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Autore: shaaaWn_    06/09/2021    1 recensioni
Normale.
Ordinaria.
Tipica.
Così poteva essere definita quella serata.
Nulla fuori posto, nulla fuori dal comune.
Attorno a lui ognuno viveva la propria vita e si godeva la cena con tranquillità.
Non seppe perciò dire con certezza, come si insinuò in lui la domanda che pose istintivamente al suo amico, seduto di fronte a lui.
"Hai mai baciato qualcuno?"
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NOTE
Sono finalmente tornato con una nuova oneshot sugli Ineffable Husbanbds sono molto contento, spero vi piaccia!!
infomrazione di servizio, non riesco ancora a cambiare il nickname su efp quidni se potreste rivolgervi a me come Shawn ve ne sarei grazto grazie mille



Il Ritz pullulava di persone quella sera.

Il loro chiacchiericcio allegro e frizzante andava disperdendosi nell'ampia sala raffinata, mescolandosi alle dolci note provenienti dal pianoforte.

I camerieri giravano tra i tavoli scattanti, mantenendo pur sempre un passo moderato ed elegante, degno del ristorante in cui lavoravano.

L'odore delle squisite pietanze presenti sul tavolo gli solleticava le narici ma nulla di più, d'altronde non era mai stato un gran amante del cibo.
Non quanto Aziraphale, intento a gustare con aria sognante, l'ultimo pezzo dell'enorme bistecca che aveva ordinato.

Mai aveva visto un piatto svuotarsi così rapidamente, rimanendo oltremodo senza neanche una briciola o una traccia di sugo.
Oramai aveva smesso di meravigliarsi, la voracità dell'angelo era tanto inusuale quanto il suo essere avvezzo a maltrattare le piante.

Normale.
Ordinaria.
Tipica.

Così poteva essere definita quella serata.
Nulla fuori posto, nulla fuori dal comune.
Attorno a lui ognuno viveva la propria vita e si godeva la cena con tranquillità.

Non seppe perciò dire con certezza, come si insinuò in lui la domanda che pose istintivamente al suo amico, seduto di fronte a lui.

"Hai mai baciato qualcuno?"

Spesso si ritrovava vagare annoiato tra i suoi pensieri, in quei piccoli frangenti in cui vigeva solo silenzio tra di loro, e si inculcavano in lui le domande più strampalate.

Come quella, ad esempio.

Che fosse stato il rosso vivace della succosa fragola posta sulla torta che Aziraphale non aveva ancora toccato a richiamare in lui ciò?
O forse la coppia seduta a qualche tavolo più là che non faceva altro che scambiarsi sguardi desiderosi?

Ad ogni modo, aveva sganciato la bomba e la curiosità aveva invaso la sua mente, sovrastando qualsiasi altra cosa, come una potente onda durante una tempesta.

Posò lo sguardo non più distratto sull'angelo, che all'udire la domanda aveva rovesciato qualche goccia di Chateau Lagrande per lo stupore, imbrattando la tovaglia pregiata.
Questione di qualche secondo e le macchie scarlatte sparirono.

Irrequieto, lo vide tamponarsi le labbra con il fazzoletto rigorosamente a fantasia tartan che ripose con cura in tasca una volta finito.

"Credo di non aver capito bene, caro."

Sapeva avesse capito fin troppo bene ma formulò nuovamente la domanda con nonchalance, al contrario dell'angelo che sembrava essere sulle spine.
Trovò quella reazione un pelino esagerata, aveva semplicemente chiesto se avesse mai provato quell'esperienza che a dirla tutta, non era così oltraggiosa come Aziraphale la definì.

"Non mi sembra il luogo adatto per parlarne," aveva ribattuto, mascherando il suo tono inquieto mostrandosi stizzito, senza rendersi conto di essere un libro aperto.
Specialmente per Crowley.

"Come sei pudico!" lo rimbeccò il demone, "è di un bacio che parliamo, non di avventure di una notte."

Aziraphale gli scoccò uno sguardo torvo.

"Rimane comunque un argomento di cui discutere in privato ," disse con fermezza, marcando l'ultima parola.

Notò come la forchetta affondò brutalmente nel Pan di Spagna e cominciò seriamente a domandarsi come mai l'avesse sconvolto a tal punto.

Cadde il silenzio.
Aziraphale ingurgitò la fetta di torta con forza, quasi fosse fatta di carta e Crowley giurò di non aver mai assistito ad una scena del genere.
Possibile che fosse talmente turbato da non riuscire a godersi il suo amato dolce alle fragole?

La situazione cominciava a puzzargli e una volta pagato il conto, salirono nella sua auto e si diressero verso la libreria dell'angelo, accompagnati da quel silenzio assordante.
Neppure la radio aveva acceso, talmente forte era la tensione presente nell'abitacolo.

Stringeva il volante smanioso, arrovellandosi pur di capire cosa ci fosse dietro a quell' angoscia, che era apparsa magicamente non appena la fatidica domanda era fuoriuscita dalle sue labbra.

Perché era così turbato?

La Bentley si fermò davanti la libreria, le cui persiane come di consueto erano abbassate e il cartello con scritto elegantemente "siamo chiusi" appeso alla porta d'ingresso.

Aveva chiuso prima quella sera, non che solitamente fosse un posto affollato, per la gioia di Aziraphale che non aveva alcuna intenzione di separarsi dalle due prime edizioni, custodite gelosamente.

