Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Animer_otaku    11/08/2021    0 recensioni
Una notte di festa. Un imprevisto e una fuga per le vie della città, una separazione. Una canzone dalle parole misteriose, e una spiegazione che non tarda ad arrivare...
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Jean Kirshtein
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ridere, ridere, ridere ancora
Ora la guerra paura non fa
Brucian nel fuoco le divise la sera

Brucia nella gola vino a sazietà

Le quattro birre chiare che avevano ordinato comparvero al loro tavolo.
«Ammetto di aver pensato che quest’idea fosse una sciocchezza.» Nonostante il suo carattere, non riuscì a trattenere un sorriso sincero. E anche lui, il primo ad aver inizialmente criticato l’idea di Sasha, dovette ammetterlo: si stava divertendo. «Ma sono contento di essere venuto.»
Al suo fianco, Marco, Mina e Thomas si lanciarono un’occhiata d’intesa. Jean sorrise deciso e alzò il boccale in alto, aspettando gli amici. A pochi metri da loro, la festa entrava nel suo culmine.


21 giugno 850: 107 anni dalla fondazione della monarchia, e solstizio d’estate.
Nessuno della loro compagnia era tanto fatuo da credere di interessare per davvero alla fredda Mitras, a leghe di distanza, o che anche solo alla gente di Trost interessasse realmente la monarchia.
Ma una festa era pur sempre una festa. E l’inizio dell’estate era sempre l’inizio dell’estate.

Come ogni anno era stata festa per il Wall Rose e il Wall Sina, le osterie e le taverne al completo, i negozianti e i mercanti che offrivano a voce alta la propria merce da dietro le bancarelle, il corpo di Guarnigione locale a battere ogni avventore nelle gare di bevute e la banda a suonare nella piazza principale di Trost, circondata dall’allegro fracasso della folla. Si beveva, si ballava e ci si divertiva, dimenticando almeno per una notte i giganti appena al di fuori delle mura di Trost. E Sasha aveva avuto l’idea di violare il coprifuoco e di scendere in città per prendere parte ai festeggiamenti, coinvolgendo quattordici dei suoi compagni.
Durante i loro turni in cucina, avevano corretto la cena degli ufficiali e delle guardie del campo con le erbe soporifere trovate nel bosco. Erano di fatto scappati attraverso un punto della palizzata in cui le assi avevano ceduto, raggiungendo Trost a cavallo mentre aggiungevano un’affascinante, innegabile nota di sfida e avventura a tutta quella storia. 
Avevano pensato a tutto.
E ora erano in sette a essere seduti a un tavolo miracolosamente vuoto di una taverna della via principale della città, con ancora un paio d’ore prima di dover tornare a prendere i cavalli per fare ritorno.
Mina sorrise e levò alto il suo boccale. «Buona festa, ragazzi.»
«A noi!» Il boccale di Thomas la seguì subito.
«Grazie della compagnia, amici.» sorrise Marco.
«Alla Gendarmeria!»
«Sei incorreggibile, Jean.» Marco scosse il capo e non poté contraddire l’amico, mentre Mina e Thomas soffocavano una risata e Jean lanciava uno sguardo di sottecchi all’altro lato della sala, sperando di essere stato sentito fino al tavolo dove Eren, Armin e Mikasa brindavano. I quattro mandarono i loro boccali a scontrarsi in alto, lasciando scorrere un fiume di morbida schiuma bianca sul tavolo, e presero a bere.
«Al Corpo cadetti!»
Per poco Jean non si strozzò. Mina, Thomas e Marco si lanciarono uno sguardo allarmato mentre tutti e quattro riconoscevano quella voce impastata.

