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Autore: Cladzky    03/09/2021    2 recensioni
Ai margini dell'universo, sul piccolo planetoide del Linaker's Diner, fanno sosta degli stranieri che portano con loro il letterale seme della distruzione, turbando la pace della contea, fra la rabbia dello sceriffo, il disinteresse della signora Linaker e la fascinazione del benzinaio locale. Prima che i personaggi possano rendersi conto di quanto stia accadendo, persi nelle proprie piccole faide, il seme germoglia e così inizia il massacro ad opera di una creatura indefinibile. Bisogna ora distruggerla, prima che la sua assimilazione della materia vivente continui.
Tributo alla letteratura apocalittica della guerra fredda, il cinema horror degli anni 80, i film exploitation, ma soprattutto a un autore molto importante che ho incontrato qui su EFP. Si sto parlando proprio di te. Non sarei a questo punto se non mi avessi dato la spinta. Grazie.
Genere: Avventura, Commedia, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Ho riscritto l’ultimo segmento del precedente capitolo, sicché non mi convinceva, per dargli una risoluzione più soddisfacente alla schermaglia fra Cladzky e Dave. Non ci sono altri cambiamenti, godetevi pure il quinto capitolo.


***


―Ma che ti succede?― Mark lo incitava poco più sotto, facendogli aria con un fazzoletto ―Non conoscevi il kung fu dell’ubriaco?

―Evidentemente non ho bevuto abbastanza― Rantolò Cladzky, cercando di rialzarsi. Scosse la testa che gli ronzava e gli si chiarì la vista. Con un balzo, Dave, saltò anch’egli sopra il bancone, giusto di fronte a lui, schioccando le nocche.

―Ti arrendi?

―Se mi arrendessi ora― Il pilota sputò un fiotto di saliva e sangue ―Di certo finirei in galera. A questo punto mi tocca ballare.

Saltò contro la figura che lo torreggiava, ma le recenti batoste lo avevano indolenzito per bene e non fu rapido quanto pensava, ergo, Dave ebbe tutto il tempo di carezzargli  la guancia con un calcio fulmineo del suo stivale. Mark vide il suo insaccato preferito innalzarsi in aria, piroettare con grazia sopra di sè e atterrare dolcemente su di un tavolino un paio di metri più in là, sfondandolo in un mare di frammenti. Un atterraggio fortunato, perché se la sua schiena avesse direttamente impattato con il duro pavimento piastrellato più in basso, senza quel legno flessibile ad ammortizzargli la caduta, sarebbe finita anche peggio; ma Cladzky non se la sentiva di considerarsi fortunato adesso. Assordato da tutte quelle botte, e con il sangue che gli riempiva la bocca, non poté fare altro che rimanere immobile a guardare alla rovescia il suo degno rivale. Adesso fu il suo momento di strofinarsi il naso.

―Meglio che cambi idea prima che ti cambi i connotati.

Ottimo, una bella battuta ad effetto da parte del novello Walker Texas Ranger, ci mancava questa per umiliarlo del tutto. Senza sprecare fiato a rialzarsi e aprire bocca, si limitò a sbuffare e alzargli il dito medio, ancora riverso per terra. D’un tratto gli parve che una scia bianca andò a mordere le caviglie di Dave Hanson. L’uomo perse l’equilibrio e cadde in avanti, finendo di pancia sul bancone e la testa che sporgeva, sollevandola ancora sgomento e trovandosi davanti il nuovo aggressore. l’unità mobile di Mark Zero gli stava davanti, reggendo con il proprio braccio il casco del proprio pilota, bianco come la neve. Ancora incredulo, Dave sperò di uscire da quella situazione a parole.

―Un robot non può ferire un umano― Ma il computer non esitò neppure un secondo. Nuovamente il casco compì un arco e si abbattè sull’agente, colpendolo giusto all’occipite e ribaltandolo giù dal bancone.

―Allora arrestami― Senza inveire oltre il corpo irrigidito, la macchina si volse verso il proprio pilota, che stava risollevandosi. Mark mosse di nuovo il braccio, stavolta per lanciare il casco in aria, che atterrò con precisione millimetrica sopra la testa di Cladzky, ancora esterefatto da quello che era successo. Dirigendo i propri cingoli verso l’uscita, Mark si spazientì per il ritardo del proprio umano ―Alza il culo e allacciatelo, altrimenti ti lascio qui.

Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. Scattò in piedi, saltò il corpo esanime di Dave e assicurò magneticamente il casco al collo della tuta, inseguendo l’unità mobile con un sorriso insanguinato. Ecco un altro favore che non sarebbe mai riuscito a ripagare alla sua intelligenza artificiale preferita. Si rese però conto di poterne fare uno giusto a Russel, che non pareva passarsela benissimo.

Subito dopo aver atterrato lo sceriffo, il selenita aveva posto la propria attenzione sul contenitore. Non poteva permettere che gli fosse portato via dopo tutto quello che aveva passato. Vi strinse le mani attorno e lo sollevò. Finalmente lo aveva in pugno.. Era più leggero di quanto si aspettasse onestamente, molto meno dei progetti che aveva in mente. Si mosse verso le paratie e premette il bottone a fianco. La camera stagna cominciò ad adattarsi per accogliere il cliente in uscita. Un’attesa snervante. Uno scalpiccio di piedi lo fece voltare, giusto in tempo per essere afferrato al collo da due mani nerborute. Aprì la bocca per urlare, ma uscì solo un sibilio strozzato. Gli occhi di vetro dello sceriffo puntavano nei suoi.

―Non abbiamo ancora finito, muso lungo― Lo sbatté contro le paratie ancora chiuse, serrando le sue dita sempre più forte. Sembrava che gli avrebbe spezzato il collo prima di riuscire a soffocarlo da quanta violenza imprimeva. Erano incollate, non c’era modo di liberarsi. Il respiro gli si fece difficile.

