Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |       
Autore: Eevaa    01/09/2021    7 recensioni
«E sai cosa? Non vedo l'ora di visitare Roma, Venezia e Firenze» trillò lei, con aria sognante.
«Non eri già stata a Roma con la tua famiglia, da piccola?»
«La Roma Babbana» specificò Hermione, con una certa ovvietà. «Non hai idea della Comunità Magica del Vaticano. Affascinante, dai tempi degli antichi romani fino al romanticismo. Ma prima vorrei fare un salto a Recanati a visitare la casa di Leopardi. Tu lo sapevi che era un Magonò? Harry!?»
Ma Harry non la stava più ascoltando dallo sproloquio sul Vaticano, troppo distratto da una figura conosciuta a pochi metri di distanza.

• Quando Harry aveva ricevuto l'invito ufficiale al banchetto di inaugurazione del nuovo impianto collaborativo tra il ministero italiano e quello britannico, non ne era rimasto affatto stupito. Non avrebbe potuto affatto immaginare che, proprio lì, avrebbe assistito all'apparizione di un fantasma di una persona praticamente morta dodici anni prima. •
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Vari personaggi | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Agrifoglio e Biancospino - La Serie'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K.Rowling.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo
Nessun copyright si intende violato.

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.


- AGRIFOGLIO e BIANCOSPINO -


Capitolo 1
Villa Carlotta





«Adorabile».
Il rumore dei tacchi di Hermione risuonò sulle lucide piastrelle in marmo bianco dell'ingresso. Lei, vestita di un un lungo abito color borgogna, si strinse nella stola e inspirò deliziata l'aria fresca di inizio giugno. Le temperature serali erano frizzanti, specialmente a ridosso del lago.
Harry, al suo fianco, si guardò intorno e annuì. Le statue antiche e le sontuose fontane dalle rifiniture curvilinee erano niente in confronto alla vista mozzafiato su quello scorcio illuminato del Lago di Como.
Bellagio, dall'altra parte della sponda, rifletteva le proprie luci sullo specchio d'acqua scura.
Lungo la via che conduceva l'ingresso alla villa erano state disposte lanterne fluttuanti e ghirlande di azalee; dai cespugli ornamentali il canto delle fate risuonava leggero, un sottofondo rilassante e delicato.
I maghi italiani non si erano risparmiati in magnificenza per quello che era, a tutti gli effetti, l'evento più importante del loro governo.
«Adorabile, davvero adorabile» ribadì Hermione, una volta giunti di fronte all'arco d'ingresso di Villa Carlotta, una location antica che trasudava tradizione e al contempo freschezza.
«Sì, Hermione, ti stai ripetendo» fece presente Harry. Non che l'amica avesse torto: tutto sembrava essere disposto, ben pensato e curato nei minimi dettagli.
Il loro arrivo non passò certo inosservato: all'interno di quella che era la fastosa sala dei ricevimenti, molti degli invitati non nascosero una certa ammirazione nel vederli entrare. Alcuni salutarono con cortesia, altri si limitarono a guardare incuriositi nella loro direzione, mentre taluni non si trattennero dallo sgomitare i partner per richiamare l'attenzione.
Harry riconobbe tra la folla alcuni dei volti più importanti della Società Magica Britannica, tra i quali il Ministro Shackebolt, alcune alte cariche ministeriali dei dipartimenti; il capitano della squadra di Quidditch inglese insieme all'allenatore e il presidente; investitori e azionari della Gringott; il fabbricante di bacchette Olivander e il pluripremiato nipote danese Edgar, giovane promessa della fabbricazione – nonché ereditiero dell'impero dello zio, Animagus, benefattore del San Mungo, volto copertina del Settimanale delle Streghe e chi più ne ha più ne metta; alcuni giornalisti della Gazzetta del Profeta e molti altri volti noti tra i quali la preside McGranitt e il professor Lumacorno, il quale non avrebbe mai potuto perdersi un'occasione così succulenta per conoscere personaggi prestigiosi.
Prima che Harry e Hermione potessero avvicinarsi per scambiare cortesi chiacchiere, un cameriere vestito di bianco si avvicinò loro con un vassoio di calici di Ferrari secco.
Ovviamente il Ministero Italiano non aveva risparmiato sul catering: lungo le pareti affrescate della grande sala erano disposti lunghi tavoli con tovaglie candide, colmi di pietanze provenienti da tutte le regioni della bella penisola. Un banchetto così ricco e profumato che risvegliò il senso opprimente della fame di Harry. Erano oramai le otto di sera e, a causa dei preparativi, non aveva mangiato nulla a pranzo.


