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Autore: Ghostclimber    21/08/2021    2 recensioni
Gokudera ha sviluppato la stessa malattia mortale che ha ucciso sua madre.
Tsuna deve trovare una soluzione, ad ogni costo.
Warning: doveva essere angst, ma non sono capace.
Pairings: tutti i miei preferiti, 5927, RL, XS, D18
Genere: Angst, Demenziale, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"And if there is disease in you,
I want to have that disease too,
'cause if you die,
then I should die beside you..."
[The Ark, Disease]






All'inizio, Tsuna non ci aveva fatto caso.

Ma dopotutto, una persona che inciampa non è necessariamente un sintomo di qualcosa di brutto, provò a ripetersi. Una voce dentro di lui suggerì che il suo Iper Intuito avrebbe comunque dovuto suggerirgli che qualcosa non andava.

Che fosse davvero così accecato da aver negato l'evidenza?

Tsuna strinse la mano di Gokudera tra le proprie, cercando di ricacciare indietro le lacrime alla sensazione di mollezza di quelle dita, solitamente così forti e così delicate sui tasti del pianoforte.

Si concentrò sul suono della sirena dell'ambulanza che li stava portando entrambi all'ospedale e cercò di non pensare all'eventualità di dover dire addio a Gokudera Hayato.

 

Nella sala d'aspetto dell'ospedale, fu raggiunto da Reborn e si gettò tra le sue braccia; il killer era ormai quasi adulto, e lo superava in altezza di una manciata di centimetri. Tsuna cercò di trarre conforto dal contatto con il suo corpo longilineo, ma non ci riuscì.

“Tsuna-nii...” chiamò Lambo a bassa voce, “Ci sono novità?”

“Gli stanno facendo degli esami. Non sanno che cos'ha.”

“Lo so io.” disse una voce. Tsuna si liberò dalla stretta di Reborn, che stranamente l'aveva accolto nel proprio abbraccio senza fare una piega, e vide che Shamal era appoggiato al muro.

Non l'aveva mai visto così pallido.

“Che cos'ha?”

“Sindrome di Gokudera.” disse Shamal. Reborn fu rapido a prendere Tsuna per i polsi per evitargli di massacrare il medico: “Allora è congenita?” chiese, precedendo gli insulti di Tsuna.

“Congenita?” chiese Tsuna, perplesso.

“È la malattia che ha ucciso Lavinia. La madre di Hayato.” rivelò Shamal, poi estrasse una sigaretta e se la mise in bocca, nonostante fosse logicamente vietato fumare nel bel mezzo di un ospedale.

Non l'accese, tuttavia, se la tenne soltanto tra le labbra, poi la prese in mano e se la rigirò tra le dita.

Tsuna attese con malcelata impazienza, ma Shamal non parlò.

“Allora?!” sbottò Tsuna. Quasi non notò che Lambo lo tratteneva.

“Allora cosa?” chiese Shamal.

“CURALO!”

“Non posso.”

“Senti, se è quella tua puttanata che non curi i maschi...”

“Tsuna, non posso curarlo. Una cura non c'è.” Tsuna si sentì svenire.

 

Quando si risvegliò, Reborn gli stava passando un panno fresco sulla fronte mentre Lambo gli teneva i piedi sollevati.

Il ricordo delle parole di Shamal per poco non lo stese di nuovo. Si mise le mani in faccia e gemette.

“Tsuna.” chiamò Reborn.

“Che c'è?”

“Gokudera si è svegliato.”

“Come sta?”

“Vuole tornare a casa.” Tsuna tacque, incerto. Non sapeva se l'intenzione di Gokudera di tornare a casa significasse che stava relativamente bene o se fosse il suo solito modo di fare.

Tristemente, sospettava che fosse la seconda opzione.

“Tsuna-nii, non farglielo fare.” si intromise Lambo, “Non si regge in piedi.” Tsuna si mise seduto e si prese la testa tra le mani.

Non sapeva assolutamente come approcciarsi a Gokudera, e temeva che si sarebbe messo a piangere lì sul posto, facendolo preoccupare e magari peggiorando le sue condizioni.

“Sei il suo Cielo, Tsuna. Solo tu puoi convincerlo.” disse Reborn. Il fatto che non lo stesse prendendo in giro, che non stesse tirando fuori una delle sue boiate mafiose, era abbastanza indicativo della serietà della situazione.