Si fece scappare un mezzo sorriso, avendo sempre trovato quel tratto bizzarro stranamente intrigante e con gli occhi puntati sulla strada illuminata davanti a sé, udì lo sportello aprirsi e l'angelo scendere, senza proferir parola.

Quando però non sentì lo sbattere della portiera, voltò la testa alla sua sinistra e vide il suo amico ciondolare, indugiando sul da farsi.

"Angelo? Ti sei incantato?"

"Oh, no no! Solo che..." le parole parvero morirgli in bocca.

Crowley aggrottò le sopracciglia nell'assistere a quella scenetta, che cominciava a farsi pian piano sempre più imbarazzante.
Si sporse in avanti nell'abitacolo, scrutando meglio il volto di Aziraphale, contratto in un'espressione bizzarra, a detta sua.

"Che cosa?"

"Ricordi quella volta che ci siamo casualmente incontrati in Italia? Eravamo in Toscana, non ricordo precisamente la zona, forse a Siena? O ad Arezzo? Credo fosse Pisa-"

"Arriva al punto, angelo," tagliò corto il demone, sentendo la pazienza venir meno.

"Ho dell'ottimo Chianti che aspetta solamente di essere bevuto, ti va?"

Aziraphale gli rivolse un timido sorriso e ovviamente non se lo fece ripetere due volte, non avrebbe mai potuto rifiutare un invito del genere sebbene non gli fu poi molto chiaro quel tergiversare.

Parcheggiò la Bentley, per così dire, infrangendo più o meno una decina di regole del codice stradale, e con il suo solito ancheggiare seguì l'angelo all'interno della libreria.

Il luogo era pregno dell'odore pungente di pagine vecchie e del delicato aroma del tè che spesso e volentieri Aziraphale gustava in sua compagnia, seduti l'uno di fronte altro.

Pure allora si accomodarono nelle stesse identiche posizioni: lui tranquillamente appollaiato sul bracciolo del divano, la gamba sinistra che lo teneva in equilibrio e l'angelo che lo squadrava con il solito cipiglio, poggiato al morbido schienale educatamente composto.

Gli rivolse un sorrisetto sghembo, il mento sorretto dalla sua mano sinistra, prima che la bottiglia di vino pregiato apparve miracolosamente sul tavolino che li separava.
Accompagnato da due calici pronti ad essere riempiti e svuotati, in un loop continuo che si sarebbe protratto per le ore a venire.

Gli unici rumori ad accompagnarli per i minuti successivi, furono la leggera melodia proveniente dal grammofono, il sonoro POP emesso dal tappo di sughero una volta rimosso e il liquido scarlatto che veniva versato con delicatezza nei bicchieri.

Poteva esser definita un'atmosfera rilassante, se solo non aleggiasse una forte tensione tra i due.

Ingollò qualche sorso, sentendo i nervi rilassarsi appena, e posò lo sguardo serpentino nascosto dalle lenti scure su Aziraphale, che nervosamente fissava il vino nel recipiente di vetro, come fosse la prima edizione del libro di profezie di Nostradamus.
Ripensandoci, possedeva già quel volume.

Cominciava ad essere stufo di quel comportamento, tant'è che iniziò a tamburellare freneticamente le dita sul bicchiere, l'aria annoiata e seccata a dipingergli il viso.
La sua pazienza durò ben poco, come di consueto, e quando repentino si sfilò gli occhiali, fece per aprire bocca ma venne preceduto.

"Si."

Quel sussurro flebile si disperse per la libreria, infrangendosi sui numerosi volumi, posizionati con scrupolosità sugli scaffali polverosi.
Lì per lì rimase confuso, non capendo che diamine andasse blaterando l'amico.

"Mi è capitato di baciare una persona nel corso di questi anni," borbottò imbarazzato l'angelo, sistemandosi il colletto della camicia, quasi lo stesse soffocando.

Crowley ne fu sorpreso.
Le sue rossicce sopracciglia rimasero sollevate per una buona manciata di minuti, senza proferir parola.

A dirla tutta, non si aspettava una risposta positiva, anzi non si aspettava una risposta e basta visto il tono duro e chiaro che gli aveva rivolto al Ritz, quindi si poteva definire doppiamente stupito.
E stranamente irritato.
Soprattutto per ciò che Aziraphale disse subito dopo.

"Ma non ti dirò di chi si tratta," gli lanciò uno sguardo deciso, frettoloso, prima di tapparsi la bocca con una bella sorsata di vino.

Le sopracciglia del demone ricaddero giù alla velocità della luce, donandogli un'aria ancor più seccata di quanto già non fosse.

Maledetto angelo e i suoi segrettucci.
Seimila anni di conoscenza e ancora non aveva imparato a fidarsi di lui, che stupidaggine!

Avevano mentito ai propri superiori nel corso della storia, più e più volte, gli avevano tenuto testa durante la Quasi Fine del Mondo, schierandosi contro di loro, mettendo in gioco le loro stesse vite pur di poter rimanere sulla Terra in compagnia l'uno dell'altro
Facevano parte di un'unica fazione, ossia la propria, e quel razza di ingrato si rifiutava di condividere con lui un'innocua esperienza.
Bah, chi lo capiva.
Un passo avanti e tre indietro.

Sbuffò sonoramente, attirando lo sguardo divertito di Aziraphale su di sé e roteò gli occhi al cielo, ingurgitando altro vino.
Gli sembrava quasi insapore, talmente forte era il senso di fastidio che rendeva amara la sua bocca.

"Suvvia Crowley, non fare quel muso lungo, ti ho invitato qui per bere e chiacchierare," lo rimproverò allegramente.

