Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Cida    26/08/2021    11 recensioni
Raccolta di AU (OneShot e FlashFic) non necessariamente collegate fra loro sulla coppia Elsa/Jack.
#1 - A game we have to win [Modern!AU - No Powers] - Partecipa alla "Real Life Challenge" indetta da ilminipony sul Forum EFP
#2 - Temptation [Angel/Demon!AU - GoodOmens!AU] - Partecipa alla "AU!Week" di M a k o
#3 - Prova a prendermi [Cat'sEye!AU]
#4 - In the Blood [Vampire/Witch!AU]
#5 - (The world doesn't need another) Dream Girl [OUAT!AU] - Candidata agli "Oscar della Penna 2023" indetti sul forum Ferisce più la penna
#6 - Mr. & Mrs. Frost [Mr&MrsSmith!AU]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elsa
Note: AU, Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prova_a
Cat'sEye!AU - OcchiDiGatto!AU

Elsa è una giovane donna che di giorno gestisce un locale chiamato Ice Café, mentre di notte è una ladra che, supportata dalla geniale sorella Anna, ruba per scoprire quali segreti si celino dietro il loro triste passato.
Jackson, Jack, Overland è un brillante detective del distretto di polizia della città, ha una cotta non poi troppo segreta - probabilmente ricambiata - per la proprietaria del bar che è solito frequentare e ha un solo e unico scopo nella vita: catturare la ladra Snow Queen.

Rating: Arancione

    L’umore del detective Jackson, per gli amici Jack, Overland era livido, così come il suo occhio destro.
Aveva passato la notte praticamente in bianco sulle tracce della ladra che, da diverso tempo, stava facendo ammattire tutti i corpi di polizia del paese, lui compreso. Snow Queen era il suo nome e sembrava uscita direttamente da un romanzo o da uno di quei cartoni animati giapponesi dove il ladro - o le ladre - inviava un biglietto di sfida alle forze dell’ordine, mettendo con arroganza i riflettori su quello che sarebbe stato il suo prossimo colpo e, nonostante questo, riusciva sempre ad andare a segno e farla franca.
Nessuno l’aveva ancora ufficialmente avvistata per cui la sua identità era avvolta dal totale mistero, c’era anche chi era assolutamente convinto che, nonostante il nome, sotto quelle mentite spoglie ci fosse un uomo, forse perché pensavano, più o meno inconsciamente, che un essere umano di sesso femminile non avrebbe potuto mai essere così scaltro. Jackson, però, non era fra questi, il suo sesto senso gli suggeriva chiaramente che si trattasse di una giovane donna e quella figura minuta avvolta da capo a piedi in un’aderente tuta scura, che quella notte aveva inaspettatamente attirato la sua attenzione, non aveva che confermato i suoi sospetti. Peccato che l’inseguimento, scattato subito dopo, si era concluso con la più grande figura da pollo della sua carriera, grazie al quale si era guadagnato l’occhio pesto e le risate di scherno dei suoi agenti.
Per questo riservò uno sguardo tagliente alla porta a vetri che si era appena aperta docile al suo passaggio, consentendogli l’ingresso all’Ice Café, se non che la contrazione della guancia gli provocò una scarica di dolore che gli fece scappare un grugnito infastidito dalle labbra.
Dopo la caccia fallimentare era tornato a casa a lavarsi via l’onta del disonore e a cercare di recuperare alcune – poche – delle ore di sonno perdute ma, prima di tornare di nuovo al lavoro, aveva davvero bisogno di mettere qualcosa sotto ai denti e, sì, anche il solo passare qualche minuto con una persona in particolare non avrebbe di certo guastato. Quando la vide dietro al bancone, bellissima come sempre, improvvisamente si pentì della sua scelta, visto lo stato pietoso in cui si trovava, sembrava finito sotto…
«Ehi, Jack!» esordì una giovane ragazza dai capelli rossi, seduta ad uno dei tavolini, mentre finiva di riempire la sua tracolla «Snow Queen ti ha travolto con una schiaccia-sassi, per caso?»
Ecco, appunto.
«Anna…» la riprese la sorella, mentre finiva di asciugare un bicchiere «Non si prendono in giro i clien… oddio!» sgranò gli occhi non appena posò lo sguardo su di lui «Che cosa ti è successo?»
Jack trasalì «Infortunio sul lavoro…» buttò lì, arrossendo un poco «Colluttazioni, cose così…» di certo non le avrebbe detto che si era schiantato contro ad una porta a vetri come un fesso.