Quando lui e Hermione – a malapena il giorno prima – avevano ricevuto l'invito ufficiale al banchetto di inaugurazione del nuovo impianto collaborativo tra i ministeri italiano e britannico, non ne erano rimasti affatto stupiti. Di quella collaborazione si vociferava oramai da mesi e, finalmente, i ministri avevano firmato l'accordo una fresca sera di fine maggio.
I maghi italiani, che fino a prima della Seconda Guerra Magica erano stati risoluti nel mantenere privati i segreti delle loro arti magiche, avevano infine ceduto a diffondere i loro antichi saperi per poter eventualmente fronteggiare nuove minacce. C'erano voluti anni e anni di trattative – dodici, per la precisione – ma tutto si era risolto per il meglio.
Hermione, in quanto Viceministro della magia britannica, aveva assistito dietro le quinte all'evolversi della situazione e – ovviamente – si era fatta una cultura su tutto ciò che c'era da sapere.
Si era dimostrata così entusiasta di potersi recare finalmente nella patria della magia più antica, che aveva convinto Harry a prendersi una settimana di vacanza per accompagnarla nelle più importanti città italiane e approfittare di quell'invito per poter visitare l'intera penisola. Ron, purtroppo, era dovuto rimanere a Londra a causa degli affari del negozio dei Tiri Vispi Weasley, che erano fiorenti in quel periodo più che mai.


Harry schivò sapientemente una manciata di occhi conosciuti e fece per fiondarsi su quella che sembrava essere un'insalata di mare ma, naturalmente, venne trascinato da Hermione a conoscere il Ministro della Magia italiano - tale Ariberto Cristalli - il Viceministro Zaffirio Cerbero e il capo degli Auror Ambrosia Verbena.
Sembrarono tutti molto più interessati alla sua carica di Eroe del Mondo Magico, piuttosto che a quella di capo del dipartimento Auror.
I discorsi furono frettolosi, di circostanza, sebbene Cristalli si dimostrò piuttosto brillante e con un accento bizzarro che metteva il buonumore.
Il banchettare di Harry fu interrotto più e più volte da presentazioni con personalità dai nomi a lui impronunciabili ma, tutto sommato, il Ferrari diede lui un grande aiuto per poter sopportare osannate riverenze ed eventuali commenti invadenti.
«Non è magnifico, tutto questo?» domandò Hermione con occhi brillanti, mentre ammirava gli affreschi sul soffitto e i lampadari pendenti appena spolverati.
«Mh, sì, molto» borbottò Harry, molto più interessato al misero assaggio di risotto alla salvia e pesce persico che era riuscito a concedersi. Era onestamente molto colpito dall'eleganza e l'opulenza di quella villa ma, se proprio doveva ammetterlo, ciò che più lo aveva affascinato era la splendida vista sul lago.
«E sai cosa? Non vedo l'ora di visitare Roma, Venezia e Firenze» trillò lei, con aria sognante.
«Non eri già stata a Roma con la tua famiglia, da piccola?»
«La Roma Babbana» specificò Hermione, con una certa ovvietà. «Non hai idea della Comunità Magica del Vaticano. Affascinante, dai tempi degli antichi romani fino al romanticismo. Ma prima vorrei fare un salto a Recanati a visitare la casa di Leopardi. Tu lo sapevi che era un Magonò? Harry!?»
Ma Harry non la stava più ascoltando dallo sproloquio sul Vaticano, troppo distratto da una figura conosciuta a pochi metri di distanza.
«Hermione, ho le allucinazioni?» domandò con un filo di voce, indicando con un gesto del mento un angolo della sala.
«Ma di cosa stai parl-oh, Merlino!»
Gli si aggrappò a un braccio e mise così a repentaglio ciò che rimaneva del risotto. Ma Harry non ne avrebbe comunque più assaggiato neanche un boccone.
Lo stomaco aveva iniziato a contorcersi e auto-fagocitarsi dal momento in cui aveva scorto tra la folla quella figura familiare.
«Hai le allucinazioni anche tu?» domandò Harry.
«Non può essere lui» soffiò Hermione, senza fiato.
«Se non è lui, allora la teoria dei sosia è vera».