Cladzky corse per dargli supporto, ma non lo ricevette mai. Un oggetto metallico entrò nella sua visuale da sinistra, gli oscurò la vista e arrestò la sua corsa, schiantandoglivisi in faccia. La parte inferiore del suo corpo continuò il tragitto per un secondo buono, lasciando indietro la testa, prima che tutto insieme cadde a terra sulle spalle, ripiegato come un origami, ginocchia ai lati della testa. Fortuna che aveva il casco. Fra le sue gambe all’aria vide sporgersi la testa bionda della Linaker, con in mano una padella antiaderente. Era una situazione decisamente meno comica quando ci si ritrovava dal lato sbagliato dell’utensile.

―Mi state demolendo il locale, razza di scalmanati!

―Grazie signora― Si affrettò Dave, zompando verso la figura abbattuta del fuggitivo e aiutandolo a rialzarsi solo per cingerlo di nuovo, forzandogli le braccia dietro la schiena. Poi rivolse un sorrise smagliante alla signora, che se ne stava a braccia conserte ―Non si preoccupi, sarà risarcita di ogni danno.

―Lo spero per voi― Diede un’occhiataccia a tutti quanti, poi si mise una mano sugli occhi ―Fate quello che dovete, basta che lo facciate in fretta.

―Russel, tieni duro― Si divincolò Cladzky, ma quando si trattava di pura forza bruta non era l’individuo a cui fare riferimento. D’altro canto, il selenita, non aveva alcuna intenzione di sopportare quell’asfissiamento un secondo di più. Dawn aveva preso a scuoterlo e sbattergli la testa sulla parete d’acciaio. Smise di provare a schiodarsi le dita dello sceriffo dalla gola e, piuttosto, cingendo bene ambo le mani al cilindro in manganese, lo sollevò di colpo contro il mento dell’avversario che gli stava davanti. Funzionò, la presa si allentò, tornò a respirare e la pesante massa arretrò quasi sul punto di cadere una terza volta, ma non lo fece. Per quanto potesse percuoterlo, lo sguardo di decisione nello sceriffo non si sarebbe mai spezzato. Le porte, con un soffio di vapore, finalmente si aprirono.

―Smettila di giocare, ecco la nostra uscita!― Niente da fare, notò Mark Zero. Cladzky, per quanto si dimenasse, non sarebbe mai riuscito a scrollarsi di dosso quel pelo rosso. Il suo visore inquadrò le porte che stavano aprendosi, poi di nuovo il suo pilota, trattenuto da quell’agente. Non c’era più tempo. Il suo braccio saettò in uno scompartimento dell’unità per estrarne la famigerata brugola del 12. Si approcciò alle gambe dei due lottatori, l’alzò e la schiantò contro il piede di Dave. Come per una reazione immediata, l’arto ferito ebbe una convulsione e finì per dare un calcio al piccolo mezzo cingolato senza bisogno di mirare, aggiungendo già un’altra ammaccatura alla lamiera argentata.

―Hai trasgredito la legge, ragazzo― Era l’ultima voce che Cladzky si aspettava di sentire in quella baruffa. Davanti a sè stava il vecchio Cronenberg che si aggiustava le bretelle della salopette, facendole schioccare, per poi abbassarsi la visiera del berretto ―Sarai pure mio amico, ma ciò non ti salverò dal calcio volante della giustizia.

―Per l’amor di dio, Cronenberg, non anche tu!― Ma le suppliche non impedirono al benzinaio cinefilo di corrergli incontro e saltare, sfrecciando come un siluro nell’aria, con i suoi piedi ad aprire la strada. Cladzky, con un colpo di reni disperato, riuscì ad abbassarsi in avanti in tempo, ma non a liberarsi.

―Togliti di mezzo, rottame!― Finì di urlare Dave verso i resti di Mark che aveva martellato di calci fino a renderlo immobile, riportando la sua attenzione al prigioniero che stava contenendo. Non realizzò neppure cosa lo avesse colpito, quando un metro e cinquanta di uomo sulla sessantina, gli atterrò con le sue scarpe sporche d’olio sul petto. Cladzky sentì le sue braccia nuovamente libere e un tonfo alle sue spalle. Si raddrizzò e voltò un momento, vedendo il vicesceriffo privo di sensi sul pavimento pulito e Croneneberg a gattoni di fianco che scuoteva la testa, piuttosto suonato.

―Ops― Sorrise il vecchio, come non fosse successo nulla di importante ―Ho sbagliato mira.

Cladzky ringraziò a sua buona stella che gli fosse andata bene anche questa volta e cercò dove diavolo fosse finito Mark. Lo urtò per sbaglio con il piede e lo vide. Non aveva mai visto quell’unità mobile conciata così male. Il braccio meccanico gli era stato divelto dalla base, i suoi cingoli erano spezzati e la carrozzeria era piena di crateri. Si precipitò a sollevarlo e se lo porse davanti come se agitandolo lo avrebbe fatto rinvenire.

―Mark, dì qualcosa!

―La porta, idiota!― Replicò il sintetizzatore, che ancora funzionava a dovere, impartendogli un urlo. Scombussolato il pilota in bianco si voltò. Russel stava giusto ora entrando nella camera stagna camminando all’indietro. Lo sceriffo ancora lo confrontava. Cladzky si mosse troppo tardi. Dawn corse, prese il casco dal gancio a cui l’aveva appeso e si gettò di testa sullo stomaco del selenita, proprio mentre le porte presero a chiudersi. Il castano corse a sua volta, o almeno ci provò. L’unità mobile di Mark era dannatamente pesante, ma non poteva lasciarla indietro, sopra ci stava il suo intero programma. Ci provò, ma sapeva anche lui che era impossibile. Le paratie gli si chiusero proprio davanti il naso, celandogli la lite furibonda che era scoppiata dentro la camera di decompressione. Sbatté sulla superficie protettiva, ma solo per scaricare la tensione. Dopodiché premette furiosamente il pulsante di apertura, ma non c’era verso di smuovere quel blocco finché la procedura di decompressione non fosse terminata. Allora si sporse alla vetrata di fianco.

