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Autore: Roscoe24    20/09/2021    3 recensioni
"Arthur sapeva essere estremamente premuroso, quando non si comportava come un totale babbeo.
E questo pensiero fece sfarfallare il cuore di Merlin, in un modo che lui decise volutamente di ignorare per tutta una serie di innumerevoli motivi (...). Non poteva innamorarsi del suo capo. Sarebbe stato poco professionale, decisamente poco etico, e oltraggiosamente scontato."
Genere: Commedia, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Gwen, Merlino, Morgana, Principe Artù | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Un suono metallico fu ciò che la mente ottenebrata di Merlin percepì.
Un suono che gli fece pulsare prepotentemente le tempie, mentre ricordi della sera prima lo invasero. Ricordava Morgana che se andava qualche ora dopo cena, con la promessa di farsi sentire presto. Ricordava di aver visto lei e Arthur abbracciarsi e sussurrarsi un ti voglio bene che non si scambiavano da troppo tempo e ricordava che, una volta rimasti soli, lui e Arthur avevano assaggiato la bottiglia di bourbon scadente che aveva portato Morgana, insieme alle liquirizie.
L’alcol gli aveva fatto venire mal di testa, sebbene non potesse dire di essersi sbronzato la sera prima.
E quel mal di testa, adesso, risuonava all’interno della sua scatola cranica ogni volta che quel trillo metallico continuava ad espandersi per tutta la stanza.
Non era la sveglia, pensò. Non ricordava di averla messa. Dopotutto, era domenica. Chi mette la sveglia di domenica?
La sua seconda opzione risultò essere il suo cellulare. Così, con i sensi ancora mezzi assopiti e un Arthur completamente addormentato disteso sopra a metà del suo corpo, Merlin si allungò verso destra per cercare l’aggeggio sul comodino. Lo trovò e rispose senza nemmeno guardare chi fosse. Tutto pur di farlo smettere.
“Pronto?” Sussurrò con voce impastata dal sonno. Non provò nemmeno ad alzarsi dal letto. Arthur gli impediva qualsiasi movimento, visto che era attaccato a lui come un koala, il braccio intorno alla sua vita e le gambe intrecciate con le sue.
Non che Merlin si stesse lamentando, sia chiaro.
“Dormivi, pulcino?” Domandò la voce sorpresa e dispiaciuta di sua madre. “Non volevo svegliarti.”
“Non preoccuparti, mamma.” Sorvolò sul nomignolo. A quanto pare, a Hunith non importava che suo figlio fosse diventato un uomo e continuava a chiamarlo come lo chiamava quando era un bambino magrolino con le ginocchia sbucciate.
“Sei sicuro? Posso chiamare più tardi.”
Merlin sorrise. “Davvero, ma’, non preoccuparti. Cosa volevi dirmi?”
“Volevo ricordarti che oggi pranziamo insieme.”
Merda, Merlin se l’era completamente dimenticato. Con tutto quello che era successo, l’invito di sua madre era migrato nel dimenticatoio.
“Sì, certo. Ma ecco, io…” Non voleva lasciare Arthur da solo. E non aveva ancora detto niente a sua madre riguardo alla loro relazione. Non ne aveva avuto il tempo. E non sapeva come si sentisse Arthur all’idea di incontrare sua madre.
“Puoi chiedere anche ad Arthur, se ti fa piacere.” Lo interruppe sua madre, quasi come se avesse percepito il motivo della sua iniziale titubanza.
Quella frase lo colpì in pieno petto. Sua madre sapeva. Ovvio che sapeva. Aveva sicuramente visto uno dei giornali in cui si tenevano per mano. Merlin provò una sorta di amara tristezza all’idea di non essere stato lui il primo a parlare a sua madre di una delle cose più belle che gli fossero capitate nella vita.
Dannati paparazzi.
Merlin sospirò, pensieroso.
Non che Merlin non volesse che Arthur conoscesse sua madre – in fin dei conti, si erano già conosciuti mesi prima, ma non sapeva se Arthur si sentisse pronto a conoscerla in quanto madre del suo ragazzo. Non voleva rischiare di affrettare le cose.