Dicono che al mondo, per ogni persona, ci siano almeno sette sosia. Ma con quale probabilità nel Mondo Magico ci poteva essere l'esatta copia di Draco Malfoy?
Non era decisamente una persona con tratti comuni ad altre. Capelli di un biondo quasi bianco pettinati da un lato, pelle diafana, occhi di un grigio glaciale, volto appuntito e denti drittissimi.
L'unica cosa che lo differenziava da colui che avevano conosciuto era un accenno di barba corta e ben curata. Non un dettaglio sufficiente per decretare che non potesse essere lui, soprattutto quando egli si voltò nella loro direzione e interruppe per un momento la sua affabile chiacchierata con gli Olivander.
Li fissò per qualche secondo poi, richiamato all'attenzione dall'interlocutore più anziano, riprese a parlare.
Harry, imbambolato, pensò davvero di avere le traveggole. Chiuse gli occhi un paio di volte ma, elegantissimo nel suo completo nero con mantello abbinato, Draco era ancora lì.
«Harry, dici che dovremmo andare a salutare?»
Hermione lo riscosse dal momento catatonico. Continuava a fissarlo incerta, con la mano arpionata al suo avambraccio e, probabilmente, la stessa sensazione di Harry di aver assistito all'apparizione di un fantasma di una persona praticamente morta dodici anni prima.
«Io dico che prima di fare qualsiasi cosa mi serve un drink» decretò Harry, convinto.
«Ne hai già in mano uno».
Harry guardò indifferente il calice del prosecco e, con un gesto distratto, lo trangugiò fino all'ultima goccia. «Non più».


•••


Si respirava aria buona, fresca, pulita.
La fine della Guerra aveva portato via con sé anche i Dissennatori. Niente più nebbia, niente più pesi sopra le spalle delle persone. Tutto era più luminoso, i colori persino più brillanti e il sole meno pallido.
Dopo mesi di oscurità la primavera aveva iniziato a correre verso le braccia aperte di una calda e gioiosa estate.

Harry prese fiato e aprì gli occhi, davanti a sé un cancello nero in ferro battuto. Le siepi sui lati avevano un che di opprimente, ma si poteva annusare il profumo di gelsomino proveniente dai giardini al di là di esse.
Il cancello si aprì lentamente per opera dell'elfo domestico al quale si era annunciato e Harry iniziò a camminare veloce lungo il viale. La prima e ultima volta che aveva fatto visita a quella tenuta era un prigioniero, e la facciata grigia gli era sembrata lugubre e presagio di morte. Aveva avuto paura a camminare lungo quel viale, durante la cattura dei Ghermidori. Al momento, invece, sembrava solo una reggia poco utilizzata, prigione aristocratica senza emozioni.
Essere lì di nuovo, all'inizio di una nuova era, faceva comunque strano.
Quando fu davanti al portone questo si aprì di scatto prima ancora che potesse bussare. Rimase lì, con la mano a mezz'aria e un'espressione probabilmente meno intelligente di quanto sperasse.
Non si sarebbe aspettato che proprio lei lo accogliesse.

«Harry Potter».
Il tono di voce di Narcissa era calmo, sebbene sorpreso. Portava in modo raffinato un lungo abito verde scuro e i capelli raccolti in una crocchia elaborata. Il portamento aristocratico come di consueto, un velo di trucco purtroppo non sufficiente per nascondere la piccola cicatrice sul mento di una maledizione che, con tutta probabilità, non sarebbe più venuta via.
I suoi occhi scuri erano però più spenti di come Harry li ricordasse.