Dopo pochi secondi, le paratie esterne si aprirono. A saltare fuori per primo fu Russel, rotolando nella sabbia e alzando un polverone da sembrare nebbia. Ripreso l’equilibrio, corse freneticamente, ma la bassa gravità faceva sì che i suoi passi lo spingessero più verso l’alto che davanti a sé. Dawn spuntò poco dopo, apparendo in mezzo alla nube di detriti sollevata dal fuggitivo, ma non pareva avere alcuna intenzione di inseguirlo.  Il pilota crestato capì subito perché e ricominciò a premere freneticamente il tasto di apertura interna, ma ancora nulla poteva muoversi finché le porte esterne non si fossero chiuse e la camera stagna si fosse nuovamente riempita di ossigeno. Non poté fare nulla se non guardare, mentre lo sceriffo Vincent Dawn estraeva con calma il folgoratore dal cinturone, si metteva in ginocchio, prendeva la mira e sparò. Il lampo stracciò il velo di notte dominato dalla nebulosa sanguigna sopra le loro teste, schiarendo ogni cosa nitidamente nel parcheggio di fronte., dal generale Lee al piccolo disco giallo canarino.

Ken Russel teneva il contenitore di manganese sopra la propria testa, colto all'apice del suo ultimo salto, in maniera celebratoria. I suoi occhi puntavano verso l’orizzonte, il cuore ci era già. Lì fioriva l’ultima stella conosciuta, la sua stella, la stella rosa di Selene. Ancora convinto di essere libero, fu questa l’ultima immagine che registrò il suo cervello. Ci fu un altro lampo, non bianco stavolta, ma il rosso di un fiore che sprigionò i suoi petali dal corpo in espansione del selenita. Scoppiò senza rumore in una palla di fuoco priva di fumo o contraccolpo, larghissima, che tendeva i suoi lembi sempre più lontano. Poi, così com’era sbocciato improvviso, quel fiore si richiuse su sé stesso, svanendo nel vuoto. Una pioggia di ceneri scese sul cemento del parcheggio. Ken Russel non esisteva più.

Cladzky si trasse indietro dalla vetrata. Si trovò alle spalle il viso del vicesceriffo Dave Hanson, pieno di lividi, ma, soprattutto adesso, di terrore. Forse intendeva placcarlo di nuovo, ma dopo quella visione sembrava aver perso ogni stimolo. Non lo guardava neppure, fissava il paesaggio di fuori, dove un, attimo prima, un uomo in tuta spaziale vagava allegro come un bambino. 

―Mi spiace per il tuo amico― Fu l’unica cosa che riuscì a dire, passandosi una mano nella chioma rossiccia.

―È stato un piacere conoscerlo― Arretrò, prese posto su una poltroncina, mise con cautela il corpo di Mark Zero sul tavolo, si levò il casco e affossò il viso nei palmi delle mani.

―Quel tizio era pieno d’idrogeno― Commentò Cronenebrg, togliendosi il cappello e poggiandoselo sul petto ―Lo sceriffo ha fatto bene ad aspettare di uscire prima di sparare.

―Addio a quattromilacinquecento rubli― Sospirò la voce di Mark da sotto le lamiere.

―Addio alla mia vita da incensurato― Aggiunse Cladzky, lasciandosi sprofondare nella soffice pelle del sedile.

―Addio al campione― Puntualizzò Cronenberg ―Dove fallirono le bombe ci riesce il nostro sceriffo.

Cladzky si destò dai suoi pensieri mesti da un secondo peso che prese posto accanto a lui. Dave gli si era seduto accanto, mani intrecciate sopra le ginocchia che battevano l’una sull’altra.

―Ascolta― S’interruppe la voce dell’agente, che si schiarì la gola ―Qualora fossi turbato per quanto successo, voglio che tu sappia che noi siamo qui per aiutarti.

―È la prima volta che vedi qualcuno morire?― Lo paralizzò il castano. Dave boccheggiò un attimo, si grattò la guancia e poi rispose con una risata nervosa.

―No, ma… ecco, ho già perso delle persone, ma nessuna di loro era mai stata… uccisa. Sì, una persona morta ammazzata non mi è mai capitata.

―Va bene, ho capito. Dai, vieni qui― Lo fermò sbuffando Cladzky. Gli mise le mani attorno il corpo e lo strinse a sé. Dave ebbe dapprima un moto di agitazione a quell'abbraccio, dovuta alla frenesia precedente, ma si sciolse subito quando sentì il calore dell’altro corpo. Stranito, ma più rilassato, Dave ricambiò la stretta.

―Mi fa... piacere esserti d’aiuto― Mormorò il vice.

―Non c’è di che―Replicò Cladzky, dandogli pacche sulla schiena.

―Dio mio― Si asciugò la fronte con un fazzoletto la signora Linaker, portandosi accanto a Cronenberg ―Voglio sperare che questa storia sia finita ora.

―È dura che prosegua― La rassicurò lui, prendendole una mano ―Il protagonista è morto.

Le porte interne si aprirono di nuovo, rivelando la tuta indossata dallo sceriffo, piena di polvere e cenere, che la gravità aumentata del locale gli faceva cadere di dosso. Avanzò e subito Dave saltò sull’attenti, lasciando Cladzky, che gli si appoggiava, cadere sul cuscino del divanetto. Lo sceriffo gli fu davanti prima di rimuovere il casco, tenerlo sotto braccio e parlare con tono autoritario alle quattro persone, più un robot, che lo circondavano.

―È tutto finito― Soffocò un moto di tremarella e riprese ―Ci scusiamo per ogni inconveniente. Andiamo tutti in centrale ora, dobbiamo raccogliere le vostre deposizioni e sbattere in cella un sovversivo. Dave, ricordati di contattare anche Anthony Lee. Ci serve ogni testimone di questa serata.

―Giornata― Lo corresse il sottoposto, indicando il sole appena sorto. Ma non aveva il viso gioviale con il quale aveva corretto Cronenberg all’arrivo.

―Fermi un momento― Alzò la voce Kay Linaker, armata con un mocio e  indicando con il manico la scia di distruzione seminata dalla rissa appena conclusasi ―Come intendete risarcirmi per questo disastro?

