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Autore: Luschek    08/09/2021    1 recensioni
«Shiva, apri le danze!»
Shiva obbedisce senza replicare, perché arretra di due passi e volge il capo verso la parete di roccia.
Reiner non capisce nulla di ciò che accade in seguito, perché dallo spavento arretra e perde l’equilibrio. Tutto ciò che sente sono le grida sorprese di Pieck e Marcel, gli applausi dei militari, e, infine, una frase sibilata da Porco che gli fa gelare il sangue nelle vene:
«Quel tizio... è mostruoso.»
Scatta subito a sedere, affinché possa rendersi conto di ciò che sia successo, e boccheggia mentre scruta lo scenario che gli si para davanti. Al posto del muro eretto dai soldati, adesso vi sono solo macerie che presentano gli aloni scuri della combustione.
{Setting: ATLA&LOK!verse | Kid!fic }
Genere: Azione, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annie Leonhardt, Berthold Huber, Marcel, Porco Galliard, Reiner Braun
Note: AU, Kidfic | Avvertimenti: nessuno
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Non tutto il Calore porta Distruzione 

 


Ambientazione: ATLA&LoK Universe. 

 

Om tryambaka yajāmahe sugandhi puṣṭi-vardhanam 

urvārukam iva bandhanān mtyormukīya māmtāt 

We worship the three-eyed One, who is fragrant and who nourishes all. Like the fruit falls off from the bondage of the stem, may we be liberated from death, from mortality. 

  • Mahamrityunjaya mantra 

 

 

«Sull’attenti, soldati!» 

Quell’ordine repentino gli pungola i timpani e, d’istinto, socchiude le palpebre. Spinto da un riflesso involontario, porta la mano tesa all’altezza del sopracciglio, drizza la schiena e serra le gambe.  

Quando gli occhi del generale Magath si posano su di lui e lo sondano, scavano e rivoltano col mero scopo di trovare un’imperfezione nella sua posa, Reiner esercita una concentrazione tale su ogni fibra dei propri muscoli, che essi cominciano a pulsare. La perfezione ha un prezzo caro e quello è il minimo da pagare, per raggiungerla. 

Gli occhi dell’uomo, però, saettano oltre la propria figura dopo qualche secondo e le labbra screpolate di quello si arcuano in una smorfia, mentre borbotta: 

«Shiva, drizza la schiena. Non sei senza spina dorsale.» 

Anche se non rivolge lo sguardo nella stessa direzione del generale, sa che quelle parole sono rivolte al suo commilitone Bertolt. Lui è l’unico a cui è stato dato quel nomignolo inusuale, quanto sinistro: il nome del Dio della Distruzione. Ignora il motivo per cui, sia il generale che i suoi sottoposti, etichettino con quell'appellativo l’altro ragazzo. Egli non parla mai a sproposito – a differenza di Porco, che ha sempre in bocca parole superflue – o troppo poco – come Annie, il cui mutismo perenne è capace di farti dubitare della tua stessa esistenza –, né ha mai dimostrato un accenno di aggressività.  

«Siete pronti per cominciare? Questo è il vostro momento di dimostrare all’Esercito di Riconquista che siete degni di servirlo.» 

A Reiner tremano i polsi, dopo che Theo pronuncia queste parole. Oggi è il giorno della rivalsa, quello in cui tutti e sei hanno la possibilità di cogliere e condividere il frutto del loro duro lavoro. Forse, come ha supposto Marcel durante il pranzo, sarà anche il giorno in cui Shiva mostrerà loro qual è il potere di un Dio. Freme all’idea di assistere ad un tale evento – chissà se proverà la stessa eccitazione, quando incontrerà l’Avatar.  

«Bertolt Hoover» richiama un soldato alla destra del generale, «fatti avanti per la dimostrazione pratica.» 

È adesso che Reiner si concede una rapida occhiata verso Bertolt: il ragazzo è madido di sudore, la frangia gli ricade al centro della fronte, come se nascondesse qualcosa, ha i pugni serrati all’altezza dei fianchi e gli occhi spalancati. Pare il ritratto di un agnello in procinto di essere sgozzato, piuttosto che un dio a cui deve essere offerto un sacrificio. 

I passi di Bertolt sono celeri e inudibili, a discapito della sua stazza – è l’unico che sovrasta tutti in altezza e, fino ad oggi, non ha mai incontrato qualcuno che fosse più alto di lui – e i piedi scalzi sembrano levitare sulla sabbia del campo di addestramento.  