«Signora Malfoy, buon pomeriggio».
«A cosa devo la sua visita?» domandò lei con cortesia.
«Mi chiedevo se ci fosse Malf-Draco» rispose, poi cacciò una mano nella tasca interna della giacca di jeans. «Ho, ehm, qualcosa che-»
«Potter!»
La voce di Draco interruppe quella di Harry e, dopo pochi secondi, questi apparve da dietro la schiena della madre. Sembrava sorpreso di vederlo molto più di quanto lo fosse Narcissa che, nella sua raffinatezza, non si era affatto permessa di sgranare gli occhi e risultare così rude nei toni.

«Malfoy» rispose Harry, calmo.
Si scrutarono per una manciata di secondi, spettri di persone che si erano lasciati alle spalle oramai da tempo. Sebbene la Guerra fosse finita solo da una settimana, Harry lo trovò cambiato almeno quanto era cambiato lui.
A dirla tutta Draco era cambiato drasticamente a partire dal sesto anno e, oramai, dell'arroganza e della spocchia non era rimasto più niente. Harry l'aveva visto impaurito, terrorizzato a partire dal loro scontro nel bagno del secondo piano fino ad arrivare al loro ultimo incontro, nella Sala Grande dopo la fine della battaglia. Si erano guardati da lontano come se avessero un milione di cose da dirsi, ma non si erano detti assolutamente niente.
In quel momento, invece, in quegli occhi grigi regnava una grande tristezza celata solamente dalla sorpresa per la sua presenza.

«Draco, fai accomodare il signor Potter in soggiorno, faccio preparare del tè». Narcissa interruppe lo scontro di sguardi.
«Oh, non c'è bisogno. Sono venuto giusto un salto veloce veloce» bofonchiò Harry. Dagli sguardi lievemente interdetti dei due Malfoy, comprese alla perfezione quanto il suo linguaggio fosse inappropriato al loro contesto aristocratico. Il sopracciglio alzato di Draco sembrava voler gridare “Grifondoro” a gran voce.
Narcissa, invece, distese le labbra laccate di rosso carminio in un sorriso sempre, sempre elegante.
«Vi lascio soli, dunque. Ossequi, signor Potter» concluse lei e, con un lieve inchino del capo, si congedò.

«Arrivederci, signora Malfoy. E, ehm, grazie per... la battaglia» farfugliò Harry, imbarazzato. Ella annuì lentamente, sorridendo, poi sparì dietro la porta.
Harry non poteva affatto nascondere che l'intervento provvidenziale di Narcissa l'avesse salvato e avesse ribaltato le sorti dell'intera Guerra. Tutto per amore del proprio figlio. Averlo dichiarato morto aveva dato a Harry tempo, gli aveva dato possibilità di tornare al castello e mettere la parola fine all'era di Voldemort.
Draco, aspettando che la madre fosse sufficientemente lontana, uscì dal portone e se lo chiuse alle spalle. Un raggio di sole illuminò il volto pallido e scavato. Era dimagrito ancora.
Rimasero un poco in silenzio, guardinghi, poi fu Harry il primo a parlare.
«Ho saputo di tuo padre».
«Non dire che ti dispiace, non sarebbe credibile» incalzò immediatamente Draco, acido.
«Non lo stavo per dire».
Draco indurì lo sguardo per un secondo, poi scosse la testa e sospirò. Erano belli che conclusi i tempi dei litigi adolescenziali.
Lucius Malfoy era stato imprigionato ad Azkaban al termine della battaglia e, tre giorni prima, condannato all'ergastolo. Ma, come aveva detto Draco, sarebbe stato davvero poco credibile per Harry fingersi dispiaciuto o affranto dalla notizia. Il signor Malfoy era stato parte attiva dell'ascesa di Voldemort e di tutta la seconda Guerra Magica. Harry sarebbe stato pronto a scommettere che con una promessa di un prestigio più alto, Lucius non avrebbe battuto in ritirata e avrebbe continuato a servire il lato oscuro nonostante tutte le angherie subite. Un uomo davvero poco glorioso, doppiogiochista, dagli ideali malsani e la propensione alla violenza.