―Oh― Sorrise Dawn. Avvicinò la figura seduta di Cladzky alle spalle, gli strinse un orecchio e lo costrinse ad alzarsi fra gemiti e volgarità ―Sono sicuro che il qui presente contrabbandiere sarà lieto di ripagarle ogni cosa.

―Ma se è stato il vostro lacchè a lanciarmi in giro come giocasse a flipper. Pagatele voi le spese― Protestò il ragazzo. Il volto dello sceriffo si contrasse in una smorfia d’imitata sorpresa.

―Credo tu non sappia che pena sia prevista in questa contea per aggressione a pubblico ufficiale.

―No, ma guardi, a me garberebbe assai ripagare la signora, però…

―Siamo al verde― Completò schietto la frase Mark, dal tavolino su cui era appoggiato ―Altrimenti perché ci saremmo ridotti ad accettare un lavoro del genere?

―Possiamo sempre pignorarti il disco― Propose Dawn, mollando la presa dal padiglione dell’arrestato rimasto, per scagliarlo all'uscita e spiaccicarvelo contro contro le porte sigillate.

―Ci sarebbe bisogno del vecchio Carpenter per stimare quanto vale― Ragionò Cronenberg ―Ma secondo me è il robot che vale una fortuna.

―Certo più di te, tesoro― Replicò con nonchalance il computer, venendo raccattato dalle mani tremanti di Dave Hanson.

―A me non importa come ma, dei soldi dovranno pur saltare fuori― Si rimboccò le maniche, tirò su mocio e secchio e si diresse verso l’area devastata.

―Sceriffo― Dave passò la carcassa dell’unità mobile al suo rispettivo pilota, per poi tirare il suo superiore per una manica ―Per quanto riguarda…

―Non adesso― Lo liquidò, smuovendo il braccio con uno strattone e dirigersi verso la Linaker.

―Ti ha proprio conciato male― Constatò Cladzky, sollevando il mezzo da sbarco di Mark e cullandolo.

―Se avessi ancora un braccio gli avrei cavato gli occhi quando mi ha preso in mano― Replicò il computer. Non poteva sentire dolore, ma il fatto non poter muovere più una fibra del suo corpo lo disgustava e, finché non ne avrebbe avuto un altro in cui inserire la propria coscienza, era intrappolato in quel guscio.

―Ma sceriffo― Insisté Dave, inseguendolo. Vincent Dawn si voltò con uno sguardo di ghiaccio.

―Ti ho detto non adesso, Dave― Gli gridò contro ―Tieni d’occhio quel contrabbandiere, prima che provi a scappare anche lui.

―Sceriffo, avete appena ucciso una persona― Forse non avrebbe dovuto dirlo con un tono tanto accusatorio, o dirlo affatto, ma ormai aveva aperto bocca e dovette continuare ―Non possiamo fare come se niente fosse successo.

―Ken Russel ha fatto solo la fine che merita gente come lui. Sapeva a cosa andava incontro mettendosi dal lato sbagliato della guerra alla droga.

―Ma non aveva droga addosso. Stava scappando, avete sparato a un uomo disarmato.

―Ascoltami bene, precisino dei miei coglioni― Gli intimò lo sceriffo, afferrandolo per il colletto e sputandogli in faccia da quanto parlava a denti stretti ―Ken Russel non si sarebbe mai fatto beccare con della droga addosso, ma era un segreto di pulcinella il suo traffico nei sistemi vicini. D’accordo, non avrò seguito il manuale alla lettera, ma quando credi che mi si sarebbe ripresentata l’occasione di regolare i conti con lui? Se noi fossimo i primi a seguire la legge alla lettera, certi criminali non pagherebbero mai per le loro azioni. E a chi vuoi che importi se è stata legittima difesa o meno? A nessuno mancherà quel muso lungo. E ora ripigliati e vedi di scortare quell’altro babbeo in macchina.

Lo lasciò andare, gli rassettòla camicia spiegazzata e sostituì la sua faccia di furia con una più goliardica. Dave rimase un momento sul posto, scorato.

―Signora, lasci stare― Dawn prese prese sottobraccio la Linaker, prima di essere allontanato da un affondo del mocio, che lo tenne a distanza ―Si calmi e venga con noi a deporre in centrale. Se ne occuperà dopo di rimettere a posto il locale.

―Veda di stare calmo lei, grilletto facile― Abbassò lo scopettone, ma non lo sguardo torvo, puntando un pollice alle sue spalle, verso il tavolo e il ripiano dei liquori sfondati ―Non ce la faccio a vedere la mia attività in questo stato. Vi raggiungerò dopo per il dettato.

―Si potrebbe chiamare la cara Lambert― S’immischiò Cronenebrg, camminando in mezzo a loro due e guardando la donna da sotto il suo mento ―Lei e la Lupino ci sanno fare con la carpenteria.

―Ma bene e conosci anche qualcuno che sappia rimuovere macchie come questa?

Gli occhi di David Cronenberg, Vincent Dawn e Dave Hanson si abbassarono verso il punto sul pavimento indicato dal dito raggrinzito di Kay Linaker. Sulle piastrelle stava riverso qualcosa di liquido, ma compatto in un’unica pozza dal diametro d’appena una decina di centimetri. L’illuminazione al neon del soffitto si rifletteva in linee spezzettate ocra sulla sua superficie perfettamente nera.

―Si direbbe sangue da quanto è vischioso― Commentò il benzinaio.

―È tuo per caso?― Chiese Dawn, mostrando un ghigno al suo agente. Quello lo guardò stranito, poi si asciugò un taglio in fronte, da cui ne usciva giusto una goccia, e se la studiò sul pollice. Cremisi. Dave scosse la testa.

―Chi lo ha perso dev’essere anemico― Pensò ad alta voce Cronenebrg. Si volsero tutti verso il pilota in bianco, intento a pettinarsi la cresta, specchiandosi nella vetrata. Quello li guardò confuso, prima di realizzare il significato di quegli sguardi.