Oltre Marcel, Porco, Annie, Pieck, lui e il generale Magath, non vi sono molti altri spettatori nell’arena di cemento: vi è il tenente colonnello Jaeger, qualche ufficiale e alcuni soldati semplici. Dopo un cenno del capo dell'uomo, quest’ultimi raggiungono il centro del campo, dove si trova Bertolt, e gli si piazzano dinanzi. Essi allargano le gambe e pestano i piedi, sollevano i palmi delle mani verso il cielo e le chiudono in pugni, quando pongono le braccia ritte dinanzi al loro petto. Mentre i dominatori della Terra eseguono questi gesti, di fronte al ragazzo si erge una parete di roccia così alta e spessa, che potrebbe fare concorrenza ai cancelli di Ba Sing Se. 

«Cosa dovrebbe fare?» chiede Porco alla sua sinistra, incuriosito dall’inusuale allenamento.  

Reiner non ha occhi che per Bertolt, il quale fissa stupito l’enorme ostacolo postogli dinanzi. L’ombra del muro oscura persino i raggi solari, difatti il ragazzo si ritrova immerso in un’ombra densa, angustiante. Tutto ciò che riesce a pensare lui, è che se il muro cadesse addosso all’altro, lo schiaccerebbe come il più miserabile degli insetti. Spera che ciò non accada. 

Mentre lo studia, Bertolt volta il capo nella sua direzione e, invece dell’ocra del deserto, dell’azzurro del cielo, del grigio dell’arena, il colore dominante diviene il verde delle iridi che si sono inchiodate alle sue. Si distrae un attimo, poiché scorge un lento movimento delle labbra dell’altro, o così gli pare: la distanza che li separa potrebbe avergli giocato un brutto scherzo. 

«Adesso vedrai, ragazzo» replica il generale alla domanda di Porco, poi continua «Shiva, apri le danze!» 

Shiva obbedisce senza replicare, perché arretra di due passi e volge il capo verso la parete di roccia.  

Reiner non capisce nulla di ciò che accade in seguito, perché dallo spavento arretra e perde l’equilibrio. Tutto ciò che sente sono le grida sorprese di Pieck e Marcel, gli applausi dei militari, e, infine, una frase sibilata da Porco che gli fa gelare il sangue nelle vene: 

«Quel tizio... è mostruoso.» 

Scatta subito a sedere, affinché possa rendersi conto di ciò che sia successo, e boccheggia mentre scruta lo scenario che gli si para davanti. Al posto del muro eretto dai soldati, adesso vi sono solo macerie che presentano gli aloni scuri della combustione. Reiner non ha capito come Bertolt abbia fatto, ma pare che sia stato a causa di quel luccichio se la parete di roccia sia esplosa. 

Il sudore gli gronda dalle tempie e il cuore galoppa impazzito. Non ha mai provato così tanta paura da quando, due anni prima, l’esercito di Riconquista non l’ha strappato dalle braccia di sua madre.  

«Reiner, riprenditi...» 

Marcel lo afferra dalle spalle e lo issa in piedi, stringendogliele. Anche l’amico è turbato da ciò a cui ha assistito, a giudicare dalla frequenza con cui gli trema il labbro inferiore. Alzatosi, Reiner si preoccupa di spazzolare via la polvere dai pantaloncini e dalla canotta verde militare, prima che Theo gridi fino a far pulsare la vena che ha sul collo: 

«Complimenti, Hoover! La prossima volta inspessiremo il muro!» 

Quelle parole sono capaci di fare sbocciare un rossore sulle guance di Bertolt – o almeno, quando ritorna in fila crede che le abbia rosse per quel motivo. Ora che l’altro è più vicino, Reiner si accorge di un particolare che non aveva mai notato prima: un terzo occhio dipinto di rosso al centro della fronte. Tre occhi come Shiva, il dio della distruzione.  

Reiner deve fissarlo parecchio, perché le labbra di Bertolt si incurvano in un broncio, poi si affretta a nascondere l’occhio al di sotto della frangia.  

Sulle sue labbra è pronta una scusa, che non pronuncia mai, dato che il generale Magath lo interrompe e gli ordina di farsi avanti. Reiner pone un passo dopo l’altro e, mentre si avvicina al centro della piattaforma, volta il capo quanto basta per scoccare un’occhiata a Bertolt. 

