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Autore: Soul Mancini    23/08/2021    2 recensioni
[Scritta per il compleanno di Dom ♥]
I cinque ragazzi dei Nothing But Thieves, delle bici a noleggio, la magica atmosfera di Amsterdam... e qualcosa che va storto. Perché i nostri cinque ladruncoli preferiti non sono gli unici a rubacchiare in giro, a quanto pare!
- Partecipa alla sfida "On Holiday" indetta da evelyn80 su EFP. [3/4]
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Conor Mason, Dominic Craik, James Price, Joe Langridge-Brown, Philip Blake
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I left my bike in Amsterdam
 
 
 
 
“Dobbiamo veramente andare a piedi?” Price si premeva la mano su un fianco, all’altezza della milza mentre, col cappellino leggermente storto sulla testa e il viso arrossato, si guardava attorno con fare spaesato.
“Pensi che ti porteremo in braccio?” lo sbeffeggiò bonariamente Phil, piazzandosi accanto a lui e mollandogli un’amichevole pacca sulla spalla.
“Per una volta devo dare ragione a Price: non siamo per niente abituati a pedalare così tanto!” commentò Conor, la voce rotta dal fiatone, mentre posizionava la sua bici nell’apposito parcheggio e poi si massaggiava le cosce indolenzite.
Voi non siete abituati: tu e Price!” puntualizzò Dom, scendendo a sua volta dal mezzo a due ruote. Aveva un sorriso smagliante e non pareva per nulla affaticato dalla pedalata appena compiuta, nonostante lui e Phil avessero fatto a gara per tutto il tragitto a chi andava più veloce.
Sapeva che sarebbe andata a finire così: nessuno aveva opposto resistenza quando aveva proposto di noleggiare delle bici per spostarsi all’interno di Amsterdam, com’era tradizione in quella città, ma negli occhi di Price aveva scorto un pizzico di sconforto. Forse non si aspettava che sarebbe stato tanto faticoso e non aveva voluto privare i suoi amici di quell’esperienza: Amsterdam era famosa per i percorsi ciclabili e le lunghe pedalate.
“Dunque” prese la parola Joe, consultando il display del suo cellulare. “Siamo a De Pijp. Non so come si legge, ma ecco, questo è il quartiere.”
Dom si guardò attorno: nonostante si trovassero ancora nel grande parcheggio apposito per le biciclette, si poteva già sentire l’atmosfera festosa nell’aria, il vociare proveniente dalle strade, bicchieri di vetro che si scontravano in un brindisi, la musica diffusa dai molteplici locali, le luci delle bancarelle disseminate lungo il marciapiede.
Sorrise. “Andiamo? Ci sono un sacco di locali interessanti e birrifici artigianali, direi che ci meritiamo una bella sbronza!”
“Frena: innanzitutto qui c’è bisogno di cibo!” lo contraddisse Price, quasi del tutto ripresosi.
“Concordo” lo spalleggiò Phil.
“Per la strada vedo diversi ambulanti: troveremo qualcosa da mettere sotto i denti” affermò Conor, affinando lo sguardo.
I cinque si incamminarono verso le vie affollate e colorate di De Pijp, inondate da giovani come loro intenti a godersi la serata.
 
 
Un paio d’ore e diverse birre più tardi, i cinque ragazzi dei Nothing But Thieves si dirigevano nuovamente nel grande parcheggio per biciclette chiacchierando tra loro e con in mano un broodje haring a testa.
“Mi rimarrà sullo stomaco per tre anni” commentò Conor, sbocconcellando il panino ripieno di cetrioli, cipolle e aringa cruda. Era stato subito incuriosito da quella ricetta tipicamente olandese – erano stati fermati a ogni metro da venditori ambulanti intenti a elogiare le proprie aringhe crude, infine erano riusciti a convincerli che chi veniva ad Amsterdam non poteva assolutamente non assaggiare il broodje haring – ma non avrebbe mai pensato che sarebbe stato così pesante.
“Volete la verità? Fa cagare” bofonchiò Dom col boccone pieno.
“Davvero? A me piace” si sorprese Price, che intanto faceva fuori il suo pasto come se non toccasse cibo da una settimana.