Elsa, perché questo era il nome della ragazza dietro al bancone del bar, sghignazzò appena, come se fosse consapevole che le stesse nascondendo qualcosa di imbarazzante di proposito «Anna…» disse inaspettatamente «Hai ancora qualche minuto prima delle lezioni, giusto?»
Quella annuì «Sì, Kristoff non passerà a prendermi prima di un quarto d’ora…»
L’altra liberò la spalla dai capelli raccolti in una morbida treccia che vi era appena scivolata sopra e si sfilò il grembiule «Allora bada un attimo tu ai clienti, per favore…»
«Agli ordini, capo» concesse la sorella minore, facendole un occhiolino carico più che mai di sottintesi eloquenti.
Elsa roteò gli occhi al cielo e si avvicinò al detective, prendendogli una mano con la sua «Coraggio, seguimi»
Jackson balbettò un imbarazzatissimo «D’accordo…» per ritrovarsi, poco dopo, seduto su di un piccolo sgabello del bagno sul retro.
«Chiudi gli occhi…» la sentì dire mentre gli dava le spalle, obbedì.
Ci fu un piccolo schiocco e il fruscio dei movimenti di lei che armeggiava con qualcosa «Se ti faccio male dimmelo…»
Annuì e cominciò ad avvertire il picchiettio di una spugnetta morbida sull’attaccatura del naso tumefatta, inevitabilmente tirò appena l’occhio per via del dolore. La vide sorridere dalle palpebre socchiuse «Faccio presto, te lo prometto…»
Fu assolutamente di parola.
«Allora? Che ne dici?»
Jack si guardò allo specchio, il livido sparito «Wow…» e non era dato sapere se lo disse perché era sinceramente ammirato dal suo lavoro o, più che altro, dal riflesso che lo specchio gli stava regalando.
Dovette fissarla un po’ più di quanto fosse consono perché Elsa arrossì un poco «Che c’è?»
«Niente…» scattò quello sull'attenti all'improvviso, altrettanto in imbarazzo «Grazie davvero… sembra proprio che non mi sia successo niente»
Lei alzò le spalle divertita «Figurati, è stato un piacere aiutarti… coraggio, andiamo di là che ti preparo la colazione, non ti rimane più molto tempo»
Lo anticipò per uscire da quella stanza che sembrava essersi ristretta misteriosamente, costringendoli a stare un po’ troppo vicini rispetto a quel che erano di solito. Prima che potesse farlo, però, lui la bloccò, riportando la mano nella sua «Posso offrirti una cena Sabato sera?»
Questo improvviso slancio di coraggio, da sempre nascosto dietro a sguardi e sorrisi fugaci, lasciò per un attimo entrambi perplessi.
Elsa fece scivolare impercettibilmente lo sguardo sulle loro mani unite e decise di rivestire l’imbarazzo con un bel cappotto d’ironia «E’ solo per ringraziarmi del trucco o vuole essere un vero appuntamento?» gli chiese, inarcando un sopracciglio. Sperò che il suo tono di voce fosse fermo quel tanto che bastava a nascondere il cuore che le rimbombava nel petto all’impazzata.
Ormai era decisamente tardi per fare marcia indietro «Ti darebbe fastidio se lo fosse?»
Questa volta fu il turno di lei di spazzare via ogni timore, ritornò verso di lui e gli posò la mano libera sulla spalla, alzandosi in punta di piedi per andare a lasciargli un leggero bacio sulla guancia «Decifri questo indizio detective e, sono certa, lo scoprirà»



    Il loro primo appuntamento era andato a gonfie vele. Inizialmente, il mangiare il sushi al nastro non era sembrata ad Elsa un'idea prettamente romantica ma, con l’andare della serata, si era dovuta ricredere perché l’essere seduti affiancati li aveva privati dell’imbarazzo di trovarsi occhi negli occhi, evitando che inopportuni silenzi calassero tra loro, riempiti dalla foga dell’accaparrarsi al più presto le loro pietanze preferite o il disperarsi quando un vicino gliele soffiava per un pelo. La necessità di toccarsi, poi, veniva magistralmente celata dalle sedie troppo vicine, per cui non era strano se le spalle si sfioravano per caso o se le mani scivolavano contemporaneamente verso il  contenitore della salsa e lo sporgersi per guardarsi negli occhi, regalarsi un sorriso, diventava qualcosa di voluto e non un’imbarazzante costrizione.
Dopo la cena avevano camminato a lungo e parlato senza freni, ritrovarsi con le mani allacciate una nell’altra era stata una conseguenza quasi annunciata, mentre gustavano una deliziosa crepe sul lungo mare e lui le impiastricciava bonariamente il naso con la copertura dell'impasto. 