I loro occhi si incontrano di nuovo – e in quelli di Bertolt, Reiner vi ritrova lo stesso disagio di prima.  

Il suo cuore perde un battito e si ritrova in apnea. Gli dispiace realizza, mentre uno dei soldati strilla un ordine che non comprende.  

Essere il Dio della Distruzione arreca con sé più disgrazie che privilegi, comprende Reiner.  


C’è caciara all’interno della tenda e la sabbia gli solletica le piante dei piedi. Odia quel deserto e spera che presto ritornino alle isole che costeggiano ad Est la nazione del Fuoco – a casa, a Marley. Almeno lì la terra non è brulla e gli alberi sono ricolmi di frutti. Da due anni a questa parte, l’unica flora che Reiner ha osservato sono stati cactus e altre piante grasse di cui ignora il nome. Ha la canotta umida attaccata al petto e ai fianchi, ma non ha la forza di lamentarsi. Vorrebbe soltanto mangiare, difatti si spinge sulla punta dei piedi per contare quante persone abbia davanti. Strizza le palpebre e poggia i piedi a terra, quando un crampo gli contorce lo stomaco. Mancano tre persone e potrà riempirsi lo stomaco. 

 Dietro di lui Porco, Pieck e Marcel commentano la performance di Bertolt di quella mattina. Davanti, Annie si dondola sui talloni in attesa che il cuoco le dia la sua porzione di zuppa.  

«Ooh!» 

«È arrivato Shiva!» 

«Shh, non guardarlo nel terzo occhio, oppure ti maledice!» 

«Wow! Ne ha tre davvero!» 

Quei mormorii si diffondono nella tenda come la malerba in un prato. Reiner si volta e scorge Bertolt all’entrata della mensa, con un piede fuori e uno dentro. Il ragazzo ha le labbra serrate, le sopracciglia corrugate e si massaggia il polso sinistro con la destra. Guarda tutti con un misto di disappunto e disagio, fa oscillare le tendine e sparisce dietro di esse. A quanto pare è disposto a saltare il pranzo, pur di non essere sotto l’attenzione di tutti. È questo uno dei tanti fastidi che deve tollerare un Dio? 

«Stupidi, guardate cosa avete fatto! Adesso è andato via!» grida qualcuno tra i commensali.  

Qualcuno fischia in disapprovazione. Una ciotola vola sull’uomo che ha gridato prima, ma questo unisce gli avambracci e un muro di roccia si innalza davanti al suo volto.  

«Non puoi usare il dominio della Terra qui dentro!» esclama qualcuno nella direzione opposta. È allora che i vassoi cominciano a volare attraverso la tenda, schermi e pilastri di roccia si sollevano, schizzi di acqua bagnano le uniformi dei soldati. Reiner scorge addirittura il baluginio di una fiamma. 

«Andiamo!» esclama Porco, che solleva un pugno verso l’alto dalla contentezza. Marcel, però, gli arpiona la spalla per frenarlo. 

«Non possiamo unirci a loro» lo ammonisce, «oppure ci giochiamo il posto nell’Unità speciale.»  

Porco sbuffa, mentre Pieck si porta due dita al mento e Annie abbandona il suo posto in fila per avvicinarsi a lei. Reiner scuote il capo, infastidito da quell’intoppo, dopodiché si volta verso il banco dove dovrebbero servire la minestra – e lo trova vuoto. Tutti si sono dispersi, perciò Reiner si avvicina e si sporge oltre la superficie. Rannicchiata contro il muro, vi è la donna che serviva il pasto ai soldati. 

«Non si preoccupi. Succede di tanto in tanto» tenta di confortarla, «ma è meglio che esca dalla tenda, prima che inizino ad usare anche il fuoco. L’ultima volta l’hanno bruciata.» 

La donna annuisce, si mette a quattro zampe nonostante l’impaccio del grembiule, e gattona verso l’uscita laterale. Mentre la osserva uscire, Reiner batte le ciglia e l’espressione triste di Bertolt gli balena in mente. Quel ragazzo volevo soltanto pranzare, invece se ne è andato a bocca asciutta e ha involontariamente causato quella rissa.  Al momento starà morendo di fame come lui. È pur sempre un Dio di carne e ossa. 

Abbassa lo sguardo sul banco della mensa e nota che il cesto del pane è pieno. Senza preoccuparsi di essere visto, Reiner afferra un paio di panini e se li infila nelle tasche, finché il pane non sporge da esse. 

