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Autore: DanieldervUniverse    31/08/2021    0 recensioni
[7th sea]
Janek, Pyotr, Ragnar e Reinhardt sono un gruppo di cacciatori di morti nelle terre di Eisen, e mentre sono alla ricerca di un gruppo di feroci predatori si ritrovano nel fitto di una foresta oscura e cupa nel pieno della notte.
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Come fai a mangiare quella roba?- disse Ragnar Rogersson con un verso schifato, guardando l’eiseniano che finiva di macinare l’impasto di belladonna e lingua di cadavere.
-Mi tappo il naso- replicò con sarcasmo Reinhardt, senza distrarsi dal suo compito. Ragnar distolse lo sguardo, cercando di nascondere la smorfia di nausea che gli era apparsa sul volto.
-Piantatela voi due- li rimproverò Pyotr, aggiuntandosi la cintura.  Il piccolo Ussarano gli dava la spalle, tenendo gli occhi fissi sulla foresta oscura che li circondava, avvolto nel pesante mantello. Aveva un che di selvaggio, non solo per via della fama che avevano gli ussarani di essere il popolo meno avanzato di Thea, ma per la luce che aveva negli occhi scuri: c’erano qualcosa di primordiale nel suo sguardo, e cosa più inquietante lui era certo di avergli visto brillare gli occhi nel buio.
-Piuttosto tenete le orecchie aperte, questa foresta è piena di spiriti. Mi mette i brividi. Prima lo stregone eiseniano finisce prima ce ne andremo- si raccomandò.
- Si dice “Hexenwerk”- puntualizzò Reinhardt, fermandosi a rimirare il suo intruglio.
-Parole, parole, non cambiano quello che sei- replicò sbuffando Pyotr.
Suo malgrado Janek non poté distogliere lo sguardo dal lavoro dell’Hexenwerk. Quello saggiò la consistenza dell’impasto con un dito, annusò il tutto, e poi infilò il resto della mano all’interno, prendendo una buona porzione. Senza dire parola tirò fuori la lingua e ci strofinò sopra l’impasto. Janek rimase immobile, sentendo il suo stomaco piegarsi di fronte alla scena.
Quest’arte è molto interessante. Potrebbe non essere potente come la mia magia ma certamente si dimostra una valida risorsa per un essere che sa come sfruttarla.
“Fa silenzio demone” replicò Janek, cercando di ignorarlo.
Andiamo, non castigarmi. Sto solo facendo un osservazione innocente. Non mi aspettavo che tu fossi tanto sensibile a questo tipo di argomento.
“Non cercare di sviarmi con le tue parole. Sappiamo entrambi quello che vuoi!”
In quel momento Reinhardt iniziò a parlare in una lingua sconosciuta, e il cadavere si rianimò, con una strana luce negli occhi. I due si misero a conversare fitto fitto nella loro lingua estranea, facendogli accapponare la pelle.
Ti senti davvero parte di questa marmaglia? Non ingannarti Janek, sei più furbo di così.
“Facciamo quello che dobbiamo fare, per le ragioni giuste”
Tsk. Tu e io facciamo quello che dobbiamo fare. Che cosa pensi che abbiano questi tre individui più di me?
“Loro non cercano di distruggere la mia anima”.
In quel momento Reinhardt vomitò, e il cadavere si ridusse in polvere, con un gemito angoscioso.
-Hai finito?- domandò Ragnar senza voltarsi.
-Sì, adesso ho finito- rispose l’eiseniano, pulendosi la bocca con uno straccio e recuperando i suoi utensili.
-Janek, che hai? Sei pallido come un morto!- esclamò Pyotr, risvegliandolo dal torpore. Il giovane sarmatiano scosse la testa, scacciando i cattivi pensieri, e si avvicinò all’Hexenwerk come gli altri.
-Allora, cosa ha detto?- domandò l’ussurano, incrociando le braccia sul petto.
-È stato ucciso da una banda di redivivi- spiegò Reinhardt -Li inseguiva da giorni, erano gli stessi che hanno devastato i villaggi qui attorno. A quanto pare, andiamo nella direzione giusta.
-Ti ha detto quanti erano?- intervenne Ragnar
-No, l’hanno ucciso prima che potesse contarli- replicò l’eiseniano.
-Valeva la pena.
