Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: ice_chikay    27/08/2021    4 recensioni
MikasaxLevi
A due anni dalla fine della guerra, Mikasa e Levi si ritrovano insieme ad affrontare le cicatrici e le ferite che la guerra ed i giganti hanno lasciato nelle loro vite. Mentre l'inverno è alle porte, il loro rapporto cambia per sempre... In un mondo popolato di memorie di amici caduti, riusciranno a guarire insieme?
Una storia introspettiva sui miei due personaggi preferiti, ideata e in larga parte scritta prima dell'uscita del capitolo 131, quindi ormai in parte off canon.
Contiene spoiler per chi segue solo l'anime.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Ciao a tutti!
Lo so, sono passati tipo due mesi dall'ultimo capitolo e non sapete quanto avrei voluto pubblicare prima! Ho la storia ben stampata nella mia mente e direi che - oltre a questo - dovrebbero mancare circa 4/5 capitoli. Purtroppo non ho avuto modo di scriverli per un bel motivo: ho scoperto di essere incinta e la nausea mi perseguita appena mi siedo davanti a un schermo (tv, telefono, computer...un'agonia! :P) Quindi limito la permanenza al pc solo per il lavoro...Adesso sembra andare meglio, quindi spero di riprendere a pubblicare con più continuità già da settembre. 

Detto questo: il capitolo è piuttosto breve, perdonatemi! Ma penso fosse necessario...non vedo l'ora di scrivere e farvi leggere il resto, come sempre fatemi sapere cosa ne pensate!

Baci e buona fine estate

Chikay

 


XVII
 
Sta scappando via.
 
Sta scappando via con Eren.
 
Perché Eren è vivo, Mikasa ne è assolutamente certa. Rapire Eren era il suo piano fin dall’inizio, ma Mikasa non glielo permetterà.
 
È veloce e resistente, ma Mikasa è più determinata. Nessuno potrò fargli del male se lei è presente.
 
Mikasa aumenta la velocità, sparando i rampini sempre più rapidamente. Percepisce vagamente delle figure sparse alla base degli alberi. Sono dei soldati e sono morti. Mikasa stringe i denti, che fossero la squadra di Eren?
 
Qualche angolo della sua mente si chiede come sia possibile che sia rimasta l’unica ad inseguire il Gigante Femmina. Dov’è finito il resto dell’Armata Ricognitiva? Non possono certo essere morti tutti, no? Armin, Jean, Sasha, Connie…erano tutti più distanti, saranno sicuramente al sicuro. Adesso non ha tempo di pensare a loro. Li relega in fondo ai suoi pensieri e si concentra di nuovo.
 
È pronta a sferrare il suo attacco. Non le importa di morire. Deve salvarlo.
 
Prende fiato, pronta a lanciarsi di nuovo in avanti, ma qualcosa d’improvviso le mozza il respiro. Qualcuno l’ha appena afferrata in volto, facendola dirottare dalla sua traiettoria. Mikasa trattiene a stento la rabbia, prova a divincolarsi, poi finalmente si accorge di chi si tratta: è il Capitano Levi, quel maledetto.
 
Apparentemente è l’unico che le sia andato dietro. Che voglia salvare Eren anche lui? Ripensa al processo, a tutti i calci che gli ha rifilato e la rabbia la assale di nuovo. A quanto pare tutti i discorsi razionali di Armin che le ha spiegato i motivi dietro quell’atteggiamento – che solo così il Capitano Levi ha potuto salvare la vita ad Eren – non hanno poi fatto così breccia dentro di lei. È difficile restare lucida quando si tratta di Eren.
 
«Se lo attacchi frontalmente non avrai scampo»
 
La voce del Capitano Levi è tagliente come le sue lame. Mikasa prova a divincolarsi di nuovo, innervosita dal trovarsi in quella posizione fuori controllo, ma la presa di lui è troppo ferrea.
 
«Eren potrebbe essere morto»
 
«È vivo!» si ritrova a gridare con quanto fiato ha in gola. Levi le lancia uno sguardo e sembra capire qualcosa. «Ne sono sicura!» ripete lei.
 