«Ehi, non prendertelo tutto!» lo rimprovera Porco, che si avvicina e comincia ad arraffare il pane rimasto. 

«Sbrigatevi. Non voglio essere qui quando Magath arriverà» borbotta Annie, le braccia incrociate al petto. 

Pieck annuisce e comincia ad avviarsi verso la stessa uscita presa dalla donna della mensa. Annie, Marcel e Porco, con le braccia piene di pane, la seguono. 

«Ragazzi, voi andate. Io devo fare una cosa» annuncia Reiner, che li sorpassa mentre tiene le mani premute sulle tasche per non fare uscire il pane.  

«Dove vai, Reiner?» gli chiede Marcel, ma lui non risponde e si dilegua via.  

 

 

È trascorsa una mezz’ora, prima che riuscisse a trovarlo. Nonostante le pianti dei piedi che pulsano e il sudore che gli scorre giù dalle tempie, Reiner si ostina a compiere gli ultimi passi verso Bertolt.  

L’altro ragazzo è nascosto dietro alcune casse di armamenti, che sono state accatastate accanto al filo spinato che delimita il perimetro del campo. Bertolt tiene la schiena poggiata al legno e le gambe strette al petto. Se non fosse per la testa che sporge da dietro la cassa, lui non l’avrebbe scovato. Quando si avvicina, Reiner nota che le palpebre sono chiuse, mentre la frangia è scomposta e rivela il tatuaggio del terzo occhio sulla fronte.  

«Ehi.» 

Bertolt non risponde. Le sue labbra rimangono dischiuse, il respiro regolare.  

«Ehi!»  

Reiner sospira, si guarda intorno, poi, tenendo il pane fermo nelle tasche, solleva una gamba e sbatte il piede nudo contro la sabbia. Uno spuntone di terra si solleva dal terreno e colpisce la coscia di Bertolt, che spalanca gli occhi, si getta di lato e grida. Ha il fiato corto, come se si fosse svegliato da un incubo. Si dispiace di essere stato così irruento, dunque si morde la lingua. Spera di rimediare col pane. 

«Scusa, non riuscivo a svegliarti» spiega Reiner, ma l’altro non lo guarda, troppo preso dallo spavento. 

Bertolt si osserva intorno, prima di posare lo sguardo su Reiner e deglutire. Si mette seduto e passa i palmi sulla stoffa rossa dei pantaloni.  

«Qualcuno… ti ha mandato a cercarmi?» sussurra piano Bertolt.  

È la prima volta che ascolta la voce dell’altro, ma Reiner non se la immaginava così acuto e nasale il tono di Shiva. Quando apre bocca, l’altro dimostra davvero l’età che possiede.  

«No, no. Credo che siano ancora impegnati a sedare la rissa nella tenda.» 

Il labbro inferiore di Bertolt trema e questo stringe di nuovo le ginocchia al petto. Più che il Dio della Distruzione, a Reiner quel ragazzo smunto ricorda un cucciolo di cervo.  

«Non volevo» mormora l’altro e preme il viso contro le gambe. 

«Be’, non è stata colpa tua. Non li hai incitati tu.» 

Bertolt rimane fermo in quella posizione, però Reiner non si scoraggia: si avvicina a lui e gli si siede di fronte. Dalla tasca destra esce un tozzo di pane e glielo porge. 

«Tieni. Ho visto che non hai pranzato» sussurra Reiner. 

L’altro ragazzo solleva lo sguardo, studia il pane che gli tende e scuote il capo. Stringe con più forza le braccia e nasconde di nuovo il viso, sebbene la frangia si scosti con quel gesto e riveli il terzo occhio. Reiner strizza le palpebre e tenta di concentrarsi sulle braccia di Bertolt, piuttosto che sulle linee rosse dell’occhio. 

«Non lo voglio…» 

Quel rifiuto offende un po’ Reiner, che si porta il palmo della mano dinanzi al volto. Non ci sono tracce di sangue, oppure aloni di terra, di conseguenza è pulito. Perché Bertolt dovrebbe rifiutare, se ha fame? 

«Non ti piace il pane?» 

«Sì, mi piace, ma…» Bertolt lascia la frase in sospeso, pizzica la stoffa del pantalone e la contorce.  

«Ma…?» Reiner insiste e sventola il pezzo di pane. Non ha girato il campo con le tasche gonfissime per accettare un rifiuto.  

«Perché me lo hai portato...? Io non ti conosco.» 