"E poi non è stato nessuno di importante," puntualizzò subito dopo, non capendo che quella constatazione non andava a ridurre minimamente la sua curiosità.
Né tantomeno meno la sua irritazione, sicuramente dovuta al fatto di non poter dare un volto alla misteriosa persona che aveva avuto la possibilità di sfiorare quelle labbra.

Aggrottò le sopracciglia disorientato.
Possibile che l'alcol gli stesse già dando alla testa?
Decise di accantonare tutti quei pensieri e di farsi coinvolgere dall'entusiasmo di Aziraphale, continuando a bere con serenità.

Tanto non era un problema suo.
Se non era stato nessuno di importante, non c'era di che preoccuparsi.
Non che se fosse stato il contrario, si sarebbe preoccupato.
In fin dei conti, si era trattato di un evento isolato e poco degno di nota.
Anche se ripensandoci, non aveva effettivamente specificato se fosse avvenuto più di una volta.
Che l'avesse rifatto nuovamente?
E si era sempre trattata della stessa persona?
E soprattutto chi diavolo era questa persona?

Moriva dalla voglia di scoprirlo, ovviamente per scopi puramente beffardi nei confronti di Aziraphale, e ci vollero parecchi bicchieri di quel meraviglioso Chianti affinché riuscisse a zittire quel desiderio temporaneamente.

"Mi stai dicendo che non sai cosa sia un selfie- BURP."

"Temo di no, mio caro."

"Li ho inventati io! Come puoi non saperlo!" ribatté indignato il demone, il tono di voce leggermente più alto di un'ottava.

"Oh andiamo! Lo sai che non sono abituato ad usare gli smo...no smi? O smu?"

Aziraphale socchiuse gli occhi, riducendoli a due fessure, concentrandosi nella speranza di ricordare quella parola a lui tanto complicata.

"Smartphone?" suggerì prontamente il demone, gli occhi liquidi.

"Esattamente!" gioì trionfante l'angelo "dicevo, sai che non sono bravo ad usarli, quindi come dovrei fare a sapere cosa sia un salfie."

"Selfie."

"Quello che è!"

Lo vide borbottare infastidito quella risposta, prima di tracannare un altro sorso di vino bianco.
Il Chianti era terminato da parecchio.

Il demone venne colpito da un attacco di ridarella improvvisa, che fece alterare ulteriormente il suo amico a tal punto che le sue guance parvero gonfiarsi come due palloncini.
Accentuò solamente la risata.

"Sembri uno scoiattolo!"

"Smettila di prendermi in giro! Scommetto che c'è sicuramente qualcosa che io conosco e tu no! Razza di insolente!" indispettito, gli scoccò un'occhiata di fuoco, più scottante dell'inferno stesso, parola di chi all'inferno c'era stato.

"Sono tutt'orecchi, angelo."

Un sorrisetto sghembo nacque sul suo volto, dedicato unicamente all'amico di fronte a sé, che naturalmente accettò la sfida senza pensarci di volte.

"Mhh...la gavotta!"

"Ti sei scordato di avermi mostrato qualche passo di quel ridicolo ballo?"

"Non è ridicolo, è raffinato," rettificò Aziraphale, con tono solenne.

"È antiquato e ridicolo."

Ecco di nuovo lo sguardo bieco, susseguito da un'attenta riflessione.

"Che mi dici di Alfonso ed Estrella?"

"Opera lirica di Schubert, che tra l'altro fa parte dei nostri, risalente al 1821," spiegò fluente il demone, fiero delle sue conoscenze sebbene Aziraphale non si stesse impegnando poi così tanto a rendergli il gioco difficile.

E a quanto pare, notò l'aria di sufficienza sul suo viso, non che la stesse nascondendo più di tanto e giurò di aver visto le rotelle mettersi in moto, alla ricerca di qualcosa a lui ignoto.

L'attesa fu leggermente più lunga delle altre e stranamente il risultato fu un successo per Aziraphale.

"Il bacio dell'angelo!" esordì di punto in bianco, alzandosi addirittura in piedi.

Quanto a Crowley, aggrottò le sopracciglia.

"Questo te lo sei appena inventato," lo canzonò.

"Aha! Visto? Non lo conosci, ho vinto," raggiante, si vantò del suo trionfo con ben poca modestia, burlandosi di lui e sistemandosi il papillon con fare saccente.

"Dubito esista veramente."

Scettico, sollevò un unico sopracciglio, squadrando il suo amico gioioso, in cerca di risposte che non tardarono ad arrivare, sebbene sotto forma di scherno.

"E invece ti sbagli, caro mio! Il bacio dell'angelo consiste nel baciare dolcemente le palpebre chiuse dell'altra persona-."

"Le palpebre?"

"Si, le palpebre," sottolineò l'ultima parola con durezza, probabilmente dovuta alla sua interruzione incredula e continuò la spiegazione.

"Spesso è usato dalle madri verso i propri figli, ma anche tra le coppie è diffuso."

Conclusa quella lezioncina, Crowley tacque.

Oltre ad essere sorpreso per aver realizzato di non essere poi chissà quale grande esperto degli umani, una specie strana non smetterà mai di ripeterlo, ciò che più lo turbava era la conoscenza di Aziraphale in materia di baci.

Com'era possibile saper l'esistenza di quel cosiddetto bacio dell'angelo?

Non ne aveva mai sentito parlare ed ecco che il suo migliore amico si pavoneggiava nello spiegarglielo.