Il bacio che si erano scambiati davanti alla porta di casa di lei era stata la giusta conclusione di una serata magica e Jack se n’era andato con un sorriso ebete stampato sulla faccia che si era presto tramutato in una vera e propria risata quando, dal nulla, tutte le luci del salone si erano accese, rivelando come Anna non stesse affatto dormendo ma stesse aspettando la sorella per farle il terzo grado. Prima di salire in macchina per tornarsene al suo appartamento, si era morso appena le labbra a ricercare il sapore di lei che sapeva di gloss e zucchero a velo. In cuor suo, sperò ardentemente che quell’appuntamento fosse solo il primo di una lunga serie.



    Il secondo appuntamento, però, finì con l'andare inesorabilmente in fumo perché Snow Queen aveva pensato bene di far coincidere quello che sarebbe stato il suo ennesimo colpo proprio con lo stesso giorno e Jackson era stato, per forza di cose, risucchiato dai suoi doveri di poliziotto. Al telefono con Elsa si era sentito mortificato e visto che nuovamente la ladra sembrava magicamente sparita, rendendo quella serata rovinata vana, era - al momento - anche molto arrabbiato.
A notte fonda, tutti gli agenti si erano ormai ritirati mentre lui era rimasto perché l’ennesima sconfitta gli bruciava talmente tanto che non era ancora riuscito ad allontanarsi da quel muro di cinta della villa residenziale da cui era stato appena sottratto un preziosissimo manufatto.
«Pare proprio che ce l’abbia con me, detective»
Una voce metallica alle sue spalle lo fece sobbalzare: seduta sul muretto, a pochi passi da lui, c’era proprio la ricercatissima Snow Queen. Come la prima volta in cui l’aveva vista di sfuggita, era completamente fasciata da una tuta nera aderente e l’unica cosa che spuntava dal cappuccio era un visore notturno che le copriva interamente gli occhi, vederle anche solo un lembo di pelle era impossibile. Sul fatto che fosse una donna, beh, non c’era più alcuna ombra di dubbio.
«Tu…» esordì preso completamente alla sprovvista « …sei sempre stata qui, non sei mai andata via»
La voce contraffatta gli inviò una leggera risata «Perché darsi tanta pena di scappare quando bastava aspettare che tutti se ne andassero?»
«I cani non ti hanno sentito…»
Lei saltò agilmente giù dal muro «Detective, non vorrà mica che le sveli tutti i miei trucchi, adesso»
Jackson strinse i denti «Perché mostrarti ora? Per sfottermi?»
Snow Queen si mosse in maniera deliberatamente lenta, sfrontata persino, girandogli attorno «Così mi offende: l’ho vista qui, tutto solo e abbattuto… probabilmente con i piani per la serata rovinati. Non so, magari ha dovuto dare buca alla sua ragazza… e mi sono sentita in colpa» gli passò un dito guantato sotto al mento.
Lui si ritrasse appena, facendo un paio di passi indietro e, quando le sue spalle sfiorarono il muro, si rese conto di essere finito nella sua trappola «E’ il mio lavoro, lei lo sa…»
La ladra sembrò quasi delusa «Ah, allora una ragazza c’è… che peccato»
Jack la vide avvicinarsi nuovamente: questa volta non si sarebbe fatto cogliere impreparato, l’avrebbe aspettata quel tanto che bastava per sfoderare la pistola e costringerla alla resa. Ancora un solo passo e avrebbe agito ma, prima di riuscire anche solo a portare la mano alla fondina, lei si era abbassata agile come un leopardo delle nevi e lo aveva colpito alle gambe, facendolo cadere.
Aveva chiuso gli occhi nel momento in cui la testa gli aveva sbattuto contro il muro e, quando li aveva riaperti, se l'era ritrovata praticamente addosso: le gambe allacciate al bacino, il seno fasciato dalla tuta attaccato al viso mentre, con le mani, gli costringeva le braccia verso l’alto.
«Non è per niente carino puntare armi contro ad una signora, non la facevo così maleducato, detective» lo rimproverò, mentre un quasi impercettibile bip testimoniava che avesse appena azionato qualche congegno. Ci fu come un leggero sbuffo e qualcosa di freddo avvolse i suoi polsi, incatenandoli ad un tubo lì vicino.
«Manette di ghiaccio?» chiese incredulo.