Per quanto facesse strano anche solo pensarlo, Draco era molto diverso da Lucius. Harry ne aveva avuto la prova. Ciò non poteva togliere il fatto che Lucius fosse pur sempre suo padre e che Draco non l'avrebbe più rivisto in vita sua. Non proprio una notizia da festeggiare.
«Cosa ci fai qui?» gli domandò infine Draco, spazientito.
Harry si ricordò in quel momento il motivo per il quale aveva deciso di recarsi alla tenuta dei Malfoy. Portò una mano nella tasca interna del giacchetto in jeans e ne estrasse una bacchetta dall'impugnatura nera.
«Sono venuto a ridarti questa» disse semplicemente, porgendogliela. Aveva ponderato a lungo se spedirgliela semplicemente via gufo e tante grazie, ma non gli era parso giusto. Non dopo ciò che aveva significato quella bacchetta per lui.
Draco si accigliò e, riluttante, la prese. Se la rigirò tra le mani per qualche istante, poi fissò Harry con aria interrogativa, come se non comprendesse proprio il motivo per il quale gliel'avesse riportata.
«E per ringraziarti per avermela prestata» continuò Harry.
«Te la sei presa con la forza» puntualizzò Draco, col solito sopracciglio alzato che gridava ingiurie.
«La prima volta. La seconda me l'hai lanciata» controbatté Harry. [1]
Quando si era alzato dopo essersi finto morto, Draco sapeva che fosse disarmato. Così gli aveva lanciato la bacchetta per poter sconfiggere Voldemort, per poterlo battere una volta per tutte e porre fine a quella Guerra. Aveva cambiato fazione all'ultimo anche se, in realtà, Harry sapeva che avesse cambiato fazione da tempo, oramai. Lo sentiva dentro al petto. Come aveva detto Silente, Draco non era un assassino – al contrario di suo padre.

Malfoy tacque e abbassò lo sguardo, colto nel vivo, poi prese a rigirarsi ancora un poco la bacchetta tra le mani. Arrossì lievemente e parve assumere un aspetto più umano, bello e spensierato come il ragazzino del quarto anno che andava in giro a gongolarsi tra i corridoi.
«Beh, ha funzionato bene. Ironico, vero?» domandò Harry, divertito.
«Cosa ci trovi di ironico?»
«Ho provato decine di bacchette, alcune anche dei miei migliori amici. Nessuna mi è stata così fedele e affine come la tua».

Era la verità. La bacchetta di Hermione non era stata neanche lontanamente paragonabile a quella di Malfoy, quelle dei Ghermidori men che meno. Era stato con quella che aveva ucciso il più grande mago oscuro di tutti i tempi; con un semplice incantesimo, certo, ma aveva pur sempre risposto bene al suo volere.
Draco sembrò sconvolto in un primo momento, poi scosse la testa e ridacchiò sprezzante. Si infilò la bacchetta nel completo nero elegante.
«Sei sopravvissuto due volte all'Anatema che Uccide e ancora ti sorprendi per queste cavolate!»

Harry fece spallucce. Poco importava, oramai.
«Beh, ad ogni modo, grazie. Anche per non aver detto a Bellatrix che ero io» concluse infine Harry. Era anche per quello che aveva deciso di non spedirgliela per posta e recarsi lì.
«Non ne ero sicuro» rispose lui, schivo. Arrossì ancora.
«Sì che lo eri» ribatté Harry, inclinando la testa. «Perché menti?»
Draco rise di nuovo cinicamente e, Harry poté giurarlo, i suoi occhi tradirono tutta la sofferenza che l'aveva accompagnato negli ultimi mesi. E, forse proprio per quello, decise che nascondersi sarebbe stato più dignitoso.
«Perché è quello che ho fatto fino a oggi per sopravvivere» concluse Draco, molto meno brusco e acido di quanto non fosse mai stato. Sembrava semplicemente arrendevole.