Come aveva fatto?
Dove aveva appreso quelle nozioni?
Ne esistevano altri di baci che lui non conosceva e Aziraphale si?
E se fosse...

"È stata quella persona non poi così importante ad insegnartelo?"

In verità, la frase sarebbe dovuta essere più colma di sarcasmo, in un chiaro atto di scherno, ma il suo tono si fece improvvisamente più grave e piccolo.
Dettaglio che però non parve essere notato dal suo amico, che impiegò la bellezza di un secondo nel cambiare completamente espressione.

"Ancora con questa storia?" domandò acido, lasciandosi sprofondare tra i cuscini dove prima era seduto Crowley, intento a vagare per la stanza.

Cosa si aspettava da lui?
Che lasciasse correre, fingendo di non aver mai sentito la sua risposta affermativa?
Oh no, non avrebbe potuto mai.
Specie se si parlava di Aziraphale.

"Sai che la mia curiosità non può essere zittita," replicò eloquente alzando le spalle e assumendo un'espressione beffarda che non fu poi molto apprezzata dall'angelo.

Ormai la goccia aveva fatto traboccare il vaso.

"Se non ti conoscessi, direi che sei geloso," lo canzonò vispo l'angelo, il bicchiere vuoto tra le sue mani che minacciava di cadere da un momento all'altro.

Crowley lo squadrò da capo a piedi, le braccia conserte strette al petto.

"Che assurdità!" replicò con fin troppa enfasi, "e poi geloso di chi? di una persona che neanche conosco?"

Geloso? Lui?
Il solo pensiero lo spingeva al rotolarsi a terra dalle risate, insensato com'era.

Vide l'angelo sospirare, poggiando finalmente il bicchiere sul tavolino di vetro di fronte al divano, prima di alzare lo sguardo verso il demone.
Gli occhi appannati dall'alcol si incastrarono tra di loro, in un tacito sguardo di sfida, dubbi e segreti.
A dirla tutta, si trattava di un unico segreto che entrambi custodivano all'insaputa dell'altro.

Gli corrodeva l'anima, li terrorizzava neanche fosse acqua santa o fuoco infernale, si annidava nei meandri dei loro cuori ma era talmente pungente, da rendere la sua persistente presenza soffocante.

Si trovava sia in superfice che negli anfratti delle loro menti, era cristallino com'era opaco, leggibile ma indecifrabile.

Ed era estenuante averci ancora a che fare, specie visti i numerosi e lunghi anni che avevano passato convivendoci.
Stufi.
Stanchi.
Non ne potevano più.

Minacciava di venir fuori ma entrambi convinti della catastrofe che avrebbe causato, si ostinavano a reprimere quel segreto talmente oscuro eppure così semplice e genuino.

Forse fu questo che pensarono, scrutando le così dette finestre dell'anima.
Nessuno dei due volle infrangere ciò che teneva i loro sguardi incatenati, spezzare quel sottile filo invisibile che li univa in quella riflessione profonda in cui si erano immersi.

Occhi incastonati tra di loro, alla fin fine dalle labbra sottili di Aziraphale fuoriuscì un misero sussurro.

"Oscar Wilde."

Flebile, difficile per una persona normale percepirlo, ma giunse alle orecchie di Crowley con una violenza inimmaginabile, risvegliandolo come fosse una secchiata d'acqua fredda in un'afosa giornata di agosto.

Strizzò le palpebre due o tre volte, sentendosi nuovamente a contatto con la realtà.
Di certo l'alcol che aveva in corpo gli procurava vampate di calore e non era proprio il massimo.

"Oscar Wilde?" ripeté la risposta dell'angelo confuso come non mai, storcendo il naso con un'aria prettamente nauseata.

La mente annebbiata causava continui cortocircuiti al suo cervello, che in quel momento lavorava a più non posso, cercando di assimilare quella notizia tanto assurda quanto vera.

"Intendi quel Oscar Wilde?"

"Ne conosci forse altri?" una risata cristallina si levò leggiadra dalle sue labbra, ma Crowley tutto si sentiva fuorché leggero.

Anzi, un macigno pesava insistentemente sul suo petto.
Perché lo turbava così tanto scoprire chi avesse baciato?

Avrebbe dovuto esserne contento, finalmente aveva una faccia e un nome da associare a quello che prima era solo uno sconosciuto senza valore.

"Hai baciato...Oscar Wilde?"

Ripeté per l'ennesima volta quella frase, che fu un mormorio sommesso, volto unicamente a convincere se stesso.

"Esattamente mio caro, ma come ho detto prima non è stato nulla di così eclatante perciò," con una scrollata di spalle, quasi stessero parlando del menù del Ritz, riafferrò il bicchiere miracolosamente pieno e placido ne sorseggiò il contenuto.

Le sue pupille dorate vennero attratte dal pavimento, neanche fosse un magnete e si perse a fissare le strane forme che il parquet andava a creare.

Oscar Wilde.
Il povero scrittore rinchiuso in prigione, con la semplice accusa di amare.
Tsk, umani.
Folli creature.

Il solo pensare quel nome gli bruciava, quasi avesse una ferita all'altezza dello sterno sulla quale era stato gettato del disinfettante.
Irritante e doloroso.

"Tu invece?"

Sentendo gli occhi azzurri dell'angelo puntati su di sé, trepidanti, ebbe l'impulso di scollare lo sguardo dal pavimento ma lo represse.
Si sentiva tradito.

"Io cosa?" chiese in un sussurro, i denti stretti.

"Hai mai baciato qualcuno?"