Lui annuisce appena. «Tu fagli da diversivo, io lo attacco. Non provare a colpire la nuca, è inutile. Non proveremo a ucciderlo, dobbiamo solo riprendere Eren, sono stato chiaro?»
 
Qualcosa si mischia dentro di lei insieme alla determinazione: Mikasa crede che sia speranza. Dopotutto dicono che sia il soldato più forte dell’umanità, giusto? Eren si fida di lui.
 
Mikasa annuisce.
 
Levi le lancia un altro sguardo e la lascia libera. Al suo cenno, Mikasa sfreccia in avanti.
 
 



 
Un fischio insistente la risvegliò dai suoi sogni. Si accorse di essersi addormentata ancora seduta al tavolo, con la testa poggiata su tutti i fogli sparsi dei registri. Sbatté le palpebre un paio di volte prima di riuscire a capire che il rumore che sentiva proveniva dal vecchio bollitore sul fuoco.
 
Si tirò a sedere, stiracchiando la schiena anchilosata. La voce di Levi le arrivò alle sue spalle. Doveva essere vicino ai fornelli.
 
«Alla buon’ora!» Una punta di divertimento riuscì a sfuggire al suo tono esasperato. Mikasa sorrise.
 
Si era addormentata mentre stavano lavorando sulla cinquantasettesima spedizione fuori le Mura. Era stata la prima spedizione di Mikasa. Un vero disastro. Eppure lei ed i suoi amici erano riusciti tutti quanti a cavarsela.
 
«Scusa, devo essermi addormentata»
 
«Ma non mi dire…» Levi le si avvicinò, porgendole una tazza di tè. Quando lei fece per avvicinarla alle labbra, lui posò le dita sul bordo, di fatto impedendoglielo. «Attenta. È bollente»
 
Mikasa gli lanciò un leggero sorriso, prima di posare la tazza davanti a sé. Levi rimase in piedi, accanto alla finestra alla sinistra della porta. Fuori pioveva ininterrottamente da ore. Quella primavera non voleva proprio saperne del sole.
 
Mikasa spostò lo sguardo sul registro aperto sul tavolo. Si accorse che Levi aveva finito di scrivere i resoconti riguardanti i membri della sua prima squadra: Oulo Bolzado, Eld Jin, Gunther Schultz e Petra Ral. Erano morti tutti quanti durante quella spedizione. Mikasa li ricordava a malapena. Dovevano essere stati buoni soldati, se Levi li aveva scelti personalmente per far parte della Squadra Operazioni Speciali, eppure non avevano potuto niente contro Annie.
 
Alzò lo sguardo su di lui, sempre immobile accanto alla finestra. Aveva l’espressione imperturbabile di sempre. Mikasa si chiese se stesse pensando a loro in quel momento. Avvicinò di nuovo le labbra al bordo della tazza, ma si ritrasse nuovamente quando sentì il calore investirla.
 
Un lampo illuminò la loro radura d’improvviso, seguito da un tuono così forte che fece tremare le pareti.
 
«Posso chiederti una cosa?»
 
Si sorprese di aver avuto l’ardire di parlare. Levi non si voltò verso di lei, ma annuì lentamente.
 
«Avrei voluto chiedertelo tanto tempo fa, ma c’erano altre priorità allora…»si interruppe, d’un tratto incerta se proseguire. Levi non le mise fretta. Lei finalmente riuscì a sorseggiare il suo tè. Poi riprese:
 
«Eri arrabbiato con Annie? Voglio dire, durante l’Alleanza. Dopotutto, ha ucciso la tua squadra»
 
Levi espirò lentamente, con la tazza di tè sempre stretta tra le dita. Poi si voltò verso di lei, con la sua espressione indecifrabile.
 
«Sei ancora arrabbiata con Gabi, per quello che ha fatto a Sasha?»
 
La domanda la colse di sorpresa, ma non esitò un solo attimo:
 
«Sì»
 
Levi rimase in silenzio.

