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Autore: babastrell    11/08/2021    1 recensioni
Bloccata da giorni in un anello di scogli in seguito a una tempesta, la ciurma di pirati della Mikillgulr tira accidentalmente a bordo una creatura che prima di allora tutti credevano solo una leggenda dei marinai.
Il capitano Magnus Chase accetta di stringere un accordo per la salvezza del suo equipaggio e spiega le vele verso l’avventura, all’inseguimento di un terribile pirata per recuperare un tesoro
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altro personaggio, Magnus Chase, Quasi tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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L'alba pareva quasi mistica. Il flebile stridio dei gabbiani in lontananza si mescolava allo scroscio delle onde sulla chiglia.

Il capitano Magnus Chase si alzò dalla sedia e percorse la cabina a grandi passi, frustrato, gli occhi fissi sulla bussola; l'ago ruotava ininterrottamente, prima in un senso e poi nell'altro, senza sosta. Di tutti i posti sperduti in cui potevano perdere la rotta, la tempesta li aveva scaricati nell'unico dove le bussole impazzivano.

Uscirne poi sembrava impossibile, come se ogni giorno fiorisse un nuovo scoglio a ostacolarli. La Mikillgulr ormai stava flottando in quell'anello di morte da quattro giorni. Abbastanza da far impazzire un uomo per il caldo. E Magnus era sicuro di essere sull'orlo della follia.

Gettò la bussola sul tavolo coperto di carte e si sedette sul letto. Era rimasto sveglio tutta la notte cercando di dare un senso alle mappe, alla disperata e inutile ricerca di una via d'uscita, e ormai, mentre il nero del cielo cedeva rapidamente il posto all'indaco, le lenzuola offrivano una tentazione dolcissima. Si lasciò cadere all'indietro, senza nemmeno togliersi gli stivali. Avrebbe potuto riposare almeno un paio d'ore prima che l'equipaggio riprendesse le attività frenetiche.

La porta della cabina si spalancò con un fragore di legno e metallo. «Capitano!».

Magnus scattò in piedi. Sulla soglia, il nostromo Keen gesticolava animatamente. Magnus tentò di cogliere cosa stesse dicendo, ma il gaelico e l'inglese si mischiavano e sovrapponevano nella concitazione del nostromo.

Avevano trovato qualcosa.

Senza attendere oltre, Magnus si precipitò fuori dalla cabina, facendole segno di fare strada.

La ciurma era ammassata attorno a una rete dentro cui qualcosa si dibatteva selvaggiamente.

«Largo!» gridò Magnus avvicinandosi.

Il capannello si allargò quel tanto che bastava per rivelargli la scena. La creatura ringhiò, mostrando due file di denti affilati come quelli di uno squalo.

Il capitano sentì il cuore sprofondare nello stomaco.

La forma era indubbiamente umana, snella e agile; all'altezza dei fianchi, la pelle scura cedeva gradualmente il passo a scaglie iridescenti che scintillavano di migliaia di sfumature sotto i primi raggi dell'alba e terminavano in un’enorme pinna.

«Dei del cielo...» mormorò.

Una sirena.

Ridicolo. Impossibile. Magnus Chase aveva fatto un vanto del non essere superstizioso, sapeva che simili esseri non erano altro che leggende per spaventare i mozzi creduloni.

Sentì le ginocchia tremare, sul punto di cedere. Gettò un'occhiata all'equipaggio: pallidi come cenci, guardavano prima lui e poi la creatura, come se si aspettassero che lui sapesse cosa fare. La sirena continuava a dibattersi sul ponte con versi immondi, cercando di liberarsi dalla rete.

Gettarla in mare. La soluzione migliore sarebbe stata sbarazzarsene e spiegare le vele mettendo quante più leghe possibili tra la nave e il pericolo.

Però non potevano farlo. Qualunque direzione avessero preso, si sarebbero schiantati sugli scogli e sarebbero diventati cibo per pesci. O peggio. Se avevano davvero davanti una sirena, era probabile che ce ne fossero altre.

La sirena sembrava essersi calmata. Aveva smesso di dimenarsi e di sibilare, respirava profondamente e fissava l'equipaggio con rabbia. Magnus immaginò che stesse cercando di capire se lui e la ciurma rappresentassero una minaccia. La rete le stringeva i polsi e la coda, impedendole di muoversi.