Congelò sul posto.
Sgranò appena gli occhi offuscati dall'alcol e con le guance imporporate, esitò.

No.
Non l'aveva mai fatto.

In qualche modo, nonostante le numerose avance ricevute nel corso dei secoli, mai e poi mai si era azzardato a compiere un gesto simile.
Forse, inconsciamente, c'era stata in lui una ragione in particolare che lo aveva spinto a non lasciarsi trascinare.

E forse, aveva sperato che anche Aziraphale possedesse quella ragione.
A quanto pare, una vana speranza.

Non seppe con certezza quanto tempo se ne stette sulle sue, ignorando lo sguardo insistente e liquido dell'angelo.
Ironia della sorte, quella domanda gli provocava una sensazione di scomodità, come fosse il colletto troppo stretto di una camicia.
Si sentiva soffocato, soffocato dalla consapevolezza che il suo migliore amico aveva baciato qualcuno.
E lui no.
Lui si era sempre rifiutato.

Cos'era che tanto lo infastidiva?
Che fosse per davvero gelosia?
Il fatto che Aziraphale avesse provato quell'esperienza e lui no?
Era quello ciò che non riusciva a mandare giù?

Con la testa che vorticava, represse quelle domande e riuscì ad adagiarsi in maniera scomposta sul divano, poco distante dall'angelo, al quale rivolse un ghigno.

"Ovviamente ho baciato qualcuno! Sono un diavolo tentatore io, colui che ha indotto Eva a mangiare il frutto del peccato! Che figura farei altrimenti? Gli umani sono creature sciocche e semplici..."

Ed ecco che il suo straparlare si fece vivo in lui, spingendolo a vomitare fuori quante più stupidaggini possibili, sebbene Aziraphale sembrasse stranamente interessato.
Se ne stava muto come un pesce e lo scrutava curioso con gli occhi cristallini, le guance rosse.
Probabilmente l'alcol impediva ai suoi neuroni di elaborare una frase concreta.

"Pensa che Hastur-"

"Di chi si è trattato?"

Il demone venne interrotto, grazie al cielo, da quella domanda più che lecita, arrivata stranamente con un certo ritardo.
Generalmente la curiosità dell'angelo prendeva rapidamente il sopravvento durante le discussioni.
Sta di fatto, che Crowley si ritrovò per l'ennesima volta con la bocca asciutta.

Già angelo, di chi si era trattato?

Il suo cervello lavorò alla velocità della luce, prima di elaborare la risposta più sciocca dell'universo.

"Freddie Mercury," biascicò semplicemente, stupito di se stesso.

Forse non era così assurdo come responso, era pur sempre un demone, poteva andare ovunque e fare qualsiasi cosa.
Ma proprio uno dei cantanti più famosi di sempre?
E proprio il suo cantante preferito?
Lui e la fantasia di solito erano ottimi amici, evidentemente quella sera l'aveva mollato da solo a gestire la sua esistenza.

"Il cantante dei Queen?"

Crowley annuì, poco convinto.

"Quello che è morto di AIDS?"

Eseguì nuovamente quel gesto.

"Non era il tuo cantante preferito?"

Ed ecco di nuovo il cenno con la testa.

"Beh, entrambi abbiamo avuto una chance con persone che ammiravano, che coincidenza!"

L'angelo ridacchiò divertito, ma onestamente non ne capì minimamente il motivo.
Non c'era nulla di divertente, anche perché aveva sparato una balla gigantesca.
Che poi neanche nei suoi sogni avrebbe baciato Freddie Mercury.
Forse.

Il silenzio prese nuovamente il sopravvento, facendo rinascere quella strana tensione nell'aria.
Aveva caldo, la fronte cominciava ad imperlarsi di sudore e il vino nel suo bicchiere era ormai tiepido.
Non sapeva neanche se sarebbe riuscito a berne altro, a malapena si reggeva in piedi e pensava lucidamente.
Fece vagare distrattamente lo sguardo serpentino nella stanza.

Passò dagli scaffali perfettamente ordinati, alla scrivania in legno, alla cassa di bottiglie vuote vicino al tappeto, alle persiane abbassate e alla fine giunse su Aziraphale.
Se le sue pupille fossero state umane, di certo avrebbero assunto una diametro maggiore.
Ne percorse i lineamenti del volto con lentezza, ne osservò rapito le guance tonde, gli occhi chiari, le labbra sottili, poi scese verso il papillon accompagnato dall'amato gilet e dalla camicia, ormai suoi compagni fedeli da più di centottant'anni, le braccia erano adagiate sulla pancia, le mani intrecciate con una certa irrequietezza.

Colpito da quel dettaglio, tornò nuovamente sul volto dell'angelo e ne lesse dell'inquietudine, abbastanza evidente.
Era cupo, agitato.
Si chiese il motivo di quel cambio repentino, ma prima di porre quella domanda venne preceduto dal diretto interessato.

"Tu mi baceresti?"

Se avesse avuto del vino in bocca, probabilmente l'avrebbe sputato per lo stupore.
Fortunatamente, si limitò a strabuzzare gli occhi completamente scioccato da quell'assurda domanda e assunse una posizione più composta, probabilmente per via dell'agitazione che si propagava in tutto il suo corpo.

Aziraphale?
Baciare?
Lui?
Aveva sentito bene?
Oppure gli era magicamente finito del sughero nell'orecchio, perché di certo era l'unica spiegazione plausibile.