Merlin abbassò lo sguardo su Arthur e proprio quando l’indecisione sul da farsi lo stava consumando, lo avvertì mentre strofinava il naso contro il suo collo e sussurrava sulla sua pelle: “Dille che andiamo. Mi farebbe piacere rivederla.” Con la voce più roca e assonnata e sexy del mondo – e diamine, Merlin non dovrebbe pensare a certi aggettivi riguardanti il suo ragazzo mentre si trovava al telefono con sua madre.
Ingoiò il groppo alla gola, una scintilla di calore gli fece attorcigliare lo stomaco, lasciandogli una piacevole sensazione di sfarfallamento. Arthur era nel dormiveglia, ma era abbastanza vigile da aver colto la conversazione e aveva accettato l’invito. Probabilmente non pensava che fosse tutto troppo da gestire, o troppo presto. Probabilmente non era agitato al pensiero di rivedere Hunith, ma era semplicemente felice.
Merlin si allargò in un sorriso.
“Veniamo.”
“Oh bene!” Esclamò Hunith, contenta. “Vi aspetto più tardi, allora.”
“Grazie, mamma.”
“Nessun problema.” Merlin riusciva quasi a percepire il sorriso nella voce di sua madre. “Oh, e pulcino?” Lo richiamò e Merlin rimase in attesa. “Ti avevo detto che gli piacevi.”
A quelle parole, consapevole che Arthur stesse ascoltando la conversazione accanto a lui – sebbene tenesse ancora gli occhi chiusi – sentì il viso avvampare e salutò velocemente sua madre per chiudere la conversazione prima che dicesse altro che lo mettesse in imbarazzo.
Quando ebbe riappoggiato il telefono sul comodino, sentì Arthur al suo fianco muoversi. Si era messo in costa, appoggiato su un gomito, con la mano che reggeva la testa, mentre l’altra rimaneva ferma sull’addome di Merlin.
Aveva già un sorriso ferino sul volto e Merlin poteva dire di sapere con assoluta certezza ciò che stava per uscire dalle sue belle labbra.
“Sai, non so cosa sia stato più interessante di questa telefonata. Il fatto che tua madre ti chiami pulcino o il fatto che le parlavi di me. Da quanto hai una cotta?”
Appunto. Merlin conosceva l’uomo accanto a sé meglio delle sue stesse tasche.
“Non le ho mai parlato di te. Almeno, non nei termini che ti stai immaginando.”
“Oh,” arricciò le labbra, “Quindi mi stai dicendo che non ti struggevi per me?”
“Certo che no!”
“E allora che le dicevi?”
“Che sei un arrogante testa di fagiolo, un po’ troppo pieno di sé e schiavista.”
Arthur scoppiò in una risata così forte che riempì tutta la stanza. Ai lati dei suoi occhi si formarono delle rughette di espressione che resero l’azzurro delle due iridi ancora più luminoso, intenso.
“Sei un idiota. Ma sono curioso… se è questo che le dicevi, perché era convinta che mi piacessi?”
Merlin sospirò. “Ti ricordi quella volta che è venuta a trovarmi a casa?”
Arthur annuì. Erano a casa di Merlin per finire di elaborare la strategia per un caso particolarmente importante.
“Ci ha semplicemente guardati lavorare insieme. Non le avevo mai detto che c’erano momenti in cui dovevo costringermi a pensarti solo come un amico, perché sapevo che provare qualcosa per te mi avrebbe solo fatto soffrire, dal momento che pensavo fossi etero. Ma lei mi ha semplicemente preso da parte, dopo che sei andato via, e mi ha smascherato in cinque secondi. E quando ho confermato, quando le ho detto che c’erano giorni dove vederti solo come un amico era difficile, lei mi ha sorriso e mi ha detto che avrei dovuto avere pazienza. Quando le ho chiesto perché mi ha semplicemente risposto che anche io ti piacevo, ma non l’avevi ancora capito.”