Bertolt ha posto una domanda lecita. Probabilmente l’altro non ricorda il suo nome, mentre Reiner conosce bene quello del ragazzo perché nel campo tutti conoscono e parlano di Shiva. I palmi cominciano a sudargli e sa che non è a causa del caldo, bensì dell’imbarazzo. Forse è stato troppo impulsivo.  

«Perché… Mi è dispiaciuto che tu non abbia potuto mangiare.»  

Decide di essere sincero, poiché il danno è già stato fatto quando Reiner si è concesso tanta confidenza nei confronti di Bertolt. Quest’ultimo sbatte le ciglia, poi scruta di nuovo il pane nella mano di Reiner e piano allunga una mano per prenderlo.  

«… Grazie. Pensavo che volessi chiedermi di…»  

Bertolt si sfiora la fronte con le dita e lui coglie il motivo della sua riluttanza. 

«No, no. Non mi importa di quello, l’ho già visto. Alla dimostrazione pratica, intendo. So cosa sai fare.»  

Bertolt annuisce, dopodiché si pettina la frangia con le dita in modo che essa copri il terzo occhio.  

«È nascosto?» gli domanda e Reiner solleva il pollice in su. Soltanto in quel momento Bertolt avvicina il pane alla bocca e ne strappa un morso.  

Reiner estrae un’altra pagnotta dalla tasca, la annusa e la addenta. Il pane è morbido, pieno di mollica e con poca crosta. Bagnato nella zuppa sarebbe stato ancora più buono.  

«In ogni caso, io sono Reiner» si presenta, dopo che ha mandato giù un paio di bocconi.  

L’altro riporta gli occhi su di lui e annuisce. Pare che sia più interessato al cibo, che a conversare. 

«Molto probabilmente saremo insieme nell’Unità Speciale. Diventeremo colleghi, quindi.» 

Forse ha detto qualcosa di sbagliato, perché Bertolt si ferma e abbassa lo sguardo. Apre la bocca per dire qualcosa, però la richiude e si rigira il tozzo di pane tra le dita. Ne strappa un pezzo di mollica e la mette in bocca, dopodiché la rigira con la lingua e la manda giù.  

«Verrai inviato anche tu nella Nazione del Fuoco, quindi?»  

È a malapena un sussurro quello che esce dalle labbra dell’altro, ma Reiner riesce a cogliere ciò che dice.  

«Sì. Se riuscissi ad entrare nell’Unità Speciale e ad avere un ruolo importante nella caduta della Capitale, l’esercito mi lascerà andare a casa da mia madre e lei sarà orgogliosa di me. Voglio entrarvi a tutti i costi.»  

Reiner sorride e si porta una mano sul petto, ma Bertolt lo fissa come si fissa un folle che sproloquia. Il sorriso di Reiner muore quando vede l’espressione dell’altro, perciò Bertolt distoglie lo sguardo e si porta le ginocchia al petto. Nel farlo, il pane gli cade nella sabbia e, accortosi dell’errore, lo riafferra, lo scuote e vi soffia sopra, poi cerca di portarselo alla bocca. 

Reiner si protrae verso di lui e gli afferra il polso, prima che possa addentarlo. L’altro strattona il polso per liberarsi, ma lui stringe con più forza. 

«È pieno di sabbia. Buttalo via» gli intima Reiner, ma Bertolt scuote il capo e strattona di nuovo il braccio.  

«No, no… Il cibo non si spreca…»  

La voce di Bertolt è incrinata mentre pronuncia quelle parole, quasi fosse sul punto di piangere. Reiner corruccia le sopracciglia, ma gli lascia il polso e osserva l’altro ragazzo masticare il tozzo di pane sporco. Quello non batte ciglio, come se fosse normalissimo ciò che ha fatto.  

«Avevo altro pane nelle tasche» gli ricorda Reiner.  

Bertolt sospira e incrocia le gambe, tuttavia non replica, né spiega il suo strambo comportamento. È come se ci fosse una barriera tra loro due che rende incomprensibile qualsiasi gesto o parola che si scambiano.  

«Grazie per il pane. Ora puoi andare…»  

Lo osserva di sottecchi, cercando di scovare qualche dettaglio nel volto dell’altro che gli fornisca spiegazioni. Dopo qualche minuto, Reiner rinuncia e si tira su, batte a terra il piede sinistro e lo spuntone di terra si immerge nella sabbia.  