«Belle, vero?» gongolò quella, riportando il volto coperto all’altezza del suo «Mi domando cosa direbbe la sua ragazza se ci vedesse adesso… oh» disse, stringendo appena le cosce, aumentando il contatto fra i loro bacini già estremamente vicini «Sono sicura che questo non lo apprezzerebbe»
Jackson arrossì violentemente, per l’imbarazzo e la stizza di non riuscire a contenere i fremiti che quel corpo tonico – praticamente nudo - allacciato al suo gli faceva scorrere sotto alla pelle, andandosi a concentrare in un punto ben preciso «Questo non significa niente…»
Le labbra di Snow Queen si tirarono sotto alla maschera, quasi stizzite «Non sta a lei decidere…» gli diede un piccolo buffetto sul naso e si alzò, regalandogli ancora una volta una panoramica del suo corpo mozzafiato «Fra un paio d’ore si allenteranno…» lo avvisò, con un leggero cenno del capo verso le manette «E’ stato davvero un piacere, detective. Chissà se ci sarà una prossima volta…»
Jackson scalciò «Fermati, maledetta, fermati!» le urlò dietro, mentre cercava invano di liberarsi dalla sua prigione di ghiaccio, ma quella non si voltò più e sparì nell’oscurità della notte.



    Nonostante le ripetute scuse di Jack – e l’aver, con sapienza, deciso di tenere per sé l’incontro ravvicinato con Snow Queen - per via di quell'appuntamento mancato, Elsa era diventata improvvisamente fredda e scostante nei suoi confronti. Il giovane detective era ben presto  passato dal senso di colpa alla delusione per il fatto che lei sembrasse non comprendere i doveri che il suo mestiere comportava. Per cui dopo alcuni tentativi di ridistendere i rapporti miseramente falliti, aveva semplicemente smesso di provarci. Tuttavia, non si era precluso la possibilità di continuare a frequentare l’Ice Café, un po’ perché la speranza era l’ultima a morire e un po’ perché non capiva come mai avrebbe dovuto privarsi di andare in un posto che gli piaceva solo perché la sua proprietaria si ostinava a comportarsi da bambina dell’asilo e lui, al momento, aveva decisamente altro per la testa. I suoi ripetuti fallimenti nella cattura di quella ladra, ormai sulla bocca di tutti, gli avevano causato l’affiancamento di un altro detective proveniente dalla metropoli più vicina, fresco fresco di un bagno di gloria – di stampa e alti piani dell’ordine – per l’aver egregiamente concluso un caso davvero importante. Hans Westergaard era il suo nome e, con quegli attenti occhi verdi, sembrava sapere il fatto suo, forse anche troppo: infatti, anziché affiancarlo aveva – a tutti gli effetti – preso il suo posto, scavalcandolo e relegandolo a compiti che potevano essere tranquillamente svolti da semplici agenti. Il ruolo defilato che gli aveva appena assegnato, per quello che sarebbe stato l’ennesimo tentativo di cattura, ne era una prova più che lampante. Decisamente aveva avuto momenti migliori, su tutti i fronti.
Ben lontano dal farsi mettere i piedi in testa, però, si era portato a casa le copie delle diverse planimetrie dell’hotel di lusso che, da avviso, sarebbe stato il luogo del prossimo colpo. L’asta di quadri e gioielli si sarebbe tenuta nell’enorme e sontuoso salone del pianterreno, circondato dalla vigilanza privata a cui la polizia avrebbe dato man forte, era quindi improbabile che Snow Queen decidesse di agire sotto quelle luci sgargianti e gli occhi di centinaia di persone. No, molto probabilmente avrebbe agito nei magazzini, ad asta conclusa, prima che i nuovi proprietari potessero a tutti gli effetti accedere ai beni appena comprati. Quella stanza, tuttavia, era cieca su più lati e aveva solo una porta, mentre il ricambio d’aria era garantito da un innovativo processo di aerazione che precludeva ogni contatto con l’esterno. Il vecchio condotto era, invece, stato murato con due metri di cemento armato. Come diavolo avrebbe fatto ad entrare e, soprattutto, uscire da lì? Si sarebbe travestita? Non ne aveva idea. Stanco morto scivolò nel sonno direttamente sul tavolo della propria cucina, con solo una convinzione nella mente: non avrebbe agito come Hans si immaginava.  


    Per il corpo agile e allenato di Snow Queen, scivolare nei condotti di aerazione era un’azione quasi naturale.
