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Autore: Amies de Plume    22/08/2021    3 recensioni
"Che accidenti è un al-bādhingiān?" chiese, inarcando le sopracciglia.
"Nulla che ti riguardi. Una pianta. E poi da quando sai leggere l'arabo?" rispose Aziraphale, cercando di cambiare discorso.
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Un regalo per Setsuna
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La mano di Aziraphale rimase sospesa sulla pagina, in un raro momento di incertezza.

Rilesse la parola in arabo, sillabando a bassa voce, ma senza riuscire a cavarne una chiara immagine mentale. "Al-bādhingiān", mormorò, rovistando nella propria memoria.

Nel frattempo, sulla punta sollevata della penna d'oca si formava una grossa goccia di inchiostro, che andò a cadere proprio nel mezzo del paragrafo che l'angelo stava copiando.

Aziraphale trasalì e con un gesto furtivo si affrettò a far sparire la macchia, borbottando fra sè qualcosa a proposito di Babele e della confusione linguistica degli esseri umani.

 

Sedeva da solo nello scriptorium pieno di luce, intento a tradurre un testo arabo che trattava di botanica e agronomia; e finora ne aveva molto apprezzato la chiarezza di esposizione e la vivacità delle illustrazioni.

Adesso che spuntava questo intraducibile al-bādhingiān a rompergli le uova nel paniere, non sapeva bene come comportarsi.

Osservò perplesso la miniatura del volume originale, che mostrava un bizzarro frutto di forma allusivamente allungata, di un nero violaceo, e si chiese se non potesse essere uno scherzo. 

Fu tentato di saltare quel capitolo e passare oltre, ma si disse che non sarebbe stato corretto verso gli autori del trattato - e perfino censorio, forse, nei confronti dei lettori; e si risolse dunque a copiare tal quale il testo su questa "pianta dalle bacche turgide e voluminose, dalla polpa soda e coperte di una pelle liscia e lucida".

 

"Hey angelo!" esclamò una voce proprio dietro di lui.

 

Aziraphale si voltò, allarmatissimo. 

Era Crowley, inopportuno come sempre, che veniva a ficcanasare nello scriptorium mentre lui lavorava. In quel momento avrebbe dato qualunque cosa per evitare che leggesse la frase che aveva appena tradotto, ma non poteva coprire la pagina per non rovinare l'asciugatura dell'inchiostro. Si risolse a frapporsi tra lui e la pagina scritta, sperando che non notasse nulla.

 

Al momento Crowley era al monastero per scolpire alcuni fregi, a sua detta per commissione diretta dell'abate. Aziraphale dubitava fortemente che questo fosse vero: Crowley aveva storpiato numerosi pezzi di marmo senza effettivamente creare qualcosa che potesse essere utilizzato.

Naturalmente quella era la versione per il loro pubblico umano. Aziraphale sapeva che Crowley era lì a "contrastare" la troppa pace che regnava in quel luogo e la sua buona influenza. 

 

Crowley allungò il collo oltre la spalla di Aziraphale per sbirciare il suo lavoro.

 

"Che accidenti è un al-bādhingiān?" chiese, inarcando le sopracciglia.

"Nulla che ti riguardi. Una pianta. E poi da quando sai leggere l'arabo?" rispose Aziraphale, cercando di cambiare discorso.

"Mi offendi! Non lo sai che il diavolo parla tutte le lingue?" replicò Crowley, piccato. 

Fece una smorfia, si schiarì la voce e si mise a declamare un poema in lingua araba.
 

"Shhhhhh! Silenzio nello scriptorium!” intimò Aziraphale, prima di guardarsi attorno circospetto. “Poesie d’amore. E in arabo, per giunta.”
 

Fortunatamente nessun altro era entrato nella stanza dopo Crowley.

 

Questi non lo degnò che di un "tsch" di sufficienza e fece il giro del tavolo, per andare a osservare da vicino i volumi che vi erano sopra, curvandosi come un avvoltoio.

"Ma dai, ho capito cosa sono! Solo che non mi viene nessun modo per dirlo in latino. Che buffo."

Lesse con attenzione il testo originale, poi immerse il naso in quello tradotto da Aziraphale, e annuì con l'aria di saperla lunga. 

"Fritte!" sentenziò, alzando un dito. "Fritte sono eccellenti, ti piacerebbero, angelo. O ridotte in un purè con l'aglio e tutte quelle spezie profumate che usano giù dove fa caldo. Oh, adesso ho una voglia dannata di vino greco, non ne avete in questa topaia, non è vero..?"

 

Aziraphale tornò a sedere al tavolo, agitando le mani come per allontanare uno stormo di corvi. "Per accedere alla cantina dovrai passare sul cadavere del cellario, e ti informo che Frate Rigoberto spaccava la legna a mani nude, quando era bambino in Northumbria." rispose. "Ora torna a scolpire nani sotto la benedizione di quell'asino dell'abate, io cerco di finire la mia pagina. A ognuno il suo lavoro."

 

Crowley fece spallucce, ma anziché allontanarsi tese un lungo indice sulla pagina del testo arabo. "Gli amici qui hanno messo una figura, proprio per gli ignoranti che non hanno mai visto un al-bādhingiān." disse. "Sarà meglio che la aggiungiate anche nella traduzione, non credi?"