«D’accordo. Se vuoi restare da solo, non ti disturbo…» mormora Reiner e Bertolt annuisce, anche se ha gli occhi lucidi.  

Forse dovrebbe dirgli qualcosa per consolarlo, ma non saprebbe cosa dirgli: non sa cosa alimenti la tristezza dell’altro. Si gratta la testa, arretra di qualche passo e gli dà le spalle. Si allontana un po’, ma si arresta quando ricorda qualcosa che vorrebbe dirgli dalla dimostrazione pratica.  

«Non dovresti nascondere quell’occhio. È come se tentassi di nascondere un braccio o una gamba. È una parte di te e dovresti accettarla così com’è.» 

Reiner s’infila le mani in tasca e s’incammina, strascicando i passi nella sabbia.   

 

«Non sono stato io, cretino!» grida Porco. 

«E invece sì! Ti ho visto sollevare il braccio!» urla l’uomo che ha di fronte. È alto il doppio di lui e ha una cicatrice che gli percorre l’angolo destro della bocca.  

«Non può essere stato lui! Nessuno di noi ha usato il dominio durante la rissa alla mensa. Non ci interessano queste stupide lotte» afferma Marcel, che si para davanti al fratello e spalanca entrambe le braccia per non farlo avanzare. Porco sporge il viso oltre la spalla dell’altro, cosicché possa guardare in faccia l’uomo che lo ha accusato. 

«Non dite cazzate! Faccia da maiale ha chiaramente lanciato un masso sul mio amico!» 

Dietro l’uomo ci sono altri uomini e donne che indossano casacche verdi, rosse e azzurre. Alcuni annuiscono, altri gridano e incitano alla rissa. Dalla parte opposta, accanto Marcel e Porco, ci sono Pieck e Annie che occhieggiano intorno, finché la prima dà una gomitata alla seconda e indica con un cenno del capo l’abbeveratoio dei cammelli.  

Lì accanto c’è la stalla e dove ci sono animali, significa che c’è acqua limpida che i dominatori possono utilizzare a loro piacimento. 

«Come mi hai chiamato?! Fatti sotto!» provoca Porco, che mostra i denti in un ringhio. 

«Con piacere, ragazzino viziato!» esclama l’uomo, che divarica le gambe e affonda i piedi nella sabbia. 

Quando Reiner vede la prima roccia staccarsi dal terreno, inizia a correre. Marcel spinge dietro Porco e unisce i palmi delle mani, affinché un muro si innalzi tra loro quattro e il gruppo che accompagna l’uomo. Annie e Pieck scattano verso l’abbeveratoio e, mentre la prima viene placcata da una donna vestita di rosso, la seconda riesce a raggiungere la fonte d’acqua e a sollevarne una massa consistente.  

Reiner percepisce i muscoli formicolare a causa dell’adrenalina, ma non si ferma a riflettere: si getta in avanti scivolando sulla sabbia, mentre batte le mani e una colonna solleva verso il cielo l’uomo che ha iniziato la rissa. Porco sembra sparito. Invece, Marcel è al centro della lotta e solleva archi di roccia per ripararsi dalle fiamme di alcuni dominatori.  

È verso l’amico che corre e, quando un dominatore dell’acqua tenta di frustrarlo col liquido, Reiner si rialza, batte le mani e dà un calcio alla parete che si è formata, da cui schizza un disco di pietra. L’uomo è costretto a buttarsi a terra e l’acqua ricade sulla sabbia, che la assorbe.  

«Reiner, grazie!» grida Marcel, mentre rotola di lato e disegna un cerchio sulla sabbia per sollevarsi su uno spuntone di roccia. 

«Hai visto Porco?!»  

Nonostante sia circondato, Reiner deglutisce e nega attraverso il capo. Un dominatore del fuoco gli si para davanti e, senza preoccuparsi di fargli male, solleva entrambi i pugni per farlo volare via, prima che questo possa evocare il suo elemento.  

«Ah! Dannato! Come sai…»  

L’uomo non conclude la frase, perché Porco gli lancia contro alcuni stiletti di ferro. Trovato. L’arma sfiora il fianco dell’uomo, che cade di faccia sulla sabbia per evitare che lo colpisca. Quello tossicchia un po’ e Reiner sospetti che l’abbia ingoiata.  

«Così impari, faccia di culo!» 

Porco richiama a sé il metallo e lo plasma attorno al polso come un bracciale.  

