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America
è una nazione giovane, e come tutte le nazioni giovani, non ha ancora del tutto
imparato a prendere le cose sul serio. Ride troppo. Fa un sacco di casino.
Anche se ha dimostrato un minimo di maturità nel momento in cui ha deciso di «fare
a modo suo» e staccarsi da Inghilterra, da quelle sue austere occhiate di
disapprovazione, così tanto tempo fa – la verità è che non ha mai smesso di
ridere a crepapelle di fronte a tutto, come un bimbetto dispettoso.
Ma ogni
anno, da vent’anni a questa parte, arriva un giorno in cui America smette di
ridere.
Alfred
F. Jones è immobile, su un cumulo di spettri di macerie, vestito a lutto e con
un mazzo di rose rosse tra le braccia.
Il fuoco
si è spento, non c’è più traccia di fumo; eppure lui non riesce a respirare, e
nelle sue orecchie risuonano grida e lacrime che squarciano il silenzio di
tomba di un ricordo atterrito. Questa forma umana gli permette di sentire tutto
il dolore del mondo, ed è questo il giorno in cui lo sente di più.
Alfred
F. Jones è giovane. Anche oggi, non può fare altro che posare delicatamente a
terra quel mazzo di fiori, là sulle macerie del passato, e sentirsi
disperatamente impotente perché non c’è nulla che si possa fare – neanche in un
altro milione di anni – per cancellare tutto, per andare avanti come se niente
fosse.
Ogni undici
settembre, America tace ed è solo un paese in lacrime.
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