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Autore: Red_Coat    20/08/2021    2 recensioni
"Per tutto questo tempo ho passato ogni singolo giorno della mia vita cercando un modo per riunirmi alla mia famiglia. Per riavere mia madre e mio padre, e dire loro quanto mi siano mancati. Ho speso tutto quello che avevo ... pur di poterli salutare un'ultima volta.
Se sono arrabbiata?? Si. Decisamente. Mi fa rabbia che anche il più grande potere del mondo non sia in grado di far nulla per aiutarmi!"
Emilie Gold è l'unica figlia femmina del Signore Oscuro e della sua amata Belle. Cresciuta nell'amore, curiosa come sua madre e abile nella magia come suo padre, ben presto si renderà conto di quanto il tempo possa essere paziente medico e al contempo spietato nemico. E nel tentativo di rendere possibile l'impossibile, scoprirà quanto il prezzo della magia possa essere alto, e quanto il Maestro tempo possa realmente cambiare anche il più oscuro dei cuori.
(coppie: SwanFire; RumBelle. Questa storia è una rivisitazione degli eventi della serie, potrebbero esserci spoiler così come potrebbero esserci coppie canon mai nate o fatti importanti della trama mai accaduti. Il punto di partenza dalla fine della terza stagione.)
Genere: Angst, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Baelfire, Belle, Emma Swan, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mio caro papa,

So che ricevere questa lettera ti sembrerà assurdo, ma so anche che subito dopo inizierai a crederci e insieme, tu e la mamma, riuscirete a venirne a capo.
Stamani vi ho visti, finalmente. Eravate fermi davanti al tuo negozio di pegni; lei ti ha sorriso, e tu l’hai baciata, sussurrandole qualcosa.
È così che mi ricordo di voi. Certo, la mamma aveva qualche anno in più, ma tu … tu sei rimasto lo stesso. Come un punto fisso nel tempo. Il mio.
Caro, mio caro, caro papa! Neanche immagini quanto ho desiderato mostrarmi a voi, in quel momento. Uscire dal mio nascondiglio e correre a riabbracciarvi, risentire il vostro calore.
Ma non era il momento. Non lo è ancora …
Mi mancate terribilmente, e troverò ugualmente il modo di dimostrarvelo. Riuscirò a trovarlo, uno qualsiasi per aggiustare il tempo e far sì che mi renda finalmente tutto quello che mi ha tolto. Tutto quello che ci spetta.
Ero solo una bambina quando vi ho perso. Ma forse qualcosa da poter fare c’è, per tornare a quel giorno e fare in modo che vada diversamente. Sto imparando. Presto sarò pronta.
Nel frattempo, però … voglio che tu e la mamma sappiate che esisto, e che vi voglio tanto, tanto bene.

Vostra per sempre,
Emilie

PS. Saluta Bae da parte mia. Digli che sono contenta sia sopravvissuto. Spero stia bene ora.



Tremotino sollevò lo sguardo, puntando i suoi occhi neri dritti in quelli di suo figlio Bealfire, meglio conosciuto a Storybrooke col nome di Neal Cassidy.
Le mani tremanti strinsero il foglio di carta e la bocca si schiuse per dire qualcosa. Ci volle però ancora qualche istante per riaversi dalla sorpresa.

«Chi te l’ha data?» mormorò, la voce incrinata da un sentimento che non riuscì neppure lui a decifrare.

Il giovane uomo scosse la testa, sospirando.

«Era attaccata alla porta con del nastro adesivo.» replicò, poi domandò, impaziente e confuso «Cos’è questa storia, papa? Tu e Belle vi siete appena sposati e già avete una figlia che riesce a scrivere frasi di senso compiuto? Cos’altro non mi hai detto?»

Il Signore Oscuro scosse la testa.

«No, noi …» bofonchiò, poi si fece implorante «Io ho solo te, Bae.» ammise «Io e Belle non abbiamo nessuna figlia, devi credermi. Non ancora, almeno.»

Ma mentre lo diceva, i suoi occhi corsero veloci a scrutare la città tranquilla oltre il vetro della finestra.
Era davvero una splendida mattina d’inverno, quella. Una delle poche tranquille, tra un sortilegio e l’altro.
Per lui era la rinascita dopo esser stato rapito da Zelena e costretto a fare cose che non avrebbe mai osato, non dopo aver incontrato il suo vero amore.
Il ricordo era ancora fresco, ma grazie a Belle e Bae stava imparando ad andare avanti. Ne aveva passate tante, dopotutto, inclusi innumerevoli anni rinchiuso in una cella dentro ad una miniera. Una gabbia in più non poteva certo ucciderlo, anche se stavolta era stato davvero, davvero orribile. La privazione della libertà non era già di per sé un’esperienza piacevole, figurarsi l’essere inoltre usati a mo’ di giocattolino da una strega perfida e vendicativa. Fortunatamente per lui, la cosa si era risolta e avevano tutti potuto voltare pagina e dimenticare.
Baelfire dal canto suo, dopo aver salvato suo padre da morte certa ed essere stato salvato a sua volta, aveva trovato un suo equilibrio in quella città, con Emma ed Henry. Quel pomeriggio ad esempio avrebbe dovuto essere al parco con suo figlio, invece si ritrovava dentro quell’ennesimo colpo di scena, a fissare lo sguardo attonito di suo padre, che subito dopo si fiondò fuori dal negozio urlando al vento.

