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Autore: lulette    25/08/2021    4 recensioni
Dal primo capitolo:
[...Merlino era ancora esausto e si lamentava con il re: "Ecco qua: un'altra settimana nella foresta, a mangiare strani animali, a essere mangiati da strani animali, niente acqua calda, niente bagno, e questa è l'ultima notte in cui dormiremo in un letto come si deve."
"Sono disposto ad affrontare tutti gli orrori del mondo, Merlino, ma non dividerò il mio letto con te!"...]
[..."No, non intendevo questo!"...]
Atto unico in più capitoli | Merthur | passato amoroso di Merlino | passato amoroso di Artù | Non-con presunto~non Merthur~no descrizione | confessioni.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Quarta stagione
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Ciao a tutte!

La storia prende spunto dalla 4x5 della serie TV. Ma in realtà l'ho cambiata giá subito all'inizio.
Non ce l'ho fatta a fare uccidere Caerleon da Artù, non così a sangue freddo. Almeno non ancora. All'epoca rimasi scioccata. Voi, no?
Ho anche bisogno che Lancillotto rimanga vivo e vegeto!

Buona lettura!

 
 
   
2742 parole

         
     
CAPITOLO I

     

     
NO, NON INTENDEVO QUESTO!

                                           


                                                                                         

Artù quella sera si trovava nelle sue stanze ed era di pessimo umore.

Gli ultimi due giorni erano stati sicuramente i peggiori da quando era diventato sovrano di Camelot, anche se in effetti era re solo da pochi mesi.

Era già al terzo calice di vino. Questo sembrava dargli un po' di sollievo, ma di certo non bastava.


Merlino entrò di fretta nella stanza del re, cominciando a sistemare il letto per la notte.

Anche lui era di cattivo umore, probabilmente per gli stessi motivi del re.



La mattina del giorno precedente Artú assieme ai suoi cavalieri aveva catturato, grazie anche a Merlino che aveva fatto da cavia, il re di Everwick, un vecchio nemico di Camelot, che entrava e rubava a piacimento nelle terre di Artù con l'aiuto di alcuni suoi soldati.

Era anche riuscito a conquistare alcuni piccoli villaggi che ormai erano passati direttamente sotto il suo dominio.

Sembrava più una forma di sfregio agito verso il nuovo re, che un vero e proprio tentativo di conquista delle terre di Camelot. Le incursioni, infatti erano iniziate da poco e cioè da quando il padre di Artú, re Uther, era venuto a mancare.

In passato il regno di Camelot e quello di Everwick si erano più volte scontrati in sanguinose battaglie che avevano lasciato alle loro spalle solo morte, distruzione e povertà nei villaggi di entrambi i regni.

Ovviamente anche dopo molti anni l'odio e l'astio tra i due regni erano rimasti immutati, quando non erano addirittura aumentati.


Artú detestava queste situazioni: avrebbe voluto sedersi a un tavolo a contrattare, a dialogare, più e più volte, se necessario, per fare sì che i due regni potessero convivere pacificamente, se non addirittura trarre benefici l'uno dall'altro sia nei periodi di tranquillità, che nelle emergenze.

Alla luce di tutto quello che era successo in così poco tempo, Artù non poteva però nemmeno fare finta di niente, ed esimersi dal reagire: per questo aveva organizzato una sortita che fortunatamente aveva avuto successo.

Eppure adesso la situazione sembrava essere diventata ancora più delicata e instabile.


Agravaine, zio materno di Artú, che era andato a vivere con lui dopo la morte di Uther, con l'ambita qualifica di consigliere del re, aveva caldamente consigliato il nipote di giustiziare immediatamente e di persona, il re Caerleon per mostrare agli altri popoli che bisognava portare rispetto al nuovo sovrano e averne timore.



Ovviamente Merlino era del tutto contrario a una simile barbarie e cominciava a covare dentro di sé dei sentimenti di insofferenza verso lo zio di Artù, che invece era molto più che considerato dal nipote.

Aveva provato a parlare con Artù in più di un'occasione. La prima volta il re non l'aveva neanche voluto ascoltare e in seguito, dopo che Artù aveva passato tutta la notte in bianco a rimuginare, questi sembrava ancora molto combattuto e più propenso alla linea dura dello zio.

Il servo ricordò al suo sovrano tutte le cose meravigliose di cui aveva parlato e che avrebbe voluto fare in qualità di re, quando era ancora solo un principe: la giustizia, la tolleranza, la comprensione che avrebbe avuto per il suo popolo e non soltanto.


Artù forse aveva cambiato opinione rispetto ad allora?

Il servitore sperava proprio di no.

Merlino dopo averle provate tutte si ritirò mestamente.