«Porco!» lo richiama Reiner che, prima di proseguire, batte i pugni tra loro per sollevare quattro pareti di roccia intorno a sé. Gli attacchi rimbombano contro la pietra, dopodiché calpesta il terreno col piede sinistro e le pareti vengono inghiottite dalla sabbia.  

«Raggiungi Pieck e Annie, così possono concentrarsi sull’attacco!»  

«Detto fatto!» esclama l’altro ragazzo.  

Il sorriso beffardo di Porco è l’ultima cosa che Reiner vede, prima che un masso centri in pieno l’amico. Dopo, il mondo comincia a muoversi a rallentatore: le grida di Marcel e Pieck che si sovrappongono, Annie che parte alla carica e lancia alcune frecce di ghiaccio, la risata fragorosa del dominatore della terra che ha centrato Porco. Qualcosa pulsa alle tempie di Reiner, finché non comprende che sono i battiti del suo cuore che gli rimbombano in testa. 

Percepisce le lacrime pizzicargli gli occhi, mentre cerca in mezzo al caos la figura di Porco distesa nella sabbia. Non trova nulla.  

Poi qualcuno grida fino a sgolarsi: 

«Buttatevi a terra! È qui, sta mirando a noi! A noi!» 

E qualcuno spinge Reiner sulla sabbia, tenendolo ben stretto tra le braccia esili. I granelli gli si infilano in bocca, nei pantaloni, tra i capelli e pungono lì dove sfregano contro la pelle. Il volto è coperto da un petto che si abbassa e alza con frenesia. Si ode un lungo fischio, seguito dal boato dell’esplosione. Qualche pezzo di roccia esplode, perché Reiner percepisce la sabbia schizzargli addosso. Il nitrito dei cammelli spaventati si diffonde nell’aria, seguito dal rumore degli zoccoli che battono nella sabbia.  

«È stato colpito, è stato colpito…!» singhiozza Marcel e Reiner gli afferra le braccia, poi dà un colpo di reni per ribaltare l’altro.  

Marcel ha gli occhi spalancati, ma non piange, sebbene gli tremino le labbra.  

«È stato solo colpito. Starà be…»  

«È Shiva. È Shiva!» 

«È qui! Il Dio della Distruzione!» 

«È collassata anche parte della stalla! Prendiamo i cammelli!» 

«Sta arrivando Magath! Disperdiamoci!» 

Bertolt è qui pensa Reiner e comprende cosa abbia fatto esplodere la roccia e la stalla. Si tira in piedi e issa su anche Marcel, che, invece di correre a cercare Porco, rimane al suo fianco. Reiner sente la bocca asciutta come il deserto, quando vede che Bertolt sta avanzando verso di loro, poiché tra le braccia tiene un corpo pallido. Porco.  

«Porco!»  

È Pieck che grida quel nome, mentre si solleva dalla sabbia e zoppica verso Bertolt. Annie è distesa poco più in là, gli abiti e il viso ingrigiti dalla polvere, ha gli occhi azzurri aperti e osserva il cielo. Accanto a lei, gli uomini e le donne coinvolte nella rissa scappano avanti e indietro, alcuni per nascondersi, altri per acciuffare le redini dei cammelli fuggiti.  

Bertolt si fa sempre più vicino e ha Pieck al suo fianco. La ragazza ha già recuperato un po’ d’acqua e la fa galleggiare sulla pelle di Porco.  

«È morto…?» domanda Marcel e si aggrappa al collo di Reiner. È la prima volta che sente la sua voce spezzata. Reiner non sa come rispondergli, perché ignora quale sia la verità, tuttavia gli passa un braccio intorno alla vita e lo sostiene. Non lo lascerà di certo da solo in questo momento.  

Quando Bertolt si ferma davanti a loro, si sofferma un attimo a studiare i loro volti, infine abbassa lo sguardo su Porco. Quest’ultimo ha un occhio nero e gonfio, che grazie alle cure di Pieck sbiadisce e si sgonfia man mano, oltre varie escoriazioni sul resto del corpo. L’occhio sano è puntato su Reiner.  

«Non distrarmi mai più. Mi hai fatto perdere un dente» borbotta piano Porco e socchiude le palpebre.  

«Alla fine ho partecipato comunque alla rissa. Ho vinto io.» 

Reiner sbatte le ciglia più volte e si si volta verso Marcel. Questo si è girato a sua volta verso di lui, con gli occhi sbarrati e una lacrima che gli scorre lungo la guancia sinistra. Nonostante ciò, sorride e dopo qualche secondo si lascia andare ad una risata bassa, isterica.  