«So che ci sei! Fatti vedere!»

Lo seguì, stando a guardare. Ma nulla si mosse. La brezza del porto continuava a scuotere le fronde degli alberi e di quella misteriosa Emilie non vi era alcuna traccia.

«Mostrati! Adesso!» tornò a ringhiare Mr. Gold.

E solo allora Neal Cassidy capì che davvero anche lui cadeva dalle nuvole.

«Okkey.» mormorò, con un profondo sospiro «Basta così, papa! Ascolta, basta!» strattonandolo con vigore e costringendolo a guardarlo negli occhi, tenendolo per i lembi della sua costosa giacca nera.

Aveva lo stesso sguardo di quando lo aveva lasciato andare nel portale, solo che stavolta era anche peggio, perché nemmeno ricordava di averla, una figlia.
Condivideva lo sconcerto, ma a differenza di suo padre cercava comunque di non perdere la testa. Doveva esserci una spiegazione logica a tutto quel casino.
Tremotino vacillò, guardandolo la piazza come se non la riconoscesse nemmeno, mentre continuava a stringere la lettera tra le dita.

«Che succede?»

La voce di Belle li raggiunse alle spalle. Allertata dal baccano era uscita dal retrobottega e ora fissava preoccupata il marito, che senza distogliere gli occhi dai dintorni le porse la missiva.
Mentre il testo scorreva sotto i suoi occhi e la grafia chiara dipingeva la melanconia, anche lei sentì il cuore farsi sempre più pesante e lacrime affacciarsi agli occhi. Giunta alla fine si portò una mano davanti alla bocca, coprendo una smorfia di dolore.

«C-chi ve l’ha data?» domandò, con voce tremante.
«Nessuno, in realtà.» le spiegò Baelfire «Stavo uscendo e l’ho trovata attaccata alla porta.»

Fu allora che, tornando in sé, il Signore Oscuro riuscì nuovamente a parlare.

«Mi spiace, Belle…» mormorò, gli occhi lucidi, fissando il vuoto davanti a sé «Sembra che io abbia perso anche nostra figlia.»

Si voltò a guardarla, mentre Baelfire abbassò per un attimo gli occhi. Nonostante tutta l’acqua passata sotto i ponti, parlare di quegli anni faceva ancora male.
La donna sorrise, e non appena il suo sposo si voltò a guardarla si affrettò a stringerlo forte, accogliendolo tra le braccia e stampandogli un tenero bacio sulle labbra.

«Non devi scusarti, Tremotino.» mormorò «Nemmeno io sapevo di lei, ma forse non avremmo neanche dovuto.»

Padre e figlio la fissarono confusi.

«Ma non capite?» fece allora lei, staccandosi e tornando a guardare entrambi «Tutte le cose che sono successe, la sensazione che ci fosse qualcuno che vegliava su di noi, che ci aiutasse. Era lei!» spiegò, felice «Emilie. Nostra figlia … questa lettera è la conferma che aspettavamo.»
***
 

Tanto tempo fa …

Emilie era stata una bambina davvero, davvero fortunata.
Era nata ai confini del mondo magico, dove il sole non tramontava mai, in una splendida mattina di primavera.
Una bambina dolce, nata da due genitori speciali.
Suo padre era l'ultimo dei Signori Oscuri, ma dopo esser stato temuto per secoli e aver inseguito il potere per tutta la sua vita, aveva smesso di usare la magia quasi del tutto e mai per scopi malevoli, dedicandosi al servizio della sua famiglia e alla ricerca di un modo per liberarsene una volta per tutte.
Artefice di quel miracolo era stata sua madre, una principessa bellissima, che lo aveva amato sin dal primo istante, riuscendo a guardare oltre la bestia e i suoi modi rozzi.
La loro unione era perfetta, e i figli ne erano il coronamento. Primo era stato suo fratello, Gideon, che di quella principessa aveva preso il carattere studioso e da suo padre l'amore per la famiglia. Quando Emilie era nata, Gideon aveva appena compiuto diciotto anni, e come tutti l'aveva amata sin da subito.
Suo padre Tremotino l'aveva soprannominata "piccola principessa", aggiungendo a volte, per via del suo carattere avventuroso, l'aggettivo "pestifera".
E lo era davvero, la principessa di casa.
Da sua madre aveva preso la voglia d'imparare, ma da suo padre, il suo "papa", il fascino per la magia e l'abilità nell'impararla.
Già da neonata, l'unico modo per farla addormentare era mostrarle una fiamma nel palmo della mano, o lo scintillio di mille stelle.
Crescendo, nonostante i continui rimproveri di Belle, e le insicurezze di suo padre, era sempre lei a chiedergli di fare qualche magia per suo diletto.
A volte era qualcosa di piccolo, come un giocattolo nuovo apparso all'improvviso od ombre in movimento sulle pareti che narravano la storia de "La bella e la bestia", ch'era la sua fiaba preferita.
Ma pian piano che la sua mente cresceva, crescevano anche le sue domande.
Suo padre era ben felice di rispondere, accettò perfino d'insegnarle a trasformare la paglia in fili d'oro, ma non si spingeva mai oltre la semplice magia bianca, quella utile in situazioni di vita quotidiana.
Aveva compiuto da poco dodici anni, quando dopo tanti scrupoli fece la sua prima domanda importante.