Mentre saliva sempre un po’ più in su, le venne quasi da sorridere: fino a poco tempo prima, la messa in atto di quel piano pareva impossibile perché l’unico modo per poter accedere a quel magazzino – e alle sue opere – sembrava proprio il vecchio condotto murato. Raggiungerlo e aprirlo senza farsi scoprire, però, si era rivelata un’impresa infattibile e stavano quasi per rinunciarvi. Un aiuto inaspettato era, incredibilmente, arrivato proprio dal cambio di gerarchia avvenuto sul suo caso. Nonostante fosse sollevata - e dispiaciuta al tempo stesso - che il detective Overland fosse stato ufficialmente affiancato, e ufficiosamente rimosso, l’arrivo di Westergaard era stato per lei una manna dal cielo. Sebbene lo vedesse praticamente tutti i giorni e il loro rapporto fosse ben presto scivolato in qualcosa di più di una semplice amicizia, Jackson era sempre stato molto riservato sui dettagli di ciò che avrebbe messo in atto per contrastarla, rendendo di fatto ancora più eccitante l’idea di sfuggire ai suoi tentativi di cattura ma Hans, al contrario, era un vero e proprio pavone: pienamente sicuro nelle sue capacità - che, doveva ammettere, sembravano notevoli – non aveva disdegnato di lasciarsi andare a qualche confidenza di troppo, dopo un paio di drink ingollati assieme ad un’avvenente ragazza dai capelli corvini e sognanti occhi verdi, totalmente rapiti dal suo acume e dalla sua bellezza. Era proprio così che Anna, sapientemente travestita, era venuta a conoscenza di ciò che persino Jackson ignorava: la collana di diamanti che doveva recuperare ad ogni costo, non sarebbe mai tornata nel magazzino dopo l'asta, lì avrebbero portato una semplice imitazione per attirarla in trappola, mentre quella vera sarebbe stata custodita in una delle suite dell’ultimo piano, in attesa che il compratore andasse a reclamarla.
In quella stanza, beh, non c’erano condotti di aerazione bloccati: immettere del gas narcotico nell’aria condizionata era stato un gioco da ragazzi; sfilare la collana dal taschino di Westergaard che dormiva beato era stato quasi divertente; i ganci di ghiaccio con cui stava risalendo verso il tetto si sarebbero sciolti di lì a poco e non avrebbero lasciato alcuna traccia, ancora pochi metri e sarebbe uscita, pronta a fuggire.
Aprì la grata sopra alla sua testa, sicura di averla fatta franca ma non appena mise mano sul pavimento per scivolare fuori, una manetta scattò attorno al suo polso sinistro e si sentì issare di peso sul cemento del tetto.
«Snow Queen, ti dichiaro in arresto»
Era lui: Jackson. Lo stupore durò solo un istante, d’altra parte, se si era innamorata di lui – perché sì, lo amava – un motivo doveva pur esserci: era brillante, ok, anche irritante e talvolta sciocco ma possedeva un coraggio e una determinazione senza uguali, senza contare quell’incredibile potere che aveva di riuscire sempre a rallegrarle anche le giornate più buie. Quell’unico appuntamento che avevano avuto l’aveva fatta stare così bene che si era spaventata a morte: come avrebbero potuto stare insieme? Erano uno la nemesi dell’altra e il piano suo e di Anna veniva prima di tutto, anche dell’amore. Perciò, mandare tutto a rotoli le era sembrata la soluzione migliore, sebbene avesse fatto - e continuasse a fare - maledettamente male.
«Accidenti, detective…» cercò di ricomporsi «Questa volta mi ha proprio fregato»
«Come hai fatto a riaprire il condotto murato?» chiese lui ignaro e, per maggiore sicurezza, allacciò l’altra manetta al proprio di polso.
Lei rise «Suvvia, non mi faccia domande a cui sa già non otterrà risposta» si mosse appena e con la mano libera fece scattare qualcosa nella sua tuta che riavvolse velocemente il cavo a cui, fino ad un attimo prima, era appesa «Piuttosto, come ha fatto lei ad indovinare che sarei proprio uscita da qui?»
Jackson assottigliò gli occhi «Non muoverti» le intimò, senza soddisfare la sua curiosità.
Snow Queen aprì il palmo in segno di resa e sbuffò «Giustamente anche lei ha i suoi segreti, lo comprendo. Sa cos'altro mi domando, invece? E’ lei che ha preso me o sono io che ho preso lei?» e non appena finì di pronunciare quelle parole, si avventò su di lui, saltando dal parapetto. 
Jackson avrebbe voluto darle della pazza ma il senso di vuoto che s’impadronì del suo petto gli tolse tutto il fiato per farlo. Sentì le mani di lei che lo guidavano a sistemarsi nella posizione corretta: durò tutto una piccola manciata di secondi, giusto il tempo di percorrere in un lampo quella distanza che li separava dalla terrazza con piscina, venti metri più sotto. Scivolarono nell’acqua dritti come fusi, toccando il fondale con i piedi. L’impatto improvviso e l’acqua ghiacciata dall’aria della notte colsero il detective completamente impreparato: avvertì a malapena i tentativi di lei di trascinarlo verso la superficie – i loro polsi ancora allacciati – e scivolò nel buio dell’incoscienza.
