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Autore: Shimba97    19/08/2021    1 recensioni
Se gli avessero chiesto quel era l’epoca che preferiva da quando era esistito, Aziraphale avrebbe detto senza dubbio il 1800.
L’eleganza, lo sfarzo di quel periodo, i vestiti pregiati, l’evoluzione industriale, i nuovi mezzi di trasporto, avevano un fascino del tutto particolare per l’angelo.
Sorrise appena mentre accarezzava le lenzuola candide di quel letto a baldacchino. Non andava fiero di ciò che era diventato, a cosa si era abbassato per amore.
Amore.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Se non avessimo amato

 

Se gli avessero chiesto quel era l’epoca che preferiva da quando era esistito, Aziraphale avrebbe detto senza dubbio il 1800.

L’eleganza, lo sfarzo di quel periodo, i vestiti pregiati, l’evoluzione industriale, i nuovi mezzi di trasporto, avevano un fascino del tutto particolare per l’angelo.

Dovette ammetterlo, la vita da aristocratico gli piaceva molto, i galà e soprattutto i balli! Era un ballerino provetto, amava cimentarsi in ogni tipo di danza, anche se agli occhi di Crowley risultava un disastro.

Crowley… da quanto tempo non aveva sue notizie. L’ultimo loro incontro risaliva agli inizi del 1800, per sbrigare una faccenda dei loro Superiori, ma da allora era come sparito. Era il 1875, non lo vedeva né sentiva da 73 anni, chissà che fine aveva fatto.

Se avesse saputo… lo avrebbe preso in giro per decenni.

Sorrise appena mentre accarezzava le lenzuola candide di quel letto a baldacchino. Non andava fiero di ciò che era diventato, a cosa si era abbassato per amore.

Amore.

Era stato creato per questo, diffondere amore e speranza.

Eppure gli era stato precluso il resto.

Vivere sulla Terra ma non vivere realmente.

Osservare tutto come uno spettatore, senza nessun legame, di alcun tipo.

“Gli umani sono esseri terreni, Aziraphale. La morte arriverà anche per loro” gli aveva ripetuto diverse volte Gabriel. Gli doleva il cuore dargli ragione, eppure sapeva che per tutti vi era una fine, tranne per lui, essere ultraterreno creato appositamente per uno scopo: diffondere benevolenza fino all’Apocalisse.

Sospirò, aprendo gli occhi e mettendo a fuoco la figura poco lontana che dandogli le spalle era intenta a fumare una sigaretta, poggiata al davanzale della finestra.

«Ti vedo pensieroso, Aziraphale»

L’angelo alzò lo sguardo verso di lui, arrossendo per essere stato colto in fallo «oh no caro, ti stai sbagliando»

L’uomo espirò il fumo della sigaretta, spegnendola subito dopo «sono un vecchio poeta che scrive aforismi romantici e malinconici, non puoi prendermi in giro» si avvicinò a lui, di lato al letto.

Aziraphale sorrise, sapendo di non avere nessuna speranza contro di lui «pensavo alla vita» lo vide salire sul materasso, sfiorandogli i ricci con le dita e provocandogli un brivido.

«E a cosa di preciso?»

«Alla sua fine» sentenziò, con una nota di amarezza.

Oscar era l’unico umano a conoscenza della sua natura.

Come avrebbe potuto nascondere una cosa di quella gravità? Soprattutto all’uomo che… amava.

Aveva conosciuto Oscar ad un galà di nobili ormai cinque anni prima e da subito era scattato qualcosa in lui.

Aveva provato a ignorarlo, per il Bene Superiore, ma alla fine aveva ceduto al peccato più grave di tutti, la lussuria.

Aveva consumato la sua prima volta con quell’uomo così colto da pendere dalle sue labbra ad ogni parola, anche se aveva vissuto così tante epoche da sapere molto più di lui, eppure metteva una tale passione in tutto ciò che narrava che nemmeno un angelo del suo calibro era riuscito a resistere.

«C’è una fine per chiunque, per questo la vita ha un valore così immenso» gli sfiorò lo zigomo rosato «verrai a trovarmi, quando il mio tempo sarà giunto?»

«Oscar non…-»

«Ma non portarmi crisantemi, sono dei fiori che detesto. Portami delle rose rosse, come la passione»

Ad Aziraphale vennero gli occhi lucidi. Essendo un angelo, sapeva quanto tempo un essere umano viveva sulla terra e quello del suo Oscar era davvero poco. Non doveva sprecare quel tempo prezioso.

«Rose rosse, promesso» la sua voce tremava «ma adesso non parliamo di questo, va bene? Non è… ancora il momento»

«E chi lo sa quando sarà, io vivo la vita come se fosse l’ultimo giorno, mio angelo» sfiorò le sue labbra con le sue e poco dopo lo baciò, lasciando andare quelle parole pesanti come macigni.

Tra loro era sempre stato così, Oscar chiamava, Aziraphale rispondeva. Raramente l’angelo prendeva l’iniziativa, per colpa dell’imbarazzo e della sua – ahimè – timidezza, che lo rendeva nervoso come una corda di violino.

Non si era concesso subito a lui, si era fatto rincorrere, ma ad un certo punto aveva smesso di farlo e si era lasciato prendere, maledicendosi per non averlo concesso prima.

Le sue dita lunghe e chiare andarono ad accarezzare la schiena ampia di Oscar, che lo aveva nel frattempo sovrastato.

I loro baci erano caldi ed umidi, un mix di sensazioni che li prepararono per il dopo, ancora più bollente.

Le loro mani si strinsero, mentre si univano. Aziraphale conficcò le unghie sulla sua schiena, mentre lui si muoveva dentro di lui, facendolo gemere e soffocando quei gemiti nelle sue labbra.

E come ogni cosa che iniziava, improvvisamente finiva.

Si strinsero, forte. Aziraphale voleva imprimersi nella mente e nella pelle la sensazione del suo calore, del battito accelerato del suo cuore, dei suoi occhi così profondi e della sua voce così perfetta, in grado di trasportarlo in mondi molto lontani.

«Il mio cuore è tuo, Aziraphale. Custodiscilo»

«Oh Oscar, lo farò per tutta l’eternità»

 

 

 

 

 

Parigi, 1958

 

Come ogni mese, Aziraphale veniva a deporre un mazzo di rose rosse sulla tomba in cui riposava Oscar.

Come ogni mese, portava con sé il libro di poesie che molto tempo addietro gli aveva regalato, che custodiva quasi con ossessione.

Si sedette sul freddo marmo, sfogliando le pagine. Sorrise. Prese fiato e iniziò a leggere.

 

Se noi non avessimo amato,
Chi sa se quel narciso avrebbe attratto l'ape
Nel suo grembo dorato,
Se quella pianta di rose avrebbe ornato
Di lampade rosse i suoi rami!
Io credo non spunterebbe un foglia
In primavera, non fosse per le labbra degli amanti,
Che baciano. Non fosse per labbra dei poeti,
Che cantano.

 

 

E nonostante la morte, a cui alla vita metteva fine, ciò che non avrebbe mai potuto spezzare era sempre stato unicamente questo, l’amore.



Angolo dell'autrice:

Ciao a tutti, non so come sia uscita questa storia, ma spero di avere fatto un lavoro carino senza aver combinato un disastro.
É la prima volta che scrivo su Oscar Wilde e anche l'introspettivo/sentimentale non sono i miei generi.
A presto,
R.

 

 
   
 
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