Harry avrebbe voluto fare qualcosa, dare voce a una delle milioni di cose che avrebbe dovuto dirgli a fine battaglia, ma anche quella volta scelse di non dire niente.
Draco fece due passi all'indietro e, dopo aver aperto la porta, entrò in casa. Si voltò lentamente e guardò Harry un'ultima volta negli occhi.
«Addio, Potter» gli disse, con una certa amarezza nella voce.
«Addio, Malfoy» rispose e ingoiò l'istinto di fermarlo.

Draco chiuse la porta e Harry, respirando aria fresca e profumo di gelsomini, se ne andò.


•••



Harry trangugiò un nuovo calice di Ferrari. Era il quarto? Il quinto? Non lo ricordava. Tutto ciò che sapeva era che, da quando aveva scorto Malfoy in mezzo alla sala, non aveva smesso per un secondo di ripensare al loro ultimo incontro. Ossia la prima, primissima volta che avevano sostenuto un'intera conversazione senza odiarsi e farsi prendere dalla rabbia.
Erano passati dodici anni e di Draco, da allora, nessuna notizia. Harry aveva spesso pensato a lui, a quell'ultima conversazione, a che fine avesse fatto e come se la stesse cavando.
Ma tutte le volte aveva deciso di non fare niente, di non cercare, di non badarci. Si era tenuto quel tarlo in testa ed era andato avanti per la propria strada.
C'è chi diceva fosse oltreoceano, qualcuno aveva iniziato a vociferare che fosse morto da solo in casa insieme a sua madre, che tanto nessuno andava più a far loro visita e chissà quando avrebbero trovato i loro cadaveri. Harry era stato tentato di andare a controllare ma, a dirla tutta, gli era sembrato inopportuno. Gli elfi domestici avrebbero chiamato qualcuno in tal caso, no? E poi avrebbe scommesso la scopa che Draco sarebbe tornato a tormentarlo come fantasma, pur di stressargli l'anima. No, forse quello era un suo pensiero attuale da ubriaco.
Fece per fermare un cameriere e rubare un nuovo flûte, quando Hermione iniziò a sgomitarlo senza troppa eleganza. Si voltò ma, prima ancora di poterla ammonire, comprese al volo il motivo del richiamo.
Draco stava camminando nella loro direzione, portamento fiero e sguardo glaciale. Harry percepì come se un gigantesco rospo gli si fosse incastrato in fondo alla gola.
«Potter. Granger» li salutò con cenni eleganti del capo.
Ora che era vicino, Harry notò i segni della crescita sul volto: era più spigoloso ma senza dubbio molto più in salute dell'ultima volta che si erano visti. Sempre molto magro, ma un poco più spallato e non più nel range del sottopeso.
«Malfoy» gracidò il rospo nella gola di Harry.
«Che sorpresa!» aggiunse Hermione, montando un sorriso di cortesia.
Draco ricambiò il sorriso, affabile ma non troppo ostentato. Per Harry fu come assistere all'accoppiamento di un Erumpent con un Asticello. Non ci sarebbe stato nient'altro di più improbabile come Hermione Granger e Draco Malfoy che si scambiano gesti gentili.
L'ultima volta che avevano dialogato, lei l'aveva preso a pugni sul naso. Ma quei tempi erano finiti da un bel pezzo.
«Per voi, forse. Io non sono affatto stupito di trovarvi a questo evento» asserì Draco, calmo.
Il che riportava Harry su un piano ben più realistico e attuale della situazione, ossia la domanda che aveva saltellato tra le pareti del suo cranio sin da quando l'aveva adocchiato in mezzo alla folla.
«Tu invece che ci fai qui?»
Il rospo finalmente si tuffò giù per l'esofago.
«Sono una personalità influente, in Italia» rispose Draco.
Hermione e Harry si lanciarono un'occhiata sorpresa.
«Ah! E di che cosa ti occu-» fece per domandare Hermione, la quale però venne interrotta da un ometto tarchiato con la fronte sudata.
«Viceministro Granger, la attende il presidente dell'Ufficio di Scambio Internazionale».
Hermione annuì con un sorriso forzato poi, volgendo lo sguardo a Draco e Harry, si congedò.
«Vogliate scusarmi» disse, riservando a Malfoy un formale cenno di saluto.
«Ossequi» replicò lui.