Tsuna si chiese quali dettagli avesse dato Shamal dopo il suo svenimento e scoprì di non essere pronto a sentirli.

Si alzò su un paio di gambe che non sembravano nemmeno le sue e chiese: “Qual è il numero di stanza?”

“149.” rispose Lambo. Tsuna annuì e si incamminò.

 

“Gokudera-kun...”

“Decimo... mi... mi dispiace.” Gokudera voltò il viso verso la finestra; Tsuna vide le lacrime che gli rigavano le guance riflesse nel vetro e si avvicinò.

Timidamente, gli prese la mano; Gokudera sussultò. “Non azzardarti a chiedermi scusa. Sono io che dovrei chiedere scusa a te, non mi sono accorto di nulla.”

“Non è niente, Decimo, davvero. Sono solo un po' stanco.”

“Non mentirmi. Ti prego.” Tsuna si portò alle labbra la mano di Gokudera e gli baciò le nocche.

“Cosa dovrei dirvi, Decimo? Che morirò? Che mi ridurrò a meno di un vegetale prima di andarmene? Che il mio cervello sta lentamente degenerando, e così anche il mio fisico?”

“Gokudera-kun... vorrei poter fare qualcosa per te.”

“Allora andatevene.” disse Gokudera. Il tremito nelle sue membra era percepibile: “Non voglio che voi... non voglio che mi vediate perdere il controllo del mio corpo.” arrossì.

Tsuna si rese conto di come sarebbe stato il loro immediato futuro: Gokudera, sempre più debole, che cercava di stargli dietro fin quando la malattia non avesse avuto il sopravvento su di lui, costringendolo a letto.

Mesi, forse anni, trascorsi al suo capezzale, a guardarlo smagrirsi, a guardarlo soffrire senza poter fare nulla, a guardarlo perdere ciò che restava del suo orgoglio, costretto a lasciare che altri si occupassero delle sue necessità più basiche, e poi?

Forse un giorno Gokudera ne avrebbe avuto abbastanza. Forse avrebbe semplicemente smesso di mangiare, forse avrebbe trovato un altro modo per farla finita, e Tsuna avrebbe trovato il suo corpo senza vita nel letto che ormai aveva la forma del suo corpo, e avrebbe dovuto fare i conti con quel che restava della propria vita, vuota e priva di senso ora che se n'era andato il suo più grande amore.

 

Amore.

 

Tsuna scoppiò in lacrime silenziose, rendendosi conto della parola che aveva pensato.

Amore.

Sì, amore, ecco cosa c'era di diverso tra lui e Gokudera che mancava a tutte le sue altre relazioni: lui amava Gokudera Hayato, e stava per perderlo.

Se solo ci fosse stato un modo per tornare indietro nel tempo... ma per cosa, poi? Se la malattia di Gokudera era davvero incurabile, non ci sarebbe stato motivo di tornare indietro.

Tsuna si sentì abbracciare, e il cuore gli pulsò dolorosamente nel petto.

Tornare indietro e dirgli che lo amava prima che la situazione precipitasse, ecco cosa. Perché ora sarebbe suonato come nient'altro che un contentino: Tsuna sapeva che Gokudera era innamorato di lui, l'aveva sempre saputo, ma aveva semplicemente archiviato la questione e detto a tutti che non avrebbe tollerato prese in giro.

Niente di più.

E Gokudera aveva sicuramente notato che ad un certo punto nessuno si era più azzardato a fare commentini pungenti sulla sua ossessione per il Decimo, quindi sapeva che Tsuna sapeva.

Ah, cielo, era così difficile... se si fosse dichiarato ora, Gokudera gli avrebbe rivolto un sorriso stanco, il sorriso di chi apprezza una bugia detta per far stare meglio ma che la sa anche riconoscere per quello che è.

Improvvisamente, Tsuna non poté più sopportare la situazione.

Si alzò di scatto, liberandosi della debole stretta di Gokudera: “Io... io... scusami, Gokudera-kun, non ce la faccio!” urlò, poi scappò dalla sua stanza.

 

“Vado io. Tu seguilo.” disse Lambo a Reborn, e il killer annuì. Di certo, lui non sarebbe stato in grado di calmare Gokudera, ma Lambo sembrava avere la chiave dei sentimenti di quel ragazzo, per cui lo lasciò fare e si lanciò all'inseguimento di Tsuna.

