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Autore: Eevaa    19/09/2021    9 recensioni
L'aura di Kakaroth si era dissolta lentamente nel nulla. Non da un momento all'altro - il che avrebbe potuto farne presagire la morte - ma lentamente. Sempre più flebile, sempre più lontana, fino a che Vegeta non l'aveva più percepita. Mai più.
«Cosa hai capito di tutto quello che ti ho detto?» urlò Vegeta. Poi il prigioniero sbuffò, annoiato.
«Che in cinquant'anni hai stipulato un'alleanza bizzarra con gli abitanti di questo pianeta, che avete sconfitto nemici dai nomi improbabili, che non solo esiste il leggendario Super Saiyan, ma ne esistono con diverse tinte per capelli; che ti sei riprodotto e, per tutte le galassie, se ce l'ha fatta uno come te persino Dodoria avrebbe avuto delle speranze; che siete invecchiati terribilmente mentre io sono un fiore, e che ora dobbiamo salire su quel catorcio di astronave per andare in giro per dodici universi alla ricerca dello squinternato che se l'è data a gambe dieci anni fa e che, con tutta la probabilità, ora è solo un mucchio d'ossa o polvere interstellare ma oh, guai a dirlo, perché mi pare che siate molto amici».
Inaccurato, ma tutto vero.

[Post-Dragon Ball Super] [Slowburn]
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Radish, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Across the universe - La serie'
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.
I diritti delle immagini non mi appartengono.


 
 
- ACROSS THE UNIVERSE -


- EPILOGO -

 

 

La scelta più sensata sarebbe stata indubbiamente solo una: tentare di ripristinare la memoria di Kakaroth, tornare sulla Terra e teletrasportarsi su Neo Namek per resuscitare Radish dopo quattro mesi. Avrebbe avuto senso, sarebbe stato molto più logico rispetto a doverci ritornare in astronave.
Ma la strada della logica era la più corretta da seguire? Quello, Vegeta, non lo sapeva. Sapeva però che Kakaroth seguiva più volentieri i propri sentimenti rispetto alla strada più sensata.
Cosa avrebbe fatto lui? Era una domanda interessante. Ma se una persona a lui cara si fosse trovata all'Altro Mondo non ci avrebbe pensato due volte per riportarla in vita e sacrificare se stesso per qualche mese.
E, seppur vero che Kakaroth non possedesse ricordi ed emozioni passate, Radish era comunque suo fratello ed era una delle sole due persone che conosceva e aveva avuto accanto in quelle settimane.
Peraltro non era detto che sarebbero riusciti a ripristinare la memoria al cento per cento, quindi avrebbe potuto essere persino un desiderio e tempo sprecato.
Qualunque sarebbe stata la sua decisione, Vegeta l'avrebbe rispettata. Logica o emotiva che fosse.
Kakaroth chiuse gli occhi per un momento, un breve tempo per darsi tempo. Poi, finalmente, parlò.

«Vegeta, io... Radish si è sacrificato per noi» mormorò. «Io... voglio farlo tornare indietro. Oggi. La mia memoria può attendere. Sei... sei d'accordo?» chiese poi, incerto.
Qualcosa di strano accadde allo stomaco del Principe dei Saiyan. Non seppe dire se si trattasse di gioia, di tristezza, di emozione. Non lo sapeva. Sapeva solo che anche il vecchio Kakaroth, quello che conosceva una volta, avrebbe fatto lo stesso.
Avrebbe agito col cuore e non con la testa, ed era proprio quello che lo rendeva incredibilmente e semplicemente Kakaroth. Era lui, Vegeta lo riconobbe per la prima volta al cento per cento o quasi. Si sforzò in tutti i modi di non sorridere – perché, insomma, lui era pur sempre il Principe dei Saiyan – però gli posò una mano sulla spalla e la strinse.
«Sarei stato d'accordo in ogni caso ma... penso che sia giusto» gli disse duramente. «Nel frattempo lavoreremo sodo per farti recuperare nuovi ricordi».
Kakaroth portò una mano sopra la sua e intrecciarono le loro dita. Quel contatto era qualcosa che avrebbero potuto permettersi, e Vegeta non si scansò.
«Grazie...» disse Kakaroth, sincero. Sempre con quello sguardo di ammirazione che Sua Maestà era convinto di non meritare.
Ignorò la questione e, giusto per tirarsene fuori, Vegeta esibì uno dei suoi sorrisi più impertinenti.
«Quindi... riportiamo indietro quel figlio di puttana?» ghignò.
«Ehi! È di mia madre che stai parlando!» replicò Kakaroth, fingendosi oltraggiato.
Vegeta non rideva spesso, ma in quel caso non riuscì proprio a farne a meno. «Ah, già!»
L'idiota rise a sua volta. La decisione era stata presa, non restava altro che perseguirla. Insieme.