Rimasero soli. Loro due e il rospo nella gola di Harry, che aveva ben deciso di arrampicarsi fino alle tonsille.
Draco però, a differenza di Harry, non sembrava per nulla a disagio rispetto a quell'incontro. O forse sapeva fingere molto, molto meglio di lui. Tuttavia, se poco prima aveva trasudato formalità da tutti i pori, una volta che Hermione fu sufficientemente lontana, egli mise da parte anche il galateo.
Lo fissava impenetrabile, con quei grandi occhi grigi glaciali che non avevano niente a che vedere con i due specchi velati e tristi che Harry aveva visto durante il loro ultimo incontro.
Incomprensibile era la parola giusta per descriverlo.
Prima che il silenzio si facesse troppo pesante, fu Harry a decidere di introdurre una conversazione.
«Non si hanno tue notizie da anni».
Draco corrugò le sopracciglia.
«Forse perché nessuno le ha mai cercate, mie notizie».
Touché. Harry si morse la lingua e rimase in silenzio, senza più sapere come ribattere. Sebbene il tono di Draco non fosse accusatorio, non aveva torto: Harry era stato il primo a decidere di non interessarsene.
L'immagine dei cadaveri in decomposizione dei Malfoy nella tenuta nel Wiltshire oscurò per un attimo la sua mente. Fosse stato per lui e il corpo degli Auror che seguiva, avrebbe potuto persino essere la realtà.
Draco, però, tornò al falso sorriso di cortesia e, con eleganza, fermò un cameriere che stava passando nei paraggi. Prese due calici e ne porse uno a Harry, poi si allontanò con un tacito invito di voler essere seguito.
Harry gli camminò accanto e, insieme, uscirono sulla terrazza di Villa Carlotta. Lo specchio del lago sembrava un quadro post-impressionista, con pennellate di luci e colori riflessi vicino alle coste. Camminarono fino a un scorcio più isolato vicino a una fontana, laddove il vociare era troppo lontano per poterne distinguere le conversazioni dal dubbio interesse.
Draco si portò il bicchiere alle labbra e fece un sorso raffinato, con lo sguardo perso su un battello notturno. Era di una signorilità antica, fine ma di classe. La sua bellezza non era mutata. O forse era più corretto dire che quel bastardo fosse diventato ancora più affascinante. O magari i troppi calici di prosecco stavano esercitando una forte influenza sui giudizi di Harry.
«Quindi sei una personalità importante, in Italia? Da quanto vivi qui?» domandò lui, oramai troppo curioso. Il suo flûte era già mezzo vuoto. O mezzo pieno, che dir si voglia.
«Sono domande fatte in veste di investigatore?» domandò Draco, atono, senza distogliere lo sguardo dal lago.
«No, solo pura cortesia nei riguardi di un vecchio compagno di scuola».
Finalmente Malfoy lasciò perdere il lago e si voltò per fronteggiarlo, con il capo lievemente inclinato e le labbra umide di prosecco.
«Se non ricordo male, non ci siamo mai formalizzati a tale cortesia».
Era la pura verità.
«Se non ricordo male, ora siamo due adulti cresciuti» controbatté però Harry, più che intenzionato a non lasciare cadere il discorso.
«Cresciuti molto serenamente anche senza avere notizie l'uno dell'altro». Il suo tono si era fatto più duro, sinonimo che si stesse portando sulla difensiva. O sull'offensiva?
Harry non riusciva proprio a comprenderlo, eppure aveva studiato per anni e anni la psicologia del verbale e non verbale. Come Auror era chiamato anche ai colloqui investigativi e gli interrogatori, e ogni dettaglio era importante per la risoluzione di un caso.
Malfoy, però, era incomprensibile.
«A giudicare dal fatto che tu sappia che sono un Auror, hai avuto mie notizie alla perfezione» puntualizzò Harry.
Lo sguardo di Draco si fece per un secondo meno gelido, quasi ammirato dalla scaltrezza dell'interlocutore. Alzò entrambe le sopracciglia per qualche istante, poi tornò a scrutare la magnificenza del lago, mentre una falena danzava intorno a loro.
Un applauso si levò dalla sala del ricevimento, probabilmente qualcuno aveva tenuto un discorso importante. Nessun rimorso per esserselo perso, da parte di Harry. Quella chiacchierata con Malfoy era senza dubbio più interessante di qualche sviolinata mal pronunciata di Cristalli.
Terminarono i loro calici nello stesso istante.
«Beh, quindi non mi vuoi dire di che ti occupi?» domandò Harry, incapace oramai di trattenere la lingua. Forse aveva bevuto troppo.
Draco prese un grosso sospiro, quasi esasperato. Sembrava indeciso se rispondere o meno ma, evidentemente, preferì starsene comodo a metà strada tra le due soluzioni.
Estrasse la bacchetta e, dopo aver evocato un pezzo di pergamena e una penna stilografica Babbana, scrisse in bella grafia un indirizzo.
Harry prese il pezzo di carta tra le mani e lesse, ma non vi era scritto niente più che qualche indicazione.
«Non ho niente da nascondere, qualora volessi mandarmi un controllo» disse Draco in un sorrisetto provocatorio.
Harry alzò gli occhi al cielo e ridacchiò. «Ripeto: era solo curiosità».
«La curiosità uccise il gatto».
E, detto ciò, si allontanò per rientrare nella sala del ricevimento senza più guardarsi indietro. Harry rimase lì, impalato, con un indirizzo tra le mani e la certezza di averci capito molto meno di prima.