―Non guardate me, è dura abbronzarsi nello spazio― E per dimostrare le sue parole si portò una mano in bocca e ne estrasse un dito macchiato di rosso.

―Appena usciamo di galera ti faccio fare un giro sulle spiagge di Venere― Rise Mark Zero, che gli stava ai piedi.

―Ma che sangue― Sbottò la Linaker ―Guardate qui.

Fece segno a tutti di allontanarsi e strinse lo scopettone come un fucile, puntandolo verso la macchia nera. Cladzky si avvicinò per capire di cosa stessero parlando tutti quanti e poggiò Mark su un tavolo lì a fianco, di modo che potesse vedere anche lui, giusto in tempo per la dimostrazione. La donna pose i capelli del mocio a terra e spinse in avanti. Il liquido fu spinto indietro come qualunque altra sostanza acquosa avrebbe fatto. I quattro uomini si chiedevano cosa sperasse di mostrare. Dopodiché sollevò l’utensile, lasciando quel liquame diviso in tante piccole gocce spezzate da una più grande e resa di forma ovale dopo quella spinta. Ci fu un tremolio nel liquido, come una vibrazione impercettibile che ne increspava la superficie e ne deformava i riflessi. Ecco, tutti i vari frammenti si mossero. Il pezzo più grande assorbì ogni goccia, dalla più piccola alla più grande, e ritornò alla sua forma inziale di un cerchio nero, buco sul nulla.

―Mi venga un colpo― Fu la franca reazione di Dawn, che, come gli altri, rimase a bocca aperta.

―Il signor Lee― Provò a ipotizzare Dave ―Una volta mi ha spiegato che certi alcolici fermentano grazie a colonie di batteri al loro interno. Forse sono loro a muoversi.

―Non essere ridicolo― Lo ammutolì Dawn, facendogli saltare il berretto con uno scappellotto ―Dei batteri non possono spostare un peso così grande. Deve essere stata una comune scossa di assestamento a farlo tremare. Le cave di Hagman, dopotutto, corrono giusto sotto di noi.

―Io non ho sentito alcun terremoto― Ammise Cronenberg.

―Non è finita― richiamò l’attenzione la donna, sollevando la testa del mocio verso di loro ―Guardate in che stato mi ha ridotto lo scopettone.

Le lunghe setole entrate a contatto con la sostanza avevano perso il loro colorito bianco, tingendosi di  marroncino, quasi scorresse linfa rossa sotto quella fibra. I segmenti interessati presero a girare su loro stessi e ad allungarsi. Il tessuto andava a lacerarsi e a cadere sotto il proprio peso. Si stavano liquefando sotto i loro occhi. Del fumo cominciò ad esalare dai colli lacerati delle strisce, che ciascuno si premurò di non respirare, tirandosi indietro. Cladzky, avendo il tavolo giusto alle sue spalle, inclinò il proprio baricentro, poggiò la mano sinistra e poi la destra, ma quest’ultima non toccò il legno, sprofondando nell’aria e tirandosi dietro il resto del corpo. Cascò riverso sul ripiano fino alla spalla, dove sbatté, arrestandosi. Si rialzò immediatamente e verificò cosa fosse successo. Aveva inavvertitamente infilato un braccio attraverso un foro grezzamente scavato nel mobile, che lo attraversava da parte a parte. Alzò uno sguardo profondamente angosciato verso il proprio robot, che giaceva sullo stesso tavolo. Lo stesso tavolo dove era stato poggiato il contenitore in manganese fino a poco fa. Lo stesso contenitore con dentro il campione. Mark non dovette aspettare una domanda perché potesse rispondere, bastava che leggesse la faccia sconcertata del ragazzo castano.

―È libero.

Cladzky fu costretto a voltarsi quando il braccio dello sceriffo gli diede uno spintone.

―Ma che ti devo dire, Kay?― Esclamò esasperato Dawn, allontanandosi da lei e al contempo trascinando per le bretelle anche Cronenberg affinché lo seguisse. Non aveva proprio voglia di perdere altro tempo. La proprietaria aveva gettato con furia l’utensile a terra, giacché la testa era ormai corrosa del tutto in una poltiglia sul pavimento simile a fanghiglia vermiglia, calda, fumante e al gusto di uova marce ―Sarà una perdita di candeggina o che so io, non mi riguarda. Ti aspettiamo in stazione, raggiungici quando ti pare.

―Sceriffo, lei mi deve ascoltare― Esplose Cladzky, puntandogli un dito al naso. Dawn si pietrificò un attimo, stupito da una così improvvisa baldanza. Non durò a lungo e gli torse le falangi in quella tenaglia che aveva per mano.

―Hai il diritto di rimanere in silenzio e farò in modo che ne faccia ampio uso, siamo intesi? Voglio solo finire il mio turno su una nota positiva e me ne hai già combinate abbastanza per oggi.

―Voi non capite― Cadde in ginocchio il ragazzo, mentre sentiva le ossa della sua mano scriocchiolare in maniera preoccupante. Battere a terra in segno di resa non servì a nulla ―Quella è la roba che ho trasportato. È il solvente che ho comprato per Russel.

―Balle!― Con un repentino strattone della mano, Dawn caprioleggiò Cladzky per terra, per poi spolverarsi i palmi ―Abbiamo visto tutti quanti che Russel aveva con sè il solvente quando è esploso e non è rimasta che cenere del manganese, figuriamoci dell’ameba all’interno.

―Questo perché il solvente non si trovava all’interno del contenitore― Era stato Mark a intervenire, noncurante come sempre. Come un eremita, sedeva in cima il tavolino, in un’immobilità che trascendeva il confine fra la noia e la contemplazione di essere in un corpo senza vita ma cosciente. I presenti gli si raccolsero attorno. Dave aiutò Cladzky a rialzarsi e raggiunsero gli altri tre.

―Vuoi forse dire che mi hai mentito?― Restò di sasso l’omone dal baffo bianco e fremente ―Che quel contenitore non trasportava la creatura?

―Tutt’altro, è lì che noi due lo abbiamo contenuto fino ad oggi e non ci ha mai dato problemi durante il trasporto. Ma voi lo avete fatto scappare.