Musica di tamburelli fino all’aurora
Il soldato che tutta la notte ballò
Vide tra la folla quella nera signora
Vide che cercava lui e si spaventò


Una regola: una sola, dannata, regola.
Ne avevano stabilita soltanto una, mentre la sera prima definivano gli ultimi dettagli del piano: non farsi notare. Non era stato un caso, se si erano vestiti con i loro abiti borghesi, in modo da non far notare la presenza del Corpo cadetti in città e non scatenare l'ira di Shadis.
E invece...

Attraverso la porta aperta della taverna, Jean vide la gente farsi da parte lungo la strada osservando perplessa Sasha e Connie barcollare ubriachi, mezzo abbracciandosi mezzo ridendo istericamente.
«Al Corpo cadetti!» ripeté Connie, a voce ancora più alta di prima.

«Shì, Connie!» Sasha rise sguaiatamente e intonò un biascicato inno al corpo di appartenenza.

Per quanto non portassero la divisa, Jean ebbe l’impressione che l’intera taverna si fosse girata verso i tavoli occupati dai cadetti.
Tentarono di essere il più possibile svelti ad agire.

Jean, Marco, Mina e Thomas da un lato, Eren, Mikasa e Armin dall’altro, si alzarono velocemente dai loro tavoli, pronti a intervenire -Eren a prendere a pugni i due soldati. Mentre i suoi occhi prendevano fuoco dalla rabbia, Jean dovette trattenersi dall'irrompere in strada e strangolare con le sue stesse mani entrambi i compagni. “Idioti!”


Salvami, salvami, grande sovrano,
Fammi fuggire, fuggire di qua,
Alla parata lei mi stava vicino,
E mi guardava con malignità


«Ehi!»
E -ovviamente- dovevano attirare l'attenzione degli ultimi due soldati sobri di tutta la città. La folla si fece leggermente in disparte e due soldati della Guarnigione locale afferrarono Sasha e Connie per il colletto della camicia, fissandoli con sospetto. «State dando problemi?»
«Sciao, amico...» Connie tentò di abbracciarlo con un sorriso ebete in volto.
Senza farsi notare troppo, i sette all’interno della locanda lasciarono i propri posti e raggiunsero la strada, sbirciando alle spalle della folla incuriosita.
«Nome e città di residenza. Avanti, svelti!»
«Non ti bashta... hic… non ti bashta shapere del Co… hic… del Corpo cadetti...?»
«Il Corpo cadetti…?» Il ragazzo che teneva Connie ridusse gli occhi a due fessure, ulteriormente insospettito. «Per caso siete in rapporti con il Corpo cadetti di quest’anno?»
Non occorse nemmeno parlarsi.

Furono veloci. Mikasa scostò di lato la gente e afferrò per il braccio Sasha, Thomas si occupò di Connie. Armin tirò in disparte Eren un attimo prima che si scagliasse sui soldati e i quattro corsero via, scomparendo tra la folla sotto allo sguardo attonito dei due giovani. Anche di fronte a quell'imprevisto, Sasha e Connie continuarono a mantere la loro aria ebete.
«Ci dispiace!»
«Lasciami andare, Armin!»
«Ehi, fermi!» I due soldati si riscossero e presero a inseguirli, mentre la folla perdeva il silenzio e scoppiava a ridere di gusto.
Al suo fianco, Marco sospirò di sollievo.


Dategli, dategli un animale,
Figlio del lampo, degno di un re,
Presto, più presto perché possa scappare,

Dategli la bestia più veloce che c'è

Sarebbe scoppiato a ridere anche lui, se non avesse rischiato a quel modo. 
Lo sguardo gli rimase sul punto tra la folla in cui i compagni erano fuggiti e Jean si sentì riempire di nervoso al solo pensiero dell’idiota e della campagnola del gruppo, che prima tanto si erano adoperati per la festa, e che poi in pochi secondi avevano quasi mandato tutto all’aria. “Idioti!”
«Meglio andarsene.» Le parole e lo sguardo preoccupato di Mina lo riscossero dalla rabbia.
La ragazza aveva ragione. Mettere quanta più distanza possibile tra loro e i due soldati della Guarnigione era la cosa migliore da fare. Pazienza per le birre. Jean lanciò una veloce occhiata d'intesa a Mina e Marco e si voltò in fretta. «Andiamocene.»