Riaprì gli occhi solo grazie a delle spinte energiche di due mani sul petto, sputò l’acqua via dai polmoni senza ritegno. Neanche perse tempo a domandarsi come avesse potuto liberarsi dalle manette, l’unica cosa su cui riusciva a concentrarsi era quel mento delicato che spuntava dal cappuccio ora leggermente rialzato e poi c’erano loro: quelle labbra sottili che gli avevano - molto probabilmente – appena eseguito una respirazione bocca a bocca salvandogli la vita e, chissà perché, prima di richiudere gli occhi, gli sembrò di avvertire sulla lingua il sapore dello zucchero a velo. 



    Il fatto di aver deliberatamente disobbedito agli ordini e di aver messo la sua stessa vita in pericolo era costato al detective Overland l’ufficiale estromissione dal caso e un lungo periodo di ferie forzate: da quel momento, Jack aveva smesso di frequentare l’Ice Café. Elsa lo aveva visto una volta soltanto: indaffarata com’era fra le ordinazioni mattutine, aveva alzato appena lo sguardo per via di quella costante sensazione di sentirsi osservata e lo aveva scorto fuori dalla vetrata, con un’espressione indecifrabile sul viso, mentre la fissava: non appena si era accorto di essere stato notato, aveva distolto lo sguardo e se n’era andato. Era vero, non si era presentata in ospedale quando l’avevano trattenuto un paio di giorni per assicurarsi che la caduta non avesse causato danni, soprattutto dato il quasi annegamento e la doppia perdita dei sensi, ma il fatto che Snow Queen lo avesse quasi ucciso – nonostante, poi, lo avesse anche salvato – aveva definitivamente aperto quella voragine di senso di colpa che la sua doppia vita aveva scavato pian piano.
Prima di inviargli un messaggio e chiedergli come stesse, si era bloccata, domandandosi per un attimo se lui avesse potuto riconoscerla ma, scuotendo il capo, si era detta che quell’eventualità era impossibile: visto lo shock era davvero improbabile che si ricordasse di quell’attimo in cui aveva aperto gli occhi prima di riscivolare nell’incoscienza e anche se così fosse stato, alla fin fine, che aveva visto? Giusto il suo mento per una piccola frazione di secondo.
Così aveva premuto invio e quel laconico Bene, che aveva ricevuto in risposta solo un paio di ore dopo, era stato un po’ come ricevere uno schiaffo in piena faccia, schiaffo che sentiva apertamente di meritare. 



    Anna stava lavorando al computer su quello che sarebbe stato il loro prossimo piano: nonostante le proteste di Elsa, al momento di sopra a concedersi un po’ di relax, sembrava non esserci alternativa al far entrare in azione anche la sorella minore, fino a quel momento geniale spalla e brillante supporto dalle retrovie. Dopotutto, bardate da Snow Queen, nessuno avrebbe mai potuto dire che sotto a quella tuta potessero esserci due persone diverse: già si pregustava la stampa in visibilio per il fatto che la famosa ladra sembrasse dotata anche del dono del teletrasporto. Certo, non avrebbero mai dovuto farsi vedere vicine, in quel caso quei centimetri di altezza che le differenziavano sarebbero stati più che mai rivelatori, ma lei sarebbe dovuta essere l’esca per distrarre gli inseguitori e permettere alla sorella di scappare, niente di più, niente di meno. Presa com’era dai suoi progetti, non sentì subito il campanello della porta, lo percepì solo quando suonò più insistente. Si portò gli occhiali da riposo sulla testa e mosse appena i lunghi capelli rossi dietro alle spalle: non aspettavano visite, prima di andare ad aprire abbassò con cura lo schermo del suo laptop.
Quando vide oltre lo spioncino e scoprì l’identità del loro inaspettato visitatore, ringraziò mentalmente quel riflesso automatico e aprì la porta «Ciao Jack, come mai qui?»
«Ciao…» la salutò lui senza prestarle troppa attenzione, lo sguardo attento in cerca di una certa chioma bionda «Dov’è tua sorella?»