“Esiste qualcosa in grado di farti dire il contrario?” lo punzecchiò Joe, dandogli di gomito.
Il batterista si strinse nelle spalle e continuò a mangiare di gusto. A dirla tutta aveva talmente tanta fame che non si era nemmeno reso conto del sapore.
“Amico mio, se vuoi ti posso cedere anche il mio: se prendo un altro morso, potrei seriamente sentirmi male e tutta la buonissima birra che ho bevuto stasera andrebbe sprecata” intervenne Dom, osservando con fare sprezzante una rondella di cetriolo che sporgeva tra le fette di pane.
“Anch’io credo che non lo finirò” aggiunse Conor. “Vuoi anche il mio, Price?”
“Ehi, ma per chi mi avete preso?”
Phil, che aveva assistito a tutta la scena in silenzio, ridacchiò. “Non vergognarti ad accettare: avrai modo di smaltire pedalando.”
Ormai erano giunti nuovamente nel punto in cui avevano lasciato le loro biciclette.
“Ragazzi…” attirò l’attenzione Dom. Ancora con l’incarto tra le mani, si aggirava per i dintorni guardandosi attorno con circospezione: sembrava alla disperata ricerca di qualcosa.
“Che c’è?” gli si rivolse Joe.
“Dov’è la mia bici?”
Phil sollevò un sopracciglio. “In che senso?”
“Era qui, da qualche parte! Rossa, con il logo dell’agenzia di noleggio da cui l’abbiamo presa!”
“Le abbiamo parcheggiate tutte vicine, no? Questa è la mia, quella è di Price…” tentò di ricordare Conor, indicando prima una bici bianca e poi una blu.
“Non proprio. La mia per esempio era un po’ più distante” fece notare Joe, spostandosi qualche metro più in là e sfiorando col piede la ruota di una bici nera e argento.
“Non mi ricordo dove l’ho messa, okay? Forse addirittura in un’altra corsia.” In preda alla frustrazione, Dom mollò il suo panino ormai freddo a Price e prese a gironzolare per il parcheggio, fermandosi ogni volta che i suoi occhi catturavano qualcosa di rosso; puntualmente però una smorfia di delusione si dipingeva sul suo viso.
“Scusa, ma quale numero aveva? Le bici a noleggio dovrebbero avere un codice, che è riportato sia sul manubrio che sulla chiave del lucchetto” lo richiamò Phil.
Dom si accostò a lui ed estrasse dalla tasca la chiave, ancora appesa al suo lucchetto. “88. Ma non vedo in che modo potrebbe aiutarci.”
“Aspetta un attimo: che ci fai con quel lucchetto in tasca?” Conor fece qualche falcata in avanti, le sopracciglia aggrottate.
Dom lo guardò confuso, poi all’improvviso parve capire. “Cazzo!”
“Quel lucchetto non era messo lì per figura: serviva per fissare la bici al parcheggio!” gli fece notare Joe.
“Me ne sono completamente dimenticato!”
Price, che intanto aveva continuato a mangiare indisturbato – era già a metà del panino del suo amico –, ridacchiò col boccone pieno. “Amico, ti hanno fottuto la bici!”
“No. Non è vero. Non è possibile!” Il moro, che già si stava inalberando, mosse qualche passo avanti e continuò a guardarsi attorno, per nulla intenzionato ad arrendersi. “Dove cazzo è la mia bici?” chiese tra sé e sé in tono apparentemente calmo, ma che trasudava tutto il suo nervosismo.
I suoi compagni di band lo guardavano allibiti, senza sapere bene che fare.
Il chitarrista continuò ad avanzare fin quasi a correre, i suoi occhi schizzavano da una parte all’altra senza sosta. Si fermò per un attimo, prese fiato e ripeté, stavolta gridando a pieni polmoni: “Dove cazzo è la mia bici? Dov’è?”
Improvvisamente la faccenda cominciava a non essere più divertente: l’aveva cercata ovunque ma non ce n’era traccia, e il fatto di essere l’unico responsabile del misfatto lo faceva sentire ancora di più un idiota. Come poteva essersi dimenticato di legare la bici al parcheggio prima di andarsene?
“Se la chiami e ti metti a gridare come un evaso dal manicomio, non credo che la bici ti risponda” gli fece notare Joe, per poi mettere in bocca l’ultimo pezzetto del suo panino.
