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Autore: Corydona    17/09/2021    0 recensioni
Sequel di "Selenia - Trono rovesciato"
Le Ombre della Notte tengono Selenia sotto scacco. Uomini e donne scelti tra le corti di Selenia tramano di nascosto per sovvertire l'equilibrio che per secoli aveva resistito. Quell'equilibrio però si è incrinato con l'uccisione di Guglielmo Lotnevi. A cosa mirano le Ombre? Da chi sono comandate?
Nulla è come sembra, e presto anche coloro che credevano di avere la situazione in pugno dovranno fare i conti con la realtà.
Aggiornamenti ogni venerdì!
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Selenia '
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Alzarsi dal letto non era stato difficile. Muovere un piede dopo l’altro e camminare senza cadere a terra o barcollare, invece, le aveva richiesto diversi tentativi. Tuttavia a Flora sembrò di essere tornata a respirare quando uscì dalla camera. Avanzava lentamente, sostenendosi alle pareti chiare di Castelscoglio e rifiutando l’aiuto di quei servitori che avevano osato proporglielo. Voleva farcela da sola.

La magia l’aveva debilitata, prendendo il sopravvento su di lei. In un primo momento ne era stata spaventata, ma nel suo animo era presto subentrata la determinazione. Avrebbe dovuto controllare la magia, entrare in sintonia con essa, plasmarla a suo piacimento e impedire a sé stessa di perdere i sensi ancora una volta.

Non aveva intenzione di fingersi forte, perché con Claudio e Stella non era necessario: non erano lì con lei per proteggerla, bensì perché erano invischiati anche loro in qualcosa che non comprendevano del tutto. Le profezie erano affascinanti, e ormai la Primavera capiva l’attrazione che suscitavano in Raissa: se lì vi era custodito il loro futuro, conoscerle avrebbe dato il potere di anticipare o modificare gli eventi.

I suoi amici erano di diverso avviso: temevano entrambi l’idea di un dio sconosciuto e al di sopra degli altri che potesse inviare delle visioni ai seleniani. Poter vedere per loro non era solo un privilegio, ma anche una condanna. Claudio sentiva su di sé un peso immane, come se avesse visto qualcosa di terribile. Forse una morte, oppure sofferenza. Che un ragazzo solare e allegro come lui vivesse quel dono come maleficio della sorte ai suoi occhi era inspiegabile: poteva utilizzarlo per aiutare, era una risorsa preziosa.

Immersa nelle sue riflessioni si avvicinò a poco a poco al cortile esterno, illuminato da pallidi raggi. Ormai era autunno inoltrato e persino in quel regno se ne subivano gli effetti; eppure lei, che come sua madre soffriva l’arrivo della stagione opposta, non ne era indebolita.

Forse è fatto di essere nell’Estate: qui è tutto mitigato.

Se la magia si fosse manifestata tanto potente in un altro luogo, la degenza sarebbe durata più a lungo e non si sarebbe trovata già in piedi e, bene o male, deambulante. Il sole filtrava tiepido da una leggera coltre, restituendole una sensazione piacevole, come di un risveglio sotto le coperte a Castelvetro. La sua mente volò, un passo dietro l’altro, al clima fresco che in quel periodo si stendeva come un telo sopra al Vorrìtrico. Laggiù sarebbe stato diverso, ma forse sarebbe riuscita a controllare quegli impulsi che la sovrastavano; per un istante il pensiero che sua madre avrebbe potuto aiutarla a controllare la magia che le scorreva dentro le attraversò la mente, ma lo ricacciò indietro.

Non voleva tornare nel Defi, non voleva incontrare Alcina.

Claudio e Stella erano seduti sotto un albero di arance, chini sui libri di storia a cui avevano avuto libero accesso. Ma il defico teneva sempre a portata di mano il manoscritto di Ennio e quel volumetto di profezie che avevano preso parecchi mesi addietro. Erano tanto concentrati che non si accorsero che lei li aveva raggiunti e che si era seduta al fianco dell’Estate sul lenzuolo che la separava dall’erba.

Claudio mordicchiò la matita che stringeva tra le dita, nervoso. «Deve pur esserci un modo per metterci di meno! Sto impazzendo… Inizio a ricordare tutto e mi sembra che le profezie non parlino di niente! Ah, sei qui… Come ti senti?»

Flora gli sorrise. «Ancora debole, ma sto meglio.»

«L’arrivo di tuo padre è previsto tra due giorni» mormorò Stella, chinandosi in avanti. «Non voglio che tu sia costretta ad andare via, ma temo che non abbiamo alcuna alternativa.»

La Primavera scosse lievemente il capo. «No, non ne abbiamo. Ma c’è qualcosa che non va, anche se...» Si interruppe, perché un gruppo di cortigiani sfilò chiacchierando al loro fianco. I lunghi abiti ricamati delle due dame cadevano fino ai piedi, e gli uomini in loro compagnia erano vestiti abbinati, come se formassero un gruppetto ben consolidato.