 


Man mano che l'alone bianco prendeva forma, i respiri si fecero sempre più trattenuti.
Circondato da un caleidoscopio di colori, la figura prese vita e coscienza. Una figura alta, massiccia, con lunghi capelli neri e occhi duri dello stesso colore che si aprirono e, confusi, si guardarono attorno per comprendere dove si trovasse.
«RADISH!»
Il grido di gioia di Kakaroth si levò tra la folla e, di corsa, si gettò addosso al fratello con la consueta poca grazia che lo contraddistingueva. Emotivo come sempre, istintivo tanto da lasciare Radish senza parole, immobile come una statua di sale.
Se Vegeta avesse saputo che sarebbe bastato un abbraccio per fare stare Radish zitto, forse avrebbe utilizzato quella tecnica molto prima. O forse no. Anzi, sicuramente no. Erano dei Saiyan, dannazione! Loro non si abbracciavano tra amici, tantomeno tra fratelli!
Radish sbatté un paio di volte le lunghe ciglia nere, poi diede un paio di pacche impacciate sulla schiena di Kakaroth e, con un colpetto di tosse, lo allontanò da sé.
«Ehm, ehi!» gracchiò, con la voce roca proveniente dall'oltretomba. Letteralmente.
I namecciani, gioiosi, assistettero alla scena con i sorrisi sulle labbra. E anche Vegeta, suo malgrado, non riuscì a rimanere serio.
«Incredibile! Sei qui davvero!» esclamò Kakaroth, stupito. In effetti era come se fosse la prima volta che assisteva al ritorno in vita di qualcuno.
Radish sembrò realizzare in quel momento cosa fosse accaduto. «Sono passati altri cinquant'anni?» ghignò, rivolgendosi a Vegeta.
«No, razza di coglione. Solo tre settimane!» controbatté questi, avvicinandosi agli altri due. Un altro senso di colpa era stato quello di non averlo mai riportato in vita per tutto quel tempo ma, beh... per fortuna Radish non era uno che portava rancore.
«Oh, wow, nuovo record!» gioì Radish. «Allora, hai recuperato i tuoi ricordi, fratellino?»
«Ehm... noi...» Kakaroth rivolse a Vegeta uno sguardo sfuggevole, forse alla ricerca di un incoraggiamento. Sua Maestà si limitò ad annuire lentamente. «Noi avevamo solo un desiderio a disposizione e... non potevamo lasciarti morto» ammise.
L'espressione di Radish passò dal gioioso al costernato.
«Ma! Ma... ma i tuoi ricordi?» domandò, a bocca aperta.
«Ci ripenserò tra qualche mese, se torneremo qui. O tra un anno sulla Terra» spiegò Kakaroth, arrossendo.
«Fratellino, ma dai...!» soffiò Radish, esterrefatto. Aprì le braccia e rivolse uno sguardo meravigliato a Sua Maestà. «Vegeta, e tu hai accettato questa cosa?!»
Questi fece spallucce, ostentando una certa indifferenza.
«Meglio un Kakaroth mezzo smemorato che un imbecille a infastidire le altre povere anime dannate dell'Inferno. Scommetto che non ti sopportavano già più!»
Radish rivolse a entrambi un'espressione basita, quasi di rimprovero, ma poi tornò a sorridere come un perfetto imbecille. Soprattutto quando si rivolse a Vegeta con quella sciocca faccia intenerita.
«Sai che te la farò pagare per questa bontà immotivata, vero?» promise Radish.
Sua Maestà alzò gli occhi al cielo.
«Me ne sto già pentendo».
Lo sapeva eccome, ma era abbastanza pronto alle conseguenze. Forse.



