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Autore: _Lightning_    19/09/2021    1 recensioni
Quando Phoenix Wright viene ucciso sulla soglia del suo ufficio, sembra che la sua carriera di avvocato difensore sia prematuramente giunta al termine.
Ma qualcuno lo richiama di colpo dell'oltretomba, scaraventandolo nell'ennesimo, folle caso in cui nulla è ciò che sembra, nemmeno i nemici e gli alleati. Maya e Phoenix si ritroveranno a indagare insieme un'ultima volta, in una corsa contro il tempo nel limbo tra vita e aldilà...
[post-T&T // pre-Apollo Justice // What If? // Thriller // Suspense // MultiShip]
Genere: Generale, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Godot, Maya Fey, Pearl Fey, Phoenix Wright, Shelly de Killer
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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1. Presentimenti

 

Prima
8 luglio, ore 19:47
Studio Legale Wright & co.


 

 

Dopo aver affrontato una mezza dozzina di casi con sfumature paranormali più o meno marcate, Phoenix aveva iniziato a dare molto più peso ai presentimenti.  Non che avessero poi molto a che fare col paranormale, né con la Tecnica d’Evocazione Kurain, gli aveva vivacemente spiegato Maya quando gliel’aveva accennato, come se avesse appena insultato lei e tutti i suoi antenati.

Anzi! Non c’entrano proprio un tubo, Nick! Eppure, ormai dovresti essere un esperto anche tu! era esplosa alla fine, gonfiando le guance – e lui aveva preferito lasciar cadere l’argomento.

Comunque fosse, dopo il caso di Dhalia, dar retta a ciò che gli dicevano i nodi allo stomaco non gli sembrava un’idea così folle, con buona pace della tradizione e degli antenati offesi.

Quella sera, un presentimento gli disse di non passare dallo studio legale per rivedere le pratiche e le prove dell’ultimo caso. L’ufficio era lontano dallo zoo, era ormai notte, il sonno lo divorava dopo una lunga serie di indagini, e il giorno dopo si prospettava un’udienza impegnativa con Franziska e la sua frusta all’accusa.

Però Maya e Pearl lo aspettavano al solito chiosco di burger. E lo studio era di strada, giusto dietro l’angolo del palazzo. Quindi, non catalogò quella reticenza come un “presentimento”, ma come pure, semplice, umana pigrizia. Si avviò di malavoglia allo studio, digitando un messaggio per avvertire Maya che avrebbe tardato.

Ah, che peccato, Nick. Avrei offerto io, ma se arrivi così tardi...

Phoenix si lasciò scappare un grugnito, non cogliendo la logica del messaggio e alzando gli occhi al cielo nel sentire già dolere il portafogli, ma non poté fare a meno di sorridere. Imboccò spedito le vie che iniziavano a svuotarsi di lavoratori e impiegati, riempendosi di ragazzi e giovani a passeggio o seduti all’esterno dei locali e ristoranti. A quella vista, il suo stomaco mandò un debole verso di protesta, ricordandogli che non toccava cibo dal pranzo, ed era meglio dimenticare la qualità della tavola calda del bioparco. Allungò il passo, con la ventiquattrore che sbatteva con indolenza contro la gamba. 

Fame e pigrizia: ecco ciò che lo frenava dal concludere il suo dovere di avvocato difensore per quel giorno. Ma il suo cliente contava su di lui, e i burger e il suo letto avrebbero potuto attendere ancora un po’.

Col senno del poi – letteralmente – avrebbe realizzato che quella sera si sarebbe potuto trovare in tribunale, o al circo di Moe, o all’Hotel Gatewater, o sul fiume Eagle, e ciò non avrebbe fatto la minima differenza.

Non si sedette nemmeno alla scrivania, quando arrivò in ufficio, né si tolse la giacca o allentò la cravatta mentre rivedeva da cima a fondo il dossier del caso. Non si sarebbe trattenuto a lungo. Era tutto abbastanza semplice, dopotutto. Almeno, rispetto ai suoi standard: un custode dello zoo, tale Urace Vent, era accusato di aver spinto un passante nella gabbia dei coccodrilli, causandone la morte truculenta. Peccato che la morte in questione sembrasse in realtà avvenuta nel recinto dei pinguini, come era riuscito a dimostrare nel processo precedente... senonché c’era un testimone a confutare quella teoria.