Avevano raggiunto Camelot quella mattina sul tardi per poi riposare per qualche ora.


Nel pomeriggio, la regina Annis di Everwick aveva fatto recapitare un messaggio, una sorta di ultimatum a Pendragon: se non avesse rilasciato immediatamente il marito, lei avrebbe dichiarato guerra a Camelot.

Questo significava dover ripartire nuovamente la mattina dopo ed affrontare una situazione delicata e difficile per Artù e i suoi cavalieri, per cercare di trovare un compromesso con Annis, per scongiurare la guerra oppure per combatterla.

L' unica speranza sembrava essere il fatto che la regina Annis fosse tutto sommato una donna intelligente e giudiziosa.



Dopo aver sistemato il letto, Merlino cominciò a riordinare la stanza. Era ancora esausto dalla notte prima e dal viaggio del mattino e si lamentava con il re:

"Ecco qua: da domani, un'altra settimana nella foresta, a mangiare strani animali, a essere mangiati da strani animali, niente acqua calda, niente bagno, e questa è l'ultima notte in cui dormiremo in un letto come si deve."

"Sono disposto ad affrontare tutti gli orrori del mondo, Merlino, ma non dividerò il mio letto con te!"


Il servo rimase per un attimo a bocca aperta. 'Che diamine aveva capito adesso 'sto dannato asino' pensò.

Gli scappò comunque da ridere di gusto per il curioso equivoco, anche se un velo rosso gli ricoprì le guance, perché per un attimo, aveva avuto una visione di se stesso assieme ad Artù, che dormivano vicini nel grande letto.

"No, non intendevo questo", rispose ancora sorridendo, divertito.


Artù gli rispose secco e guardandolo con occhi minacciosi: "Ottimo! Bene! Buono a sapersi!"


Merlino era davvero seccato!

Quella testa di min... di fagiolo, prima aveva preso fischi per fiaschi, volendo insinuare chissà che cosa e ora si permetteva di sentirsi offeso per il 'troppo ardire' del suo servo, sfoggiando un atteggiamento freddo e un po' disgustato.

Ma se aveva fatto tutto da solo!


"Beh, maestà, non lo sapevate già?" rispose il valletto con una certa lieve malizia nel tono della voce, atta a far arrabbiare ancora di più il suo re.

"Sinceramente? Non ne ero poi così sicuro!" rispose il sovrano con calma.


"Artú, si può sapere che cosa state dicendo?

"Che - non - ne - ero - poi - così - sicuro!" ripetè il re quasi sillabando.


"Un asino di tre cotte! Ecco quello che siete Artù! Non ho altro da aggiungere."


Merlino si chiese se avesse mai fatto qualcosa che avesse potuto, anche solo involontariamente, mettere in dubbio il rispetto che portava per Artù, perché una cosa simile non aveva né capo, né coda, ma mai lo avrebbe chiesto a quello zuccone.

Piuttosto la gogna! O la prigione!


Possibile che il sovrano avesse capito i suoi veri sentimenti per lui?

Era stato sempre così attento; certo, era stato sorpreso dal re, infinite volte a guardarlo, a fissarlo, ma la cosa era reciproca e succedeva talmente spesso che ormai non ci faceva caso più di tanto.

Sembrava quasi una specie di linguaggio privato per comunicare tra loro, senza usare parole.



Sembrava.



Per tutti gli dei, non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe avuto un dialogo con Artù su un argomento come questo.

In realtà c'erano stati tanti altri momenti in cui certe questioni sarebbero potute uscir fuori...'No, non é vero niente. Queste questioni non sono mai saltate fuori perché devono rimanere ferme là dove sono sempre state! E mute!'

Questo pensava Merlino frustrato e oltraggiato.


'Perché proprio adesso? Per uno stupido fraintendimento di una stupida frase detta dalla mia stupida boccaccia a quello STUPIDO di Artù!'

Era davvero una delle cose più imbarazzanti che gli fossero mai capitate e sperava che il sovrano se ne uscisse con una delle sue str ... battute per sciogliere quell'atmosfera rigida, quell'odioso silenzio.

Lo stomaco gli dava noia già da un po' e uno spiacevole calore gli bruciava in viso. Odiava diventare rosso perché chiaro com'era, su di lui si notava giá a duecento passi di distanza.


Si mosse in modo quasi automatico e si mise a sistemare le coperte del letto, che erano già perfettamente distese e rispose come poté:

"Invece credo proprio che dovreste esserlo! Sicuro, intendo!"

Merlino per un attimo ebbe il timore (o la speranza) di aver frainteso tutto a sua volta e domandò:

"Perdonate, maestà, ma di cosa stiamo parlando, esattamente?"

"Del fatto che vorresti dormire assieme al tuo re!"