Nonostante i namecciani non fossero una specie bisognosa di cibo, erano talmente di buon cuore da tenere delle scorte per eventuali ospiti o forestieri. Così, per festeggiare la buona riuscita della missione e il ritorno in vita di Radish, i tre Saiyan avevano accettato di rimanere giusto il tempo di un boccone prima di salpare in rotta verso casa. Il cibo non era stato certo un granché, ma era stato piacevole rifocillarsi e trascorrere un po' di tempo con delle creature così gentili. Radish si era lamentato che non ci fossero delle belle fanciulle né un goccio di Rokk, ma ciò non gli aveva certo impedito di farsi riconoscere come il cretino che era. Eppure, a dirla tutta, il sorriso divertito e sereno di Kakaroth mentre parlava con il fratello valeva ogni pena.
E, dopo aver salutato e ringraziato il popolo di Neo Namek, era stato parecchio impagabile mostrare a Radish il mezzo di trasporto che avevano rimediato dopo l'esplosione di Caps12. E così Gr06U fu definitivamente ribattezzato “Il Cesso Con Le Ali”. Nessuna descrizione avrebbe potuto essere più appropriata.
«E ora?» domandò infine Kakaroth, poco prima di imbarcarsi.
Radish sorrise.
«E ora è il momento di tornare a casa, fratellino».
«Rimarrai sulla Terra con noi?» chiese, speranzoso.
In effetti non ne avevano mai parlato. Vegeta sapeva che Radish fosse una persona abituata a starsene a zonzo per lo spazio, non aveva mai avuto occasione di chiamare un posto “casa”, dopo l'esplosione di Vegeta Sei.
E, proprio per quel motivo, lo sguardo di Radish cadde sul Principe. Quasi a chiedergli il permesso, quasi a richiedere un aiuto, un suggerimento.

Sua Maestà si lasciò sfuggire un sorriso meno impertinente del consueto. Forse era giunto il momento che anche quel grandissimo imbecille avesse un nuovo posto da chiamare casa.
Annuì, e Radish sorrise a sua volta.
«Mh, dipende» disse poi, divertito. «C'è qualche ragazza carina da presentarmi? Single? Magari bionda? Mi piacciono le bionde!» domandò, sognante.
Kakaroth si pizzicò il mento per pensare. 
«Uhm... ne ho in mente una» rispose. «Non so bene chi sia, ma a quanto mi ricordo potrebbe metterti in riga per benino!»
Vegeta sussultò e strinse le labbra per trattenerci una risata. Oh, aveva ben capito a chi si riferisse Kakaroth! Ed era incredibilmente perfetta per lui. Bionda, vedova da tempo, con una particolare predilezione per la violenza gratuita. Diciotto avrebbe messo bene in riga quel deficiente.
Radish alzò un pugno al cielo, vittorioso.
«E TERRA SIA!» esclamò, saltellando poi baldanzoso verso il Cesso Con Le Ali.
Vegeta e Kakaroth si rivolsero uno sguardo divertito, complice. Felici. Malgrado tutto, era stata la decisione giusta.
«Lo ammazzerà?» gli domandò Kakaroth, riferendosi alla ragazza bionda che avrebbero presto presentato all'imbecille.
Il Principe ghignò beffardo.
«Oh, non vedo l'ora!»


 


Con quel trabiccolo infernale il viaggio per la Terra era quotato a quarantacinque giorni ma, con Radish dalla loro parte, non sarebbe stato improbabile vincere un'astronave migliore a Sabaq in qualche attracco portuale. Ovviamente, giusto per mettere le cose in chiaro, era stato fatto il completo divieto a Radish di intrattenersi in attività promiscue nei luoghi d'attracco. Niente bordelli, niente bettole, niente di niente.
E così, dopo aver stilato il decalogo del buon comportamento, aver programmato la rotta e i turni da seguire, l'ultima cosa che era rimasta da fare per quel giorno era il nulla più totale. Attraversare l'universo insieme, senza problemi, senza ansia, senza fretta.
Così, dopo un paio d'ore trascorse in chiacchiere, giunse il momento di iniziare i loro turni di guardia. E, quando Kakaroth si fu allontanato per andare a riposare e Vegeta e Radish rimasero soli nella cabina di pilotaggio, Sua Maestà non poté proprio fare a meno di pensare che quella scena gli fosse totalmente familiare.
Il loro viaggio erano iniziato così. Senza rotta, senza meta, loro due in mezzo al cosmo alla ricerca di un idiota. Sembrava davvero incredibile che ce l'avessero fatta e che dopo “soli” cinque mesi sarebbero tornati a casa vittoriosi.

