Aprì la porta, sentendo la pelle sulle braccia tirare.
Recory Girl aveva fatto del suo meglio, ma gli aveva anche detto che, se avesse guarito del tutto la pelle sui gomiti, avrebbe rischiato di non riuscire più a muovere le braccia perché la pelle si sarebbe fossilizzata in una cicatrice.
Tornare a quell’ora al dormitorio era solitamente impensabile, ma Aizawa stesso gli aveva concesso di farlo.
Erano le quattro di mattina, non si aspettava nessuno, e per questo il cuore gli saltò in gola quando vide chi c’era in cucina.
Chi lo stava aspettando?
«Bakugo?»
Sentì lo sguardo scarlatto del ragazzo studiarlo, contando ogni singola benda, ogni graffio e livido.
«Ti sembra questa l’ora di tornare?» Gli domandò seccato, ma Kirishima riuscì a piegare le labbra in un sorriso tirato.
Era sstanco come non mai, eppure lui era una visione in cui aveva quasi sperato.
«E tu che ci fai a quest’ora in cucina?»
Si sedette davanti al bancone, e Bakugo si passò una mano fra i capelli. «Avevo fame.»
Incrociò il suo sguardo, e per un lungo istante si osservarono in silenzio.
Incredibilmente, fu proprio Bakugo a cedere. «Ti stavo aspettando, idiota. Ho saputo che saresti stato dimesso oggi, non pensavo a quest’ora assurda della notte.»
Kirishima lo osservò spostarsi con sicurezza nella cucina, distogliendo lo sguardo mentre parlava.
E sentì gli occhi pungere.
«Bakugo…»
In cinque minuti, aveva una tazza di camomilla davanti, e Bakugo seduto dall’altro lato del bancone.
«Mi sono preoccupato, capelli di merda.» Ammise lui.
Kirishima sentì qualcosa agitarsi nel suo cuore.
Bakugo non era una di quelle persone che dimostrava il proprio affetto, ma se superavi il suo muro di rabbia e aggressività, avevi un posto nel suo cuore per sempre. Un posto che lui proteggeva con la stessa focosa potenza con cui faceva tutto il resto.
«Io…» Inspirò a fatica, osservando il ragazzo davanti a lui, che stava girando con aria troppo attenta lo zucchero nella sua tazza.
E cedette.
Perché Bakugo era lì, era lì per lui, perché l’aveva aspettato probabilmente tutto il giorno, rinunciando al suo tanto preciso sonno.
Non cercò nemmeno di fermare le lacrime.
«Ho ceduto, Bakugo. Dovrei essere un muro incrollabile, e invece…» Alzò a fatica un braccio per mostrare le bende che lo avvolgevano.
«E invece sei un cretino. Nessuno è indistruttibile. Perfino i diamanti hanno un punto di rottura.»
Bakugo alzò lo sguardo, incrociando i suoi occhi.
Quello era il vero, pensò Kirishima, il vero Bakugo che albergava sotto esplosivi strati di rabbia.
Non respinse le mani del ragazzo quando gli si chiusero sulle guance, quando appoggiò la fronte alla sua.
«Da quello che so, sei stato fantastico. Sono fiero di te.»
E Kirishima pianse, pianse con le braccia distrutte e il cuore risanato.
Pianse perso negli occhi di Bakugo, nel piccolo sorriso sul suo volto, nel calore delle sue mani e nel semplice fatto che fosse lì.
Pianse finché la camomilla diventò fredda.
Finché la voce di Bakugo non lo riscosse, un movimento delle dita quasi involontario sulla sua guancia.
«Sei davvero un cretino, Eijiro.»
Ma Kirishima pensava di non aver mai sentito la voce di Bakugo così dolce.