«Papa. Ma se la tua magia fa cose così meravigliose, perché temi tanto che qualcun altro ti costringa a usarla?»

Lei non sapeva nulla. Non sapeva dei signori oscuri, del vero significato del pugnale, di tutti coloro che lo avevano posseduto prima di lui, e di tutto quello che si era ritrovato a dover sopportare quando era caduto nelle mani sbagliate.
Durante le loro conversazioni, Belle e Tremotino erano sempre stati attenti a non rivelarle troppo, per non alimentare quella sua curiosità e per evitare che alcune verità la sconvolgessero.
Ma tutto ciò che le avevano nascosto era venuto fuori dalle pagine dei libri che aveva letto, di notte, di nascosto da loro.
O meglio, da Belle, perché dopo un primo momento in cui aveva cercato di non assecondarla, Tremotino aveva deciso che il modo migliore per proteggerla era far sì che sapesse, e allora aveva fatto finta di non vedere la luce accesa la notte nella sua cameretta e i libri scomparsi.
Poi era arrivato il suo dodicesimo compleanno, e a quella domanda il Signore Oscuro aveva risposto facendosi serio, quasi rammaricato.

«Vedi, piccola.» le aveva spiegato «C'è un motivo per cui mi chiamano il Signore Oscuro. Ed è perché questi poteri, pur se usati per fare il bene, hanno come origine l'oscurità. Puoi fare cose meravigliose, è vero. Ma se usati male, e se nelle mani sbagliate, possono provocare tanto dolore.»

Poi aveva sorriso, dandole una carezza sulla guancia.

«Ormai hai imparato che la magia ha sempre un prezzo.» le disse «Quella oscura può costarti la vita. Io ... ci ho messo una vita per impararlo, a mie spese. Promettimi, principessa, di non avvicinarti mai ad essa. Va bene?»

La piccola si era fatta seria, ci aveva pensato un po’ su e infine aveva annuito solenne, abbracciandolo forte subito dopo. Lo aveva stupito.

«Ti amo tanto, papa.» aveva mormorato.

E Tremotino si era sciolto, abbracciandola e stampandole un bacio sulla nuca.

«Anch'io piccolina.» le aveva risposto.

Belle, osservandoli di nascosto da dietro l'uscio della cameretta, aveva sorriso a sua volta, intenerita.
Da quel giorno la piccola Emilie sembrò aver preso davvero sul serio quella promessa, perché non solo il suo amore per suo padre si era fatto più forte, evidentemente resasi conto del grande onere che l'uomo aveva portato e continuava a portare sulle spalle, ma per non turbarlo ulteriormente aveva anche smesso di chiedergli di praticare la magia, in qualunque sua forma.
Certo, era sempre felice quando, per un motivo o per un altro, lui la usava.
Ma non glielo chiedeva mai, rispettando i suoi sforzi di attenersi al bene.
Una cosa però non aveva smesso di chiedere, ovvero di ascoltare dalla sua voce la splendida storia di quell'uomo fragile trasformato in una bestia dall'oscurità, che si era innamorato di una bella principessa e da lei era stato liberato da quel fardello.
Anche perché col tempo, mano a mano che lei cresceva, io racconto si arricchiva di dettagli nuovi, pezzi del puzzle che le erano stati negati prima, quando non avrebbe potuto comprendere.
E poi suo padre era veramente bravo a raccontare, talmente da lasciarla ogni volta incantata.
Così seppe di avere un altro fratello oltre a Gideon, di nome Baelfire, che aveva dato la vita per riportare il suo amato papà indietro dal mondo dei morti.
Si era dispiaciuta molto di non averlo mai conosciuto. E quella era stata la prima volta in cui aveva accarezzato l'idea di riavvolgere il nastro del tempo.

«Non c'è un modo per tornare indietro?» aveva chiesto «Se potessi farlo, papa, potresti impedire che muoia.»

Tremotino aveva sorriso per la sua innocenza, e dandole una carezza.

«Non lo so, tesoro. Ma anche se fosse, cos'è che ti dico sempre?»

Emilie aveva sospirato.

«La magia ha sempre un prezzo.» era stata la laconica risposta.
«Ragazza intelligente.» la replica soddisfatta e intenerita di suo padre, che subito dopo le aveva fatto un occhiolino e le aveva, con una carezza, scostato una ciocca castana da davanti gli occhi «E per una vita, il prezzo è sempre un'altra vita. Non voglio che la tua anima si macchi di oscurità, principessa. Perciò promettimi di non pensarci più di tanto. Tutto quello che sai ... è il passato. Il mio presente siete tu, Gideon e la mamma.»