*

La via in cui si tuffarono straripava ancora più di folla. I tre si lanciarono tra la gente, allontanandosi dalla via del misfatto. Come originario di Trost, lui prese in automatico il comando e corse ancora, districandosi abilmente tra la gente per urtare meno persone possibile mentre riusciva finalmente a ideare il tragitto migliore. Il passo gli si fece veloce. Molto veloce. «Di qua, ragazzi! Andiamo di qua!»
Individuò con gli occhi la porta che avrebbero dovuto prendere, poco più avanti: pochi metri, e si sarebbero messi in salvo dalla maggior parte della gente -e in totale sicurezza dai due della Guarnigione. Ma, quando Jean tornò a guardarsi alle spalle, si accorse di non avere più al suo fianco nessuno degli amici.


Trasalì. Jean si fermò e controllò freneticamente tutta l’area circostante, tentando di scrutare tra la gente di Trost alla ricerca dei suoi amici. «Ragazzi!» All'improvviso, il contatto con la folla si fece molto più concitato, assordandolo. Le persone più vicine a lui si strinsero ancora, facendolo spostare contro la sua volontà. «Ragazzi!»
«Jean!» Come in un sogno, riuscì a cogliere il volto di Mina e Marco tendere la mano nella sua direzione, molti metri più in là rispetto a lui. Capì che, anche sforzandosi, non sarebbe mai riuscito a raggiungerla. Colse un’ultima volta il grido di Mina quando la folla li separò del tutto.
Jean rischiò di inciampare e si ritrovò schiacciato tra la gente di Trost, venendo trascinato via. Gli amici furono inghiottiti tra la gente.
Quando risollevò la testa non vide più nessuno. E sentì la testa esplodergli. Jean imprecò e si portò una mano alla tempia, tentando di capire dove fosse finito.

Sembrava di stare in un altro mondo. La festa era ancora al suo culmine ma, a soltanto pochi passi dalla via colma di festeggianti, la viuzza laterale in cui si era ritrovato era miracolosamente scampata alla folla, conservando l’umidità, il buio a malapena rischiarato dalla luce di una torcia, e il silenzio della notte tra i palazzi che vi si affacciavano. Riconobbe il posto ma, anche conoscendo alla perfezione Trost, capì di essere riuscito a perdere i suoi compagni.
«Maledizione...» Jean sbuffò e si riaggiustò la casacca impolverata, osservando con frustrazione i festeggiamenti senza riconoscervi alcun tratto dei compagni.


Christa e Ymir si erano staccate quasi subito dagli altri, tallonate da Reiner e Berthold. Hannah e Franz erano spariti da qualche parte. Anche solo cercare di ritrovare Mina e Marco sarebbe stato impossibile. Ed Eren, Armin, Mikasa e Thomas -più Sasha e Connie- erano finiti chissà dove. Jean digrignò i denti. Trost era grande: anche conoscendola a memoria, non sarebbe mai riuscito a ritrovare nessuno dei suoi compagni.
“Devo andare alla porta.” Li avrebbe aspettati alla porta d’ingresso, poco distante da dove avevano nascosto i cavalli. Tanto, a prendere parte ai festeggiamenti da solo sarebbe apparso disperato.
Poteva passare per le vie più vecchie e in disuso della città, uscendo dalla parte opposta del vicolo rispetto a quella per cui era entrato. La sua mente aveva già trovato la strada più adatta.

La canzone su cui erano scappati terminò, gli applausi si levarono. Mentre Jean, sbuffando ancora, si dirigeva verso l’altra uscita del vicolo, l’orchestra intonò le prime note di una nuova canzone. Quando ascoltò per davvero anche solo le prime parole della strofa, Jean si bloccò in mezzo alla stradina, senza riuscire a fare a meno di seguire allibito la canzone.