Dom si voltò nella direzione dei suoi amici e si passò una mano sulla fronte. “Sono fottuto! Cosa dico adesso a quelli del noleggio?”
“Che sei un deficiente” gli suggerì Conor.
“Mi potete almeno dare una mano?”
I cinque si misero a esaminare una per una tutte le bici del parcheggio, ma la numero 88 sembrava essersi volatilizzata.
“E meno male che i ladri siamo noi” commentò Price in tono lugubre.
“Mi chiederanno un risarcimento pari a quello che guadagno in un mese di tour, me lo sento” si disperò Dom, passandosi le mani sul viso.
“Beh, in un modo o nell’altro dobbiamo tornare indietro, no? Se vuoi puoi salire sulla bici con me” propose Phil.
A Dom quell’idea non piaceva per niente. “No, grazie. Preferisco tornare all’agenzia di noleggio il prima possibile per avvisare che un bastardo sta andando in giro con una delle loro bici… magari premieranno la mia onestà. Prendo un taxi.”
“E pensi che con quello farai prima?” chiese Joe scettico, montando in sella.
“Certo, soprattutto se non sono io a pedalare.”
“Ah sì?” lo sfidò Conor, rimuovendo il lucchetto e liberando il suo mezzo. “Allora vediamo chi arriva prima al traguardo: tu in taxi o noi in bici!”
“Che sfida del cazzo: le vostre gambe non possono fare quanto il motore di una macchina” lo liquidò Dom, già col telefono in mano per cercare il numero della compagnia di taxi di Amsterdam.
I quattro ciclisti si lanciarono un’occhiata d’intesa.
“D’accordo, allora ci vediamo lì, vedremo chi ha ragione alla fine!” concluse Phil, poi sfrecciò via sulla sua bici verde scuro seguito da Joe, Conor e Price a chiudere la fila.
“Ah, ve ne andate già? E mi lasciate qui da solo? Che amici stronzi!” gli gridò dietro lui allibito.
“L’hai voluto tu!” ribatté Conor tra le risate, prima di scomparire lungo la pista ciclabile.
Dom sospirò, si avviò verso il marciapiede – non aveva tanto da fare in quel parcheggio – e avviò una chiamata verso il numero della compagnia di taxi. Subito venne accolto da una musichetta e da una voce metallica che chiedeva, prima in olandese e poi in inglese, di attendere la risposta di un segretario perché al momento tutte le linee erano occupate.
Aspettò per un minuto, due, e poi i minuti si fecero cinque, ma nessuno rispondeva. Dalle labbra del chitarrista avevano cominciato a fuoriuscire imprecazioni di tutti i tipi: possibile che in quel maledetto posto, con tutte le biciclette che circolavano, tanta gente fosse interessata a prendere il taxi?
Stava per arrendersi quando finalmente una voce maschile esplose al suo orecchio, bofonchiando qualcosa in olandese.
“Salve, io… parlo solo inglese” annunciò, prima di richiedere il suo taxi e comunicare l’indirizzo in cui si trovava.
“Come? Può ripetere? E parlare un po’ più lentamente?” gli chiese l’uomo all’altro capo del telefono in un inglese stentato.
Dom tentò di ripetere scandendo meglio le parole, ma era talmente nervoso e incazzato che il risultato non fu tanto migliore e le sue parole furono un fiume in piena.
“Mi sta prendendo in giro?” si alterò il suo interlocutore.
“No, mi serve un taxi! Sono a De Pijp, sono a piedi!” sbottò lui, trattenendo a stento un’imprecazione.
Si sentì rispondere in olandese in un tono piuttosto minaccioso, poi la chiamata venne bruscamente interrotta.
Dom era allibito: allontanò lentamente il cellulare dall’orecchio e guardò il display dove campeggiava la lista delle chiamate recenti. “Ma vaffanculo!” gridò.
Stava cominciando ad avere fame – del resto aveva preso solo qualche morso del suo panino –, quindi decise di andare a sbollire la rabbia e comprare qualcosa da mangiare prima di ritentare la prenotazione del taxi.