«Ce l'abbiamo fatta, eh?» Radish diede voce ai suoi pensieri, con entrambe le mani dietro la nuca, spaparanzato sugli scomodi sedili del Cesso Con Le Ali. Vegeta annuì e gli lanciò un'occhiata fiera.
Non ce l'avrebbero mai fatta senza Radish, quella era la pura e semplice verità. Ma non gliel'avrebbe mai detto, ovviamente.
«Ce l'abbiamo fatta» confermò Vegeta, ancora incredulo.
«Allora... ve la siete spassata senza di me?» domandò Radish, sottovoce.
Vegeta alzò gli occhi al cielo. «Non incominciare!»
«E dai, lo so che ti sono mancato!»
«Come il virus dell'influenza!»
«Il virus di che!?» chiese Radish, e Vegeta scoppiò in una fragorosa risata sadica.
«Oh, lo scoprirai presto. Il prossimo inverno sulla Terra sarà uno spasso».
Radish sbuffò, poi si rimise più comodo. Per quanto la comodità su quell'affare fosse relativa.
Sua Maestà si perse con lo sguardo verso lo spazio, ma non poté proprio fare a meno di lanciare ogni tanto qualche occhiata dietro di sé, giusto per controllare che nell'area living fosse tutto tranquillo. Non aveva ancora avuto modo di fare i conti con Kakaroth, e forse non aveva il coraggio necessario per recarsi da lui.

Ma, come dimenticare, a Radish non sfuggiva un bel cazzo di niente.
«Forza, va' da lui... si vede lontano un chilometro che avete qualche conto in sospeso» gli suggerì.
Ma come diavolo faceva, quel maledetto?! Vegeta arrossì e quasi si strozzò con la sua stessa saliva.
«Prometto che vi lascerò tranquilli e non vi disturberò» aggiunse Radish.
«Non mi fido delle tue promesse da marinaio spaziale» ribatté Vegeta, incrociando le braccia al petto.
«Magari vi aiuterò a rotolarvi meglio tra le lenzuola con qualche virata» ridacchiò questi.
«Radish!»
Eccole le conseguenze dell'idea di merda di riportarlo in vita. Due volte.
«Sto scherzando, sto scherzando. Però sul serio, vai, Principe Azzurro, la Bella Addormentata ti attende».
«RADISH!» urlò Vegeta, e Radish lo provocò con gesti inconsulti che andavano troppo oltre per la sua formazione regale. «Ok, me ne vado, ma solo perché se restassi potrei rispedirti per la terza volta all'Inferno» si arrese Vegeta.
«Sì, sì, certo, ōji» ridacchiò il demente.
«Notaarin» gli ringhiò contro Vegeta, poi chiuse con violenza le porte automatiche – che non erano più automatiche da chissà quanti anni – della cabina di pilotaggio.
Sarebbe stato un lunghissimo viaggio di ritorno.


 


Quando salì la scala a pioli, senza troppa sorpresa, trovò Kakaroth ancora sveglio, con la schiena contro la paratia e gli occhi persi sull'oblò nel soffitto.
Vegeta aveva sperato che dormisse, che non dovesse davvero affrontare un bel niente con quello schifo di capacità comunicativa che possedeva. Anche perché non aveva pensato a cosa avrebbe potuto dirgli, a quel punto.
«Ehi» lo salutò Kakaroth.
«Ehi» rispose Vegeta, rimanendo impalato lì, sugli ultimi gradini della scala, a fissarlo come un perfetto idiota.
Questi gli rivolse un sorriso amaro. Forse troppo amaro, che non sapeva assolutamente nulla della gioia che Vegeta gli aveva visto prima in volto.
Non gli piaceva quell'espressione. Non gli piacevano quegli occhi così cupi, così decise di avvicinarsi a carponi, fino a sederglisi di fronte con espressione dura.
«Che succede, Kakaroth? Sei triste?» gli domandò duramente, quasi fosse un interrogatorio.
Non era bravo a fare quella... cosa.
«No... no, affatto» scosse la testa lui. «Sono contento. Solo ancora un po' confuso, ma contento».
«Ci vorrà un po' per recuperare tutti i tuoi ricordi...» constatò il Principe.
«Sì... ma almeno ho quel cretino di mio fratello. E... e ho te».
L'ultima frase fu solo un sussurro con il volto abbassato, gli occhi nascosti dietro un ciuffo di quei ridicoli capelli. Vegeta si irrigidì all'implicazione di quella frase, e trasalì ancor di più quando le dita di Kakaroth raggiunsero le sue. Non si scansò, si lasciò afferrare, ma abbassò anch'egli lo sguardo.
«Kakaroth, senti-»
«Mi dispiace di aver preso la decisione più difficile... per noi, intendo» lo interruppe lui.
Era davvero la decisione più difficile? Oppure quella conversazione sarebbe stata mille volte più complessa con un Kakaroth perfettamente consapevole? Non era dato saperlo.
«Non dispiacertene».
Kakaroth gli strinse più forte le dita e lo costrinse così a incrociare il suo sguardo. Sembrava di essere tornati indietro di tre settimane. Loro due, lì, e una finestra sull'universo.
Una finestra tra il loro passato e il loro futuro. Erano appollaiati lì, a metà, bloccati.