Deve assolutamente sapere di quel ragazzo. Sta sempre attaccato alla principessa, non può essere un caso. Se è un Veggente, lei deve saperlo.

Il cuore di Flora le salì in gola: non era un suo pensiero. Apparteneva a uno dei quattro cortigiani appena sfilati alle loro spalle.

Si alzò in piedi, sotto lo sguardo stupito degli altri due, e si portò una mano al petto ansimante. Si voltò a guardare, ma quelli erano già lontani: si era trattato solo di pochi istanti, sufficienti però a permetterle di carpire un’informazione preziosa.

«Flora, che hai?»

«Ti senti bene?»

Voci che le giunsero come soffi lontani. La realtà attorno a lei era sbiadita e l’unica cosa che distingueva nitida era un tracciato dritto attraverso il cortile, la via più breve per rientrare all’interno, così lo seguì. I suoi stessi passi erano attutiti dall’erba sotto i piedi, non si accorgeva di ciò che calpestava, né se era presente qualcuno vicino a lei. La magia era tornata con prepotenza, ma priva della sua potenza distruttiva; sembrava che anche quella forza ancestrale si sentisse in pericolo e che, smossa dal puro istinto di sopravvivenza, guidasse la Primavera tra ciechi corridoi. Qualche figura grigia si mosse intorno, ma con un gesto della mano allontanò chiunque la intralciasse fino alla sua meta.

«Ho chiesto espressamente di non essere disturbato.» La voce di Vittorio la scosse e Flora si sentì trascinata vorticosamente sul suolo di Selenia, all’interno di Castelscoglio e non più in quell’altra dimensione in cui le era parso di camminare per arrivare al cospetto del sovrano. Dov’era prima, neanche lei avrebbe saputo dirlo.

Il re Estate era chino su alcune carte, non aveva alzato lo sguardo né si era preoccupato di chi aveva osato disobbedirgli.

«E io ho notizie che non vi piaceranno affatto.» Flora posò entrambe le mani sullo scrittoio davanti a sé, più per la paura che le gambe smettessero d’improvviso di sostenerla che per attirare la sua attenzione.

Vittorio si tolse dal naso la sottile montatura d’oro degli occhiali da lettura e infisse gli occhi in quelli chiari dell’ospite. «Ti ascolto.»

«Uno o una dei vostri cortigiani pensava a Raissa, voleva che lei sapesse di Claudio… Ho ascoltato i suoi pensieri in modo involontario, sono ancora troppo debole per capire a chi appartenessero, non so neanche se fosse un uomo o una donna. Maestà, Raissa ha delle spie qui!» Si lasciò cadere sfinita su una delle due sedie imbottite di fronte a Vittorio e si portò una mano alla fronte.

E lei saprà presto che qui ci sono anche io.

«Ne ero già al corrente.» La postura del re si irrigidì come compensando la rilassatezza fisica di Flora, che rimaneva immobile in una posizione poco consona, anche se perdonabile per via del suo stato di salute, con i gomiti sullo scrittoio a sorreggere la testa e i capelli sciolti che le ricadevano davanti al viso. «Tua madre mi ha scritto per informarmi che gli Autunno hanno spie ovunque, in ogni corte di Selenia, e di conseguenza anche nella mia. Non sono in grado di scoprire di chi si tratta, dunque non mi resta che comportarmi normalmente e attendere che egli, o ella, compia un passo falso. Hai detto che si tratta di uno dei cortigiani, giusto?» Con un cenno invitò qualcuno a entrare. «Chiudi la porta, nessuno deve ascoltare.»

«Padre, cosa sta succedendo?» Stella prese posto sull’unica altra sedia libera, arrossata per la corsa e con il fiatone. La Primavera si rese conto solo in quel modo che era stata la magia a spingerla oltre i suoi limiti e a farla andare più rapida di quanto avrebbe potuto. I suoi compagni, che dovevano averla seguita, non erano così lenti.

Claudio si accostò scompigliandosi i capelli con un gesto che tentava di nascondere la sua preoccupazione. «Flora, stai bene?»

«Credo di no, ma in questo momento non è la nostra priorità» rispose Vittorio per lei. «Tu qui sei in pericolo. Raissa tra poco tempo potrebbe sapere della tua esistenza, e un Veggente ancora in vita è una risorsa che noi non possiamo lasciarle. Dobbiamo muoverci in anticipo e impedirle di arrivare a te.»

«Quindi devo andare via?» Il suo tono era disteso, consapevole. Libero dall’affanno per l’amica, incatenato al suo dono che poteva trascinare le due ragazze in altri guai a causa sua. Non erano più al sicuro e in una fuga nascosta al resto di Selenia, ma in un luogo pubblico, frequentato da potenziali traditori.