Dall’altro lato della strada, sotto un’insegna con la dicitura FEBO, stazionava quello che pareva essere un distributore automatico: suddivise in varie cellette vi era un’ampia gamma di crocchette e snack veloci; da quel che Dom aveva potuto apprendere, si trattava di un tipo di distributori tipicamente olandesi.
Almeno sarebbe potuto andare sul sicuro, trovare qualcosa di suo gradimento e spendere poco.
Attraversò e, mentre sceglieva il suo pasto, fece partire nuovamente la chiamata per tentare di prenotare il suo taxi. Quasi non poteva crederci quando una voce, stavolta femminile, gli rispose dopo appena un minuto di attesa.
“Salve, vorrei prenotare un taxi, mi trovo nel quartiere De Pijp” cominciò a spiegare Dom, destreggiandosi per tenere il cellulare attaccato all’orecchio, il portafoglio ancora aperto e la vaschetta stracolma di crocchette di pollo.
Ma il suo sforzo non servì a tanto: poco dopo aver pronunciato l’ultima parola, sentì un bip all’altro capo del telefono e si rese conto che la conversazione era stata interrotta.
Dal niente, senza motivo.
Dom si lasciò andare a una nuova ondata di imprecazioni e fu tentato di scaraventare il cellulare a terra, poi si ricordò che era suo e che avrebbe dovuto spendere un polmone per comprarne uno nuovo – già aveva preventivato di dare via qualche organo per pagare il taxi, che non era certo famoso per essere un mezzo economico.
Decise che era il caso di consumare il suo pasto in pace e solo successivamente cercare una soluzione: non ne poteva più, aveva fame ed era troppo incazzato per fare qualcosa di sensato.
 
 
“Su, ragazzi! L’ultimo sforzo e ci siamo!” Joe pedalava coi capelli al vento e un sorriso sulle labbra, come se quell’attività non gli costasse affatto. Di tanto in tanto rallentava e si voltava a guardare indietro, dove Conor e Price arrancavano con le loro biciclette.
Il cantante aveva il volto arrossato e faceva un po’ fatica a tenere la coordinazione – forse aveva bevuto un po’ troppo – mentre il batterista pareva completamente sfatto.
“Avete idea di quanto ho mangiato? Mi sto trascinando appresso tre chili in più rispetto all’andata, ringraziate che non ho ancora vomitato nel bel mezzo della pista!” si lamentò quest’ultimo, fermandosi per un istante e passandosi una mano sullo stomaco. Lo sentiva pesante come un macigno; in genere digeriva qualsiasi cosa, ma quella sera forse aveva davvero esagerato.
“Andiamo! Io sono curioso di vedere se Dom è arrivato prima di noi!” li incitò Phil, pur mantenendo il suo solito tono pacato. Anche lui, al di fuori della pelle leggermente lucida di sudore, non mostrava particolari segni di stanchezza.
“Certo che anche voi potevate rallentare, eh!” aggiunse Conor. In genere non disdegnava lo sport, ma lui e il ciclismo non andavano particolarmente d’accordo.
Joe attese che Price lo affiancasse, poi gli mollò una pacca sul braccio. “E dire che tu dei pedali ne hai fatto il tuo lavoro e la tua passione.”
“Che stronzo…”
“Tra l’altro in bici si sta seduti, è decisamente un’attività adatta a te!” proseguì il biondo con un sorrisetto furbo.
“Lasciamo perdere: mi sta venendo il culo quadrato su questo maledetto sellino…”
“Ehi ragazzi, Dom non c’è!”
I due rivolsero lo sguardo verso Phil che, qualche metro più in là, era giunto a destinazione e si guardava attorno.
“Visto? Io lo sapevo!” si entusiasmò Conor, raggiungendolo con un ultimo sforzo.
“Ah, ‘fanculo.” Price rallentò fino a fermarsi, scese dalla bici e prese a camminarle accanto, trasportandola per il manubrio. “Bandiera bianca! Non ne posso più!”
“Te ne accorgi a due metri dall’arrivo che non ne puoi più?” commentò Phil ironico.
“Tanto non sarei riuscito a starvi dietro in ogni caso!”
Una volta riunitisi e riconsegnato le bici, i quattro si accomodarono su una piccola scalinata nei pressi del deposito di bici in attesa del loro amico.