«Vegeta... sono sempre io. È vero: come dici tu non ho tutti i miei ricordi, non so tante cose, ma ricordo quello che mi basta per sapere che tu sei importante. Lo sei sempre stato. In modi differenti, ovvio. Non conosco bene il contorno, ma so quello che eravamo noi. Ricordo un sacco di avventure che abbiamo affrontato insieme, ricordo... la nostra promessa. Ricordo quello che provato per te. E so quello che provo ora» disse, con le gote rosse ma con molta più sicurezza di quella che Vegeta si sarebbe immaginato. Era strano sentirlo parlare in quel modo, per uno come lui che con i discorsi non era stato mai troppo ferrato. «E sono pronto a prendermi ogni responsabilità. Perché, onestamente, non penso di poter resistere quattro mesi, un anno, quello è che. Non credo proprio di poterlo fare» concluse, serio, poi si avvicinò ancora un poco.
Fronte contro fronte, occhi negli occhi, quasi come fosse una minaccia.
No: quella era una minaccia vera e propria, altroché. Una minaccia ad ogni buon proposito, ad ogni contegno, ogni riflessione.
Quello era un combattimento. Una battaglia diversa da quelle in cui erano soliti sfidarsi, ma pur sempre una battaglia. Il vero problema? Che Kakaroth era in vantaggio. Lui e i suoi maledetti occhi, il suo buon cuore, l'Aura traballante e quell'odore che era solo suo. I Saiyan erano sensibili all'olfatto.

Vegeta inspirò a fondo e poi gli ringhiò addosso, minaccioso.
«Non... non ti arrendi, eh?»
Kakaroth, però, si mostrò più beffardo del previsto. «No. Sono un Saiyan. Non mi sono mai arreso di fronte a niente, no?»
«No, decisamente no» soffiò Vegeta. Stava per essere sconfitto. Quel deficiente era troppo vicino, la connessione tra loro traballò ancora una volta, li sospinse uno contro l'altro, come se fossero calamite, come se fossero stati designati per starsi addosso da sempre.
Kakaroth aveva perso durante tutti i loro allenamenti, nei giorni passati. Cosa ci sarebbe stato di male a farlo vincere almeno in quello?
Forse Vegeta aveva troppo da perdere. E se saltare oltre quella finestra li avrebbe condotti in una pessima direzione?
Kakaroth sembrò captare i suoi dubbi e, nonostante oramai le loro labbra fossero abbastanza vicine da potersi sfiorare di nuovo, si allontanò un poco.
«Senti... se il destino ci ha condotti fino a questo punto, forse vuol dire che è qui che dovevamo arrivare per cambiare quello che eravamo. Forse se non fossimo in questa situazione non avremmo mai avuto il coraggio di andare avanti, e avremmo trascorso una vita di rimpianti. Del resto mi ricordo che eravamo due pessimi comunicatori, io in un modo, tu in un altro. E se fosse proprio questo che il destino ha voluto per... farci diventare qualcosa di completamente nuovo?»