«Capisco perché l’abbia fatto…ma non riesco a non avercela con lei» continuò, abbassando lo sguardo sulla propria tazza. Sasha le mancava ogni giorno. Come al solito, si era accorta di quanto fosse importante solo nel momento in cui l’aveva persa.  C’erano così tante cose della sua nuova vita che avrebbe voluto condividere con la sua amica, così come con Armin.
 
«No, non ce l’ho con Annie»
 
La voce di Levi la riscosse dai suoi pensieri. Lo vide stringersi tra le spalle.
 
«Era una ragazzina. Lo eravate tutti. Addestrati per uccidere. Lei era già in guerra, eravamo noi a non saperlo»
 
Mikasa sollevò le sopracciglia. «Si vede che sei più saggio di me. Io non riesco ad essere così distaccata». Il tono di voce le uscì più piccato di quanto non avesse desiderato.
 
Il capitano abbozzò un sorriso amaro. «È andata così. La vita è così»
 
Questa volta, la ragazza rimase in silenzio. Già, la vita era così: ti toglieva tutto di continuo, ogni volta che speravi di aver guadagnato qualcosa, di esserti meritato qualcosa. Si chiese quando avrebbero avuto notizie da Historia. Trattenne il fiato, sapendo di dover parlare a Levi di un’iniziativa che aveva preso giorni prima. Cercava di trovare il momento giusto da un paio di giorni, senza mai convincersi a farlo. L’ultima scusa che si era trovata era proprio il resoconto di quella spedizione, che li aveva impegnati ininterrottamente.
 
«È per Sasha e la mia squadra che sei strana da un paio di giorni?»
 
Lo sguardo le scattò verso di lui, mentre un’espressione colpevole le balenò per un istante sul viso. Ovviamente Levi se n’era accorto. Poggiò la tazza sul tavolo e prese a giocherellare con il cucchiaino. Sentiva lo sguardo di lui addosso, ma non un’altra parola gli uscì dalle labbra, mentre aspettava che lei riordinasse i propri pensieri.  
 
«Levi…devo dirti una cosa»
 
Lo sentì spostare il peso da una gamba all’altra, d’improvviso a disagio. Gli lanciò un’occhiata e lesse la tensione sul suo viso, le labbra ridotte a una sottile linea dritta.

 
«Ho scritto a Kiyomi giorni fa. Vorrei scoprire di più su di noi…intendo sugli Ackermann. Gli unici posti dove poter cercare sono Hizuru e Marley…»
 
Lo sentì trattenere il fiato. Lo guardò di nuovo e lo vide voltarsi verso la finestra. Corrugò appena la fronte, non aveva neanche finito di dire quello che aveva pensato e la reazione di lui la lasciò per un attimo spiazzata.
 
«Quando pensi di partire?»
 
La sua domanda le fece spalancare gli occhi per la sorpresa. Credeva che volesse partire senza di lui?
 
«Levi…non vorresti venire con me?»
 
Ci aveva pensato a lungo e alla fine le era sembrata l’unica soluzione possibile per evitargli la missione nel sottosuolo o una vita come traditore. Potevano espatriare, vivere in Hizuru, lasciare Paradis per sempre. Non le importava di dover voltare le spalle a tutto quello che era stata la loro vita fino a quel momento, lo avrebbe fatto all’istante pur di restare con lui, pur di tenerlo al sicuro.
 
Levi si voltò di nuovo verso di lei, così velocemente che la fece quasi sussultare. La fissò con uno sguardo indagatore così intenso che lei temette di non riuscire a sopportarlo. Si nascose dietro le sue lunghe ciglia, fissando le proprie mani.
 
«Stai dicendo che vorresti che scappassi dagli ordini di Historia?»
 
La durezza della sua voce le fece aggrottare la fronte. Qualcosa di nervoso le si agitò d’istante nel petto.
 
«E tu stai dicendo che hai già deciso che accetterai la missione?» sbottò d’improvviso, fissandolo mentre sentiva il proprio cuore accelerare. Strinse i pugni. Inconsciamente, era sempre stata certa che lui non avrebbe mai voltato le spalle ad Historia, ma sentirglielo ammettere la fece infuriare. Non si voleva prendere neanche la briga di consultarla, prima di decidere?
 