«Quindi devi andare via. Non posso metterti a disposizione i miei soldati, se la spia degli Autunno sa di te significa che può utilizzare la magia e che sa leggere le altre menti: loro non sono addestrati, come non lo sono neanche io, a contrastarla. Mi assumerò il rischio, ma mi terrò lontano dal resto della corte. Se avete qualcuno fuori da Castelscoglio di cui potete fidarvi ciecamente, ditelo e vi ci metterò in contatto.»

«Nuvola.» Flora non esitò un istante. «È una sacerdotessa del Sole, si trova nel tempio poco fuori da Zichi. Ci ha già aiutati in passato e sono certa che non ha nulla a che fare con gli Autunno.»

Vittorio annuì. «Bene, allora darò disposizione che venga qui stanotte e all’alba andrete via.»

«Andrete?» Stella si pizzicò un dito, nervosa. «Andrete chi?»

«Lui e la sacerdotessa. Tu non puoi darti di nuovo alla macchia, né posso permetterlo a Flora: Tancredi arriverà tra un giorno o due e lei tornerà nel continente.»

«Dovrai difenderti da solo» constatò l’Estate con un nodo alla gola. «Noi non potremo più proteggerti.»

Il defico chinò il capo. «Me ne rendo conto. Ma se Raissa ha bisogno di me, le conviene che sia ancora vivo.»

«Allora è deciso» concluse Vittorio. «Raduna le tue cose e vai a riposarti: ti manderò un mio servo fedele ad avvertirti quando sarà il momento di partire.»

«Ti porto i libri in camera» suggerì Stella. «Meglio che tu non vada in giro.»

«Sarebbe meglio che me li portasse un servitore…» Claudio esitò. «Se possiamo fidarci.»

Flora agitò la mano con un gesto svogliato. Glielo aveva ripetuto una marea di volte e lui continuava a non ricordarlo. «I servitori sono legati ai nobili che servono, non possono tradirli a meno di non morire all'istante.»

Vittorio annuì, a confermare le parole cantilenate dalla Primavera. «Ora puoi andare.» Attese che il defico avesse lasciato la sala, per rivolgersi con serietà alle principesse. «Da questo momento in poi, fino a quando Tancredi non sarà qui, anche voi rimarrete nelle vostre stanze il più possibile. Non possiamo fidarci di nessuno, almeno fino a quando non avremo capito di chi si tratta.»

«Così attireremo l'attenzione» commentò Flora con una smorfia infastidita. «Se Raissa o chi per lei ha una spia qui, dobbiamo lasciar intendere che non sia cambiato nulla. E che non sospettiamo di nessuno.»

Si morse la lingue subito dopo averlo detto. Quei giochi di potere, quegli intrighi ragionati le ricordavano sua madre. Se possedeva una certezza, questa era il non voler diventare come lei.

«Siate discrete.» Vittorio si chinò sulle carte sparse per il tavolo, dando l'implicito ordine di lasciarlo solo.

Tanto bastò a Flora per sapere di aver parlato nel modo giusto e che il re aveva davvero smesso di considerarla come sua inferiore. Non si trattava solo della magia: aveva provato di essere anche intelligente e di sapere come agire in una situazione delicata. Si ritenne soddisfatta e uscì dal salottino privato insieme a Stella.

«Come facciamo a comportarci come prima? Non posso starmene tranquilla sapendo che qui ci sono delle spie di Raissa!» sussurrò l'Estate non appena rimasero sole in un corridoio.

La Primavera si portò l'indice alle labbra e percorse insieme all'altra, in silenzio, il tragitto più breve per la camera dove aveva riposato fino a poco prima. Appena vi furono entrate, si chiuse la porta alle spalle.

«Nessuno a parte Claudio può toccare il libro con le profezie, ce l'aveva con sé quando mi avete seguita?»

Stella rifletté, prima di rispondere. «Sì, lo teneva in mano anche quando ci siamo alzati in piedi dal prato.»

«Allora dai ordine a qualcuno di dargli uno o due libri di quelli che stavate consultando… non ne possono sparire troppi dalla biblioteca reale. Anche se non dovesse rimanere qui, può continuare a leggerli.» Flora si sedette sul letto, con la gonna elegante che le copriva le gambe e che si distese a ventaglio sopra le trapunte. «E lui è l'unico di noi che può nascondersi e continuare a cercare. Purtroppo io devo fermarmi. La magia sta diventando troppo forte, devo imparare a controllarla.»

Stella si portò una ciocca bionda dietro l'orecchio, pensierosa. «Le nostre strade si dividono davvero.»

«Sì. Ma quello che abbiamo scoperto non è stato inutile. Tu e Claudio avete interpretato la profezia sull'incendio di Mitreluvui, sulla morte di Roberto De Ghiacci…» Si interruppe, e il suo sguardo corse alla finestra: delle nuvole soffici striavano il cielo azzurro del meriggio. «Quando io sarò andata via, non dovrai rimanere da sola.»

   
 
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