“Ma… sentite: secondo voi è normale che stia tardando tanto? Insomma, noi ci abbiamo messo una vita ad arrivare” commentò Conor con un leggero nervosismo, scrutando la strada nella speranza di vedere un taxi che accostava al marciapiede.
“Se avesse avuto dei problemi ci avrebbe avvisato” lo rassicurò Price, per poi lasciarsi sfuggire uno sbadiglio.
“Magari ha trovato il ladro di biciclette e ci ha fatto una rissa” suppose Phil.
“Chi, Dom? È più probabile che sia andato dritto nel quartiere a luci rosse” ghignò Joe.
“Io spero solo che si dia una mossa perché sto morendo di sonno” trasse le sue conclusioni Price, sistemandosi distrattamente gli occhiali e sbadigliando nuovamente.
 
 
Quando Dom scese dall’auto, gli si presentò davanti agli occhi una scena parecchio bizzarra: i suoi quattro amici erano su delle gradinate, Joe scribacchiava su un quadernino con una sigaretta accesa tra le dita, Phil conversava amabilmente con una coppia di turisti che si era accomodata là vicino, Conor armeggiava con il suo cellulare e di tanto in tanto scattava qualche foto mentre Price sembrava collassato sulla spalla del cantante, intento a sonnecchiare.
“Alla buon’ora!” Joe fu il primo ad accorgersi della presenza del chitarrista moro.
“Siamo arrivati praticamente mezz’ora fa” aggiunse Conor.
“Lasciamo perdere. Lasciamo veramente perdere” sbottò Dom, prendendo posto sullo scalino accanto a Joe e chiedendogli implicitamente una sigaretta con un cenno.
Lui gli porse il pacchetto. “Sbaglio o quello non era un taxi?”
“Infatti alla fine ho dovuto prendere un Uber. Fanculo ai taxi, alle bici, a De Pijp e alle fottutissime aringhe crude!”
“Ma che è successo?” si informò Conor perplesso.
“È successo che quelli del taxi non mi capivano – ‘fanculo anche al mio accento dell’Essex – oppure mettevano giù senza neanche ascoltarmi, mi hanno fatto attendere quattro vite e mezzo per poi chiudermi il telefono in faccia. Ho cenato con delle terribili crocchette di pollo che sembravano di gomma, e come se non bastasse ora devo andare da questi tizi a dirgli che sono una testa di cazzo e mi sono fatto fottere la loro bici… può bastare?”
“Tutto sommato poteva andare meglio” commentò Joe con una risatina.
“Non c’è un cazzo da ridere.”
Anche Phil si avvicinò al cugino, dopo aver congedato i due turisti con cui stava chiacchierando. “Chi non muore si rivede!”
Dom sbuffò e prese una boccata dalla sigaretta. “Qualcuno si offre volontario per accompagnarmi da quelli del noleggio a spiegare cos’è successo?”
Joe si voltò dall’altra parte e continuò a fumare come se nulla fosse, come uno studente che spera di non essere notato al momento delle interrogazioni.
“Ah, non guardare me: io sto dormendo!” esclamò Price, posizionandosi meglio sulla spalla di Conor.
Quest’ultimo scambiò un’occhiata con Phil ed entrambi trattennero una risata.
“Da quando Price parla nel sonno?” disse Phil ironico.
“Io sto sostenendo il dormiente, quindi non mi posso spostare” fece notare Conor in tono ovvio, sghignazzando sotto i baffi.
“Noto una grande solidarietà da parte vostra oggi” borbottò Dom in tono deluso, incrociando le braccia.
Infine Phil si sciolse in un sorriso. “Andiamo, ti accompagno io.”
Dom si mise in piedi e si stiracchiò. “Non noleggerò mai più una bici ad Amsterdam. Mai più.”
Lui e Phil si allontanarono giusto in tempo per perdersi l’esclamazione di gioia di Price, soffocata appena nella maglietta di Conor.
 
 
 
 
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AUGURI DOOOOOOOOOOOOM *_____________*
(Anche se è passata la mezzanotte vale lo stesso? Del resto in Inghilterra c’è un fuso orario diverso e la giornata finisce un’ora dopo AHAHAH)
Arrivo proprio a filo, ma CE L’HO FATTAAAA a scrivere una storia per il suo compleanno!!!! E unirlo anche alla sfida di Evelyn, perché insomma, il suo compleanno è capitato proprio nel periodo della città E C’ERANO TALMENTE TANTI SPUNTI!!!