Lo promise, ma stavolta senza crederci più di tanto.
Nonostante l'amore per suo padre e la volontà di non deluderlo fossero forti, c'erano tante di quelle cose che avrebbe voluto cambiare, per farlo felice. Ora lo era, ma la perdita di Bae non portava che rassegnazione e tristezza sul suo volto, così come facevano tutte quelle cose che, se avesse potuto, avrebbe volentieri evitato. Magari sarebbe stato un uomo più sereno, ora. Con tutti e tre i suoi figli, senza un passato così difficile da portare, tutto solo.
Forse lo sarebbero stati tutti e tre.
E così continuò a pensarci, infrangendo il loro accordo.

 
\\\

Accadde il giorno del suo sedicesimo compleanno. Gideon era appena partito per il suo anno di Università e lei era rimasta sola con i suoi.
Era stata una splendida giornata quella, come tutte le altre. Aveva aiutato sua madre con le faccende domestiche, dal momento che l'avanzare dell'età l'aveva resa un po’ meno agile, e insieme a suo padre avevano preparato un pranzo gustoso per far sì che quelle fatiche sembrassero meno stancante.
Ma il tempo per stare insieme era scaduto. Se ne accorsero verso metà pomeriggio, quando colta da un malore improvviso Belle perse l'equilibrio e cadde dalla scala sui cui era abbarbicata.
Tremotino ed Emilie accorsero prontamente, ma ci misero davvero poco a capire che non era stato un mancamento passeggero.
Priva di forze, la donna restò persa tra le braccia del marito, che l'accomodò sul divano, offrendosi di alleviarla con la magia.

«Lascia che la usi, solo questa volta.»

Ovviamente, Belle rifiutò.
E mentre anche l'ultimo segreto veniva svelato, Emilie li guardò raccontarsi per l'ultima volta quella storia, la sua preferita, un magone le si strinse in gola, peggiorato dai singhiozzi disperati di suo padre.
Era giunto il momento di dirsi addio, alla fine.
Ma né lei né suo padre erano pronti a farlo. Anche se, forse, lei sarebbe stata un po’ più forte.
E questo pensò anche sua madre, perché poco prima di chiudere gli occhi per sempre le strinse le mani, affidandole quelle di un Tremotino distrutto dal dolore.

«Prenditi cura di papà al posto mio, me lo prometti?»

Come avrebbe potuto non farlo? Lei era la sua principessa, avrebbe dato la vita per far si che il cuore di Tremotino non conoscesse mai più la tristezza.
Eppure quel giorno non poté che restare ad abbracciarlo forte e unirsi a lui nel dolore, dopo aver seppellito l'unica donna che lo avesse mai amato davvero.
Il Signore Oscuro era abituato al dolore, a perdere ciò che amava. Ma la morte di Belle fu per lui come perdere una parte di sé, un pezzo fondamentale di ciò che era.
I primi giorni furono difficili. Rimase quasi del tutto in silenzio, tornando spesso sulla tomba della sua amata e regalandole rose che abbellissero la sua ultima dimora. Le parlava come se non se ne fosse mai andata, e sembrava quasi non percepire null'altro attorno a sé.
Emilie restò a guardare in disparte, piangendo da sola nel buio della sua stanza e cercando di dare all'uomo minor disturbo possibile. Riordinava casa, preparava il pranzo e studiava su quei libri di cui non capiva nulla, pur leggendo e rileggendo cento volte la stessa pagina, il pensiero costante alla promessa fatta a sua madre.
"Vorrei, madre. Ma come posso farlo? Ti sei dimenticata di dirmelo. Tu sola era la luce negli occhi di papà. Senza di te ... Tremotino ripiomberà nel buio, prima o poi."
E martoriata da quel pensiero, aveva finito per perdere perfino il sonno.
Nemmeno l'abbraccio e le parole incoraggianti di Gideon erano riusciti ad alleggerire il peso.

«Ci riuscirai, Emilie. Non demordere. Sai quanto papà tiene a te. Darebbe la sua vita. Noi siamo l'ultima cosa che gli è rimasta. E tu assomigli così tanto alla mamma!»

Dentro di lei, forse. Ma nell'aspetto e nei modi, più cresceva, più non faceva che rivedere suo padre. Quanto avrebbe voluto sapere come fare! Ma ogni istante che passava nel dolore senza che lei riuscisse a liberarlo era un passo in più verso il ritorno all'oscurità. Inesorabile, anche se lento.
Fino a che un giorno, dopo la partenza di Gideon alla fine del suo periodo di congedo, a tavola suo padre non le annunciò.

«Partirò alla ricerca del Custode.»

Non ne rimase stupita. Anzi, sperava quasi che glielo annunciasse, perché era l'unico modo in cui avrebbe potuto scuotersi di dosso quel torpore in cui era stato immerso.

«È l'unico modo in cui potrò liberarmi del pugnale e ricongiungermi a tua madre...» aggiunse con un sorriso, guardandola negli occhi.

Fu come vederlo ritornare da un lungo viaggio. Avrebbe voluto abbracciarlo, se non ci fosse stato di mezzo quel tavolo. Stringerlo forte, baciarlo sulla fronte e gridare entusiasta "Bentornato, papà. Ti stavo aspettando."
Certo. Non era lo stesso uomo che aveva accompagnato Belle fino alla fine dei suoi giorni.
Sembrava più stanco, e quel pezzo continuava a mancare. Ma almeno era lì, con lei, anche col pensiero.
Perciò, nell'attesa di un momento più propizio per esternare la sua gioia in maniera più completa, si limitò ad annuire ricambiando il sorriso.