Vegeta aprì la bocca, ma non ne uscì niente. Senza fiato, senza parole. C'era qualcosa di estremamente bizzarro in tutto quello, ma in senso positivo. Il vecchio Kakaroth, in effetti, non avrebbe mai partorito con la sua mente un discorso del genere. Non si sarebbero mai trovati a quel punto. Non ne avrebbero mai avuto il coraggio.
Vegeta non si sarebbe mai avvicinato di sua spontanea volontà a lui, Kakaroth non avrebbe mai saputo avvicinarsi.
Invece in dieci anni le cose erano cambiate e la lontananza li aveva portati ad avvicinarsi di più. La lontananza li aveva fatti avvicinare, e l'universo li aveva riuniti lì, sotto una cupola sul cosmo.
E se Kakaroth, per una buona volta, avesse avuto ragione?
«Sai, da quando hai imparato a leggere sei diventato più saggio!» constatò Vegeta, sfiorandogli il naso.
«Non per questo sono meno un emerito imbecille, mh
«Quello lo sarai sempre» confermò Sua Maestà. Certe cose non sarebbero mai cambiate. Qualunque cosa fosse accaduta loro, in qualunque direzione fossero andati fuori o dentro quella dannata finestra, alcune dinamiche sarebbero rimaste le stesse.
«E tu sarai sempre uno stronzo spassoso» controbatté Kakaroth.
Per l'appunto. Beh, forse quella era solo la buona occasione per metterlo a tacere. E farlo vincere, solo per una volta.
«Ok, chiudi il becco».


Una rincorsa durata dieci anni per scontrarsi più forte, per collidere. Saltarono insieme giù da quella finestra, fuori, verso una nuova direzione.
Un mondo si spalancò davanti a loro, forse Vegeta l'aveva già sognato, forse l'avevano immaginato entrambi. Ma era senza dubbio più bello poterlo assaggiare con le proprie labbra, poterlo toccare, poterlo vedere con i propri occhi.
Si erano guardati da lontano per anni, decenni, si erano toccati a malapena. Avevano condiviso una vita - anche due - avevano condiviso il campo di battaglia, avevano condiviso frustrazione, gioia, la morte, tranquillità, debolezza, felicità, avevano condiviso persino le cellule dei loro corpi ed erano diventati uno.
Eppure in quel momento stavano imparando a condividere qualcos'altro, un sentimento inaspettato, tenuto silenzioso per anni, un sentimento che esplose lì sotto quella cupola sul cosmo, dove erano solo due puntini minuscoli tra le stelle. Eppure erano tutto.
Per quanto fosse strano, per quanto fosse bizzarro e per quanto fosse differente da tutto ciò che avevano condiviso in precedenza, Vegeta si domandò come diavolo avesse fatto a stare senza per tutto quel tempo. Avrebbe voluto dirgli un milione di cose, ma non gli disse niente.
Impararono anche a guardarsi in un altro modo, a comprendersi meglio, a sfiorarsi al posto che picchiarsi, a starsi vicino. A essere uno anche mentre erano due.
Scoprirono di essere in grado di amarsi oltre che odiarsi, rispettarsi, ammirarsi. Ogni sentimento possibile lo avevano provato l'uno per l'altro nel corso di una vita intera, quello più bello alla fine. O forse era l'inizio?
Alla fine la loro promessa si era avverata: erano rimasti solo loro. Ma solo loro sarebbe stato sufficiente. Sarebbe stato più facile, i pesi che avevano nel cuore sarebbero stati più sostenibili in due.
Quello che Vegeta apprese quella notte non l'avrebbe più dimenticato. Finalmente, dopo tutto quel tempo, aveva trovato il tassello.