Marcel si divincola dalla sua presa, barcolla qualche passo in avanti, infine si lascia cadere sulle ginocchia e congiunge le mani in segno di preghiera. 

«Grazie per aver salvato mio fratello, Shiva.»  

Bertolt rimane attonito di fronte quella visione e, per un attimo, a Reiner sembra che tutti si siano fermati per osservare quella scena. Marcel ha addirittura chinato il capo in segno di riverenza, mentre Porco e Pieck studiano in silenzio il volto di Bertolt, in attesa che dica qualcosa.  

Shiva – no, Bertolt, stringe Porco, come se temesse di farlo cadere, e si inginocchia di fronte Marcel. Lascia che Porco distenda le gambe sulle sue, così può allungare la mano libera e toccare la spalla di Marcel, che solleva lo sguardo. L’amico ha gli occhi spalancati, neanche avesse dinanzi l’Avatar in persona. 

A Reiner sembra per un momento che tutti si fermino per contemplare quel momento. Persino Annie si è messa a sedere e osserva la scena, sebbene sfarfalli con pigrizia le ciglia. Qualcuno si è radunato attorno loro, forse per assistere a quell’assurdo teatrino, forse per comprendere cosa sia successo all’interno del campo, o ancora, forse perché si aspettano che Bertolt replichi qualcosa che sia degno di ascolto. 

«Non c’è bisogno che mi ringrazi» bisbiglia il ragazzo più alto, «e comunque... io mi chiamo Bertolt.» 

Marcel abbassa le mani, le appoggia sulle cosce, poi sorride mostrando le due fila di denti bianchi e annuisce. Allunga una mano verso Bertolt e questo la stringe con la mano libera. 

«Piacere di conoscerti, Bertolt. Io mi chiamo Marcel.» 

Le guance di Bertolt diventano rosse e accenna ad un sorrisetto.  

Mentre guarda quella scena, Reiner percepisce una fitta piacevole all’altezza del petto. È contento che Porco sia salvo, ma anche che Bertolt sia riuscito a dimostrarsi per quello che è: un normale ragazzo della loro età. Quando sciolgono la stretta di mano, Marcel si rivolge a Porco e lo stringe in un abbraccio, che l’altro ricambia come meglio può. Accanto a loro, Pieck si porta una mano sul letto e sorride.  

Dietro di loro, Bertolt solleva gli occhi verdi e li punta verso di lui. Reiner percepisce le guance riscaldarsi e perfino la punta delle orecchie, quando le labbra di Bertolt mimano un “Grazie” inudibile.  

Reiner sente che il petto pervaso dal calore, ma quella sensazione estranea non lo spaventa, poiché è un calore che non porta distruzione con sé. 

«Di nulla» sussurra Reiner di rimando e il sorriso di Bertolt si amplia. 

 

 

Note dell’Autore 

Settembre è il mese in cui finisco le OneShot che inizio e procrastino di finire. Questa è una di quelle e, PEGGIO, è un prequel di una Long che prima o poi vorrei scrivere! Quando troverò l’idea per un buon plot, forse questo progetto vedrà la luce, ma al momento vi beccate tante kidfic!  

Informazioni per comprendere meglio la storia: 

  1. Shiva è la divinità più venerata nella mitologia induista, è il signore del tempo e presiede alla dinamica di creazione-annientamento-rigenerazione. Per tale motivo, è anche chiamato “Dio della Distruzione”, stesso appellativo che viene dato al Colossale nel manga.  

  1. Bertolt qui è un dominatore del fuoco e della combustione, come l’Uomo-Combustione in ATLA e P’Li in LOK. Non vi dico altro sulle origini del dominio della combustione, perché vorrei approfondirla nella Long che ho in mente, dato che nelle serie originali hanno approfondito poco questo dominio. Anche in ATLA, l’Uomo-Combustione è stato ispirato al dio Shiva.  

  1. L’esercito di Riconquista di Marley NON è affiliato a nessuna Nazione. Anche questo sarà approfondito nella Long e, si spera, anche nelle OneShots che seguiranno questa. 

Fatemi sapere cosa ne pensate di questa AU particolare, intanto ringrazio in anticipo chiunque dedicherà un po’ di tempo nella lettura di questa storia! 

Un Abbraccio, 

Luschek 

   
 
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