«Verrò con te.» rispose.

Non era una domanda. Ma suo padre non fu ugualmente convinto.

«È un viaggio lungo e pericoloso.» fece, tentando di dissuaderla.
«Per questo verrò con te.» ribadì lei, annuendo decisa.

Tremotino sospirò.

«Emilie ...»
«Mamma ha detto che devo prendermi cura di te.» lo interruppe a quel punto «E io intendo mantenere la promessa. So che pensi di non aver bisogno di qualcuno che ti protegga, ma che succederebbe se qualcuno riuscisse a impossessarsi del pugnale? Riusciresti a farcela da solo, dopo?»

Era già successo, e non era stato affatto facile. Però allora lui era più giovane, e Belle era ancora con loro.
Lo sapevano bene entrambi, e quelle motivazioni furono già di per sé sufficienti a convincerlo. Ma non del tutto, perché anche per lei c'erano dei pericoli, rischi che il Signore Oscuro voleva evitarle.

«E tu?» le chiese infatti «Cosa saresti disposta a fare per difendermi?»

Non era un'accusa. La sua voce era dolce e sul suo viso c'era ancora quell'espressione paterna che aveva quando doveva far ragionare la sua piccola principessa cocciuta.
Ma lei non era più così tanto piccola.

«Tutto.» rispose, facendosi seria.

E lo vide farsi serio a sua volta. Lo aveva capito, che non era più una bambina. E per la prima volta parlò alla donna che era diventata.

«E se questo volesse dire cedere all'Oscurità, lo faresti?» chiese, poi senza aspettare una risposta aggiunse «Sei giovane, Emilie. Inesperta e fragile. Esattamente la preda che l'oscurità ama. Essa sa quali forme assumere per averti, e le assumerà.»
«Non cederò, papa. Te lo prometto.»
«Nemmeno se dovessi essere io a chiedertelo?»

Quella domanda così, senza preavviso, la spiazzò. Ma Tremotino aveva vissuto molto nella sua vita, e per guadagnarsi il suo lieto fine aveva dovuto combattere soprattutto contro sé stesso.
Perciò sapeva bene ciò che stava dicendo, e non fu sorpreso di vedere quell'espressione basita nei suoi occhi.

«Emilie ... ho già perso un figlio a causa dell'oscurità. Non voglio perdere anche voi.» disse, sicuro di averla convinta.

Ma lei non era Gideon.
Era testarda, proprio come sua madre.

«Non mi perderai, papa.» promise infatti, stringendo i pugni «Saprò resistere, non devi preoccuparti per me. E se tu dovessi chiedermi di cedere all'oscurità, saprò di aver fallito e me ne andrò.»

Ovviamente, entrambi sapevano bene che non lo avrebbe fatto.
Le sue parole lo dicevano, ma i suoi occhi urlavano: " Sei l'unica cosa che mi è rimasta. La mia famiglia. Per favore, non voglio perderti e restare da sola qui. Sola con la tomba della mamma, aspettando un miracolo che non accadrà."
Anche Tremotino lo pensava, e sapeva che nulla avrebbe potuto farle cambiare idea. Perciò, pur se controvoglia, decise di accettare il suo aiuto, come l'ultimo regalo di Belle, ma non solo.
Non glielo disse mai, ma la paura dell'oscurità non era l'unica cosa ad averlo frenato dal volerla con sé.
Aveva sempre visto il futuro di ogni persona incontrata. Anche se vago, frammentato e distorto.
Ma di sua figlia ... non era mai riuscito a vederne nemmeno un frammento, pur sforzandosi di volerlo.
Era come una pagina bianca, mai scritta. Come se quelle pagine appartenessero solo ai suoi passi, o come se qualcuno le avesse strappate e gettate via. E cercando di capire la sua mente era tornata indietro, a quando da piccola si era convinta di poter cambiare il corso del tempo. C'era qualcosa di fatale in quel ricordo. Qualcosa che lo fece rabbrividire.
Per questo aveva deciso che forse averla con sé era l'unico modo per proteggerla da qualcosa di così imprevedibile come un futuro non ancora scritto. Magari provando a farle cambiare idea nel momento in cui la voglia di riscrivere il passato si sarebbe riaffacciata.
Una speranza vana, lo sapeva. Ma era l'ultima cosa da fare prima di riunirsi a Belle. Dare pace a quella figlia che sembrava non essere in grado di trovarla senza di loro.
Lui poteva davvero comprenderla, in questo.
 

 
***
 

Storybrooke,
Anno 2015
Pochissimo tempo dopo la morte di Zelena.

«Quindi ... tu hai una sorella?»

Emma Swan fece quella domanda esprimendo coi suoi occhi tutto lo stupore che era ancora capace di provare, nonostante Storybrooke non fosse proprio una cittadina monotona.
Neal, seduto con lei sul divano del soggiorno del loro loft, ovvero la casa che un tempo era stata di Mary Margaret, annuì comprensivo.