-Bene!- esclamò Pyotr, interrompendoli prima che ricominciassero a discutere -È ormai notte fonda, e non abbiamo idea di dove siano le nostre prede, quindi dovremmo trovare un posto dove accamparci per la notte e riprendere la caccia domani. Qualcuno ha idea di dove possiamo trovare un posto del genere?
-No. Siamo nel pieno della foresta, non c’è un posto riparato per miglia- rispose l’eiseniano, rimettendosi in piedi e scrutando l’oscurità con sguardo preoccupato.
Janek lo imitò, improvvisamente sentendosi gli occhi di mille creature addosso. E la cose era ancora più inquietante considerando che da quando erano entrati nella foresta non avevano visto un singolo animale.
Cominci a rimpiangere l’idea, eh?
Ignorò la voce del dievai, stanco dei suoi versi di scherno. Ma il fatto restava che non si sentiva per niente sicuro, nemmeno con i suoi compagni al fianco.
-Bene. Allora non disperate compagni: se la buona sorte lo vorrà, Matushka provvederà ad aiutarci.
Pyotr si chinò ad esaminare il terreno, cercando le tracce degli assalitori nella neve e nel fango. Nonostante stesse arrivando la fine dell’inverno, faceva ancora molto freddo e il terreno era ancora in gran parte coperto di neve.
-Ancora con queste fesserie su Nonna Inverno, Pyotr?- replicò Reinhardt, la voce ebbra di scetticismo.
-Non prenderti gioco di lei se ci tieni alla pelle, eiseniano. Matushka non perdona le insolenze.
-Non so come funzioni su in Ussura, ma qui ad Eisen se si trova una vecchietta sola in giro per i boschi di solito devi stargli lontano, non andare a salutarla.
Interessante questa Matushka. Mi piacerebbe incontrarla.
“Sono sicuro sareste ottimi amici”.
-Le vecchiette non sono il nostro problema ora, i redividi sì. E sono un grosso problema- intervenne Janek, sollevando la torcia alta sopra la testa -Andiamo avanti, forse riusciamo a trovarli prima che loro trovino noi.
-Ben detto ragazzo- esclamò Pyotr, battendosi una mano sulla coscia -Sono andati di là. Andiamo, non c’è un minuto da perdere.
Si avviarono in fila indiana, l’ussurano in testa e Ragnar in coda. Un silenzio carico di tensione scese su di loro, infittendosi ad ogni passo. Persino il dievai taceva, ma Janek poteva percepire il suo divertimento nonostante ciò.
La foresta di notte era ancora più opprimente, con i lunghi alberi nodosi e le fitte fronde che si intrecciavano, proiettando ombre cupe e maligne alla luce delle torce. Per altro non c’erano uccelli o altri animali, visibili o udibili che fossero, ma ciò non migliorava l’umore del sarmatiano, che si sentiva sempre osservato
Il ragazzo continuò a lanciare occhiate in direzione di Ragnar, il quale in risposta gli intimava con occhiate truci di guardare avanti. Il vesten aveva una lunga treccia bionda e gran parte del volto era coperta di tatuaggi, ma il dettaglio che più si notava era la lunga cicatrice che gli attraversava il volto di traverso, una lunga linea rossastra che lo faceva sembrare feroce come un orso. Era alto, molto alto, e muscoloso, e le sue asce, che portava appese alla schiena, lo rendevano ancora più temibile. Aveva già la fama di un poderoso guerriero quando l’aveva conosciuto, ma dopo averlo visto in azione Janek si era ripromesso di non duellarci mai, a meno di non essere dieci contro uno.
Reinhardt anche era biondo, ma più sporco e avanti negli anni. Era un veterano della guerra della Croce, oltre che un Hexenwerk, e aveva superato i cinquanta, ma non per questo aveva perso la grinta e il vigore della sua gioventù. Oltre le rughe e gli occhi infossati e gelidi si poteva ancora scorgere il fuoco ardente della vita. Tra tutti Reinhardt era l’unico ad indossare una vera armatura, anche se leggera, fatta di ferro e cuoio.
Pyotr era forse il più eccentrico tra i suoi colleghi. Era più basso di tutti di almeno una testa, aveva dei lunghi capelli bruni e una barba folta, ma anche il resto del corpo era coperto da una grande massa di peli, contribuendo a dargli un aspetto più selvaggio e primitivo. Inoltre l’ussurano era fin troppo rapido sui suoi passi, muovendosi molto più rapidamente al buio di quanto potessero fare loro con le loro torce.