Continua...

Riferimenti:
[1] Sono conscia che la scena del "lancio della bacchetta" faccia parte solo e unicamente delle scene tagliate del film - e che non esista nella saga cartacea - ma a me è sempre piaciuta tanto e quindi ho deciso ugualmente di renderla "canonica" in questa storia.

ANGOLO DI EEVAA:
... era il lontano ventotto febbraio quando vi avevo annunciato che avrei abbandonato il fandom per un po', ma che sarei tornata per la fine del 2021 con una nuova storia.
Ed eccomi qui! Addirittura in anticipo sulla tabella di marcia, proprio il giorno della partenza dell'Espresso per Hogwarts :D un Tassorosso mantiene sempre le sue promesse.
Che dire... mi era mancato da morire stare qui e sono felicissima di essere tornata a pubblicare. Che emozione!
Questa storia era nel mio archivio da tempo immemore ma non avevo mai trovato il modo di concluderla ma, con un po' di impegno, ho trovato qualche soluzione che potrebbe essere interessante. O almeno spero. Sentitevi liberi di criticarne ogni virgola e di aiutarmi a migliorare, visto che ho messo "mistero" tra le descrizioni ma non è che sia proprio un giallo giallissimo giallerrimo.
L'ambientazione è sicuramente particolare, non ho idea del perché mi sia venuta questa idea malsana di ambientare una Drarry in Italia ma... beh, ne ho scritta una sull'Irlanda, quindi siete abituati ai miei contesti fuori schema xD spero davvero che possa piacervi.
Vi lascio con un facile quesito: perché diavolo Malfoy è una personalità importante, in Italia? Dai, penso che sia facile intuirlo. Ho lasciato qualche indizio qua e là. Via con le teorie :)

Visto che di domenica pubblico nel fandom di Dragon Ball, utilizzerò il mercoledì per pubblicare i nuovi capitoli di questa storia, salvo imprevisti!
Un abbraccio a tutti e grazie di cuore in anticipo a chi è tornato qui per seguirmi ancora una volta!
Eevaa


  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Eevaa