Levi sbuffò, riportando lo sguardo fuori dalla finestra. Mikasa lo vide dondolarsi sul posto, come se volesse avvicinarsi, ma qualcosa glielo impedisse. Aggrottò ancora di più la fronte ed incrociò le braccia, per impedirsi di lanciare all’aria il tè e tutti i registri.
 
Cercò di mantenere il suo tono di voce il più distaccato possibile, ma sapeva di non star facendo un buon lavoro: «E quando avevi intenzione di dirmelo?»
 
Levi non rispose. Il suo silenzio la fece arrabbiare ancora di più.
 
«Rispondimi» sentenziò, gelida.
 
Levi le lanciò uno sguardo così velenoso che lei si sentì scottare. «Dovresti andare a Hizuru. È una buona idea»
 
Mikasa scattò in piedi ancora prima di essersene resa conto. Strinse con forza il bordo del tavolo, mentre le nocche le si sbiancarono all’istante. Usò tutto il suo contegno per impedirsi di andare a colpirlo con tutte la sua forza.
 
«Sei davvero così cieco da credere che ti farò tornare nella Città Sotterranea senza venire con te?» non riuscì a controllare la sua voce: le uscì troppo forte e troppo tremolante rispetto alla freddezza che avrebbe voluto imprimerle.
 
Levi trasalì. Per un istante la sorpresa che gli attraversò il viso, prima di scomparire sotto la solita espressione dura e fredda, la ferì: lo pensava davvero? Credeva davvero che non avrebbe fatto di tutto per andare con lui? Credeva davvero che lo avrebbe abbandonato? Mikasa immaginava che avesse semplicemente assecondato la sua promessa di abbandonarlo per non dover affrontare la discussione che stavano avendo ora, ma era sempre stata certa che lui sapesse che non l’avrebbe mai lasciato di sua spontanea volontà. E invece quella sorpresa le fece capire di aver recitato la sua parte in maniera più convincente di quanto avesse mai sperato.
 
«Non pensarci nemmeno per scherzo» la durezza della sua voce la fece rabbrividire impercettibilmente. Poi le venne da ridere: come poteva essere così ingenuo?
 
«Prova a impedirmelo» ribatté, spingendo avanti il mento.
 
Lo vide stringere pericolosamente la presa sul bordo della sua tazza.
 
«È fuori discussione»
 
Mikasa abbassò lo sguardo sulle proprie nocche sbiadite. Cercò di calmarsi mentre non sentiva altro che cieca rabbia.
 
«Tu faresti la stessa cosa per me». Si accorse di aver quasi sussurrato. D’improvviso si sentì completamente vulnerabile. Fino all’istante in cui aveva pronunciato quelle parole, ne era stata assolutamente certa: adesso un senso di insicurezza la invase: a parti inverse lui non avrebbe lottato per starle accanto come lei intendeva fare? Era così ligio agli ordini e alle regole?
 
«È diverso» lo sentì dire «tu non sai come sia là sotto» e poi aggiunse, a voce più bassa «Specialmente per una ragazza»
 
«Certo che non lo so!» sbottò l’istante dopo, quasi coprendo le ultime parole di lui «Tu non me ne parli mai! E comunque ormai sarà diverso, non sai neanche tu come sarà lì sotto!»
 
«Sarà peggio! Non lo capisci?» esclamò lui, con così tanta enfasi che Mikasa spalancò gli occhi «Le poche persone decenti ormai vivono in superfice! Ci saranno solo criminali…e vittime»
 
«Un motivo in più per venire con te!» rispose lei, quasi gridando per sovrastare la sua immediata protesta «Sono più forte di te, tu sei ferito. Metti da parte il tuo cazzo di orgoglio per una volta!»
 
Levi spalancò gli occhi, e Mikasa vi lesse un dolore che le strinse lo stomaco.
 
«Lo sai benissimo che l’orgoglio non c’entra» mormorò lui, distogliendo lo sguardo da lei, per riportarlo fuori dalla finestra. Si sentì in colpa per avergli detto quelle cose, ma il dolore che gli aveva causato le sembrò per un attimo un’opportunità per cambiare tono e provare a convincerlo di nuovo.
 