 

"Sì, certamente, il fratello miniatore ha già istruzioni di decorare la pagina." replicò Aziraphale, occupato a controllare che l'inchiostro nella boccetta non si fosse già seccato. 

"E forse è meglio mostrare anche qualcuno che li raccolga, giusto per chiarire il concetto che è una cosa che si coltiva per mangiarla." insistè Crowley, tamburellando sulla pergamena con la punta delle dita ossute.

 

Aziraphale posò l'inchiostro e piantò in faccia a Crowley un cipiglio guerresco.

 

"Fuori. Dal mio. Scriptorium."

 

Con un'ultima smorfia Crowley gli voltò la schiena e si allontanò a lunghe falcate, muovendo fianchi e spalle nella sua tipica andatura ondeggiante. 

 

Aziraphale sbuffò, seccato. Come se non sapesse fare il suo lavoro. 

Quella descrizione era stata perfettamente chiara per secoli e lo sarebbe stata anche in futuro, grazie tante

 

"Pianta dalle bacche turgide e voluminose, dalla polpa soda e coperte di una pelle liscia e lucida". Aziraphale lesse la definizione più volte ad alta voce, cambiando tonalità e ritmo, cercando di convincersi che non c'era nulla di ambiguo. 

 

Ma una volta insinuato il dubbio, non riusciva proprio più a levarselo dalla mente. 

Oh, aveva fatto bene il suo lavoro, Crowley! Rendere dubbioso un angelo! Come osava!

 

D'altronde, fu costretto ad ammettere suo malgrado, quelle parole potevano essere fuorvianti. Forse non aiutavano il lettore a farsi davvero un'idea dell'oggetto della descrizione.

Forse era davvero meglio aggiungere una miniatura, in modo che non ci fosse alcun dubbio su quello che l'autore stava spiegando. Giusto per fugare qualunque possibile fraintendimento. 

Gli umani potevano confondersi facilmente, del resto non avevano certo la sua lucidità.

 

Aziraphale terminò la copiatura dell'intera pagina e poi, raccoltosi le vesti, andò a parlare col fratello miniatore. 

Quel tomo di botanica sarebbe stato un vero e proprio capolavoro, ne era certo.

 

Quando Aziraphale ebbe terminato di scrivere, la pagina passò al tavolo del miniaturista per essere decorata e completata di illustrazioni. Il fratello aveva ricevuto una spiegazione minuziosa, e del resto c'era il contenuto del testo, ora tradotto in buon latino, a fare da promemoria; l'angelo proseguì dunque alacremente la sua opera per completare l'erbario.

 

Crowley ronzò per il monastero (e nello scriptorium) ancora per alcuni giorni, ma poi finì il suo lavoro sui fregi per la sala capitolare - o forse finì il marmo da guastare - o forse fu la pazienza dell'abate a esaurirsi per prima.

Fatto sta che, dopo aver fatto sprecare a tutti le ore migliori delle ultime mattinate d'autunno, ficcando il naso nel lavoro di ciascuno ed elargendo indiscriminatamente consigli non richiesti, finalmente il demone levò le tende annunciando a gran voce che se ne andava in qualche posto meno umido, meno tetro e meno sprovvisto di vino decente.

 

Aziraphale tirò un sospiro di sollievo, anche se non potè fare a meno di provare un moto di nostalgia al pensiero dei buoni vini d'Italia; la birra delle terre nordiche non era altrettanto profumata.

 

Fu solo quando il volume era già passato per le mani esperte dei rilegatori che ebbe nuovamente occasione di sfogliarlo.

 

Ah, il miniatore aveva fatto un lavoro davvero eccellente.

Che colori vibranti! Che splendore! 

 

Aziraphale sorrise tra sé e sé. A volte gli umani riuscivano davvero a stupirlo con le loro capacità. Era per questo che si era appassionato tanto ai libri. Permettevano ad esseri così transitori di non dimenticare la sapienza del passato. Per questo il lavoro dell'amanuense, del miniatore, e di tutti coloro che si adoperavano sui libri e per i libri, era tanto importante.

 

Guardando le miniature, Aziraphale si rese conto che mai aveva visto dei verdi tanto brillanti, dei rossi e gialli così caldi, dei blu tanto intensi. Il giovane fratello Bencivenne aveva davvero una mano miracolosa.

 

Miracolosa.

 

Non appena la parola gli sfiorò la mente, Aziraphale si insospettì. 

Forse era addirittura troppo perfetto per essere fatto da un essere umano. Sfogliò le pagine con ansia crescente, fino ad arrivare a quella di cui aveva parlato con Crowley giorni addietro. 

Il testo era rimasto invariato, ma la miniatura non corrispondeva all'idea che se ne era fatto.

 

Nella raffigurazione, un monaco biondo coglieva dei frutti da un albero, ma questi non erano certo le al-bādhingiān di cui parlava l'autore originario. 

Erano sì turgidi e dalla pelle liscia e lucida, ma non scuri come avrebbero dovuto essere. Erano piuttosto di un delicato rosa carne, con una estremità più scura e... 

 

Aziraphale arrossì violentemente.

 

Nascosto tra le fronde dell'albero, un altro monaco dai capelli rossi, nudo dalla cintola in giù, offriva alla vista le proprie pudenda, perfettamente mimetizzate in mezzo agli altri frutti. 







Un regalino per te Setsuna cara, dalle tue piumette preferite!

 

 


 
   
 
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