Lei si spostò per farlo entrare, ignara di quel turbinio di pensieri che vorticava nella mente del giovane detective «E’ di sopra a fare il bagno, puoi aspettarla qui se vu… ehi!» gli urlò dietro quando lo vide prendere con decisione la via delle scale. Lo rincorse e lo superò decisa, impedendogli di proseguire «Hai capito cosa ho detto? Bagno, mia sorella nuda: non credo sarà contenta di vederti entr…»
«Anna» la interruppe lui, con un’espressione che non gli aveva mai visto riflessa negli occhi nocciola «Fammi passare… per favore» quasi sospirò, come se parlare gli costasse un immenso dolore.
E forse fu proprio per quello sguardo che la ragazza si spostò e non gli impedì di prendere il corridoio e sparire dietro l’angolo.
«Se poi ti uccide non dirmi che non ti avevo avvisato…» borbottò e, con un'alzata di spalle, tornò al piano di sotto. 



    Quando sentì la maniglia della porta girare, i riflessi di Elsa la portarono ad alzare la testa di scatto «Anna, che succed… Jack!»
Quasi sobbalzò nel vederlo sulla soglia: si portò immediatamente entrambe le braccia a coprire il petto, ringraziando mentalmente la schiuma che ancora non si era dissolta. Rossa in viso come non mai, un po’ per il calore e un po’ per l’imbarazzo, scivolò un pochino di più sotto il pelo dell’acqua per coprirsi meglio di quel che già era «Che diavolo ci fai qui? Come ti sei permesso di entrare?» lo rimproverò arrabbiata.
Lui la congelò con lo sguardo, non disse nulla e avanzò risoluto verso la vasca: si sedette sul bordo davanti alla sua espressione esterrefatta e, rapido, tuffò un mano verso il basso, dritta verso il suo petto, ancora coperto dalle braccia, incurante di bagnarsi completamente la manica della camicia.
Elsa chiuse gli occhi, umiliata, e li riaprì solo quando avvertì il proprio braccio sinistro – stretto nella morsa di lui – fuori dall’acqua.
Jackson strinse i denti: eccolo lì, quel segno roseo sul polso, prova inconfutabile di un taglio recente che si stava rimarginando. Si era più volte chiesto di come potesse essergli finito quel sangue sulla camicia bianca, il giorno che era caduto in quella maledetta piscina assieme a Snow Queen: lui non aveva tagli o escoriazione di alcun genere, perciò quella macchia rossa non poteva che essere stata lei a lasciarla, probabilmente ferita dall’acciaio delle manette, mentre cercava di liberarsi dal peso del suo corpo morto che aveva rischiato di farli annegare entrambi.
«Come te lo sei fatto questo?» sibilò.
C’erano infinite scuse che lei avrebbe potuto usare per giustificarsi – come l’essersi tagliata nel preparare un panino per il bar, o le verdure di una cena sua e di Anna – ma, ormai, non aveva più senso alcuno: Jack aveva capito. Puntò lo sguardo nel suo, orgogliosa nonostante la nudità «Lo sai…»
Il giovane detective quasi ringhiò «Perché?» le lasciò il braccio che ricadde mollemente nell’acqua «Perché non me l’hai detto?»
«E cosa dovevo dirti?» obiettò sarcastica «Ehi, sai quella ladra che ti sta facendo ammattire? Beh, sono io!»
«Sono lo zimbello della polizia, cazzo!» sbottò nuovamente, sempre più alterato «Mi hai anche quasi ucciso…»
«Io…» balbettò «Non volevo: nessuna delle due cose» chiarì «Non ti avrei mai lasciato morire, anche se questo avesse significato farmi catturare…»
La sincerità che avvertì in quelle parole ebbe lo strano potere di tranquillizzarlo «Perché rubi tutte quelle cose?»
Questa volta fu lei ad alterarsi «Io non rubo niente!» sbottò «Quelle cose sono nostre! Facevano tutte parte della collezione dei nostri genitori…»
«Vostre?»
Elsa annuì «Conosci la storia della famiglia Blekett?»
Certo che la conosceva, la notizia dell’affondamento del loro yatch era stata sulle prime pagine di tutti i giornali: l’intera famiglia reale del piccolo Stato autonomo di Arendelle distrutta, inghiottita dalle onde del mare, i corpi mai ritrovati… non era possibile «Voi non potete essere... quelle ragazze sono morte
«No, invece! Noi non eravamo sulla nave. Quell’affondamento non fu un incidente, i nostri genitori erano evidentemente di troppo e dovevano sparire. Noi ci siamo salvate solo perché un amico fidato ci ha permesso di fuggire, portandoci in un nuovo continente, nascondendoci dietro un nuovo cognome e regalandoci un’attività con cui poter vivere
in questa città» sospirò «Pensavamo di aver chiuso con il passato ma, dopo anni, abbiamo visto in vendita una statuetta appartenuta ai nostri genitori e da lì abbiamo compreso che qualcuno aveva disperso la loro collezione…» puntò gli occhi velati di lacrime dritti nei suoi «Riaverla indietro e scoprire chi si cela dietro a tutto questo è l’unico modo che abbiamo per arrivare alla verità»
Tutto, gli aveva mentito su tutto: Elsa non solo era Snow Queen, era anche - di fatto - la regina di un Paese disperso nel Nord Europa… chi diavolo aveva frequentato lui per tutto quel tempo? Di chi si era innamorato?