Janek fece per richiamarlo, quando Pyotr fece segno a tutti di fermarsi. Immediatamente il giovane rivolse il suo sguardo al folto degli alberi, cercando di vedere qualcosa nell’oscurità, ma senza successo.
-Lo sentite?- chiese Pyotr, facendogli rizzare i peli sulla testa. Janek non vedeva niente, e non sentiva niente. Era come un cucciolo smarrito, intento a passarsi nervosamente la torcia di mano in mano senza sapere che altro fare.
-Passi- confermò Reinardht, dopo pochi secondi, e la sua aria si fece truce.
-Forse è solo un viandante.
-Con la nostra fortuna Ragnar? Non abbiamo incontrato anima viva da quando siamo entrati qui. Credo che abbiamo trovato quello che cercavamo.
-Vuoi dire loro hanno trovato noi- replicò il vesten, frugandosi in uno dei sacchetti appesi alla cintura e tirando fuori una piccola tavoletta d’argilla. Il guerriero l’afferrò saldamente e la gettò a terra, sprigionando una piccola luce azzurrognola.
-Che cos’era quella?- chiese Janek, mentre con la mano sinistra metteva mano sulla sua sciabola, anche se tremava.
-Una runa di protezione ragazzo. Direi che ci farà comodo.
Gli altri tre estrassero le loro possenti armi, tutte forgiate col drachestein, il leggendario metallo con cui gli antichi uccidevano i mostri, e si allinearono verso la minaccia sempre più vicina. Adesso Janek poteva sentire molti passi, diverse dozzine di creature in avvicinamento, e la paura cominciò a montargli.
Ti ho mai detto che i mostri possono annusare la tua paura? Proprio così ragazzo, tutti i mostri possono fiutare la paura negli umani, e li eccita. È così che trovano le prede.
Janek deglutì, sentendosi molto meno sicuro. Sapeva che il dievai stava cercando di manipolarlo, ma il buonsenso gli stava intimando di dare le spalle al pericolo e darsela a gambe. E la voce melliflua dell’essere non faceva altro che incoraggiarlo.
Andiamo, non farti pregare ragazzo. Non sei un eroe, non c’è ragione di morire per questo. Scappa. Stringi forte quella torcia e scappa. Non ti guardare indietro. Pensa alla tua pelle.
-Janek! Ti sei imbambolato!?- gridò Ragnar -Sveglia ragazzo! Preparati: quelli non ti aspettano!
Ora, quando sono distratti. Abbandonali, lascia che i mostri perdano tempo con loro. È il momento perfetto.
Janek guardò Ragnar, poi Reinhardt, e infine Pyotr. Tutti e tre erano schierati, le armi in pungo e gli sguardi duri rivolti verso la foresta, in attesa che l’orda si facesse sotto. Ora il sarmatiano riusciva a sentire il loro versi grotteschi e bestiali. Ma nessuno degli altri tre guerrieri diede segno di timore, o di esitazione.
-Janek che fai!? Ci sono quasi addosso!- esclamò Pyotr, sollevando l’ascia bipenne sopra la testa.
Non ascoltarlo ragazzo. Ascolta me: scappa.
-Avanti Janek!- gli fece eco Ragnar, battendo le sue asce l’una contro l’altra producendo un gran fragore.
Scappa Janek.
-Forza ragazzo! Non ho tempo di badare anche a te!- Reinhardt lo prese per la spalla e lo scosse violentemente.
Scappa.
Janek fece un profondo respiro, e nonostante gli tremassero le gambe afferrò saldamente la sua torcia e la piantò a terra, vicino ai suoi piedi. Poi afferrò con entrambe le mani il pomolo della sua sciabola, anch’essa fatta di drachestein, e la trasse dal fodero.
Sinceramente Janek, sei una delusione cocente.
-Alla buon ora! Eccoli!
I redivivi si fecero largo tra le fronde, lanciando grida di morte e digrignando i denti. Il più veloce di loro sfrecciò verso Janek e il giovane lo tranciò in due con un singolo fendente. Con un unanime grido di battaglia i quattro accolsero l’orda con le loro armi, falciando le ondate di mostri senza posa. I corpi si accumularono il sangue nero sulle loro armi sempre più abbondante, ma l’orda non si fermò.