―Scappare? Ma per piacere, ti sei fuso un relè, obsolescenza arrugginita. Sono stato io l’ultimo a dare una buona occhiata al barattolo e ti posso assicurare che il tappo era ancora bello che sigillato.

―Voi umani, come i seleniti, avete un ragionamento così lineare che non vi accorgete dei dettagli. Ricordate dov’era posizionato il cilindro di contenimento, prima che venisse preso dal defunto signor Russel?

―Proprio dove ti trovi tu adesso― Affermò Dave, che ce lo aveva messo di persona.

―Ebbene― Ci fu uno stridio metallico di marchingegni che si urtavano in maniere cui non erano programmati. Le ruote, i cui cingoli erano spezzati, faticarono a fare presa sul ripiano in legno, ma con una lentezza insostenibile, infine, smossero il corpo di Mark in retormarcia. Quella pietosa visione lasciò il posto a una ben più bizzarra. Un buco circolare, rozzamente scavato nel tavolo, come attraversato da una punta incandescente che ne aveva bruciato le pareti man mano che scendeva ―Ecco la via di uscita della nostra bestiola.

―Ma come avrebbe fatto a…― Protestò lo sceriffo.

―Ricordate che trasuda un forte acido― Cladzky puntò di nuovo un dito al naso di Dawn, sorridendo del fatto che stavolta era costretto a prestargli ascolto. Già che c’era ne approfittò per premergli la punta ben benino ―Deve aver corroso la base del contenitore e di seguito il tavolo, proprio come ora ha dissolto lo scopettone della signora Linaker.

Dawn tirò uno schiaffo al dito che lo indicava, per poi puntare il proprio.

―Avevate detto che era ibernato.

―Era ibernato, ovvio, fino a quando sarebbe rimasto a temperature inferiori lo zero― Si approntò a spiegare Cladzky, nascondendosi dietro Dave ―Vi avevamo detto di metterlo in freezer.

―Che cosa ne facciamo, capo?― Chiese Dave?

―Beh, dopotutto sarà una prova fondamentale quando si aprirà l’inchiesta per la morte di Ken Russel― Ragionò l’altro, lisciandosi i baffi ―Certo, bisognerebbe trovare un mezzo per recuperarla in sicurezza, noi non abbiamo l’attrezzatura necessaria. Forse dovremmo andare a chiedere aiuto alla stazione antincendio.

―Non potete lasciarmi con questa cosa nel mio locale!― Strepitò la Linaker, alzando, la testa arrossata e lacerata del mocio sopra la propria e sbattendola con violenza sulla massa scura. L’impatto non sollevò un mare di schizzi come ci si sarebbe aspettati da una sostanza acquosa, tutt’altro, la macchia nera rimase integra e divenne più densa al contatto, assorbendo dentro di sé la punta dell’arma. La donna provò a tirarla indietro, ma incontrò resistenza. La creatura informe si allungava, senza mollare la presa dall’utensile in legno e neanche dal pavimento, rimanendovi appiccicata. Infine si scollò dalle piastrelle, rivelando un alone ossidato sulla superficie occupata dal solvente, e facendo barcollare la donna di colpo, prima di essere aiutata dal signor Cronenberg a riprendere l’equilibrio. Ora, la massa nera, giaceva sulla punta di quel bastone di legno e sfrigolante, serrandovisi attorno con il proprio corpo. La donna sghignazzò, dando un colpetto sulla spalla dello sceriffo ―Ecco l’attrezzatura necessaria Vincent. Puoi portarla via ora?

―E dove la metto? Non abbiamo un reparto refrigerato a bordo delle nostre pattuglie, finirà per sciogliere anche quelle.

―Qui ci vorrebbe il Generale Lee― Si portò un dito al mento Dave.

―Anthony non acconsentirà mai― Dismise l’idea con un gesto di noia la singora ―Direbbe che gli contamina l’aviobotte. Hai idea di quanto sia germofobico quando si tratta della sua attrezzatura.

―Occhio― Cronenebrg strappò lo scopettone dalle mani della Linaker, lasciandola perplessa. Il benzinaio indicò la sostanza, che si era spostata verso l’impugnatura, lasciando la testa come una massa arrossata, porosa, sfrigolante, mezza corrosa insomma ―Finché tenevate il bastone verso l’alto questa roba vi stava scivolando verso le mani. E non vogliamo certo che qualcuno di noi ne sia colpito.

―Ci deve essere qualcosa che possiamo fare per renderla innocua― Chiese agitato Dave.

―Io direi di spararle― Esclamò Dawn, mettendo mano al folgoratore.

―Direi che ha già sparato abbastanza per oggi―Esclamò la bionda, abbassandogli l’arma. Di controvoglia, l’agente accettò.

―Cladzky― Quella voce sottile come una lama lo distrasse dallo stupore di quel sangue nero, riportandolo verso il cadavere dell’unità mobile. Si poggiò sul bancone con tutta la parte superiore del corpo, poggiando l’orecchio alla cassa. La laringe elettronica di Mark proseguì ―Ti ricordi le raccomandazioni del signor Hagman?

Cladzky scosse la testa. Ci fu un sospiro afflitto da parte dell’intelligenza artificiale. Ogni giorno che passava diveniva sempre più umana, anche in queste piccole azioni. Paziente, la voce profonda di Mark, ripeté quanto gli era stato detto al termine dell’asta a cui si era aggiudicato la creatura.

―Non farla scongelare in nessun caso. Una volta scongelata riprederà a mangiare.

―Questo lo sappiamo tutti, vai avanti.

―Per mangiare secerne un forte acido dalla sua pelle che scioglie e le permette di assimilare ogni cosa gli è necessaria.

―Questo lo stiamo vedendo adesso, dimmi di più.

―Mangiando cresce e crescendo sviluppa strutture più complesse. Si evolve a piacimento, in base a cosa gli serve. Crea organi e  tessuti.

―Orcaloca, questo è grave.