Intento a lambiccarsi, non si accorse dei minuti che scorrevano incessantemente e quel fastidioso silenzio parve innervosire ulteriormente Aziraphale, che adirato sospirò.

"Scusami caro, non avrei dovuto porti una domanda del genere."

Lo vide tamponarsi agitato la fronte sudaticcia e crebbe in lui un leggero rimorso, che lo mise altrettanto a disagio.
Non voleva si angosciasse in quella maniera, ma lo aveva pur sempre preso in contropiede con quella frase che non capiva se fosse una richiesta o una curiosità.
Forse sarebbero dovuti entrambi tornare sobri e affrontare la questione più seriamente.

Ripensandoci, forse era meglio così.

Quando ebbe finalmente riacquistato le corde vocali e la capacità di formulare semplici frasi, riuscì finalmente a dire qualcosa.

"Non fartene un cruccio Aziraphale, anzi scusami tu, non era mia intenzione farti angosciare, solo che non capisco la natura della tua domanda..."

Quest'ultima frase venne pronunciata in un sussurro, accompagnata da una leggera e palpabile punta di imbarazzo.

L'angelo emise nuovamente un sospirò, stringendosi nervosamente le mani in grembo con lo sguardo prima puntato sul tappeto ricamato, poi spostato sulla figura allampanata di Crowley.
Ebbe la possibilità di intravedere del dispiacere in quelle iridi azzurre.

"Ti ho confessato di aver baciato Oscar Wilde ma non so se può essere definito un vero e proprio bacio."

Il suo cuore fece una capriola.
Non seppe il perché e detto fra noi non voleva proprio scavare affondo, non quella sera.
In cuor suo sapeva, ma si era sempre limitato a reprimere con forza e sofferenza a costo di non lasciare trapelare nulla.
E naturalmente non poteva buttare i suoi sforzi nella pattumiera.

"Sai all'epoca queste cose non erano viste di buon occhio, quindi ogni volta che ci incontravamo, mantenevamo sempre un certo decoro..."

Per poco il bicchiere non scivolò dalle sue mani, infrangendosi sul pavimento.

"Avevate una relazione...?" chiese con tono asciutto.

"Oh cielo, no!" si azzardò a ridacchiare, "però vi era un certo interesse da parte di entrambi, o almeno così credevo..."

E tornò nuovamente cupo, gli occhi ricolmi di nostalgia.

Crowley cominciava ad agitarsi, soprattutto perché non capiva dove diavolo volesse arrivare l'amico, tant'è che iniziò a tamburellare le dita affusolate sul bicchiere di vetro.
Sperò che il suo sguardo insistente puntato sulla figura rigida di Aziraphale lo spingesse a continuare, il che avvenne dopo poco ma non seppe dire se fosse effettivamente stato merito suo.

"È successo lontano dagli sguardi altrui, si è trattato di un fugace momento, un piccolo contatto con le labbra, nulla di più ed ero convinto che entrambi lo volessimo però..." fece una breve pausa che parve durare ore ed ore.

"Quando l'ho guardato negli occhi non ho visto piacere o dolcezza, solamente rammarico, successivamente ha blaterato come il suo cuore appartenesse ad un altro e da allora non l'ho più visto né sentito, o almeno fin quando non ho scoperto della sua incarcerazione per via della relazione con Alfred Douglas."

Una volta che venne concluso il racconto, Crowley batté le palpebre più volte, allibito.
Sarà che l'alcol gli offuscava i pensieri e ostruiva il normale funzionamento del suo cervello, ma più si lambiccava più non trovava le parole adatte.
Mai si sarebbe aspettato quel risvolto e lui che si era pure ingelosito, che sciocco.

Provava dispiacere per Aziraphale, senza ombra di dubbio, ma avrebbe mentito non ammettendo di sentire una punta di sollievo che scendeva giù per la gola.
Ebbe quasi l'impulso di tirarsi un ceffone.

Nonostante ciò, continuava a rimanere a lui ignoto il motivo della domanda iniziale e a quanto pare il suo sguardo interrogativo sbloccò il silenzio in cui l'angelo si era rintanato.

"Per questo ti chiedo, tu mi baceresti? Se fossi effettivamente innamorato di un'altra persona, perché baciare me?"

Sicuramente per colpa del vino che aveva in corpo, Aziraphale si sporse verso lui con le iridi azzurre che lo scrutavano, colme di insistenza ed esasperazione.
E diamine Crowley avrebbe veramente voluto dire qualcosa di carino, sbornia permettendo, avrebbe voluto rassicurarlo per mettere la sua anima in pace ma ahimè il suo cervello si era evidentemente preso una vacanza.

"Penso che bacerei te."

Silenzio tombale.
Persino il giradischi smise di emettere la sua leggera sinfonia.
Fu il turno di Aziraphale a sbattere le palpebre più e più volte.

"Come?" chiese confuso, sopracciglia aggrottate.

"Cosa?"

"Perché me se ti interessa un'altra persona?"

"Tu mi interessi quindi bacio te."

Si sarebbe volentieri trasformato in un serpente, per scivolare da quella situazione imbarazzante senza vie d'uscita, ma ubriaco com'era, quell'opzione venne scartata.

"Intendi quindi dire che andresti direttamente dalla persona che ami?"

Aziraphale continuò a scrutarlo pensieroso, gli occhi ridotti a due fessure che lo mettevano tremendamente sotto pressione, essendo anche poi a pochi centimetri di distanza.

"Esattamente!" replicò con tono strozzato, annuendo energicamente "intendevo proprio quello!"

Ridacchiò nervosamente, la mano destra grattava la nuca con insistenza.