Lascia che sia fiorito
Signore, il suo sentiero
Quando a te la sua anima
E al mondo la sua pelle
Dovrà riconsegnare
Quando verrà al tuo cielo
Là dove in pieno giorno
Risplendono le stelle

Quando attraverserà
L'ultimo vecchio ponte

Ai suicidi dirà
Baciandoli alla fronte
Venite in Paradiso
Là dove vado anch'io
Perché non c'è l'inferno

Nel mondo del buon Dio

La perplessità finì di fare il suo corso, e per poco Jean non si lasciò andare a una smorfia di puro disgusto. «Ma che roba è questa?»
Quando quella notte erano appena arrivati in città, stavano suonando una popolare canzone che tutti avevano riconosciuto fin dalla prima nota: Christa non era riuscita a resistere e aveva trascinato Ymir a danzare allegramente sulle note di Volta la carta. E poi Dolcenera, la canzone successiva, era stata cantata per metà nel dialetto del distretto da cui veniva Sasha, facendola un po’ emozionare e un po’ vergognare* -almeno, prima che scomparisse da qualche parte a ubriacarsi con Connie.
E adesso invece cantavano quella roba.
«Si chiama “Preghiera in gennaio”.»
Jean trasalì e si voltò di scatto.
Una donna anziana, comparsa improvvisamente nel vicolo, alzò lo sguardo su di lui.

Il volto segnato dalle rughe era incorniciato da una crocchia di capelli candidi, di cui alcune ciocche ribelli ricadevano sui vestiti vecchi e poveri che portava. Doveva essere sulla sessantina, ma l’espressione triste che portava in volto la faceva sembrare ancora più vecchia. 
Jean la fissò con malcelato sospetto.
Non la conosceva ed era pur sempre comparsa nella via come un fantasma. «E a loro sembra una canzone da suonare a una festa?»


Non era neanche tanto il titolo senza senso: semplicemente, era lugubre. Era triste e spenta, deprimente. Almeno, quando tre anni prima Sasha aveva separato lui ed Eren sulle note del Ballo in fa diesis minore, la tematica era stata macabra, ma il ritmo allegro.
«Non è una canzone da festa.» La donna voltò lo sguardo verso la gente in festa. Il volto le si fece improvvisamente triste. «Ma è una canzone per l’umanità intera.»
«Non me ne frega nient...»
«Tu sei un cadetto, vero? E domani avrà luogo la notte di scioglimento.»
Quello lo colse veramente di sorpresa. Jean perse il nervoso e fissò stupito la donna. L'anziana ricambiò la sua espressione con volto triste, ma composto. «Ma voi come…?»

Fate che giunga a voi
Con le sue ossa stanche
Seguito da migliaia
Di quelle facce bianche
Fate che a voi ritorni
Fra i morti per oltraggio
Che al cielo e alla terra
Mostrarono il coraggio


«E pensi che il Corpo di Ricerca sia soltanto un ammasso di suicidi, vero?»
Ora iniziava veramente a spaventarsi.
Il suo vero desiderio sarebbe stato allontanarsi, ma invece Jean riuscì soltanto a fare cenno di sì con la testa, la bocca improvvisamente secca e il cuore in tumulto. C’era un qualcosa, in tutta quella assurda situazione, che gli stava impedendo di andarsene.

«Questa canzone ha molto a che fare col Corpo di Ricerca.» La donna sospirò, come se si stesse tenendo un peso dentro. Gli occhi le si colmarono di lacrime. «E’ una preghiera, con cui si chiede a Dio di accettare chi ha scelto di morire ribellandosi all’odio e dall’ignoranza del mondo; chi non si è accontentato di vivere una vita di falsa pace, e ha combattuto l’errore in nome della verità. Senza riuscire a vivere in un mondo di ignoranza.»