Innanzitutto… il prompt da unire allo scenario della città stavolta è stato suggerito da Kim ed è “taxi”. So che forse è stato usato in maniera un po’ marginale, ma la tentazione di inserire una cosa successami in prima persona è stata troppo forte: una volta a Milano, proprio dopo il concerto dei Nothing But Thieves, ho provato a contattare il taxi in tutti i modi ma la chiamata mi si chiudeva subito in faccia ogni volta che qualcuno rispondeva, e le attese erano apocalittiche XD c’è stato bisogno di tantissimi tentativi prima di riuscire a prenotarne uno! E stessa cosa dopo il concerto dei System Of A Down a Firenze! Quindi mi sono divertita a immaginare che anche a Dom potesse succedere in quel di Amsterdam, avvalendomi anche del fatto che lui parla un’altra lingua XD
A proposito, ho fatto accenno all’accento dell’Essex perché Dom – così come tutta la band – hanno un accento fortissimo che li rende spesso incomprensibili a chi non è madrelingua XD e suppongo che, visto che provengono dall’Essex, sia una caratteristica del luogo, perché non tutti gli inglesi sono così ^^
Il fatto di Dom che non trova la bici è ispirato a un video pubblicato nei canali social dei NBT qualche tempo fa, quando hanno deciso di riportare a galla vecchi video risalenti ai loro tour per combattere la nostalgia durante la pandemia! Questo, come potete anche leggere nella didascalia, è un episodio ambientato nel 2018 ad Amsterdam! Vi suggerisco di guardarlo perché fa CREPARE DAL RIDERE (lo potete vedere anche se non avete instagram):
https://www.instagram.com/p/CLXYpsXFSIU/?igshid=fsj89iwhyno
Lascio qualche altra piccola annotazione sulla città di Amsterdam!
Innanzitutto è una città famosa, tra le altre cose, per i suoi numerosi percorsi ciclabili, super utilizzati sia dagli abitanti della città che dai turisti ^^ viene proprio consigliato di visitare i vari quartieri in sella a una due ruote – e vedo che i NBT si sono perfettamente immersi nello spirito!
De Pijp (che per inciso si pronuncia “de paip”) è un famoso quartiere, tra i più frequentati e pieni di vita, famoso per i suoi locali in e per essere frequentato da giovani e studenti. Mi sembrava una destinazione carina, soprattutto perché raggiungibile dal centro in 15 minuti di pedalata circa ^^
Il broodje haring è appunto un panino farcito con cipolle, cetrioli e aringa cruda. Quest’ultima è tipicamente olandese: in ogni angolo della città si trovano bancarelle di aringa cruda, in cui si possono ordinare appunto anche questi panini.
Infine, i distributori FEBO sono letteralmente degli enormi distributori di crocchette di ogni tipo, esattamente come li ho descritti ^^
Poi… il titolo della storia è una storpiatura di un verso di “Amsterdam” dei Nothing But Thieves, che sarebbe appunto “I left my heart in Amsterdam” ^^ so di aver già utilizzato questo verso come titolo di un’altra storia, MA DAI COME POTEVO NON SFRUTTARLO??? XDD
Ah, un’altra piccola curiosità: mi sono presa la licenza di un Dom disgustato dall’aringa cruda perché tempo fa ho trovato una foto di Phil, Price, Conor e Dom in un ristorante di sushi, e Dom era l’unico che fissava ciò che stava per mangiare come se fosse una minaccia mortale AHAHAHAHA questo dettaglio mi ha sempre fatto ridere XD
E niente, dovrebbe essere tutto!
(Le NdA più lunghe della storia, ma dettagli AHAHAHAH)
Vi ringrazio tantissimo per essere giunti fin qui, ringrazio ancora di cuore Evelyn per la sfida super stimolante e Kim per il prompt assolutamente PERFETTO!
E ancora TANTISSIMI AUGURI DOM, l’uomo con il sorriso più contagioso del mondo ♥
 
 
   
 
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