"Poiché il letto del mio re è molto più comodo del mio?" chiese Merlino con gran circospezione.

Artù arricciò le labbra, portò il mento verso l'alto assottigliando gli occhi, senza mai staccare lo sguardo dal suo.

"No, non intendevo questo!"
 
Eccola, l'ondata di isteria che si impossessò di Merlino. Non poteva incenerire il suo re con la sua magia, ma avrebbe tanto voluto farlo.


Prese un respiro molto profondo.

Voleva cambiare discorso. Ora. Subito.

Il re ormai sragionava. Merlino gli aveva dato un'opportunità per poter archiviare la questione con buona pace di entrambi e quel gradasso non l'aveva colta.


'Devo fare qualcosa, una cosa qualsiasi o non ne uscirò intero' pensò, ma non gli veniva in mente nulla e si affidò all'istinto.


"Maestà, volete... che vi tiri le tende del letto a baldacchino per stanotte? Ho sempre desiderato farlo e vedere l'effetto che fa!" se ne uscì il servo con un sorriso falso come pochi, guardando ammirato le tende poste ai quattro angoli del letto.

"So cosa stai cercando di fa... Ehi, Merlino, quando mai ti ho chiesto di tirare le tende del mio letto?"

"Mai, appunto, ma pensavo..."

"Le tende vanno tirate giù solo quando sono malato o..." tentennò un attimo il re "tu non c'eri ancora, non puoi saperlo..."

Merlino lo interruppe con finta foga e ancora più finto entusiasmo, prima che l'altro potesse riprendere:

"...quando siete malato oppure quando è un'occasione speciale, come appunto questa sera. Chissà quando potrete dormire ancora nel vostro comodo letto, E - IO - NEL - MIO ?" disse calcando la voce sulle ultime quattro parole "che è esattamente quello che intendevo dire prima! Comunque è meglio che dormiate, domani avrete importanti decisioni da prendere ed è bene che siate lucido e riposato."


Il sovrano si mise l'indice sulle labbra picchiettandole leggermente e proferì:

"D'accordo allora: puoi tirare le tende del letto!"


E Merlino, occhioni grandi e sorriso di cartone, cinguettò:

"Mi fa piacere che qualche volta mi diate retta!"

"Ma prima vorrei...dai, Merlino! Non ho sonno! Brinda con me: non vorrai lasciarmi bere da solo!"


Il servitore lo osservò bene e pensò:

'Dei del cielo, guardatelo: potrei mai dirgli di no?'

E invece rispose: "Sapete che non reggo bene il vino, non bene quanto voi, comunque!" 

"Ma cosa dici? Una volta sei rimasto giorni e giorni rinchiuso in una taverna. Ricordo che quando ne uscisti, eri uno straccio, è vero, ma sei sopravvissuto bene". 


Quel sant'uomo di Gaius, ogni volta che Merlino era costretto a sparire per cause legate alla magia, propinava al re questa ridicola scusa che, in pratica, gli aveva creato più problemi che se avesse davvero confessato al re di essere uno stregone. O quasi.


Merlino continuò: "È che... se bevo, domattina avrò un superbo mal di testa e con la giornata che ci aspetta..."

Al che Artù sorrise: "Vuoi sapere un segreto che nessuno sa?" e aggiunse senza attendere risposta: "Questo vino non è lo stesso che viene servito nei banchetti reali. Questo vino viene prodotto esclusivamente per me in un paesino fuori Camelot: pochi vitigni, pochi barili, clima perfetto. È molto costoso ma è ottimo sia per sapore che per qualità. Per ubriacarti, ti ubriachi lo stesso, ma non lascia quasi per niente strascichi e quindi nessun sintomo post bevuta. E in ogni caso, per il tuo amico re, puoi anche fare un'eccezione, no?"

Artù gli offrì un calice e se ne prese uno per sé, quindi portò la coppa in alto perché Merlino potesse toccarla con la sua per brindare insieme.

"A questa serata!" propose Artù. "

"Alla vostra salute, maestà! E alla mia!" rispose Merlino.

Artù tracannò il suo vino, mentre Merlino sorbì il suo più lentamente.



"Siediti un po' con me, vuoi?" suggerì il sovrano.

Il servo non se lo fece ripetere due volte, data la stanchezza e il fatto che le gambe gli tremavano ancora per lo sconvolgimento del letto, provato poco prima.

Il re mostrò al servo la coppa della frutta e un vassoio di dolcetti:

"Serviti pure, Merlino! Il vino è meglio con qualcosa nello stomaco."

Il valletto, ingolosito, prese un biscotto speziato, accompagnandolo con il vino che terminò poco dopo.

Subito, il re riempì nuovamente i calici (gesto che fu ripetuto fin troppe volte, quella sera).
 