Signori benpensanti
Spero non vi dispiaccia
Se in cielo, in mezzo ai Santi
Dio, fra le sue braccia
Soffocherà il singhiozzoDi quelle labbra smorte
Che all'odio e all'ignoranza
Preferirono la morte


«Il governo e il Culto delle mura hanno sempre sconsigliato le azioni all’esterno, rendendo i soldati del Corpo di Ricerca malvisti agli occhi dell'opinione pubblica. E’ anche a loro, che si ribellano coloro che prendono le armi contro i giganti. Non è il suicidio di per sé a far pensare al Corpo di Ricerca: i soldati non cercano spontaneamente la morte. E’ la propria volontà a ribellarsi, a collegare questa preghiera e l’esercito.»
Il pensiero gli corse involontariamente ad Armin, quando qualche tempo prima gli aveva raccontato di essere stato aggredito, a soli dieci anni, soltanto per aver espresso il suo desiderio di vedere il mondo esterno.
La donna smise di parlare e lo fissò con calma, come se stesse attendendo pazientemente la sua risposta dopo quelle parole.

La sua musica iniziò ad alzarsi, crescendo velocemente d'intensità fino a risultare fastidiosa.

Dio di misericordia
Il tuo bel Paradiso
L'hai fatto soprattutto

Per chi non ha sorriso

C’erano molte cose che avrebbe voluto chiederle. Chi fosse lei, come facesse a sapere tutto quello su di lui, perché avesse deciso di andare a parlargli.
Da fastidiosa la musica si fece opprimente, quasi assordante, il tono vibrante e intenso della voce cantante sempre più vicina che gli dava mal di testa. Ma l’unica cosa che Jean riuscì a fare fu dire: «Voi avete sofferto di un dolore derivato da qualcosa di simile, vero?»

Lo sussurrò con voce roca, come se un peso troppo grande lo stesse opprimendo.

Per quelli che han vissuto
Con la coscienza pura
L'inferno esiste solo

Per chi ne ha paura

Non riuscì più a fermare la disperazione. Un fiume inarrestabile di lacrime scorse lungo il volto incavato della donna. «Mio figlio Moses era entrato nel Corpo di Ricerca.» La musica si fece ancora più forte. Per quanto stesse ancora tentando di farsi forza, la donna tremò. «Morì cinque anni fa, appena prima della perdita del Wall Maria. Morì tentando di portare l’umanità alla vittoria.»

Meglio di lui nessuno
Mai ti potrà indicare
Gli errori di noi tutti
Che puoi e vuoi salvare
Ascolta la sua voce
Che ormai canta nel vento
Dio di misericordia

Vedrai, sarai contento

«E ora, la sua voce canta nel vento.» Non riuscì più a tenersi in piedi. La donna cadde a terra e si prese il volto tra le mani, piangendo il figlio. Jean rimase a guardarla, stordito, il cuore sempre più agitato.
I colori e la città iniziarono a mischiarsi l’uno con l’altro, fondendosi in un’orrenda spirale che iniziò a rivolgersi verso di loro. La musica si fece ancora più forte. Il respiro gli si fece veloce e superficiale mentre Jean non riusciva a correre via da quell'incubo, incapace anche solo di cadere a terra. Davanti ai suoi occhi, la figura della donna fu assorbita dal confondersi di colori e suoni, e lui si sentì travolgere dal terrore più puro.


Dio di misericordia
Vedrai, sarai contento.

​Anche lui venne travolto. Jean gridò.