Vedendo che la situazione peggiorava Pyotr gettò da parte la sua ascia e si trasformò in un enorme orso, scagliandosi sui redivivi con rinnovato vigore. A Reinhardt per poco non sfuggì la spada di mano alla sua vista. Ma anche la potenza dell’orso non era sufficiente, e l’orda di fece sempre più numerosa, circondandoli poco a poco. Janek vide i suoi compagni indebolirsi ad ogni fendente, e i tagli sulla loro pelle moltiplicarsi. Nonostante tutti i suoi sforzi l’ombra della paura calò sui suoi pensieri. E con essa una voce melliflua tornò a fare capolino nella sua testa.
Lo so che vuoi chiedermelo.
Janek esitò, cosciente del prezzo da pagare. Ma proprio in quel momento l’orso-Pyotr venne travolto e rovesciato su un fianco, e Ragnar dovette lanciarsi in suo aiuto. Insieme i due ebbero buon gioco a liberarsi dei redivivi, ma molti più mostri si frapposero tra loro e gli altri.
Janek e Reinhardt si misero schiena contro schiena, abbattendo ogni creatura che si avvicinava troppo. Ma anche se l’eiseniano non voleva darlo a vedere Janek poteva sentire benissimo il suo respiro farsi roco e affrettato.
Il tempo non aspetta Janek. Tick-tock.
“E va bene! Demone! Scatena le tue fiamme ma brucia solo i redivivi, e io ti prometto di esaudire qualsiasi tua richiesta”.
Oh, finalmente Janek.
Improvvisamente tutti i redividi attorno a loro presero fuoco, venendo avviluppati dalle fiamme in un unico immenso falò, e nel giro di pochi attimi vennero ridotti in polvere, e le fiamme morirono con loro. Nessuna foglia, nessun albero, nessun filo d’erba era stato toccato dalle fiamme, e nemmeno il loro equipaggiamento o i loro corpi.
-Mein Gott!- esclamò Reinhardt -Che diavolo era quello?
Oh Reinhardt, se solo sapesi.
“Va bene demone, hai mantenuto la tua parte del patto. Ora tocca a me. Chiedimi ciò che vuoi.”
Molto bene, giovane Janek. Recati nella città di Rioja, a Castille, e trova un uomo che si chiama Jaroslaw.
Il dievai fece una lunga paura, tenendolo in sospeso. Gli stava lanciando un esca.
“E chi è questo Jaroslaw?”
Tuo fratello, Janek.
Il giovane rimase in silenzio, incredulo.
“Mio fratello è morto!”
Così vuol farti credere.
Un senso di inquietudine lo colse. Un sospetto temibile gli fece tremare le mani. Un presagio nefasto gli fece tremare il corpo.
“E cosa dovrò fare quando lo incontrerò?”
Dovrai ucciderlo.
Il suo cuore quasi si fermò Le gambe del giovane cedettero e lui cadde a terra, improvvisamente privo di forza.
Esatto, mi hai sentito. Tu ti recherai nella città di Rioja, e pianterai la tua bella sciabola nel petto di tuo fratello Jaroslaw.
Janek sentì Reinhardt mettergli le mani sulle spalle e cercare di scuoterlo dal suo torpore, ma era come se non lo sentisse.
“È… è… è questo quello che mi chiedi?”
Sì, ragazzo mio. Questo è il mio prezzo. Ora va e compì la tua parte dell’accordo, e sii celere: non ho intenzione di aspettare a lungo.
Con quelle parole il dievai scomparve dai suoi pensieri, lasciandolo solo a fissare la notte. Janek non seppe più trattenere i singhiozzi, e scoppiò a piangere, tra le braccia del vecchio Reinhardt.
-Calmati ragazzo, calmati. Sono morti tutti, ce l’abbiamo fatta- cercò di consolarlo ma Janek sapeva che non era così.
-Come diavolo hai fatto a trasformarti in quella cosa?- sentì esclamare a Ragnar, e Pyotr rispose -Matushka.
-Buono a sapersi- commentò Reinhardt, non troppo convinto. Il vecchio non smise di stringere a sé Janek, dandogli dolci pacche sulla schiena per aiutarlo a riprendersi, ma al giovane poco importava. La tragedia non si era ancora consumata. Con uno sforzo soffocò il pianto e si rimise in piedi, strofinandosi la faccia con il gomito.