Arthur rimase in silenzio, elaborando quelle informazioni. Ricordava perfettamente quel giorno. Ricordava la presenza confortante di Hunith in casa di Merlin, il fatto che avesse preparato loro da mangiare, mentre stavano lavorando. Ricordava le parole gentili che gli aveva rivolto, insieme a caldi sorrisi. Ma non ricordava di aver notato che li stesse osservando. E forse era perché era concentrato sul suo lavoro, ma non faceva fatica a credere che Hunith avesse potuto notare cose che lui stesso non aveva ancora notato.
Le madri hanno dei poteri speciali. E Hunith in particolare sembra una madre particolarmente empatica e attenta a ciò che circonda suo figlio.
O Arthur, a quanto pare.
“Beh, aveva ragione.” Disse solamente, sentendo uno strano calore all’altezza del petto. Gli ci volle qualche secondo per metabolizzare che era la consapevolezza che la madre di Merlin approvava la loro relazione. Non aveva sbraitato come suo padre, non si era presentata furiosa alla sua porta. L’aveva invitato a pranzo, come succede normalmente quando tuo figlio ha un ragazzo e vuoi conoscerlo.
Tutto questo riempì il cuore di Arthur di un profondo affetto e di una rinnovata speranza. Come se Hunith, con il suo semplice e genuino gesto, avesse spazzato via, almeno in parte, le sensazioni negative che Arthur aveva provato a causa del comportamento del padre.
“Pensi che dovremmo portare qualcosa?” domandò distrattamente.
“No, non credo.”
“Ma io vorrei portare qualcosa, sai… per fare buona impressione.”
Merlin sorrise teneramente e si avvicinò di più a lui, lasciandogli un amorevole bacio sulla guancia. “Quanto sei dolce, vuoi impressionare mia madre.”
Arthur si sistemò per riuscire a stargli più vicino, per fare in modo che si incastrassero in un abbraccio. “Guarda che è una cosa normale voler piacere alla madre del proprio ragazzo!” Esclamò, un tantino risentito.
Merlin ridacchiò per il tono usato da Arthur e strofinò il proprio naso contro il suo collo. “Lo so, ma tu le piaci già. Non hai bisogno di impressionarla.”
“Oh,” Esalò Arthur, davanti a quelle parole. Gli faceva davvero piacere sentirle. Anche a lui Hunith piaceva ed era bello sapere che la cosa era reciproca. Stava a significare che non ci sarebbero stati attriti, che Merlin non si sarebbe mai trovato in situazioni spiacevoli che rischiavano di metterlo in mezzo tra il suo ragazzo e sua madre per fargli fare da paciere tra le due parti. “Vorrei comunque portare una torta. Una alla frutta, se le piace. O al cioccolato, così andiamo sul sicuro. A tutti piace il cioccolato!”
Merlin rise di nuovo, e i suoi occhi si illuminarono così tanto che Arthur sentì il cuore accelerare. Merlin era così bello quando rideva in quel modo spontaneo e spensierato.
“Al cioccolato andrà benissimo.”
“Perfetto, allora più tardi passeremo in pasticceria, pulcino.” Calcò appositamente sul nomignolo, con un’espressione furba sul viso.
Merlin assottigliò gli occhi. Doveva aspettarselo che Arthur avrebbe tirato fuori l’argomento. Era preparato, in realtà.
“Non chiamarmi in quel modo.”
“E perché no?”
“Perché mia madre mi chiama così. E se vuoi continuare a fare sesso con me, quella parola non deve uscire mai più dalla tua bocca, o sarebbe davvero strano per me.”
“Mi pare giusto. Eviterò di farlo, per quanto muoia dalla voglia di sfotterti.” Ridacchiò Arthur.
Ma Merlin ignorò quell’ultimo commento, prendendo invece tutto il suo coraggio per rispondere: “Bravo, amore mio.” Forse era troppo presto, o forse no. Dopo tutto, se Arthur non pensava che fosse troppo presto per conoscere Hunith in quanto madre del suo ragazzo, non era nemmeno troppo presto per ascoltare il suo cuore e appellare Arthur in quel modo.