Lo raggiunse un paio di chilometri dopo, in ansia: Tsuna non era mai stato in grado di correre più di trecento metri senza poi rallentare, mentre ora la sua disperazione sembrava averlo spinto come null'altro. Reborn cominciava davvero a preoccuparsi che si facesse male sul serio, o che facesse qualche idiozia.

“Tsuna.”

“Lasciami in pace!” sbottò Tsuna, poi cadde in ginocchio.

“Tsuna, io...”

“Ti ho detto di lasciarmi in pace! Come ti sentiresti se la persona che ami fosse condannata?” Reborn si inginocchiò di fianco a Tsuna e lo abbracciò. A voce bassa, disse: “Immagino così come stai tu.”

“E allora lasciami in pace.”

“Non ti pianto qui da solo di fianco a un ponte da cui potresti decidere di buttarti. Col cavolo, Tsuna.” Reborn lasciò che il ragazzo si raggomitolasse contro di lui e, quando sentì il suo respiro farsi regolare, lo prese in braccio, lo mise seduto su una panchina e chiamò un'auto per far venire a prendere entrambi.

 

Il mattino dopo, Reborn si svegliò con qualcuno che lo scrollava.

“Che c'è?” chiese, scocciato per il brusco risveglio.

“Tsuna. È sparito.” rispose Lambo.

“Sarà da Gokudera.” ribatté Reborn, tirandosi su a fatica.

“No, ho chiamato l'accettazione dell'ospedale, non l'hanno visto. Non è qui, non è nemmeno da Yamamoto. Per precauzione ho chiamato anche Ryohei, ma non è neanche a casa sua.”

“Allerta i Varia.”

“Già fatto. Hanno sguinzagliato una mezza dozzina di squadre di ricerca.”

“Bravo.” si complimentò Reborn, poi cercò di focalizzare.

“Il tuo caffè è quasi pronto, vai a berlo, se no sei utile quanto un culo senza buco.”

“Grazie...” disse Reborn, per metà sincero e per metà sarcastico. Lambo stava già uscendo quando Reborn si rese conto che erano settimane che non faceva una cazzata e lo richiamò: “Ehi!”

“Ho dimenticato qualcosa?”

“Che ne so, prima del caffè. Quand'è che hai comprato un cervello?”

“C'era l'offerta da Poltrone e Sofà, omaggio insieme al divano.” Lambo roteò gli occhi, “Muoviti, dobbiamo trovare Tsuna-nii.”

 

Per ventiquattro ore, Tsuna parve essere sparito dalla faccia della Terra.

Persino Xanxus, una volta messo a conoscenza delle circostanze, sembrava essere preoccupato.

Timoteo Vongola aveva chiamato tutte le Famiglie, alleate e neutrali, ma nessuno aveva visto o sentito Tsuna; non che fosse il tipo da rivolgersi ad un mafioso per piangere la propria sorte, ma tant'è, era comunque valsa la pena di tentare.

Infine, il telefono che Reborn continuava a fissare senza scopo squillò.

“Tsuna!” rispose, prima ancora che il primo squillo terminasse di risuonare.

“No, Dino.”

“Riaggancio, Tsuna potrebbe chiamare.”

“L'ho trovato. O meglio, Kyoya l'ha trovato.”

“Dino, sta bene?” chiese Reborn. La voce di Dino sembrava soffocata dalle lacrime.

“Sì. Sì, sta bene, non badare a me. Andate all'ospedale, Kyoya vi farà sapere quando potete entrare.” Dino riagganciò e Reborn trasse un sospiro di sollievo.

“TROVATO!” urlò.

“Avverto Xanxus!” rispose Lambo.

“Fallo dalla macchina, stiamo andando all'ospedale.”

“Strano che non mi ci mandi a calci in culo.”

“Ma la pianti di fare dello humour?”

“Sta bene?” chiese Lambo, cercando di digitare un messaggio, mettersi la giacca e salire in macchina contemporaneamente.

“Sì, sta bene, allacciati la cintura.”

“Oh, cielo, da quando te ne frega?”

“Da quando la mia macchina fa bip se lo stronzo sul sedile del passeggero non se l'allaccia.” Lambo obbedì, poi terminò di scrivere il messaggio e tirò la manica della giacca.

“Reborn, mi è rimasta la giacca incastrata nella portiera.” disse.

“Cazzi tuoi.” rispose Reborn, bruciando un semaforo arancione con una derapata che permise a Lambo di rivedersi davanti tutta la vita.