Quella risposta non parve soddisfare pienamente l'angelo, che rimanendo ad una distanza ravvicinata, assunse un'espressione assorta che rimase sul suo volto per qualche minuto.
Crowley, immobile e confinato nell'angolo del divano, non osò ne dire ne fare nulla, spaventato dalla possibile reazione dell'amico.

Finalmente, dopo un lasso di tempo indefinito sul suo viso ci fu un susseguirsi rapido di emozioni.
Stupore, realizzazione, imbarazzo.

Se avesse avuto una sterlina per ogni volta che Aziraphale si era agitato in quella sera, probabilmente a quel punto starebbe navigando nell'oro.

"Stai bene?" si azzardò a chiedere ma non fu la migliore delle idee.

L'angelo venne preso dal panico.
Cominciò a sudare, gli occhi guizzavano da un lato all'altro, si torturava nervosamente le mani e si appiattì nell'angolo opposto del divano, non che facesse poi molta differenza essendo piccolo.

"Buon Dio, buon Dio..."

Al continuo ripetere quelle due parole come fosse un mantra, il demone iniziò a preoccuparsi dello stato in cui si trovava l'amico.
Senza fare movimenti bruschi, si spostò di fianco ad Aziraphale e posò delicatamente una mano sulla sua spalla sinistra, invitandolo a guardarlo negli occhi.

"Ehi Angelo ci sono qua io, respira e cerca di rilassarti, okay?"

Fosse stato ancora "al servizio" dell'Inferno, quella scenetta sdolcinata gli sarebbe costata cara.
Non che effettivamente l'avrebbero saputo, d'altronde erano sempre stati avvezzi ad ignorare ogni suo movimento.

Udendo quel tono morbido, l'angelo parve riprendersi gradualmente, sebbene non ebbe alcuna intenzione di scollare lo sguardo da terra.

"Sai non sono stato onesto con te Crowley..." cominciò Aziraphale.

"Neanche io a dirla tutta," bofonchiò distrattamente, tenendo saldamente la mano sulla sua spalla.

"E non solo stasera ma- scusa cosa hai detto?"

Beccato.

"Non ho veramente baciato Freddie Mercury," disse in un sussurro, accompagnato da un sospiro di sconforto.

"Oh!"

Fu l'unico verso emesso dall'angelo, che reagì a quella notizia con fin troppo entusiasmo, visto il sorriso sornione che nacque sul suo viso.
Quel gesto lasciò turbato il povero demone, che non esitò a riagganciarsi al discorso che aveva iniziato poco prima.

"Giusto si, stavo dicendo," lo vide sistemarsi meglio sul divano così che potesse osservarlo meglio, "non sono stato onesto, né stasera né nei secoli scorsi, e non solo con te ma anche con me stesso."

Le sopracciglia rossicce del demone non tardarono ad aggrottarsi; proprio non capiva dove volesse arrivare.

"Ho baciato io Oscar Wilde."

Ed ecco che le sopracciglia svettarono all'insù per lo stupore, accompagnate da una leggera schiusura delle labbra ormai secche.

"Ricordo benissimo le parole che mi rivolse dopo: 'Aziraphale, non fingere di cercare questo, solo perché hai paura di trovare ciò che vuoi realmente' e credo finalmente di aver capito a cosa si riferisse..." sussurrò flebile, gli occhi che brillavano al contrario di quelli del demone, ricolmi di confusione.

'Non fingere di cercare questo'.
'Paura di trovare ciò che vuoi realmente'.
Magicamente si accese una lampadina in lui.

"Hai capito cos'è che vuoi realmente?"

L'ampio sorriso che nacque sul volto paffuto dell'angelo bastò come risposta affermativa alla sua domanda.
Forse stava cominciando a comprenderlo anche lui.
O almeno, a prendere coscienza del fatto che avesse sempre represso ciò che desiderava realmente.
Aziraphale.

"E non hai più paura?" mormorò quella domanda, volta più a convincere se stesso, gli occhi serpentini incastonati in quelli azzurro cielo.

Parve aprirsi un mondo dinanzi a lui, le idee finalmente chiare e concise.
Aveva scoperchiato il vaso contenente la verità e dopo tutti gli anni di repressione, percepì un leggero sollievo.

"Un po' si, non so cosa mi aspetta," bisbigliò l'angelo, le labbra all'insù.

"Nulla di spaventoso, parola mia," disse con un sorriso, avvicinando cautamente il volto a quello di Aziraphale.

"Dovrei fidarmi della parola di un demone?" si burlò di lui, imitando il suo gesto.

Si e no quindici centimetri li separavano.

"Ora sono combattuto tra il baciarti e lo spingerti giù dal divano," lo rimproverò scherzoso Crowley, sentendo il respiro caldo dell'angelo solleticargli le labbra.

Dieci centimetri.

"Posso scegliere?"

Cinque.

"No."

Zero.

Soffice.
Fu la prima cosa che penso Crowley, completamente ubriaco non di vino ma dell'angelo che stava baciando.

Si sentiva intontito, quasi fosse sotto l'effetto di un qualche potente afrodisiaco e folgorato, vista la scarica elettrica che aveva trapassato la sua spina dorsale nel preciso momento in cui si erano baciati.

Quelle labbra sembravano essere state create apposta per combaciare con le sue alla perfezione, come dei pezzi di puzzle.
Talmente inebriato da quel sapore, da quell'odore, non appena separarono leggermente le labbra sorridendo, ne sentì subito la mancanza.

