Flashfic scritta per l’ “antiferragosto challenge” del gruppo Facebook Hurt/Comfort Italia – Fanfiction and fanart- GRUPPO NUOVO
 
Autrice: Heatherchan – PerseoeAndromeda
Fandom: Attack on titan
Prompt: 85. Fragilità
Titolo: Fragilità
Personaggi: Armin e Jean
Generi: hurt/comfort, scenari di guerra
Rating: giallo
 
 
 

FRAGILITÀ

 
Non ebbe neanche bisogno di toccarlo un’ultima volta, Armin era così esausto che abbassò il capo e crollò in ginocchio, le mani affondate nel tappeto di neve e il respiro spezzato.
Nonostante Jean fosse stato attento a non provocargli neanche un graffio, le esercitazioni corpo a corpo che il regime di addestramento imponeva, si rivelavano sempre proibitive per quel ragazzino troppo debole.
Jean lo osservò qualche istante con l’espressione corrucciata, poi lo interrogò:
“Stai bene?”.
Il viso stravolto, cosparso di chiazze rosse per il freddo che sbocciavano sulla pelle candida, si sollevò.
L’espressione di Jean si fece ancora più seria quando incrociò quei due occhi grandi e lucidi, che sembravano febbricitanti.
“Sto bene… perché… tu hai solo giocato…” ansimò, la voce roca, che usciva a fatica dalla gola. “Eri più attento a non farmi male che ad allenarti davvero”.
Jean levò gli occhi al cielo:
“Se mi fossi impegnato anche solo un poco di più, avrei potuto ucciderti”.
Le labbra di Armin divennero una linea sottile,  anche gli occhi si strinsero e il suo sguardo fuggì, demoralizzato.
Jean sospirò, il senso di colpa gli serrò il cuore in una morsa.
Eppure, lo stesso Armin era consapevole che, a livello fisico, nessuno dei cadetti poteva paragonarsi a lui quanto a debolezza e scarsa resistenza. Persino le minuscole Annie e Khrista avrebbero avuto la meglio sul piccolo Arlert in un incontro di lotta e, sotto molti aspetti, poteva dirsi un miracolo se aveva superato, relativamente indenne, quei mesi di addestramento.
Un miracolo…
O forse la presenza di qualcuno che vegliava sulla sua incolumità.
C’era un motivo ben preciso se Jean, Eren, Mikasa, Marco, Reiner, facevano il possibile per fare coppia con Armin durante le prove di lotta.
Era per proteggerlo, unicamente per quello, preservarlo dai troppi compagni, tra i cadetti, che non si sarebbero posti scrupoli a fargli del male, forse lo avrebbero persino ucciso.
Se fosse accaduto, in fondo, sarebbe stato archiviato come un incidente di percorso: nella loro triste realtà, i deboli erano destinati a soccombere.
Jean tese una mano.
“Ce la fai ad alzarti?”.
Armin fissò gli occhi sulla mano protesa, per qualche istante, ma subito dopo la ignorò, con una smorfia di disappunto accompagnata da un piccolo ringhio.
Era deciso ad alzarsi da solo, non importava quanta fatica avrebbe fatto, quanto avrebbe barcollato, quanto male sarebbe stato.
Con un nuovo sospiro, questa volta di rassegnazione, Jean seguì con lo sguardo i suoi movimenti lenti, i tremori delle sue gambe che, incerte, si rimettevano in piedi, l’instabilità che gli impediva di mantenersi saldo quando ebbe raggiunto lo scopo.
Si era davvero rialzato, dopotutto, ma Jean non smise di tenerlo d’occhio.
Quando l’equilibrio del compagno venne meno, era pronto. Gli bastò allungare le braccia e Armin cadde tra esse, leggero come una piuma, troppo delicato, troppo fragile.
“Troppo testone” brontolò Jean, mentre lo sollevava da terra, per condurlo dove avrebbe potuto, finalmente, riposare e farsi passare quell’ennesimo attacco di febbre.