«E nonostante tu non la conosca, lei ti ha salvato da Zelena e non solo.»

Ancora una volta, l'uomo annuì.

«Già ...» disse, senza sapere cosa aggiungere.

La Salvatrice annuì come se ci stesse ancora pensando, quindi bevve un sorso di vino dal bicchiere poggiato sul tavolino e schiocco le la lingua.

«Sicuro di non averla mai incontrata prima? Anche solo di sfuggita. Magari era una bimba perduta, o qualcosa di simile.»

Baelfire scosse le spalle e strofinò le mani sulle ginocchia, nervoso.

«È questo il punto. È molto più … complicato. Sia io, che mio padre ... e anche Belle ... È come se ci fosse sempre stata, ma non ce ne fossimo mai accorti. Non ricordiamo la sua faccia, o la sua voce ... ma sappiamo per certo che alcune cose sono merito suo.» rispose, rendendosi conto di sentirsi man mano sempre più confuso.
«Ma chi ti avvisò del piano di Zelena?» chiese Emma, cercando di dargli una mano a capire.
«Ricevemmo un messaggio lo stesso giorno che incontrammo Lumière.» le spiegò «E anche se decisi di ignorare l'avvertimento, quando arrivammo ... qualcun altro aveva preso il mio posto.»

Rabbrividì al solo ricordo.
La sua interlocutrice si fece sempre più attenta.

«Chi?» domandò, ora davvero rapita da tutta quella storia.

Scosse il capo.

«Un uomo sconosciuto. Probabilmente uno straccione, o un brigante. Non credo si fosse sacrificato volontariamente per mio padre.»

Emma bevve un altro sorso, versando in un calice vuoto un po’ di vino anche per lui, che lo accettò volentieri.

«E credi che sia stata tua sorella a farlo?» domandò, dopo avergli concesso qualche istante.
«Questa è l'unica spiegazione plausibile.» rispose lui «Non so chi sia questa Emilie, né se sia davvero mia sorella. Ma soltanto qualcuno interessato ad aiutare mio padre avrebbe fatto una cosa del genere, e a quanto pare ... lei gli vuole molto bene.»

Swan annuì. Il ragionamento filava. Effettivamente, chi altri avrebbe potuto desiderare di salvare dalla morte il Signore Oscuro e suo figlio, macchiando irrimediabilmente la propria anima, solo per il mero piacere di regalare loro una seconda chance? Per molto tempo erano stati in dubbio sul da farsi, reputando quelle azioni la manipolazione di qualcuno di ancor più pericoloso della Strega Perfida.
Ma quella lettera aveva cambiato tutto.

«E tuo padre che ne pensa?» domandò.

Di certo, pur se coinvolto emotivamente, Gold non era tipo da cadere in simili inganni.
Neal tornò a scuotere le spalle.

«Pensa che la lettera sia autentica, anche se non riesce ancora a capire se fidarsi o meno.»

Emma sorrise.

«Mr. Gold e i suoi irrimediabili problemi di fiducia.» sdrammatizzò, strappando un sorriso anche al suo uomo, per poi decidere «Ascolta, posso aiutarvi a trovare una soluzione. O magari lei, se è ancora a Storybrooke ... o se c'è mai stata.» sorrise «Lo sai, sono brava a trovare le persone.»

Baelfire la guardò negli occhi, pensandoci un istante su.

«Lo faresti ... senza che mio padre lo venga a sapere?» domandò, titubante.

La Salvatrice si sorprese.

«Perché?» chiese a sua volta «Ancora non si fida nemmeno di me? Non stenterei a crederci.»

Ma Cassidy scosse il capo.

«No, è che ... vorrei parlarle da solo. Possibilmente prima che lo faccia mio padre ... ho bisogno di chiederle alcune cose.»

A quel punto, Emma sorrise comprensiva.

«Ah, capisco ...» disse «Chiacchierata tra fratelli. Va bene, posso anche fare a meno dell'aiuto di Gold, purché non ve le diate di santa ragione, dopo esservi ritrovati.»

Le labbra di Baelfire si piegarono appena all’insù. Ultimamente sembrava che solo lei fosse in grado di farlo sorridere, eppure ne aveva passate parecchie e aveva ritrovato suo padre. Avrebbe dovuto essere contento. Per rendergli quel magone meno pesante, Emma gli prese le mani e lo guardò, piena di amore.

«Hey ... risolveremo anche questo mistero.» lo rassicurò, avvicinandosi e stampandogli piano un soffice bacio sulle labbra.

Neal glielo lasciò fare, chiudendo gli occhi e sorridendo appena.

«Si, lo so.» mormorò, trascinandola infine in un bacio più intenso, come quelli dei loro primi anni insieme, prima che il sortilegio li dividesse.

"È che ..." pensò, prima di spegnere la mente e pensare soltanto a lei stretta tra le sue braccia "Vorrei avere una famiglia più normale. Anche solo per un giorno. Non farebbe male un po’ di pace, una volta ogni tanto ..."