-Non vergognarti di piangere- l’eiseniano gli mise una mano sulla spalla -Succede a tutti. Queste creature non sono parte del mondo terreno, quindi l’uomo non è abituato alla loro vista.
-Ti stai auto-definendo un mostro, Reinhardt?- lo scimmiottò Ragnar, ma al sua provocazione cadde nel vuoto.
Janek deglutì, sentendosi la gola secca ed arsa. Se ci fosse stato il Dievai a farsi sentire almeno avrebbe avuto qualcuno contro cui ventilare la propria rabbia, ma quel maledetto essere sapeva come farlo soffrire. Maledizione a lui e a tutta la sua genia demoniaca.
-Chiedo scusa, ma ora devo andare- disse agli altri, risolvendosi ad adempiere alla sua promessa il più in fretta possibile.
-Hai ragione ragazzo. Andiamo, se restiamo ancora qui chissà cos’altro potremmo incontrare- gli fece eco Ragnar, facendolo fermare.
-No- li fermò -Io devo accomiatarvi da voi. C’è una cosa che devo fare da solo.
-Così dal nulla?- domandò Reinhardt, incrociando le braccia. Janek sapeva che il veterano sospettava qualcosa, ma non era la sua missione occuparsi del demone. Era un fardello che avrebbe dovuto portare da solo, così che i suoi peccati non sarebbero ricaduti sulle spalle di altri.
-Sei stato tu a evocare quella tempesta di fiamme- intervenne Pyotr, facendo sobbalzare il ragazzo -Nessuno altro di noi può possedere un potere simile.
Janek esitò, guardando i tre uomini uno ad uno, aspettandosi sguardi cupi e minacciosi, ma loro esprimevano solo curiosità, sorpresa, o persino gratitudine. Il ragazzo esalò un profondo sospiro, indeciso se vuotare il sacco o pretendere che fosse tutta un’impressione. Era un rischio in ogni caso.
-Sì, ho richiamato io quel potere, ma ad un prezzo. Ora devo pagare per quello che ho fatto- disse, con voce grave. Cercò di apparire sicuro di sé, fermo e determinato, per scoraggiarli.
-E perché?- gli chiese altrettanto seriamente Reinhardt.
-Perché tale è la natura di queste forze…
-No ragazzo, perché devi essere solo tu a pagare per questo?
Janek ammutolì. Confuso, spostò lo sguardo sui tre uomini davanti a lui, e li vide scambiarsi cenni d’assenso, prima di tornare a fissarlo, in attesa.
-Perché è il mio fardello. Ho fatto un patto con queste forze oscure, ed è mia la responsabilità di pagare il fio.
-Non dire fesserie ragazzo, siamo tutti responsabili di questo- ribatté Pyotr, battendogli l’indice sulla spalla.
-La mia vecchia pellaccia non varrà molto ma averla salva vale comunque qualcosa- gli fece eco l’eiseniano -Non è giusto che tu sia l’unico a dover portare questo fardello quando hai salvato le vite di tutti.
-No. Non è vostro affare. È compito mio affrontare questo male. Non gli permetterò di marchiarvi.
-Il fato ha già deciso- sentenziò Ragnar, afferrandolo per le spalle e guardandolo dritto negli occhi. Gli occhi di Ragnar erano di un cupo verde, al punto da somigliare a quelli di un gatto, ma erano fermi e duri come il suo spirito, e lo fecero sentire inerme di fronte alla loro maestosità. Janek si arrese come una scrollata di spalle.
-Finiremo tutti dannati- commentò il sarmatiano, abbassando lo sguardo brevemente prima di rialzarlo e offrire la mano in segno di accordo.
-Sono eiseniano ragazzo. Siamo dannati dalla nascita- replicò Reinhardt, dandogli una pacca sulla spalla. Poco dopo erano di nuovo in viaggio, tornando sui loro passi per uscire dalla foresta. Pyotr li guidava con i suoi occhi di animale, in grado di vedere al buio, e loro seguivano sicuri, per nulla intimoriti dal silenzio di tomba o dai rami nodosi degli alberi.
Eisen→Sacro Romano Impero Germanico
Ussura→Russia
Vestenmenavejar→Scandinavia
Confederazione Sarmatiana→Commonwhealt di Polonia e Lituania
Guerra della Croce→Guerra dei Trent’ann
  
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