«Ti prego, lascia che venga con te» mormorò, rilasciando la propria presa sul tavolo.
 
«No.»
 
Il tono secco di lui, che non si era neanche voltato per guardala di nuovo, la mandò di nuovo in escandescenze. Sbatté un pugno sul tavolo e finalmente Levi si voltò di scatto per guardarla di nuovo.
 
«Lo farò lo stesso, mi hai capita?» si ritrovò a gridare, esasperata.
 
«Tu non farai un bel niente!» ribatté lui, mentre anche il suo tono si rinforzava.
 
Mikasa spalancò le braccia con aria di sfida: «E come pensi di fermarmi, sentiamo»
 
Levi strinse le labbra, poi disse: «Scriverò ad Historia. Sarà la mia condizione per partecipare alla missione»
 
Per un attimo, Mikasa sentì la terra sparirle da sotto i piedi. Poi, un sorrisetto beffardo le deformò i tratti: se l’unico modo che Levi immaginava era di provare a farla fermare da qualche inutile soldato, voleva dire che stava per vincere.
 
«Tutto qui? Credi che mi spaventi qualche inetto della polizia militare?»
 
Levi strinse la mascella. Mikasa lo vide quasi tremare nello sforzo di restare immobile. La presa della sua mano sinistra sulla tazza fece oscillare pericolosamente il tè contenuto al suo interno.
 
«Dannazione, Mikasa!» sbottò lui, mentre la tazza gli si infrangeva tra le dita. «Cazzo!»

 
Oltre al tè caldo e ai pezzi di porcellana che sbatterono fragorosamente al suolo, un fiotto di sangue gli invase immediatamente il palmo della mano.
 
La ragazza scattò subito verso di lui. Levi stava già provando ad accucciarsi per raccogliere i cocci, ma Mikasa lo fermò, agguantandogli il braccio. Lui si divincolò dalla sua presa, con un’espressione torva. Lei sbuffò, lanciandogli un’occhiata eloquente, prima di riprendergli di nuovo il polso.
 
«Non fare il bambino»
 
Lo sguardo di Levi si incrociò di nuovo col suo. Per un attimo credette che avrebbe fatto di nuovo resistenza, invece sospirò, prima di aprire lentamente le dita per permetterle di controllare il danno.
 
Non appena fece ciò, altro sangue sgorgò da un paio di tagli che gli attraversavano il palmo.
 
«Siediti, la devo medicare» ordinò lei, voltandosi verso la cucina, per raggiungere il pensile più a sinistra, dove conservavano il materiale di pronto soccorso.
«E non provare a raccogliere quei cocci. Pulisco io dopo» aggiunse dopo un istante.
 
Lo sentì sospirare rassegnato, prima di sedersi come gli era stato ordinato.
 
La ragazza prese delle garze, filo di sutura, un ago e del disinfettante. Lui la stava aspettando con l’avambraccio poggiato sul tavolo ed il pugno chiuso, a debita distanza dai registri trascritti di fresco, con un’espressione aggrottata dipinta sul volto.
 
Mikasa gli afferrò il polso senza grazia e gli fece cenno di aprire la mano, prima di versare sui tagli una generosa quantità di disinfettante. Levi strinse la mascella, ma non fece altri commenti.
 
I tagli erano piuttosto profondi. La ragazza premette con forza le garze sul palmo della mano, ma sapeva di doverli ricucire. Non era un compito che amava particolarmente, a dirla tutta le aveva sempre fatto un po’ impressione. Fece un respiro profondo mentre inseriva il filo nella cruna dell’ago.
 
«Vuoi che ti dia qualcosa da mordere?» domandò mentre completava quell’operazione.
Levi sollevò un sopracciglio: «Per chi mi hai preso?»
 
Mikasa gli lanciò un’occhiataccia: «Cercavo solo di essere gentile» borbottò, prima di ficcare l’ago nel palmo di lui con un po’ troppa forza.
 
Levi ispirò l’aria tra i denti, ma non si mosse.
 