Il ronzio dell'astronave, il respiro di Kakaroth contro l'orecchio come una ninna nanna. Vegeta guardava lo spazio oltre la cupola, era grande, immenso. Eppure, nonostante fossero ancora nel vuoto, il Principe si sentiva già a casa.
Kakaroth era casa. Gli aveva donato un posto in cui vivere, gli aveva donato una nuova esistenza anni e anni prima, e in quel momento gli stava donando una nuova possibilità di essere umano. Di amare un'altra volta. Non avrebbe voluto sprecarla, aveva paura.
Vegeta aveva rovinato spesso troppe cose durante la propria vita. Il suo senso di colpa onnipresente gli suggeriva che avrebbe rovinato anche quello.
«A cosa pensi, adesso?» gli domandò Kakaroth, contro l'orecchio. Gli lasciò un bacio sulla tempia, e Vegeta rabbrividì. «Non metti mai a tacere il cervello?»
«È il brutto difetto di averne uno» rispose con un ghigno impertinente, e Kakaroth rise con quella risata stupida. Era tutta colpa di quella risata stupida.
Gli tirò anche un pizzicotto, debole, sul fianco nudo. E di tutta risposta Vegeta lo morse su una guancia.
Forse era davvero finita ora che avevano nuovi milleduecento modi per farsi del male a vicenda. O farsi del bene, a seconda del momento.
«Ahi! Tregua, dai, tregua. Non possiamo combattere ora, già questo catorcio sta in piedi con la colla» constatò Kakaroth.
«Mh, comunque avrei vinto io» grugnì e, con uno sbadiglio nascosto, si tirò di nuovo quell'imbecille addosso. Con i capelli arruffati sul suo petto e solo il lenzuolo disfatto di quel letto precario e tremendamente scomodo.
Ma andava bene così. Kakaroth addosso gli andava bene, anche se non avrebbe mai pensato di dirlo.

«Quindi a che cosa stavi pensando?» insistette lui.
«Chi mi dice che non cambierai idea quando avrai recuperato tutto?» chiese in risposta Vegeta, senza riflettere. Si stupì di aver esalato quelle parole, forse era già in dormiveglia.
Kakaroth alzò la testa dal suo petto e lo guardò dritto negli occhi, corrucciato.
«E chi mi dice che quando tornerò quello di prima tu non vorrai fare un passo indietro? È un atto di fiducia quello che dobbiamo fare, Vegeta».
Un atto di fiducia. Una nuova promessa, forse? Era quello che stavano facendo?
Eppure c'era sempre quel tarlo nella sua testa che gli imponeva di esplorare orizzonti più catastrofici, pessimistici. Tanti se, tanti dubbi. Forse, ora che aveva imparato ad avere Kakaroth in quel modo, gli sarebbe stato troppo difficile tornare indietro.
«Kakaroth, tutto quello che volevo era riportarti a casa. Non sono partito con l'intenzione di sedurti o qualsiasi cosa sia successo qui. Non volevo nulla di più».
«Lo so, mi era chiaro. Non penso che tu te ne sia approfittato, Vegeta, davvero. E, come ho detto, mi prendo io ogni responsabilità» insistette Kakaroth. «Ti dispiace avere di più?»
Beh, oramai era anche troppo tardi per discuterne.
«No, ovvio che non mi dispiace, idiota» sibilò Sua Maestà e, come riflesso incondizionato, lo cinse un poco più forte. Non gli era dispiaciuto per niente, a dirla tutta. «Ma temo di non meritarmelo».
Kakaroth spalancò gli occhi, allibito, poi scosse la testa.
«Questo lascialo decidere a me. Ti fidi?» chiese.
Si fidava? Suo malgrado, si fidava di Kakaroth più che di qualsiasi altra persona al mondo, insieme ai suoi figli, a come si era fidato di Bulma in passato. Si era fidato a tal punto da fare quello che avevano appena fatto, di andare oltre, di osare. Forse avrebbe dovuto fidarsi di più e costruire una nuova vita, una nuova avventura insieme.

«... sì» disse infine. Si fidava di lui. «Va bene, testone. Hai vinto. Solo per stavolta».
Kakaroth sorrise e si sporse per baciarlo di nuovo. Vegeta trasalì, forse non si sarebbe abituato facilmente a quella cosa, ma avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per proteggerla, per averne cura.
Avrebbero fatto quell'atto di fiducia insieme. Ci avrebbero provato. Beh, il problema vero sarebbe stato parlarne con le loro famiglie, ma tanto Radish avrebbe spifferato tutto in tempo breve. Lui e la sua incapacità di tenere la bocca chiusa.
«Smetterai mai di sentirti in colpa?» gli domandò Kakaroth.
Domanda sciocca. Non avrebbe mai smesso di sentirsi in colpa per aver atteso dieci anni per andarlo a prendere, così come non avrebbe mai smesso di sentirsi in colpa per la sua vita passata.
«Mai» rispose sinceramente. «Ma è un mio problema, sono fatto così. Non lo risolverò mai».
Kakaroth si accigliò.
«Capisco» disse, poi gli sorrise. «Però non importa, a me vai bene così... problematico».
Non seppe perché, ma quella frase lo fece sorridere. A Kakaroth era sempre andato bene così, problematico. Sin da quando era uno spietato assassino.
«Oh, ok. Del resto sei sempre stato un po' matto» ghignò Vegeta.
«Matto? Da che pulpito. Hai attraversato l'universo... solo per me» disse infine, arrossendo come un idiota. Un meraviglioso idiota, ma quello Vegeta non gliel'avrebbe mai detto.
«Lo rifarei mille volte e una in più, ma tu vedi di non scappare ancora» gli disse infine, poi lo baciò di sfuggita sulle labbra. «Baka».

