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Autore: FreddyOllow    06/09/2021    1 recensioni
Un autore emergente vuole scrivere un semplicissimo racconto, quando il nonsense prende il sopravvento
Genere: Commedia, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se nella testa c'è il casino, nel casino cosa c'è?
- Mimmo cose ovvie

Nel mondo contano solo due cose; uno, due...
- Mimmo cose ovvie

Più ti prendi cura di qualcosa, più qualcosa si prende cura.
- Mimmo cose ovvie

Lungo la mia strada ho affrontato deliri che... Un cornetto, grazie.
- Gino disturbo polare artico

Più conosci una persona, più la persona ti conosce.
- Mimmo cose ovvie

Ci sono persone che conosci, persone che sconosci, persone nelle persone.
- Mimmo cose ovvie

Ho fatto della mia vita un capolavoro astratto. Infatti non si capisice un cazzo.
- Mimmo cose ovvie

Se apri una bottiglia di fanta... Mmmh, buona la sprite.
- Gino disturbo polare artico

Mi sono sempre detto... Mi sono sempre detto.
- Alberigo come, prego?

Mi pare di aver vissuto una vita senza aver fatto niente... Infatti non hai fatto un cazzo.
- Gino disturbo polare artico



 

PRO-LOGO, PIÙ LOGO CHE PRO





Un autore emergente siede alla scrivania, apre il suo netbook e comincia scrivere. «Quanto segue è una storia nonsense, delirante e...»
«Ma va» lo interrompe l'Aristotele-dei-poveri.
L'autore lo ignora. «Così come il testo, le frasi e...»
«Bla, bla, bla... che noia!»
L'autore cancella il dialogo, ma quello riappare di nuovo.
Aristotele-dei-poveri scoppia in una grassa risata. «Fai pure, cancella. Dai! Cancella.»
«Smettila di interrompermi» dice l'autore, irritato.
«È nella natura del desiderio di non poter essere soddisfatto, e la maggior parte degli uomini vive solo per soddisfarlo.»
L'autore si acciglia, confuso. «Ma che...»
«Rinominami, sciocco. Sono il vero Aristotele.»
«Dici sul serio?»
Aristotele-dei-poveri si piega dalle risate. «Dovresti vedere la tua faccia da ebete. Sei un completo idiota.»
«Vattene!» sbuffa l'autore, infastidito.
Aristotele-dei-poveri si chiude la porta alle spalle.
«Ah, Finalmente posso scrivere la mia storia in santa pace» dice l'autore, che si stiracchia sulla sedia. «Tanto tempo fa, in un...»
«...in un buco nella terra viveva un hobbit» ride Aristotele, sbucato da un oblò a caso.
«Ma...»
Appare Tolkien a caso. «Ehi, voi due hobbit!» Li squadra attentamente. «Ah, non siete hobbit.»
«Volevo sfottere questo autore emergente.» dice l'Aristotele-dei-poveri.
L'autore incrocia le braccia, imbronciato. «Ehi, io sono bravo a scrivere, capito?»
Mentre Tolkien prende una pipa da un taschino interno della giacca, Frodo e Sam si materializzano alle sue spalle con della profumata e sublime erba pipa del Decumano sud.
Tolkien fa partire un anello di fumo dalla pipa. «Venite, signorino.» Scuote la pipa nella mano. «Prima dovete assaggiare questa eccellente erba pipa, poi potrete scrivere. Le vostre dita diventeranno magiche.»
«Ma io...»
«Guardate come mi ha chiamato nel suo racconto: Aristotele-dei-poveri» dice con un ghigno. «Io sono il vero Aristotele. Sono uno scienziato, un filosofo, un innovatore e costui...» Punta il dito verso l'autore, indignato. «Costui si fa beffa del mio genio!»
Tolkien fa un altro sbuffo di fumo. «Non siate maleducato, buon'uomo. Siate gentile e correggetegli il nome.»
L'autore aggrotta la fronte, frustrato. «Va bene, va bene, lo faccio.»