§

«Jean! Jean!»
La prima cosa che vide, quando riaprì gli occhi, fu un soffitto in legno, rischiarato dalla luce del giorno che entrava dalle finestre. E due facce familiari che lo fissavano preoccupate. Gli occhi ancora sbarrati dalla paura e il cuore ancora in tumulto, Jean si tirò a sedere sul letto, quasi senza riuscire a vedere Marco e Armin preoccupati al suo fianco mentre realizzava ogni cosa.
Un sogno. Non era mai stato a Trost a festeggiare con i suoi compagni, non era mai stata intonata nessuna canzone inquietante, nessuna vecchia gliene aveva mai spiegato il vero significato. Era stato tutto un sogno.
«Stavamo per svegliarti, quando ti sei messo a gridare…» Marco gli posò la mano sulla spalla, fissandolo con fare preoccupato. «Hai avuto un incubo?»
«...sto bene.» Per quanto fosse stato solo un sogno, aveva l’impressione che il mondo gli fosse caduto addosso. Jean non riuscì a guardare nessuno dei due amici e si sostenne per un attimo la fronte con la mano, tentando di scuotersi del tutto dalla dimensione del sogno.

Il dormitorio era illuminato dalla luce del primo mattino che filtrava dalle finestre, quasi deserto. Dovevano già essere quasi tutti usciti.
«Se sei stanco, forse è meglio che non partecipi agli allenamenti di oggi.»
«Sto bene, Armin.» Al di là del fatto che Marco e Armin rientrassero tra i suoi migliori amici, per una volta non riuscì a rispondere con il suo solito tono arrogante. Jean scese la scaletta a pioli che conduceva al suo letto con movimenti rigidi.
«Mi dispiace, Jean. La tensione per la notte di scioglimento deve averti scosso. Ma tenta di fare comunque del tuo meglio, agli allenamenti.» Prima di uscire assieme agli altri, anche Reiner gli batté la mano sulla spalla con fare comprensivo.
Quasi Jean nemmeno lo sentì. “E domani avrà luogo la notte di scioglimento.

Perse la rigidità ai movimenti e si cambiò velocemente, precipitandosi fuori. Non si curò di Marco e Armin che lo chiamavano, e riconobbe il compagno da dietro.
«Ma che…?» esclamò Eren, allibito, quando si ritrovò tirato in disparte per un braccio da Jean. «Ma che vuoi, faccia da cavallo?!»
«Eren» Nonostante tutto, la tentazione di riempirlo di botte fu forte. Per fortuna Mikasa non era ancora arrivata. Jean si impose di restare calmo per entrambi, e fissò con estrema serietà il compagno. «Tu sceglierai il Corpo di Ricerca, vero?»
«Mentre tu sceglierai la Gendarmeria, no?» Gli occhi di Eren si colmarono quasi di odio.
Era ovvio che gli avrebbe risposto a quel modo.


Ascolta la sua voce
Che ormai canta nel vento
Dio di misericordia

Vedrai, sarai contento.

«Perché me lo chiedi?»
«...nulla.» Jean scosse la testa, quasi chiedendosi perché avesse voluto tirare in disparte il compagno per quel discorso.
Non sarebbe mai riuscito a dirgli come avesse improvvisamente iniziato a vedere con altri occhi il Corpo di Ricerca, ma dubitava che sarebbe mai più riuscito a dargli del “dannato che aveva fretta di morire”.

Pensi che il Corpo di Ricerca sia un ammasso di suicidi, giusto?
Non dopo quel sogno.

«...proteggi Mikasa e Armin, nell’Armata.» Gli tornarono alla mente gli sguardi dei loro altri compagni quando si parlava della Legione esplorativa, delle occhiate di intesa tra Connie, Thomas e tutti gli altri, dell’improvviso silenzio imbarazzato che aveva iniziato a calare ogni volta che qualcuno chiedeva all’altro quale Corpo avesse intenzione di scegliere. «E tutti gli altri.»
Jean non badò alla faccia improvvisamente perplessa di Eren e se ne andò, senza mai voltarsi verso di lui.

La ragazza gli andò incontro. Doveva essere già andata a parlare con Armin e Marco. Sasha lo fissò con occhio critico mentre Jean si limitava a sospirare.
«Sicuro di voler partecipare comunque, stasera?»