Non dissero nulla, gli occhi ricolmi di amore parlarono per loro.
Fu breve.
Giusto il tempo di elaborare quel magico avvenimento e il volerlo ripetere ancora e ancora, che Aziraphale premette nuovamente le labbra sulle sue, intrecciando le dita tra i suoi capelli rossi.

Il cuore di Crowley per poco non esplose, tanta era la gioia che si propagava nel suo corpo secondo dopo secondo.
Si sentiva così leggero, così voluto e soprattutto così amato.
Non gli capitava tutti i giorni ma forse da allora le cose sarebbero cambiate.

Aveva le orecchie tappate e in fiamme, non che avesse comunque una percezione precisa del mondo che lo circondava.
In quel momento esistevano solamente Aziraphale e le sue soffici labbra.

Nulla di più, nulla di meno.

Tenendo le mani saldamente poggiate sui morbidi fianchi dell'angelo, il demone assaporò con delicatezza quelle labbra sottili.
Quando si separarono, emettendo un leggero schiocco, colse l'opportunità per scrutare quanto meglio il volto dell'essere che aveva di fronte e notando i suoi occhi liquidi e luccicanti, le guance rossastre, le labbra a malapena gonfie, non fece altro che innamorarsi di più.
Cercò in fondo al cuore qualcosa da dire, magari una parola dolce ma forse era più stordito di quanto volesse ammettere.

"Siamo entrambi ubriachi."

Fu la prima cosa che gli venne in mente e naturalmente perché non rendere pubblico quel pensiero?
In cuor suo era ancora titubante, fermamente convinto che non si trattava della realtà ma di un assurdo sogno.
Lo aveva rincorso inconsciamente per seimila anni e ora che era finalmente tra le sue braccia, stentava a credere fosse spinto dalla sua volontà.

"Vedrò di baciarti anche da sobrio," controbatté l'angelo, ridacchiando ma lui rimase tremendamente serio.

"Non intendevo quello...", deviò lo sguardo portandolo altrove e dentro di lui crebbe del rimorso.

Aveva spezzato la candida atmosfera che si era creata, nell'arco di due secondi netti.
Un record.

Aleggiò uno snervante silenzio nella stanza per pochi attimi, interrotto poi dal sospiro di Aziraphale che attirò in parte l'attenzione del demone.
Con la coda dell'occhio lo vide concentrarsi e prendere un bel respiro, prima di udire uno strano gocciolino proveniente dalle numerose bottiglie che tappezzavano il pavimento.
Stava tornando sobrio.
E solo perché aveva avuto la brillante idea di aprire bocca.

Quando ebbe finito, strizzò le palpebre disorientato, nonostante ciò si riprese in pochi secondi e gli rivolse un sorriso favoloso, amorevole che per poco non gli causò un arresto cardiaco.
Quello sì che poteva definirsi la fine del mondo.

"Mio caro, sono perfettamente sobrio," annunciò con aria solenne, "ciò significa..."

Stavolta fu lui ad essere preso per i fianchi e non ne fu affatto dispiaciuto, specie per il bacio che ricevette un secondo dopo che non tardò a ricambiare, accarezzando con delicatezza le guance dell'angelo.

Forse quegli anni di attesa erano valsi qualcosa.

"Non ho intenzione di farmi indietro Crowley, né ora né mai, cascasse il mondo" soffiò placido sulle sue labbra, la fronte poggiata sulla sua.

Fu l'ennesima conferma che nonostante tutto sarebbero rimasti per sempre assieme.
Rischiò quasi di commuoversi udendo quella rassicurazione che gli scaldò il cuore, e cercando di scacciare via le lacrime, si avvinghiò ad Aziraphale, stringendolo a sé, in un muto ringraziamento.

Percepì la nascita di un sorriso sul volto paffuto e anche se gli era impossibile vederlo, sapeva per certo quanto meraviglioso fosse.

E pensare che gli sarebbe potuta andare peggio, dopotutto seimila anni di conoscenza non sono una passeggiata e lui e il suo angelo ne avevano avuti di bisticci e incomprensioni durante i secoli.
In fin dei conti, avevano impedito la distruzione del mondo insieme, quindi nulla avrebbe mai potuto fermarli.
Specialmente ora che erano più uniti che mai.

Si cullarono dolcemente, ancora avvolti in quel tacito abbraccio, accompagnati solamente dal battito scalpitante dei loro cuori.
Erano racchiusi in una bolla, la loro bolla di felicità.

"Angelo?" bisbigliò il demone, inebriandosi del dolce profumo che i capelli soffici dell'angelo emanavano.

"Dimmi pure, caro."

Aziraphale lo esortò a continuare, accarezzandogli dolcemente la schiena.
Probabilmente se ne sarebbe pentito.

"Bacio meglio di Oscar Wilde?"

Ecco che il continuo carezzare si arrestò di colpo, il capo dell'angelo arretrò quanto bastò per permettergli di fissarlo in maniera seccata ma neanche poi tanto incredula.

"Non avrei mai dovuto dirtelo," esordì stizzito, provocando uno sghignazzamento da parte di Crowley che non esitò a sporgersi in avanti, riducendo notevolmente la distanza tra i due.

"Quindi è un sì?" sussurrò seducente sulle sue labbra, facendosi scappare un sibilo.

"Taci," lo rimproverò bonariamente Aziraphale con un finto broncio, zittendolo con un bacio.

Il demone sorrise trionfante.
E i dubbi di una vita, parvero sparire in un soffio.

 

   
 
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