poté aiutare i due compagni a scacciare i soldati e cercare, nel frattempo, di farsi sentire. 
“Chi è quella bambina?” 
Zoro non aveva perso nemmeno un movimento, leggermente curioso, ma soprattutto scocciato di non essersi potuto godere la mattinata a poltrire sul ponte, nel momento che più preferiva: durante l’assenza di caos. 
“Non c’è tempo” con una feroce cornata, la renna si sbarazzò di un secondo ufficiale. “Mi serve il vostro aiuto” avvertì, sbarazzandosi di altri due marine, respingendoli all’indietro “è successa una cosa.” 
Lo spadaccino non poteva girarsi a guardarlo o avrebbe rischiato di farsi ferire. “E non riesci a risolverla da solo? Come vedi qua siamo un po’ occupati.” 
Con un affondo di spada si liberò di un altro comandante di livello superiore. Stava sudando, e quel caldo tropicale non aiutava affatto. 
“Nami…” non riuscì a finire la frase poiché venne attaccato alle spalle. 
“CHOPPER.” 
Franky, nonostante fosse stato preso alla sprovvista, riuscì ad intervenire, togliendogli di dosso prima un marine armato, e dopo salvandolo da un altro agguato, liberandolo una corda che non lo stava facendo respirare. 
“Tutto bene?”
“S-si” tossì la renna, “grazie.” Si rimise in piedi velocemente, nonostante avessero quasi tentato di ucciderlo in modo brutale. 
“Allora, che diavolo stavi dicendo prima?” 
Ancora con gli occhi concentrati sui nemici, lo spadaccino sembrava profondamente irritato e poco incline alle perdite di tempo. 
“Nami ha protetto quella bambina da un proiettile. Ora, ho bisogno di uno di voi che venga con me, perché se dovessi venire circondato mentre la riporto qua, non potrei aiutarla e combattere allo stesso tempo.” 
Spiegò, fermandosi a riprendere fiato dietro Franky, che aveva appena catapultato un’intera fazione di soldati in mare. 
Vide Zoro guardarlo di sottecchi mentre parava un attacco mortale; stava sudando, era stanco. Aveva una strana espressione sul suo viso, come fosse contrariato. 
“É non può tornarci con le sue gambe alla nave?” 
“Zoro!” lo ammonì, “…le hanno sparato!” 
Lo spadaccino si era voltato a guardare Chopper in viso, cogliendone tutta la sua preoccupazione. Una distrazione rapida che gli costò immediatamente cara: un marine lo aveva ferito al braccio con una strana lama di dimensioni spropositate e un fendente deciso che parò per il rotto della cuffia. 
“ZORO!” 
Urlarono i due compagni sconvolti da quella disattenzione così poco incline allo spadaccino. 
Qualche goccia di sangue stava cadendo sul terriccio in un ritmo lento. Il ragazzo dai capelli verdi mise sul volto un ghigno divertito. Aveva appena capito su cui sfogare tutti i suoi sentimenti di rabbia e apprensione. 
“Andate” prese l’elsa della spada e la portò tra i denti. 
Franky lo osservò non capendo cosa intendesse. 
“Vai!”
Lo spadaccino non lo guardò in volto. E il suo era appena diventato un ordine
“Valla a prendere”. 
 
 