Il suo sguardo furente si posò su Magnus, trapassandolo da parte a parte. Un occhio era ambrato, sembrava quasi oro, l'altro era scuro e profondo. Magnus sentì un brivido lungo la schiena. Erano occhi così... terrestri. Non sembravano appartenere a un mostro. Erano gli occhi di una creatura intelligente.

Il capitano gettò uno sguardo all'orizzonte. Forse aveva un'idea.

«Mastro Gunderson, portatela nella mia cabina» ordinò.

La sirena sbarrò gli occhi dal terrore. Halfborn Gunderson, un timoniere nordico alto come un pino e altrettanto robusto, afferrò le reti con titubanza e seguì il capitano nella cabina, attento a non farsi mordere dalla creatura che cercava di divincolarsi ringhiando furiosa.

«Grazie, ora lasciateci soli» disse Magnus quando il timoniere depose con delicatezza la sirena sul pavimento.

Gunderson sembrava incerto, ma borbottò un saluto e uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.

Magnus si concesse qualche secondo per studiare l'essere che si trascinava con le braccia verso la parete. Il viso era di una bellezza unica, spigoloso e feroce, e lo sguardo era sveglio e astuto; aveva folti capelli dello stesso verde delle alghe —un modo per mimetizzarsi con il fondale marino?— da cui spuntavano due orecchie lunghe e appuntite. Le scaglie della coda erano di uno splendore ipnotico: catturavano i raggi del sole come fossero di vetro e riflettevano un arcobaleno di rosa e verde a ogni movimento. La pinna caudale si allargava sulle assi del pavimento come un ventaglio di organza, ma dal guizzare dei muscoli Magnus intuiva che fosse molto più robusta di quanto sembrasse.

Non era necessario essere un esperto d'arte per sapere di avere davanti un esemplare di bellezza stupefacente.

La sirena appoggiò la schiena alla parete e tirò la coda verso di sé, guardinga. Magnus alzò le mani per mostrare di non essere armato.

«Mi scuso per i modi del mio timoniere. È rude, ma vi assicuro che è un brav'uomo» disse lentamente.

Non ottenne risposta, a parte un leggero cenno del capo che non seppe come interpretare.

«Credetemi, non era nostra intenzione tirarvi a bordo» continuò il capitano. «Ma temo di non potervi liberare subito».

La sirena alzò un sopracciglio.

Magnus iniziava a spazientirsi. «So che parlate la mia lingua» disse.

La sirena distolse lo sguardo. «La parlo» ammise.

Magnus sospirò sollevato. «Allora sono sicuro che troveremo un accordo»

«Non serve che mi spieghiate, Capitano, voi volete che vi mostri l'uscita del cerchio». Le iridi ambra e castana si fissarono su quelle grigie di Magnus. «Mi sbaglio?».

Il capitano sentì le guance avvampare. Quegli occhi sembravano scrutargli l'anima. «Non sbagliate» mormorò abbassando lo sguardo.

La risatina gli fece alzare la testa.

«Vi faccio ridere?» domandò sentendo il rossore farsi più intenso.

La sirena si coprì la bocca con una mano. Tra le dita si allargava una membrana traslucida, probabilmente per nuotare. Nelle pupille danzava una scintilla divertita. «Non assomigliate per niente agli altri pirati che ho visto. Siete buffo».

Magnus si sentì sprofondare. «Avrete visto tanti pirati»

«Ho vissuto qui molti anni». La sirena sembrava più rilassata, ma teneva comunque la coda fuori dalla portata di Magnus. «Voi non sembrare feroce o violento. O siete un uomo dabbene, o siete molto astuto».

Magnus tossì. «Se cercate l'astuzia temo che avreste dovuto farvi catturare da mia cugina. Io non sono mai stato la spada più affilata dell'armeria» ammise con un mezzo sorriso.

La sirena rise di nuovo. La sua voce suonava come una melodia emessa da un flauto di canne.

Magnus sorrise. «Avete una bella voce».

Forse era un riflesso del sole, ma gli parve di vedere un lievissimo rossore sulle sue guance.

«Spero si possa raggiungere un accordo, signor… signorina…». Magnus si bloccò, rendendosi conto di non sapere chi avesse davanti. Il busto aveva forme mascoline, per quanto magre e delicate, eppure c'era qualcosa nello sguardo e nei movimenti che trasmetteva una femminilità unica.