\\\

Quella sera, né Mr. Gold né sua moglie Belle riuscirono a chiudere occhio, anche se quest'ultima almeno ci provò.
Andò a dormire presto, cercando di trascinarsi dietro anche lui. Per farla contenta Tremotino acconsentì, ma non appena gli sembrò che stesse dormendo profondamente si alzò e scese nuovamente al piano di sotto, tornando a fissare quella lettera.
C'era qualcosa di strano in quelle parole. Qualcosa di ... familiare. Non poteva essere solo perché l'autrice diceva di essere sua figlia.
Sua ... e di Belle.
Ciò voleva dire ... che alla fine il "vissero felici e contenti" era arrivato.
Non per sempre, però.
Altrimenti quella missiva forse non sarebbe nemmeno giunta.
Invece era lì, a farlo ammattire.
Eppure c'era un modo per conoscere la verità, e stava per alzarsi e tornare al suo negozio quando la voce di sua moglie lo richiamò.

«Tremotino ...»

Tremò. Come sempre. E voltandosi si sforzò di sorriderle.

«Belle.» mormorò, accogliendola in un abbraccio.

La donna gli si sedette sulle gambe e gli avvolse le spalle con un braccio.

«Cosa ti preoccupa?» gli chiese dolcemente, prendendo in mano quella lettera.

Ma lui non riuscì a risponderle. Non trovò le parole per farlo.

«Io non ...» bofonchiò, scuotendo la testa «Non lo so.» si arrese.

Belle invece si era fatta una certa idea, ma pur volendolo confortare non gliela espose. Si limitò ad abbracciarlo forte e a stampargli un dolce bacio sulle labbra, che lui ricambiò con lo stesso amore, perdendocisi dentro.

«Andrà tutto bene, vedrai.» gli disse, riprendendo fiato.

Tremotino sorrise, e annuì.

«Lo spero.» mormorò, accarezzandole i morbidi capelli e inspirando il loro profumo «Davvero, davvero tanto.»

La Bella sorrise, accarezzandogli teneramente i capelli e appoggiandogli gentili baci sulla nuca. Quella dolce, dolce bestiolina ne aveva passate tante, e nonostante il suo cuore fosse ormai avvolto dall'oscurità, continuava ad essere fragile come un petalo di rosa.
Lei che non aveva mai avuto paura delle spine, gli sarebbe stata accanto come aveva sempre fatto, nonostante tutto e tutti.
Soprattutto ora che quelle confuse circostante li avevano uniti ancora di più.

\\\

Nella foresta appena fuori Storybrooke faceva freddo, quella notte, ma per fortuna Emilie sapeva abbastanza bene come costruire un rifugio adeguato.
Poté quindi contare sul discreto ma funzionale supporto di una piccola casetta su un albero di pino abbastanza grande da contenerla, e sul dolce tepore di un piccolo camino in pietra.
Di tutte le cose che aveva imparato da suo padre, quella era senz'altro la più meravigliosa.
Senza avrebbe di sicuro avuto molta difficoltà a sopravvivere, in tutti i viaggi affrontati.
Era molto diversa dalla sedicenne ch'era partita assieme a suo padre alla ricerca del Custode.
Quel viaggio l'aveva cambiata parecchio, quasi irrimediabilmente.
Spalle minute e leggermente curve, per via dei tanti anni passati sui libri, occhi d'un grigio quasi fumo, e lunghi capelli di un castano ramato crespi e sempre un po’ spettinati.
Al momento li teneva legati in una coda, ma di solito preferiva lasciarli liberi sulle spalle, pur rischiando di risultare sciatta. Detestava domarli, anche perché al momento non aveva molto tempo da dedicare loro.
Vestiva vecchi abiti di suo padre. Una delle sue camicie con quelle maniche arricciate e il collo pomposo, un pantalone di pelle e gli stivali a punta, neri.
In più, per proteggersi dal freddo autunnale, aveva messo su anche il vecchio cappotto rosso del genitore, con la pelliccia di volpe a riscaldare e proteggere i punti più vulnerabili.
Erano stracci ormai, anche se ancora in buono stato. La magia faceva miracoli anche nelle riparazioni sartoriali, ma non era questo il punto.
Indossarli era stato per molto tempo l'ultimo tentativo di averlo ancora vicino, anche se il suo odore su quei vestiti era scomparso da tempo.
Seduta sulla soglia, le gambe penzoloni nel vuoto, col naso all'insù osservava in silenzio il cielo stellato, mentre sul viso correvano le ultime lacrime.
Come aveva scritto nella lettera, rivedere i propri genitori dopo tanto tempo, ancora così giovani e ancora insieme, era stato davvero ... davvero difficile.
E il non aver neanche potuto avvicinarli era stato uno strazio che non era riuscita a sopportare a lungo.
Per molto tempo aveva combattuto per far sì che stessero bene. C'era riuscita. Ma ora ... non sapeva nemmeno se avrebbe potuto mostrarsi. Non aveva ancora trovato una risposta a quella domanda, e la terrorizzava non conoscere il prezzo delle sue azioni.
Si alzò, sospirando, e andò a scaldarsi vicino alle fiamme. Appeso sopra al camino, insieme ad una foto della sua famiglia d'origine al completo, c'era un flauto a canne, in bambù.
Lo prese, e appoggiandovi le labbra iniziò a suonare una melodia che solo lei riuscì a sentire.
Non era esattamente la stessa usata dal suo primo, diabolico proprietario, ma una più dolce, la stessa che aveva per tanto tempo accompagnato sua madre e suo padre.
La Bella e la Bestia.
E mentre suonava, le lacrime tornarono a sgorgare, annebbiando l'immagine di quella famigliola felice. Gideon e Belle, Tremotino e la piccola Emilie, che gli stringeva fiera la mano.
Smise all'improvviso, senza fiato.
E cadendo in ginocchio lasciò cadere lo strumento, prendendo il viso tra le mani.