«Oh, sì, ora va molto meglio,» ridacchia, «però io vorrei anche un soprannome.»
L'autore lancia le mani in aria, esasperato. «Dannazione! Niente soprannomi, nomignoli o, o, o, che diavolo! La storia è mia. Non ho bisogno di giustificarmi!»
«Un hobbit che si rispetti è educato con i suoi ospiti» dice Tolkien, guardandolo con aria di rimprovero.
«Ma lui.. Lui non è mio ospite. Si è intrufolato nella mia storia. Vuole sviarmi, farmi impazzire e, e, e mi prende anche in giro! E poi... poi io non sono un hobbit.»
Qualcuno bussa alla porta.
«Chi sarà mai?» borbotta l'autore.
Altri colpi, più forti, più insistenti.
«Un attimo, dannazione!»
Quando apre la porta, un Bilbo indaffarato si fionda nella stanza con in mano un grosso tomo. «Ah, ma siete qui?»
Tolkien gli sorride mentre inspira fumo dalla pipa.
«Ma tu sei Bilbo» dice l'autore, sbalordito.
Bilbo incrocia le braccia e lo scruta da dietro i suoi occhietti sospettosi. «Sì, sono proprio io: Bilbo Baggins, figlio di Bungo Baggins e di Belladonna Tuc. Unico proprietario di Casa Baggins. Chi siete? Un amico di Otto e Lobelia? La casa non è in vendita! Andate a riferire.» Arriccia le labbra.
«Cos'è? Un raduno di hobbit?»
Bilbo posa il tomo sul tavolo. «Statemi bene a sentire, signor so-tutto-io. Sono qui perché sua signoria Tolkien ha ancora altre storie da scrivere, intesi?» Si guarda intorno, rabbrividendo per il ribrezzo. «Non so perché sua signoria sia comparso in questo tugurio che chiamate casa. È molto peggio dell'abitazione dei Sackville-Baggins. Otto e Lobelia possono ritenersi fortunati di non vivere qui. Per bacco, puzza peggio di una fetida tana di stupidi orchi.»
L'autore si gratta la testa, disorientato.
«Mio grande amico, Bilbo.» dice Aristotele. «Non sprecar parole con il finto sordo, poiché egli non ode e finge di non comprendere.»
L'autore scuote la testa, sbigottito. «Da quando ti esprimi con quel gergo?»
«Da sempre.»
«Prima non parlavi così. E poi... poi questa non è una citazione di Aristotele. Anzi, non appartiene a nessuno. Te la sei inventata di sana pianta!» Gli punta il dito. «Tu, tu, tu sei un impostore!»
Aristotele smorza una grassa risata.
Tolkien fa partire un ultimo grande anello dalla pipa, si alza con calma, prende il tomo dal tavolo e se ne va, seguito dall'allegra combriccola di hobbit che borbotta un motivetto altrettanto allegro.
«Dove ve ne andate tutti?» chiede l'autore, pensieroso.
Tolkien gli lancia un sorriso sincero, lascia un po' di erba pipa sul tavolino ed esce dalla stanza.
«Ecco! Bravo! Complimenti!» dice Aristotele, arrabbiato. «Hai fatto fuggire Tolkien e i suoi piccoli amici. Sei contento, ora?»
«Io? Sei stato tu. È colpa tua. Devi sempre metterti in mezzo a tutto. Sei un odioso ficcanaso!»
«Quanto rancore, quanta presunzione.»
«Basta. Io, io... io cancello tutto, ecco! Tutto!»
«Ehi, no, no, no aspetta, ok? Per favore. Sii gentile con un vecchio. Non fare così. Stavo scherzando. Aspetta un attimo.»
Nell'udire un attimo, Roberto Giacobbo appare a caso. «Sì, ma tra un attimo! Dopo la pubblicità!»
Sconcertati, Aristotele e l'autore si voltano verso di lui.
«E tu da dove salti fuori?» domanda l'autore.
«È Roberto Giacobbo.» risponde Aristotele.
«Buonasera, amici di Freedom!» dice Roberto con un sorriso mellifluo.
L'autore si gratta la nuca, perplesso. «Ma con chi parla?»
Un macellaio dalla faccia confusa si materializza per un istante. «E io che cazzo ne so, scusi» e scompare così come è venuto.