«Ero solo un mezzo per te? Cosa ha significato il nostro appuntamento e tutte quelle moine che mi hai fatto dietro alla maschera di Snow Queen?» le chiese, duro.
Avrebbe potuto rispondergli di sì e spezzargli il cuore una volta per tutte, sarebbe stato doloroso – certo – ma era sicura che poi lui avrebbe trovato il modo di andare avanti… su di lei, invece, non lo era altrettanto. Sospirò, Jack si meritava la verità anche se, probabilmente, avrebbe fatto male comunque «No…» sussurrò sul pelo dell’acqua che, ormai, aveva perso quasi tutto il suo calore. Attirò le gambe verso il petto, per proteggere quello che la schiuma ormai dissolta aveva smesso di coprire «Lo ammetto, provocandoti a quel modo come Snow Queen ho davvero esagerato ma la realtà è che quella sera che abbiamo passato assieme è stata così perfetta da farmi paura e … come potevano funzionare le cose tra noi con quello che ti stavo nascondendo? Come potevo chiederti di scegliere fra il tuo lavoro e me?»
«E, quindi, hai pensato bene di fare tutto tu: non solo mi hai messo da parte ma hai anche deciso per me…»
«Mi dispiace…» gli disse, sinceramente pentita.
Il giovane detective rimase muto per alcuni interminabili secondi, il suo respiro profondo era l’unico rumore percepibile nell’intera stanza.
Incapace di resistere oltre, Elsa ruppe il silenzio «Che vuoi fare adesso? Vuoi denunciarmi?»
Jackson aggrottò entrambe le sopracciglia stupito e poi lasciò andare un sonoro sospiro «C’è solo una cosa che voglio fare adesso…» e prima ancora che lei potesse comprendere le sue intenzioni, si buttò nella vasca completamente vestito: l’acqua fuoriuscì dai bordi, mentre le loro bocche si cercavano – e trovavano - con un’urgenza quasi bruciante.
Il fatto che Elsa fosse completamente nuda perse d’importanza, anzi, all’improvviso erano diventati gli abiti zuppi di Jackson ad essere di troppo. Liberarsene in quello spazio ristretto fu un’impresa piuttosto complicata che strappò ad entrambi più di un sorriso, tutte le tensioni di un attimo prima momentaneamente sepolte sotto a quella necessità di toccarsi e scoprirsi senza più maschere. Indubbiamente il loro domani li avrebbe accolti con ancora tante domande e decisioni da prendere ma quello era, appunto, il futuro e avrebbero avuto tutto il tempo per pensarci, poi.





Ciao a tutti!
Ho questo specchietto in caldo da nemmeno io so più quanto (sicuramente da ben prima che "La Notte del Lupo" vedesse la luce) eppure tabula rasa, non riuscivo a buttare giù due righe in merito e, inaspettatamente (forse complice anche la recente visione della serie Lupin), è venuta fuori adesso.
Lo ammetto, la mia idea iniziale era quella di costruirci sopra una mini-long, tuttavia, la mia ispirazione mi ha guidato verso questa one-shot che spero vivamente vi sia piaciuta.

Il finale è volutamente aperto per omaggiare il manga grazie a cui questa OS è nata, il quale si conclude con un finale dolce/amaro per Hitomi(Sheila) e Toshio(Matthew) che rimane in bilico ma fa presupporre come i due ragazzi, alla fine, riusciranno a stare insieme nonostante tutto.
Povero Jack, ha resistito anche troppo con Elsa nuda lì davanti XD
Invece, sono ragionevolemente sicura che Anna (che in questa storia prende le vesti della più piccola delle sorelle: Ai(Tati) e ha una piccola rivincita personale su Hans, ingannandolo lei per una volta) abbia deciso di chiamare Kristoff e farsi portare a prendere un gelato, visto come le cose al piano di sopra stessero andando per le lunghe XD
Al solito sapere che ne pensate mi renderebbe molto felice ^^
Grazie per aver letto!

Alla prossima
Cida

  
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