Chopper e compagno erano arrivati al vicolo nascosto. Il cyborg aveva preso Nami tra le braccia cercando di essere delicato, e nonostante quella gli e lo rendesse davvero impossibile, poiché lo colpiva continuamente sulla nuca con il braccio sano, non si lamentava neanche troppo.
“E stai più attento!”  
Ma il robot alla fine s’innervosì lo stesso, nonostante tutti i buoni propositi di stare in pace, senza sorvolare più su niente, nemmeno sul fatto che “quella” fosse ferita. 
“Piantala di dimenarti o ti lascio qua.”  
Chopper gli condusse ancora una volta per quelle stradine buie e strette che aveva percorso già due volte memorizzando ormai la strada, finché, arrivati all’ultimo vicolo sulla destra, non vi trovarono anche Usop che, intelligentemente, aveva avuto la sua stessa intuizione per scampare allo scontro sanguinolento. 
“Com’è successo?” chiese subito a Nami, appena notata la ferita alla spalla e l’incarnato diventato pallido. 
“Non c’è tempo adesso!” il medico, naturalmente, morso dalla fretta, rispondeva a tutti che dovevano pensare solo a correre e a salpare il prima possibile per evitare una grave infezione alla spalla di Nami. Il cecchino, però, si offrì volontario per far fuori chiunque osasse fermare la loro “traversata” - avrebbe protetto l’amica a qualunque costo. 
E poi lo videro, anzi, sentirono, Rufy, correre e catapultare a terra tutti quelli che trovava davanti al suo cammino: pirati, marines, non faceva differenza, sembrava come impazzito.
“Il suo ristoro al pub è stato sicuramente interrotto nel momento peggiore.” 
Usop si grattò la fronte sudata con la mano destra, ma era anche sollevato di non essere dovuto intervenire lui in prima persona, pronto a gettarsi tra la mischia per fare strada. 
“Seguiamolo, sta tracciando il cammino facendo piazza pulita come al suo solito.” 
Nami si riferì a tutti, dando ordini da quella nuova altezza da cui poteva vedere tutto e avere il controllo della situazione. 
“Se non ha mangiato adeguatamente in città, chissà quanto sarà difficile da sopportare!” Il cecchino era veramente affranto, tutta quella serenità andata perduta in un solo maledetto istante. 
 
 


                                   
Allungò il braccio verso l’orizzonte, Franky, pronto a salpare quando vide atterrare sul ponte anche l’ultimo membro della ciurma. Sanji, che nonostante la situazione non aveva abbandonato le provviste per strada, irruppe con un salto, appoggiando i sacchi contenenti le cibarie sul pavimento d’erba. “Volevate lasciarmi qua?” urlò, drammaticamente irritato. 
Nel frastuono, lo spadaccino si lasciò cadere a terra afferrando la bandana nera dalla testa e trascinandola sul pavimento stretta in quella presa.
“Che occasione sprecata” disse sogghignando, tra un ansimo e un altro, esausto. 
“Bastardo.”
Il cuoco si accese una sigaretta, sudaticcio. 
“Che diavolo é successo a Nami-San???” Chiese poi, guardandosi intorno. 


 
                                
 
 