―Ogni sua evoluzione la rende più difficile da uccidere e l’unico modo per ucciderla è la completa morte di ogni sua cellula, o potrà ricominciare daccapo.

―Nient’altro?

―Nient’altro.

―Cristo!― Fu l’urlo lacerante che attraversò il locale. Cladzky si voltò di colpo. Il bastone, dalla punta rossa e sciolta in una massa quasi terrosa, era stato lasciato cadere a terra. Colse Cronenberg nel cadere all’indietro, reggendosi dolorante il polso di una mano. Atterrato si dimenò, agitando il proprio arto. La massa nera gli ricopriva indice, medio e scendeva sulle nocche, inamovibile. Linaker e Hanson lo aiutarono a rimettersi in piedi, raccogliendolo da sotto le ascelle e sdraiandolo sul bancone.

―È saltata― Fu la reazione isterica di Dave, che si coprì la bocca ―Ha risalito il bastone e gli ha coperto la mano!

―Dannazione, vi avevo detto che avremmo dovuto sparargli!― Imprecò Dawn, estraendo la pistola e puntandola. Ma si rese conto che non c’era modo di colpire la creatura senza far saltare un paio di falangi al povero Cronenberg, che ancora si reggeva disperato l’arto contaminato. Linaker aveva subito estratto uno straccio e provato a rimuovere la sostanza a forza, ma la stoffa fece la stessa fine del mocio, arrossandosi e lacerandosi in un mare di fumo bianco. Lo buttò a terra stizzita, rendendosi conto dell’inutilità del suo gesto e guardandosi le mani, per paura che si fossero bruciate anche loro. Dave era corso a riempire un bicchiere dal rubinetto d’acqua dietro il banco, raggiungendolo e zampilandone appena sulla macchia, prima che il pilota castano gli corse addosso e gliela fece cadere di mano, frantumando il vetro sul pavimento. La proprietaria si mise le mani nei capelli a quell’ennesimo, seppur minore, atto di distruzione. Dawn corse subito in aiuto del suo sottoposto, atterrato sotto la figura di Cladzky, afferrando il contrabbandiere per il bavero.

―Ma che ti prende adesso?

―Non possiamo versargli acqua addosso, peggioriamo la cosa― Fu la risposta affrettata di Cladzky, quando uno scoppiettio prese a sprigionarsi dal sangue nero, che prese a ribollire di schiuma verde. Il pilota si svincolò come un anguilla, buttandosi a terra. Dawn si abbassò il cappello sulla faccia al vedersi venire addosso quegli schizzi, voltandosi. Cladzky e Dave rimasero nascosti sotto il bancone, mentre la Linaker sparì dietro la porta che dava alla cucina, osservando il tutto dall’oblò. Questo si macchiò presto di un paio di gocce, esplose dalla reazione che l’acqua aveva avuto sulla sotanza. Altre piovvero sul retro della cosmotuta di Dawn, mentre la maggior parte precipitò sulla salopette dell’agonizzante Cronenberg, squarciandogli la fibra di jeans, con sibilo da rosolio.

―Porca puttana!― Piagnucolò il benzinaio, quando un’altra gli ferì la guancia, sbucciandogli la pelle e spegnendosi. La reazione era finita. Tutti quanti sbucarono dai propri nascondigli.

―Ma cosa diavolo è successo?― Chiese lo sceriffo.

―Buttare acqua su un acido concentrato non è mai una buona idea― Puntualizzò Mark, cui gli schizzi non potevano impensierire ―Quella massa sta sprigionando molto calore per corrodere in fretta la carne del nostro amico e di conseguenza, l’acqua versataci sopra, è andata immediatamente in fase di ebollizione, liberando in tutte le direzioni un’eruzione di acqua mista ad acido diluito in essa.

―E allora che dovremmo fare?― Chiese la Linaker, sporgendosi dalla porta, ma non del tutto per la paura che il disastro potesse ricominciare.

―Signore― Dave si fece accanto il suo superiore ―Questi due sono gli unici rimasti che sanno come trattare questa creatura.

―Dunque dovremmo affidarci a loro― Chiese con tono incredulo, grattandosi il mento e dando un'occhiata penetrante a Cladzky, che si portò una mano alla gola, e Mark, che rimase impassibile per ovvie ragioni. Poi guardò di nuovo la figura misera di Cronenberg, che aveva ormai perso conoscenza mentre la Linaker gli teneva la testa sollevata e gli faceva aria con un ventaglio. La sostanza nera era come divenuta semitrasparente da quanto si era allungata per comprendere, adesso, l’intero dorso e palmo sinistro del benzinaio, e si poteva vedere la pelle sottostante, ormai completamente corrosa e i muscoli che si contorcevano sotto lo stesso trattamento. Esalò un respiro di rabbia ―E sia. Trovate un modo per liberarvi di quella cosa.

―Ma fate in fretta― Li pregò la bionda.

―Prima di tutto― Ragionò Cladzky, spettinandosi la cresta e camminando intorno. Di situazioni folli da risolvere ne aveva avute nelle sue avventure, doveva avere una soluzione. Inoltre, se fosse risucito a salvare il signor Cronenberg, magari, per riconoscenza, lo avrebbero rilasciato. Ecco che, senza bisogno di pensare troppo, la soluzione gli apparve davanti. Corse verso una parete, dove stava affisso un estintore ad anidride carbonica, giusto sotto un cartello d’alluminio che avvisava di adoperarlo in caso d’emergenza. Lo strappò dai morsetti e lo lanciò verso Vincent Dawn, che lo prese al volo, sgomento.

―Ma certo― Realizzò Dave ―Possiamo congelarlo con quello.

―No― Li fermò Mark ―Quell’affare ha un getto che scende settantotto gradi sotto lo zero. Uno sbalzo di temperatura come quello rischia di fargli implodere il braccio.

―Ma se non facciamo qualcosa in fretta dovremo amputarglielo lo stesso― Fece notare la Linaker.

Cladzky ragionò ancora, mentre il pandemonio di voci aumentava e così l’effetto dell’acido sul poveretto, che biascicava sbavando dalla bocca. Acido? Cronenberg? Gli tornò in mente una domanda che fu proprio lui a porre nei riguardi del solvente.