Quello lo colse effettivamente di sorpresa. «A cosa dovrei partec…?»
La gomitata di Sasha gli arrivò proprio sulla costola. Jean emise un gemito strozzato e si ripiegò su se stesso, mentre la superiore che era passata al loro fianco proseguiva lungo la sua strada, allontanandosi. Sasha tirò un sospiro di sollievo, e Jean fissò la compagna con occhi fuori dalle orbite per la rabbia.
«Perché diamine lo hai fatto?!»

«Il piano, Jean! Non ricordi?» Non badò praticamente alla sua rabbia. Gli occhi di Sasha brillarono. «Stanotte siamo a Trost, a festeggiare!»
Al solo ripensare alla festa a cui aveva avuto l’idea di partecipare di nascosto, Sasha andò in visibilio e prese a sognare a occhi aperti le montagne di cibo che avrebbe potuto assaggiare quella sera, dimenticando tutta la faccenda.

Ricordò tutto.

Quando avevano saputo che l'ultimo giorno non ci sarebbero stati allenamenti, in previsione della notte di scioglimento, Sasha aveva proposto per davvero ai compagni di andare alla festa per la monarchia e per il solstizio che si sarebbe tenuta -per davvero- a Trost. C’erano stati per davvero anche la sua iniziale scocciatura per tutta quella storia, e la serata prima, quando lui si era lasciato convincere e tutti si erano ritrovati nel dormitorio delle ragazze per accordarsi sugli ultimi dettagli. Non sapeva se la donna del sogno fosse mai esistita, ma per il resto era già stato tutto deciso.
"Non è stato soltanto il sogno."

Jean non riuscì a tenere l’attenzione sull'amica e si ritrovò con lo sguardo fisso da qualche altra parte, troppo coinvolto nei suoi pensieri per riuscire a starle dietro.
Non era soltanto il pensiero che ci fosse stato qualcosa di strano, di innaturale in quel sogno: lui non sarebbe mai potuto tornare alla sua considerazione iniziale del Corpo di Ricerca. Lo sapeva. Anche senza entrare di persona nell’Armata ricognitiva, non avrebbe mai più rivisto i soldati della Legione al modo con cui li aveva derisi per tutti quegli anni.
Non dopo quella notte.

Dio di misericordia, vedrai
Sarai contento.

 




































 

*nel manga, Sasha si sforza di soffocare il dialetto e l'accento con cui si è abituata a parlare al suo villaggio natale. Ho voluto abbinare un po' il testo della canzone a questa sua caratteristica ;)


Angolo autrice:

Dirò soltanto una cosa… In undici mesi di progettazione, questa FF è stata un trauma da scrivere. NON sto scherzando 🤡
Scherzi a parte, ciaoo! :) Pronti a sorbirvi i miei nuovi e alquanto aberranti scritti, muahahaha Questa FF è stata veramente terribile da scrivere, sono passata da farla essere una mini-long, a una possibile JeanMarco What it? a finale aperto, alla Song-fic che è diventata adesso… Ma alla fine ce l’ho fatta!(?)😌
La canzone che ho utilizzato è Preghiera in gennaio (ma va’?), di Fabrizio de André, che adoro con tutto il mio cuore U.U Ho sempre amato la musica italiana, anche per questo non sono riuscita a trattenermi e nella storia ho anche citato Samarcanda (di Roberto Vecchioni), Dolcenera e Volta la carta sempre di De André.
Adoro questa canzone e l’ho trovata abbastanza calzante per il contesto di Attack on Titan, e soprattutto per il personaggio di Jean, il mio preferito assieme a Sasha! Purtroppo la storia di per sé non mi convince ancora del tutto, per cui la rimetto a voi!
Saluto come al solito i miei amici, i primi a leggere queste storie e a incoraggiarmi, siete fantastici!
😍❤
Vi ringrazio anche solo se avete voluto leggere questa storia, alla prossima! :D

Animer
   
 
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