«Scusami, papa. Scusami tanto.» mormorò, tra i singhiozzi «Non ho mantenuto la promessa, non potevo farlo. Dovevo almeno vederti un'ultima volta, per dirti addio.»

\\\

Un fischio acuto la risvegliò. Riaprì gli occhi di colpo, e subito si accorse dell'enorme errore commesso.
Si era addormentata sul pavimento, e ora era piena di dolori.
Il fuoco si era appena spento quindi non aveva rischiato una polmonite, ma comunque qualche brivido lo sentiva.
Quel rumore si fece sentire un'altra volta e, ormai completamente sveglia, si alzò infastidita e claudicante si affacciò all'uscio, sbraitando contrariata.

«Fai più piano, imbecille! Così mi farai scoprire!»

Il fante di Cuori sorrise appena, smargiasso.

«Chi vuoi che ci senta qui? Lo sai che nessuno osa avvicinarsi al confine.» le disse, scuotendo le spalle «Lo hai scelto apposta questo posto! È talmente fuori città che nemmeno gli stormi ci vengono.»

La giovane buttò fuori aria dal naso come un drago inferocito, alzando gli occhi al cielo. Di tutti i contatti che era riuscita a crearsi, quell'uomo era il più fastidioso. Ma per ora le era utile, perciò doveva sopportare.
Rientrò, rimise il cappotto nell'armadio e si legò alla cintola il fodero col pugnale.
Quindi si lanciò letteralmente fuori dalla porta, aggrappandosi ad una corda appositamente pensata per fornirle una via di fuga, o un'uscita alternativa a quella classica.
Atterrò perfettamente in piedi di fronte a lui, anche se i muscoli dolsero un poco costringendola ad un momento di stallo per riprendersi.

«Mi chiedo perché tu abbia creato anche le scale, se non avevi intenzione di usarle.» fece.
«Oggi hai proprio deciso di voler morire, eh?» replicò stizzita lei «Non c'è bisogno di fare tutte queste moine, basta chiedermelo. Come preferisci: strozzato, squartato, annegato? O magari ...» gli si avvicinò pericolosamente, appoggiando una mano sul suo petto e sogghignando «Posso strapparti il cuore e ridurlo in cenere, se ti sembra più adatto alla tua idea di morte.» ondeggiò le dita e piegò a mo’ di artigli, mimando con lentezza il gesto appena descritto.

Will trattenne il fiato per un istante e, anche quando lei di colpo si allontanò e ridacchiò, la pelle d'oca ci mise un po’ a svanire.
Forse per via di quella risata strana o di quegli occhi grigi, ma davvero non riusciva a non prenderla sul serio quando scherzava a quel modo.

«No, grazie.» rispose, guardandola incamminarsi verso la città «Preferisco vivere, il più a lungo possibile.»
«Allora non starmi tra i piedi.» concluse Emilie non appena fu abbastanza lontana.

Sottovoce, facendosi torva.

«Non provare nemmeno lontanamente a pensare d'intralciarmi o te ne farò pentire.
Ho speso la mia intera vita per questo, nessuno potrà portarmi via la mia ultima occasione.»
 

Emilie Gold




 
Note dell'autrice: Buonasera a tutti! Dunque, che dire. Questa è la mia prima volta in sezione, e come mio solito ho voluto cominciare con una storia che avesse un che di particolare.
Non so se avete notato, ma io AMO Tremotino e AMO la Rumbelle più di ogni altra cosa a questo mondo. Me ne sono innamorata alla prima visione (esattamente a gennaio di quest'anno) e da quel momento ho deciso che dopo aver visto tutti gli episodi avrei scritto qualcosa per loro.
Il finale della serie mi ha lasciato tanto voglia di piangere dentro, e quella voglia di scrivere che non mi aveva mai abbandonata si è fatto sempre più forte, però mi mancava una storia.
Fino a che un giorno ho pensato: Ma perchè la Rumbelle non ha mai avuto una figlia femmina? E come sarebbe stata altrimenti?
Ebbene, come prima cosa ho deciso di chiamarla Emilie, come la dolce interprete di Belle.
Infine, dato che Gideon era il cocco di mamma e visto che di solito le femmine sono sempre innamorate del papà ... perchè per lei dovrebbe essere diverso?
Come avete potuto capire, Emilie è molto più simile a Rumple sia di Bae che di Gideon. Ma non temete, non sarà la sua brutta copia. Ne vedremo delle belle, non vedo l'ora di farvi leggere il resto.
   
 
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