“Acido o basico?”

―Signora!― Proruppe nuovamente Cladzky, saltando oltre il bancone e mettendolesi davanti ―Avete della soda casutica?― Lei parve non capire. Dovette utilizzare il termine di un derivato ―Candeggina.

―Gliela volete versare addosso? Non vi basta com’è ridotto?― Sbottò lo sceriffo.

―Sceriffo, si fidi un momento― Lo esortò Dave, che aveva preso il posto della donna per fare aria e reggere la testa al disgraziato. La pelle continuava a crepitare. La donna annuì e gli fece cenno di seguirlo sul retro. Attraversarono la piccola cucina tirata a lucido, per porsi  poi davanti a una piccola porta di servizio in plastica, giusto accanto la cella frigorifera. La bionda faticò un attimo a trovare la chiave giusta da un mazzo che teneva in tasca, ma infine gli riuscì di sbloccare la serratura. Apertala si trovarono in una stanzetta adibita a sgabuzzino, con i più svariati prodotti per la pulizia che un locale abbisogna. La linda faccia di un uomo calvo gli faceva l’occhiolino dall’etichetta stampata e affissa sopra un fusto di ipoclorito di sodio. Lo afferrò e corsero indietro. Ritrovarono gli altri in attesa, con Cronenberg che aveva ripreso a urlare, ora che la sostanza aveva superato il polso. Dave gli aveva ripiegato la manica della camicia, cosicché non si fondesse insieme la pelle già sciolta.

―Prima che gliela versiate addosso posso sapere cosa intendete fare?― Richiese Dawn, con ancora l’estintore in mano.

―Gli acidi e le basi si annullano a vicenda, fermando così il processo di corrosione di entrambe― Spiegò rimuovendo il tappo e preparandosi ad annaffiare la creatura ―Una volta fermato l’acido, sarà la creatura a corrodere a sua volta per la candeggina. Quando succederà tenterà di scappare, quindi si tenga pronto con il getto per congelarla.

Lo sceriffo annuì, deciso. Cladzky si sporse sopra la massa vibrante. Aveva quasi raggiunto metà dell'avambraccio da quanto mangiava rapidamente. Le dita erano ormai fuse insieme, sciolte sotto la furia carnivora di quella roba e l’osso si mostrava sotto muscoli spezzati. Inclinò il recipiente. Ci fu una reazione peculiare. Invece di continuare a sfrigolare, colta da quello zampillo azzurro, la superficie mucosa della creatura si polverizzò in un composto salino, mentre il corpo sottostante brillava di verde sotto il proprio manto. Si contrasse di scatto, via dalla pelle, che lasciò scarnificata dietro di sé, saltando via, un movimento innaturalmente improvviso al contatto con l'ipoclorito di sodio. Dawn attivò il getto dell’estintore, mentre Cladzky, Linaker e Dave si fecero indietro perché non gli saltasse in faccia. Ma non fu la loro quella cui l’organismo puntava, precipitando invece su quella del povero Cronenberg, coprendo naso, occhi e bocca. La sua massa era di molto aumentata dopo quel pasto. La scarica d’anidride carbonica colpì con un momento di ritardo, investendo il sangue nero che saltò via di nuovo, lasciandosi dietro, in una nube di fumo, il volto surriscladato del povero benzinaio. Quella macchia solcò l’aria fino a cadere per terra, si fece spazio fra lo scalpiccio di piedi del pilota in bianco e la gestore e s’infilò dietro la porta semichiusa del retro, non prima che la donna provasse a colpirlo una seconda volta con un mestolo di acciaio inox, ma fu come colpire il pavimento sottostante. Il sangue nero era sparito. Cladzky ebbe l’impulso di seguirlo immediatamente, ma si rese conto che nessuno aveva fretta di darsi alla caccia della creatura. Cronenberg giaceva rantolante sul banco, agitando la mano sinistra per aria, ridotta a uno scheletro insanguinato, con ben poca carne sopra e cosparsa di macchie verdi, il tutto deformato dal calore che ancora sollevava nubi tossiche dai resti. Il viso, seppure a breve contatto con l’essere, aveva subito un’immediata liquefazione dei tessuti e ora, il miserabile, si tastava con la mano destra il viso sfregiato solo per rimanervi attaccati pezzi di pelle come mozzarella filante. Gli occhi si erano arrossati, mentre le labbra si spaccavano e rilasciavano copiose quantità di sangue che si mischiava con la saliva. I peli delle sopracciglia si erano come bruciati, cadendo in polvere poco a poco. Le guance si squarciavano da quanto la bocca le stirava nel cercare di urlare con una lingua sbiancata. Odore di carne bruciata si levò da quel relitto umano.

―Uccidetemi― Fu tutto quello che riuscì a proferire, prima di sputare un incisivo sul viso di Dawn e le labbra gli si fusero insieme.

―In nome di dio, chiama un medico― Esclamò lo sceriffo con un volto di disgusto e paura, mentre si toglieva quell’osso bollente dallo zigomo con gesti scomposti. Ma Dave non lo ascoltava. Il suo sottoposto era svenuto sul pavimento. Cladzky ci provò ma proprio non gli riuscì di trattenere il vomito.

Infine anche il naso si sciolse come crema, liberandosi di ogni cartilagine e lasciando scoperta la cavità nasale. Un volto da teschio continuava a sputare e dimenarsi in smorfie sempre più irriconoscibili. Quel macello di sangue e carne verdognola non era più il signor Cronenberg.

“Uccidetemi” Avrebbe voluto ripetere, ma proprio non gli riusciva. Forse perché la punta della lingua gli si era staccata e precipitata in gola. Cominciò a soffocare. Fu attraversato da fremiti. Infine non si mosse più. Dawn estrasse il folgoratore, ma era troppo tardi. Quando quella testa scoppiò come un palloncino pieno di sangue, frammenti d’osso e carne verdognola, Cronenberg era già morto per potergli essere grato.

   
 
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