Tutti si guardano, perplessi.
«In questa puntata di Freedom,» dice Roberto, «scopriremo i misteri che si celano dietro...»
«...I tuoi affanni» ride l'autore. «Ogni qual volta sali due gradini, ti parte l'affanno a go go.»
Roberto lo guarda con estrema pietà. «...Dietro le boiate di questo racconto.»
L'autore smette improvvisamente di ridere. «Ehi! Non sono boiate. Non scrivo boiate, ok? Io sono un bravo scrittore, capito? Sono bravo. E chi dice il contrario non capisce niente! Niente!»
Alberto Angela compare a caso e guarda una lampada d'ufficio come fosse una telecamera. Afferra l'erba pipa e se la rigira in mano. «Ed ecco questa antica pianta che risale, pensate un po', ai primi albori dell'umanità. Le fonti che ci sono pervenute, sono ataviche e...»
«Atavi... che?» dice l'autore, confuso. «Ma che ha detto?»
Il macellaio dalla faccia confusa appare di nuovo. «Ma io che cazzo ne so, scusi» e scompare.
«Avete scambiato la casupola di uno scrittore fallito per una bettola?» Domanda Aristotele, più confuso dell'autore che lo guarda torvo. «Ora che ci penso: è peggio di una bettola» ridacchia.
Alberto Angela s'incammina per la stanza, accarezzando dolcemente le pareti. «Immaginatevi di vivere in questa lurida catapecchia dalle mura e i pavimenti ammuffiti, maleodoranti. Un flebile fuoco scoppietta in un cammino. Ci troviamo in un ambiente degradante, dove la bellezza trova le porte chiuse. Immaginatevi la sensazione di tristezza e angoscia che pervade l'aria. E immaginatevi...»
La faccia dell'autore diventa paonazza, del fumo sbuffa dalle sue orecchie con un fischio acuto. CIUF! CIUF! Poi gli va incontro, alzandosi le maniche del maglione. «Immaginatevi che gli spacco la te...»
Aristotele lo ferma, gli blocca le braccia da dietro. «Su, su, da bravo. Non fare così. Su, su.»
Alberto Angela aumenta il passo e, senza togliere la mano dalle pareti, racconta alla lampada d'ufficio un'antica arte dimenticata della lavorazione del legno: la lagna degli autori emergenti gne gne gne. Esce dalla stanza.
«Ebbene, amici di Freedom» sorride Roberto Giacobbo. «Siamo arrivati al termine di questa puntata e...»
«Ma se non hai fatto un cazzo per tutto il tempo!» dice l'autore, adirato.
Roberto spalanca allegramente le braccia in aria e guarda il soffitto. «Freeeedoooom!»
L'autore si tappa le orecchie. «Per che cazzo gridi?»
E no, questa volta non appare il Macellaio dalla faccia confusa.
E io invece appaio. E io che cazzo ne so, scusi.
Una porta sbatte nella stanza. Aristotele se l'è filata.
Si materializza Mosconi, si guarda intorno. «Ma, ma, ma chi è chel mona, che, che, che, sbatte la porta, che, che, chiude urlando.»
L'autore è nel pieno delirio, urla, si strappa i capelli, si graffia la faccia. «AAAAAAAH! Io volevo solo raccontare una dannatissima storiaaaaaaa! Una cazzo di storiaaaa! Una! SOLO UNAAAAAA!» Lancia il netbook contro la parete e se ne va, sbattendo la porta alle sue spalle.
«Ma che oooooooooh!» urla Mosconi, irritato. «Ma non possono sbattere le porte, Dio bonooo!» Si calma, fa un profondo respiro e si sistema la cravatta. Fissa il foglio che tiene tra le mani e si schiarisce la gola. «In classifica la Glaxo ha sempre sei vant...» Un rumore molesto a caso lo interrompe. «Dio porcoooo!» Rotea gli occhi al soffitto e incrocia le braccia, avvilito. Dopo un lungo momento dice: «Dio ha sempre sei vantaggi di lunghezza».
   
 
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