Ad Artù brillavano gli occhi, parlava in continuazione, si alzava spesso per poi risedersi; ogni tanto dava delle pacche amichevoli sul petto di Merlino, con il dorso della mano, come a dire: 'Mi stai ascoltando, vero?'; e ancora, si appoggiava con la mano alla sua spalla per alzarsi dalla seggiola: insomma sembrava contento e non riusciva a stare fermo.


Man mano che il tempo passava, il servitore si rese conto che entrambi cominciavano, anche se leggermente, a strascicare le parole e le grasse risate che si facevano per i motivi più banali rischiavano a volte di farli quasi soffocare.

Era una sensazione deliziosa vedere Artù buttare la testa all'indietro, chiudere gli occhi, spalancare la bocca e ridere a più non posso per una scemenza che lui aveva detto.

Mentre il sovrano rideva, Merlino poté osservarlo meglio.

Osservò il collo e poi il pomo d'Adamo che si muoveva leggermente.

Completamente assorto il servitore pensò: 'Quanto meraviglioso può essere un pomo d'Adamo?'

All'improvviso si riscosse, cercando di darsi un tono ma gli scappò un sorriso perché gli venne da pensare: 'Tutto 'sto bollore per un semplice gozzo.'


E fu così che Merlino adocchiò la camicia che indossava il re.

Era sicuramente nuova, altrimenti l'avrebbe riconosciuta, visto che il servo lavava personalmente tutti i capi di Artù.

Era una camicia da camera bianca, di un tessuto sottilissimo, quasi trasparente, con uno scollo a forma di V, quasi fino all'ombelico e priva dei classici lacci incrociati sul petto.


Il valletto sapeva di avere visto il re "come natura crea" già molte volte, ma il vino, l'atmosfera, quella maledetta camicia e quelle cretinate sul dormire insieme, lo avevano intontito, reso fragile, insicuro e l'orrida vocina interna cantilenò:

'Certo Merlino, il tuo re, magnifico, sublime, vedrai che perderà la testa per te. Sei carino, se ti piacciono le ossa, sei sincero e onesto, peccato tu sia anche un invertito e uno stregone, innamorato del re per giunta!'

Merlino abbassò gli occhi sul pavimento.

Non doveva guardare Artù.

Artù era uno di quegli uomini che a guardarlo ti veniva male alla pancia.

Almeno a lui.



Il servo prese un po' d'uva e il sovrano si impossessò di una bella pesca.

Merlino non poteva farci niente e si ritrovò nuovamente a osservare le dita virili di Artù che spogliavano letteralmente il frutto, lasciando esposta la bella polpa chiara e umida.

Quando Artù avvicinò il frutto al viso, annusandolo voluttuosamente e chiudendo gli occhi per un istante, il servo deglutì l'abbondante saliva che gli si era formata in bocca.


Il re aprì le labbra (Merlino fece altrettanto) e diede un morso alla pesca, staccando adagio un pezzo del frutto e risucchiando l'abbondante succo all'interno della bocca per non sporcarsi il mento.

'Ecco com'è Artù quando bacia! Beata quella pesca!'


Non contento di ciò, il re si leccò il bordo del labbro inferiore e si succhiò le dita con passione infine bevve un lungo sorso di vino sfiorandosi poi le labbra con le dita.

Artù si girò e intercettò lo sguardo rapito di Merlino che sobbalzò così forte da spingere, senza volere, un piede sulla gamba del tavolo, tanto da capovolgersi completamente all'indietro, portando con sé seggiola, tovaglia e vassoi.












Questa è la mia prima fanfiction in assoluto. Credo, senza falsa modestia che sia un po' pallosa, ahahah! Ma mi sono divertita così tanto a scriverla e credo che questo sia l'importante. Avete riconosciuto la camicia di Artù? Nella storia c'è l'uso di questo "voi" a tamburo battente: è una mia scelta. Non ho voluto mettere molte parole moderne, anche se qualcuna l'ho lasciata. Ho usato moltissimo passato remoto, un po' antico e pomposo ed è voluto anche questo. Quali erano le parolacce una volta? Come si fa a scrivere una ff senza neanche una parolaccia? La storia riesce comunque ad essere piuttosto maliziosa! Peccato che la frase "clou" in inglese renda meglio che in italiano. Infatti non è chiarissima ma il misunderstanding si coglie bene lo stesso. Perchè atto unico? Perché racconta di una lunga serata, con solo due protagonisti, che rimangono quasi sempre in un'unica stanza, quella di Artù. Parlano e parlano e verrà fuori di tutto (tranne una cosa). La fic è comunque suddivisa in più capitoli  (tra i 6 e i 9)

Vi abbraccio

Lulette
   
 
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