Rimasero in completo silenzio per tutto il tempo in cui Mikasa lo ricucì, la lite di poco prima aleggiava ancora su di loro come una nuvola nera. Una volta terminato, versò altro disinfettate sulla mano e quindi la avvolse nelle bende pulite.
 
Indugiò, tenendo ancora la mano di lui tra le sue, incerta.
 
Poi parlò, senza il coraggio di guardarlo negli occhi: «Non ce la faccio a restare in disparte se so che sei in pericolo». La sua voce le sembrò quella di una ragazzina patetica.
 
Levi sospirò, prima sollevare la mano destra e poggiarla su quelle di lei: «Lo so»
 
Si guardarono. Mikasa lesse qualcosa negli occhi di lui che le fece saltare un battito: c’era tenerezza, sotto una coltre di paura mista a determinazione. Lui le strinse le mani.
 
Rimasero di nuovo in silenzio, occhi negli occhi.
 
«Sei troppo testardo» mormorò lei, dopo qualche istante.
 
Lui sollevò di nuovo il sopracciglio: «Sono in buona compagnia»
 
Mikasa abbassò lo sguardo sulle loro mani congiunte. D’improvviso sentì le lacrime gonfiarsi negli occhi, ma non voleva che lui se ne accorgesse.  
 
«Levi…» Non sapeva come continuare il discorso, a dirla tutta. L’ultima carta che le restava era quella di supplicarlo, ma non ne ebbe il tempo perché lui la interruppe:
 
«Vieni a Mitras. Troverò il modo di restare in contatto. Se avrò bisogno di aiuto te lo farò sapere, te lo prometto»
 
Mikasa rimase in silenzio. Quella concessione era più di quanto si sarebbe aspettata, eppure non sembrava bastarle. Alzò lo sguardo, rivelando quelle lacrime accumulatesi tra le ciglia. Lui stava guardando ancora le loro mani giunte.
 
«Potresti non avere il tempo di chiedere aiuto…» Le parole le sfuggirono dalle labbra. Sentì la sua voce tremare. Il solo verbalizzare ciò che più temeva le fece stringere lo stomaco.
 
«Potrei non averlo neanche se fossi infiltrata anche tu. E potresti non averlo neanche tu, non potremo essere sempre nello stesso posto»
 
Mikasa deglutì. Ciò che Levi diceva era vero: era troppo famosa per poterlo seguire dovunque come un’ombra, avrebbe dovuto avere un ruolo più attivo anche lei. «So badare a me stessa»
 
Lo vide abbozzare un sorrisetto appena accennato, con le mani sempre strette alle sue. Il silenzio sembrò dilatarsi tra loro, ma stavolta le nuvole che prima lo affollavano sembravano dissiparsi.
 
«Faremo così. D’accordo?» Il punto di domanda insito nel tono di voce di lui le fece battere il cuore. Lui alzò lo sguardo e lo fissò nei suoi occhi. Lo vide stringere le labbra in una linea sottile, mentre aspettava che lei rispondesse, che gli desse la sua approvazione. Mikasa si sentì d’improvviso calma. Era la soluzione migliore, adesso se ne rendeva conto. Sarebbe stata a Mitras, il più vicino possibile per aiutarlo se fosse stato necessario. Era ovvio che poteva non bastare, i pericoli potevano essere così tanti che poteva sembrare una promessa vuota. Ma era una sua promessa e Mikasa si fidava. Per quanto le sembrasse la cosa più difficile che la vita l’avrebbe mai costretta a fare, si rendeva conto che avrebbe dovuto lasciarlo andare.
 
Si schiarì la gola, cercando di far sparire quel groppo che sembrava impedirle di parlare: «Se Historia confermerà la missione».
 
Questa volta Levi sorrise davvero. Era quel suo sorriso che gli incurvava solo un angolo delle labbra, di cui Mikasa si era resa conto di non poter più fare a meno.
 
«Se Historia confermerà la missione» ripeté lui.
 
Si guardarono negli occhi, entrambi certi che quello sarebbe stato il loro destino. Entrambi certi che la loro vita nella foresta sarebbe finita.  
 
   
 
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