Attraversare il cosmo per cercarlo era stata la scelta migliore che potesse fare. Seguire il presentimento, la traccia che l'aveva portato a trovarsi infine lì così.
All'inizio di qualcosa di completamente nuovo.
Uno addosso all'altro. Attraverso l'universo.


 

Fine.
 
Riferimenti:
-Ōji, tradotto dal Giapponese: principe.
-Notaarin, tradotto dal giapponese: deficiente.

ANGOLO DI EEVAA:
... mi viene un pochettino da piangere T___T 
Beh, tutto è bene quello che finisce abbastanza bene, no? Alla fine Goku non è riuscito a recuperare i suoi ricordi totalmente, ma si presuppone che possa accadere. E va bene anche così, sia a lui e a Vegeta. Non potevano lasciare il povero Radish a infastidire le anime dannate, no?! XD
La buona notizia è che ce l'avranno tra le scatole persino sulla Terra, yayyy! Ovviamente l'idea di farlo presentare proprio a C18 è nata per "colpa" di Teo5Astor, è lui l'ideatore di questa coppia meravigliosa (e vi consiglio anche di andare a leggere tutte le sue storie a riguardo, ma specialmente Remember Me, che mi è rimasta nel cuore).
Che ne dite... Diciotto farà rigare dritto il deficiente?
Ve lo anticipo: ho scritto una One Shot sequel a tema, ma la pubblicherò tra un bel po' di tempo. Il giorno di San Valentino, per la precisione. Segnatevelo :D 

Che dire... questa lunga avventura è giunta al termine, e mi sono divertita tantissimo a scriverla. Grazie di vero cuore a chi mi ha seguita fino a qui, spero tanto che questo fluffosissimo finale vi sia piaciuto (dai, questi due piccioncini lo meritavano). 
Ma, come anticipato, ho una GROSSISSIMA NOVITÀ pronta per domenica prossima. Una nuova long, sempre GokuxVegeta super mega slowburn, ma in un contesto davvero super particolare. Ci sarà anche Radish? Ebbene sì, ma non questo Radish. La storia sarà ambientata subito dopo il Torneo del Potere, ma non è proprio quello il tempo in cui si svolgeranno i fatti. E... c'entra qualcosa anche il pianeta Vegeta Sei e i Saiyan. Insomma... sarà un'avventura ancora più lunga di questa, super mega iper drammatica sin dall'inizio. Non posso negarvelo: sono affezionata tantissimo a questa nuova storia, forse quasi più che a After All che, come sapete, è stata un'avventura iper travolgente per me.
Non vedo l'ora di pubblicarla! Spero che mi seguirete anche lì :) 

Un abbraccio e grazie ancora di tutto il vostro supporto. Un grazie speciale a Nemesis01 per l'aiuto con la traduzione!
Eevaa




 
"HAKAI"
... online da domenica 26 settembre!

 A Zeno non piaceva la desolazione.
A Zeno non piaceva più l'universo, non gli piaceva più ciò che era rimasto della sua specie umana,
non da quando alcuni umani avevano osato utilizzare le Sfere del Super Drago per scopi di conquista, per appropriarsi i poteri divini.
Poteri che gli si erano rivoltati contro.
A Zeno non piaceva che i suoi Dei della Distruzione fossero stati manipolati e assoggettati.
Non gli piaceva che avessero distrutto tutto per colpa degli umani.
A Zeno non piacevano più gli umani. A Zeno non piaceva più niente di ciò che aveva creato.
Avrebbe rifatto tutto da capo, un giorno. Senza umani.
Ma quello era il momento di distruggere."
 
  
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