“Posso entrare?” 
Robin fece il suo ingresso in infermeria, richiudendosi la porta alle spalle. 
“Ti serve aiuto, Chopper?” Aveva immediatamente chiesto, proponendosi come infermiera.
Nami era stesa sul lettino e mordeva con tenacia, ma forse più per la paura di soffrire, qualcosa di colorato, una stoffa, per impedirsi di urlare e farsi sentire da tutti là fuori, preoccupandoli inutilmente.
“Grazie Robin…” risose felice il medico, mentre rimaneva lo stesso concentratissimo “ma ho già fatto, non c’è stato molto tempo per l’anestesia.” 
Robin guardava la compagna con la faccia rossa dal dolore, le gocce di sudore che le scivolavano dalla fronte e si perdevano in essa confondendosi con la pelle; con uno sguardo addosso che davvero bisognava temere in altre situazioni. 
La renna, al suo fianco, che aveva estratto il proiettile con cura e mano ferma, non staccava gli occhi dalla ferita che stava ricucendo minuziosamente.
L’archeologa, che raramente vedeva qualcuno con una così stabile concentrazione, si avvicinò al letto sedendosi accanto a Nami, le tenne stretta la mano in una presa atta ad urlarle tutto il suo sostegno. 
“Tranquilla, non ho fatto entrare nessuno. Rufy scalpita. E Sanji si é calmato.” 
La rossa provò a muovere la testa, ringraziandola col capo. Un movimento quasi impercettibile che però diede fastidio a Chopper, il quale impiegò almeno un minuto per ritrovare la stessa concentrazione di un secondo prima. 
Nami allora sputò via quella stoffa che teneva in bocca e che la stava soffocando.
“Vuoi dell’acqua?” le chiese la mora, preoccupata. 
Alla risposta della navigatrice, che annuì debolmente con il capo, le avvicinò il bicchiere alle labbra, facendone cadere alcune gocce sul collo. Ma seppur con qualche difficoltà riuscì a berne quasi tutto il contenuto. Chopper stavolta non era contrariato dal momento che aveva appena terminato di ricucirla. 
“Nami. Ti darò qualcosa di forte per attenuare il dolore”
S’incamminò all’armadietto con fare mortificato, volendo rimediare il più in fretta possibile a quel supplizio che la compagna stava sicuramente vivendo.
“La ferita va tenuta sotto controllo, non vorrei si infettasse. Quel proiettile non era uno comune, era più grande del normale. Avrebbe potuto ucciderla quella ragazzina.” 
Nami tossì, un po’ d’acqua le era andata di traverso. La voce ancora attanagliata dal dolore. Era davvero incredibile come uno stupido foro potesse ridurla in quel modo. 
Robin le strinse ancora più forte la mano, sorridendole “Sei stata una vera eroina.” 
“Avrebbero ucciso una ragazzina indifesa senza motivo.”
Strinse i denti dalla rabbia. Però non si sentiva affatto un’eroina, pensava che quelle di solito non finiscono su un letto doloranti per una stupidaggine. 
Il medico mise sul volto un’espressione furiosa, mentre pensava a quella cattiveria immane di uccidere brutalmente dei liberi innocenti, mentre iniettava un’antidolorifico in vena alla compagna ferita. 
“Dove l’hanno portata?” 
Nami sentiva già cedere i muscoli e finalmente il dolore allontanarsi prima dalla mente e poi dal corpo. 
“É nella nostra camera che dorme. Sta bene.”
Robin le lasciò la stretta sulla mano non appena la vide che rilassava tutto il corpo quasi anestetizzato. Nami le sorrise, sollevata, socchiudendo gli occhi. 
“Per ora è meglio che rimani in infermeria, poi domani vedremo.”
Chopper, che stava ripulendo e disinfettando i suoi attrezzi, aveva alzato il capo per vedere se Nami aveva sentito, ma si era già bella che addormentata. 
Robin le tirò il lenzuolo fino al petto, coperto da una sottile canottiera con le spalline scese, lasciando all’aria la ferita appena ricucita, e dopo aver fatto i complimenti al medico, uscì fuori, lasciandolo riordinare. 
Quando si trovò all’esterno dell’infermeria, e dopo essersi accertata di aver richiuso bene la porta alle sue spalle, notò uno strano silenzio, quasi inquietante, e non che le dispiacesse, soprattutto dopo tutta la fatica che aveva fatto per quietare Sanji e Luffy. E, infatti, adesso era sicura che qualcuno li avesse fatti allontanare da lì. Fece per uscire sul ponte, quando sentì, nel buio, una voce. 
“Come sta?” 
Il tono era duro ma tremendamente familiare - si rassicurò all’istante. 
“Zoro…” 
Lo spadaccino aveva lo sguardo sul pavimento, in quel posto in cui regnava ora un silenzio ancora più tombale di quello di prima, come se la sua voce avesse gelato il tempo. 
“Sta bene.”
Si voltò a guardarlo con difficoltà, cercando il suo sguardo nascosto. “Puoi entrare se vuoi, ma si é appena addormentata.” 
Vide la forma della testa verde alzarsi, risorgere dal basso, incrociando gli occhi con i suoi. 
“Non importa” le rispose distaccato, alzandosi e allontanandosi. 
“Ho il turno di guardia stanotte.” 
"Piuttosto fatti medicare anche tu. Goccioli sangue."
Così impossibile da non notare per nessuno, figurarsi per lei. 
"Non é importante."
Aveva ripetuto lui con durezza, fermandosi per un solo secondo quando sentì la compagna parlare. 
“È stata molto coraggiosa oggi!” 
Aveva trovato un modo per bloccare quella sua veloce uscita di scena così drammatica e fintamente poco interessata, avvertendo un strana sensazione. 
“O solo molto stupida.” 
Decretò lui, scomparendo all’esterno. 
 
 
 
 
 

Note dell'autrice: _____________________

Eh, sì, cari lettori/lettrici, ho iniziato una nuova Long (anche se non ho idea di QUANTO LONG). So bene che la salsa è sempre la stessa, e anche questa mia idea non sarà affatto originale, ma spero di riuscire ad imprimerci il mio tocco personale e mostrarne una versione con sfumature diverse. 

Prometto che cercherò di rendere al massimo i personaggi, lasciandoli loro stessi il più possibile - per quanto posso almeno - e scriverla il meglio che posso, dal momento che stavolta ho un po' più di tempo da dedicarci. 
 
Spero mi accompagnerete in questo nuovo viaggio. 
L’importante é divertirsi ed emozionarsi. Questa la mia unica chiave di lettura. 

 

RobyZN

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: robyzn7d