Tre minuti dopo, stava inchiodando di fronte all'ospedale. Lambo controllò l'ora e si chiese se per caso non si fosse aperto un varco nello spazio-tempo: i tempi di percorrenza da casa all'ospedale variavano da quindici minuti a mezz'ora, ed era ora di punta.

Si scaraventarono giù dall'auto, ma arrivati di fronte alla porta principale Hibari li fermò alzando uno dei suoi tonfa: “Ancora un attimo.” disse.

“Hibari-san! Tsuna...” cominciò Lambo, ma Hibari tagliò corto.

“Non preoccupatevi. È con Gokudera, sta bene.”

“Dov'è stato? Come l'hai trovato?” Hibari voltò loro le spalle e piantò gli occhi su Hibird, che si posò sul suo indice, cantando dolcemente.

“Nello stesso posto dove sarei andato io se Haneuma fosse stato nelle condizioni di Gokudera.” rispose, poi aggiunse: “Ora possiamo salire.”

 

Lambo e Reborn si scambiarono un'occhiata perplessa, poi lo seguirono.

Arrivati alla stanza di Gokudera, Hibari bussò. Una voce che decisamente non era quella di Tsuna rispose: “Avanti, ma fate piano.”

I tre entrarono; Hibari si accomodò senza fare una piega su un letto libero, incrociò le braccia dietro la testa e chiuse gli occhi, mentre Lambo e Reborn si immobilizzavano sulla soglia. La scena a cui stavano assistendo era così assurda da risultare incomprensibile.

Tsuna stava abbracciando un Gokudera che pareva in perfetta forma, ma che stava anche piangendo come un vitellino, così commosso da essere quasi fuori di sé.

I macchinari emettevano suoni forti e confortanti, segno del fatto che non fosse solo un'impressione: Gokudera stava davvero meglio.

Ma soprattutto, Byakuran sedeva tranquillo su un comodino, mangiando marshmallows e smanettando sul cellulare: “Ah, eccola.” disse.

La colonna sonora de “Il Tempo delle Mele” cominciò. Tsuna si staccò da Gokudera giusto il tempo di guardarlo in viso e fare una risatina imbarazzata, poi ricominciò ad abbracciarlo.

“Che cosa ci fai qui?” chiese Reborn.

“Mi ha chiamato Tsunayoshi-kun. Chiedeva se in uno dei futuri che ho visto ci fosse una cura per la Sindrome di Gokudera, e in effetti c'era. Quindi sono intervenuto a salvare la situazione.” Byakuran rivolse al killer il suo miglior sorriso innocente: “Marshmallow?”

“Preferirei un barile di vodka.” rispose Lambo.

Reborn rilanciò: “Orsetti gommosi intrisi di vodka?”

“Questa sì che è un'idea, Reborn-kun!” commentò Byakuran, poi rise. Una pubblicità di una pomata antibrufoli interruppe il momento romantico, e tante grazie a YouTube.

“Scusami tanto, Gokudera-kun.” disse Tsuna, “Ma il pensiero di dover vivere senza di te...” scosse la testa, come a negare la sola eventualità.

“Decimo...”

“Hayato, vuoi sposarmi?”

“Well, that escalated quickly.” commentò Lambo.

“De... de... de... ci... mo...”

“Ti prego, Hayato. Non voglio più vivere un solo minuto senza di te.”

“Io... sì, Decimo, certo che voglio!” Byakuran si rimise a smanettare con il cellulare, e lasciò partire la marcia nuziale suonata da Brian May.

“Però, hai buon gusto.” commentò Lambo.

“Certo che sì.” si vantò Byakuran, “Sicuro di non volere un marshmallow? Per festeggiare.”

“Beh, se la metti così...”

“Ehi, erbivori.” chiamò Hibari. Tutti si immobilizzarono, Gokudera e Tsuna compresi. Persino YouTube interruppe il caricamento della canzone.

“Ehm... sì?” chiese Tsuna, poi aggiunse: “Hibari-san?”

“Sto cercando di dormire. O chiudete la bocca, o ve ne andate fuori dalle palle.”

 

Mentre passeggiavano nel cortile dell'ospedale, udirono Hibird canticchiare “Miiidooori tanamikuuu...”







...e niente, raga, boh, probabilmente fa cagare, non so più scrivere angst, o forse ho bisogno di un po' di coccole.
Spero abbiate gradito nonostante il Vongola Chaos sia intervenuto a spezzare la tensione!
   
 
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