La sirena piegò la testa, come se fosse imbarazzata. «Il Popolo del Mare mi ha chiamato Aléksein Irta. Molti mi chiamano Alex. Per quanto riguarda il titolo, noi non siamo così attaccati a queste cose, siamo solo pesci. Ma, se vi mette più a vostro agio, per il momento chiamatemi pure “signorina” o “miss” o come preferite». Scoprì i denti affilati in un sorriso conciliante.

Il capitano rabbrividì alla vista di quei denti, ma ricambiò il sorriso. «Quindi ci condurrete fuori da qui, Miss Ali… Aleksi… Miss Alex?» chiese.

Alex si spostò una ciocca di capelli verdi dietro un orecchio. «Non è così facile, Capitano. Vedete, il mio clan vive qui da tanto tempo. I marinai che si smarriscono nel cerchio sono la nostra fonte di cibo».

Magnus sentì un blocco di ghiaccio pesargli nello stomaco.

«Tuttavia, potremmo comunque provare a raggiungere un compromesso» aggiunse la sirena.

«Me lo auguro con tutto il cuore». Il capitano si sistemò il colletto della camicia per nascondere il tentativo di ingoiare il groppo in gola.

Le dita palmate di Alex disegnarono un ghirigoro sulle scaglie rosa e verdi della coda. «Valutiamo la situazione, che ne dite? Voi avete bisogno del mio aiuto per uscire da questa trappola, e se io mi rifiutassi probabilmente mi ucciderete; questo però non risolverebbe il vostro problema, il mio clan vi troverà presto e voi e la vostra ciurma morirete. Nessuno vincerebbe. D'altronde, potrei accettare di salvarvi la vita in cambio della libertà, sempre che voi siate realmente il brav'uomo che sembrate e non decidiate di vendermi a un mercante una volta uscito»

«Non lo farei mai, sono un pirata gentiluomo». Magnus si mise una mano sul cuore e guardò Alex dritta negli occhi.

«Vi credo»

«Allora accettate, vincono tutti in questo modo»

«Non è esatto» replicò Alex schiarendosi la voce. «Vincereste solo voi, io tornerei alla mia vita senza vantaggi».

Magnus alzò un sopracciglio e si lasciò sfuggire un mezzo sorriso. «Dunque cosa avevate in mente?».

Era piacevole parlare con lei, aveva uno sguardo intelligente e una conversazione brillante. Magnus sapeva in cuor suo che avrebbe potuto semplicemente minacciarla, puntarle una spada alla gola o una pistola alla testa e obbligarla a guidarli fuori dal cerchio di morte; se poi avesse cercato di attaccarlo o di distrarlo con il suo canto —era vera la voce che il canto delle sirene incantasse i marinai?— avrebbe potuto legarla e imbavagliarla; non era violento o crudele come altri pirati, non aveva intenzione di farle del male, ma spaventandola avrebbe ottenuto quello che voleva in poco tempo. Eppure c'era qualcosa nella straordinaria creatura davanti a lui che lo intrigava, lo affascinava e gli faceva desiderare di proseguire quel dialogo sulla vita e la morte e le vincite e le perdite per ore.

Alex piegò la testa di lato, con un sorriso sghembo. «Potreste farmi un favore in cambio della salvezza». Gettò un'occhiata verso il quadrato di mare che si vedeva dalla finestra. Il sole era salito e sulle onde si rifletteva il bagliore dorato. «Anni fa, un pirata mi ha rubato un oggetto molto prezioso. Purtroppo io non posso uscire dal cerchio da sola per recuperarlo, se venissi catturata non rivedrei mai più il mare».

Magnus emise un gemito soffocato; aveva intuito dove volesse arrivare.

«Se mi aiuterete a ritrovare quel pirata, considererò ricambiato il favore».

 

AN:

Uff... Non so bene cosa dire. Questa storia è probabilmente la più lunga che abbia mai scritto e in realtà questo mi mette addosso un po' d'ansia. Mi sono imbarcat* (lol) in questo progetto solo e soltanto perché ho un'ossessione per i pirati e perché FierroChase è la mia OTP, ma ho fiducia in questa storia e scriverla mi diverte.

Probabilmente gli update non saranno regolarissimi, perché ho deciso che posterò il capitolo seguente quando avrò finito quello su cui sto lavorando (ora sto scrivendo il quinto, e quando l'avrò finito posterò il secondo. Poi posterò il terzo quando avrò scritto il sesto e così via).

Spero che questo prologo vi sia piaciuto abbastanza da dare anche ai prossimi capitoli un'occasione :)

  
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