Testimone che, con tutta probabilità, è il vero assassino... come al solito.

Phoenix sospirò, assecondando almeno quello, di presentimento, dettato da anni di esperienza. Si mosse avanti e indietro davanti alla finestra, ricapitolando a mente tutti i dati che aveva raccolto. Era così lineare, eppure ingarbugliato... come tutti i suoi casi. Stava giusto pensando che, dopo un pappagallo, chiamare un pinguino al banco dei testimoni non sarebbe stata un’idea poi così assurda, quando sobbalzò, colto di soprassalto da un bussare alla porta.

Nella penombra dello studio, rischiarata solo dalla lampada da scrivania, Phoenix scorse un’ombra sotto la porta.

«Arrivo» mugugnò, con un’occhiata all’orologio.

Fa’ che non sia l’ennesimo stramboide in cerca di un avvocato.

Chiuse la cartellina del caso e la cacciò in un cassetto della scrivania, per poi spegnere la luce. Recuperò le chiavi dello studio, deciso a far sloggiare l’ospite inatteso e a chiudere porta, colloqui fuori orario e richieste impossibili dietro di sé.

Devo appendere un cartello con gli orari. Accetto clienti dopo le 18 solo se fanno di cognome Fey...

Quando si affacciò allo stipite, si trovò davanti la figura allampanata di un uomo, stagliata nel corridoio male illuminato. Strizzó gli occhi: le luci al neon sfarfallavano ormai da settimane, ricreando ogni sera l’ambientazione di un film horror.

Forse avrei davvero dovuto sporgere reclamo al proprietario.


In controluce, dal buio dello studio, distingueva a malapena un completo elegante, dei baffi ben curati e un riflesso insolito sul volto dell’uomo. Che era decisamente l’ennesimo stramboide. Ma, con un brivido lungo la schiena, realizzò che difficilmente poteva essere in cerca di un avvocato.

Strinse più forte le chiavi, impugnandole discretamente a mo’ di arma, e si schiarì la voce.


«Prego? Posso aiutarla?»

L’uomo rimase immobile per un istante, quasi lo stesse squadrando meglio da capo a piedi.

«Phoenix Wright?»

Un lampo di gelo gli attraversò la schiena.

Questa voce... l’ho già sentita.

Aprì bocca per rispondere, circospetto, ma si bloccò con la voce incastrata in gola. Riuscì ora a scorgere con più chiarezza il volto allungato dell’uomo: un monocolo sul suo occhio sinistro rifletteva la luce in lampi freddi. E dei punti di sutura lo attraversavano in modo perfettamente simmetrico, dall’attaccatura dei capelli al mento.

Phoenix sentì lo stomaco scivolare nei tacchi, le gambe improvvisamente di gelatina, il cervello avvolto da un velo di melassa freddo e viscoso. Non riuscì nemmeno a provare vero e proprio panico – solo viscidi, singhiozzanti interrogativi:

Perché adesso? Perché dopo tutti questi anni? Che vuole da me?

Ma ogni altro pensiero venne spazzato via: la canna di una pistola invase la sua vista, nera e senza fondo, gelida quando si piantò a pochi millimetri dalla sua fronte.

«Perdoni il cliché, signor Wright... ma non è davvero niente di personale.»

Tutto questo... non ha senso.

Fu l’unico pensiero che gli attraversò la testa, un lampo fugace e accecante. Vi si aggrappò come sperando che qualcuno potesse sentirlo, in qualche modo.

La sagoma di una conchiglia rosa gli balenò davanti agli occhi, poi il fragore dello sparo inghiottì anche quell’ultimo sprazzo di lucidità, cancellandolo dal mondo.


 



 



Note dell’Autrice:
Cari Lettori... no, non era un bait e l’ho fatto davvero, senza se né ma :D
Non aggiungo altro, perché il tutto inizia a mettersi in moto dal prossimo capitolo ♥
Grazie a tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra le seguite e un grazie enorme a Cida che ha commentato lo scorso capitolo **
Alla prossima, spero tra pochi giorni,

-Light-

 

 

 Continua...

 
   
 
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