Merlin pose l’accento su quelle due semplici paroline, le pronunciò con una tale intensità da far fermare il cuore di Arthur, che emise un respiro strozzato per la sorpresa, prima di avvertire di nuovo il suo cuore ripartire all’impazzata. Rimase a fissare Merlin a bocca aperta per qualche secondo, i suoi occhi fermi in quelli dell’altro, mentre aspettava che il suo cervello reagisse e gli facesse dire qualcosa a riguardo. Ma a quanto pare, quelle due semplici parole, erano riuscite a mandare in corto circuito non solo il suo cuore, ma tutto il suo intero sistema vitale, cervello e capacità di linguaggio compresi.
Nessuno l’aveva mai chiamato così. O almeno, non aveva mai impregnato di così tanto affetto quelle parole. Era come se le stesse udendo per la prima volta, era come se, essendo pronunciate da Merlin, avessero una sfumatura del tutto nuova, carica di un amore che fino ad adesso Arthur non aveva mai ricevuto, o sperimentato.
Merlin si aprì in un sorriso tutto fossette, mentre si avvicinava al suo viso per baciargli via quell’espressione sorpresa. “Visto?” Sussurrò, prima di baciarlo di nuovo. “Questo è il modo giusto per chiamare chi ami con un nomignolo.”
E mentre Arthur rispondeva ad ogni bacio che Merlin gli dava, non riusciva a pensare ad altro che non fosse la verità di quelle parole e il fatto che quel nomignolo avesse un potere immenso sul suo cuore.



*



Arthur fissava la porta di casa di Hunith.
Aveva guidato mezz’ora, per arrivare lì. Merlin, avendo notato il suo nervosismo, si era offerto di guidare al suo posto, ma Arthur sapeva che se avesse avuto qualcosa da fare in quel lasso di tempo sarebbe stato più facile distrarsi dall’imminente incontro.
E ok che Merlin gli aveva assicurato che lui a Hunith piaceva, ma si erano sempre incontrati quando lui era solo un amico di Merlin.
E se a Hunith non piacesse Arthur-fidanzato? Se lo trovasse irritante? Spocchioso? Inadatto a Merlin?
Le sue mani stavano sudando. Le passò sui jeans. Stava per farlo una seconda volta, giusto per essere sicuro che fossero asciutte, quando Merlin ne afferrò una e fece intrecciare le loro dita.
Improvvisamente si rilassò. E riprese a respirare correttamente – non si era nemmeno reso conto di aver trattenuto il fiato fino a quando non aveva espirato rumorosamente.
“Andrà tutto bene.”
“Come fai ad esserne sicuro? Magari cambia idea e non le piaccio più.”
Merlin gli lasciò un bacio sulla guancia. “Le piaci. Mi rendi felice, quindi le piaci. A lei basta questo. Che io sia felice.”
Arthur arrossì lievemente e annuì. Dopo un istante, Merlin suonò il campanello.
Hunith aprì immediatamente, accogliendoli con un enorme, solare, sorriso. I suoi occhi erano identici a quelli di Merlin, notò Arthur, mentre i suoi capelli scuri erano raccolti in uno chignon disordinato e tenuti fermi il più possibile da una bandana rosa che le copriva leggermente la fronte. Indossava un paio di jeans e un maglione beige e profumava di lavanda.
“Arthur!” Esclamò, prima di abbracciarlo. Il ragazzo dovette chinarsi un po’ per ricambiare la stretta, dal momento che la donna era più bassa di lui. “Mi fa piacere che tu sia qui.”
“Grazie per avermi invitato.”
“Già,” Intervenne Merlin, abbracciando la madre quando, in un secondo momento, si sporse verso di lui. “Ha persino voluto fare il ruffiano e portarti una torta.”
“Merlin!” Esclamò Arthur a denti stretti, guardandolo malissimo.
“Oh, non preoccuparti caro, io penso che il tuo sia stato un pensiero molto dolce. E mi piacciono le torte, quindi grazie.” Affermò, decisa, prendendo la torta che le veniva porta da Merlin – inizialmente, Arthur aveva preferito non tenerla a causa delle sue mani sudate e instabili.
“Avanti, entrate.” La donna si fece da parte per farli entrare e i due ragazzi varcarono la soglia. Non appena fu dentro quella casa, Arthur cominciò a guardarsi intorno. La piccola entrata conduceva direttamente al salone, che faceva anche da sala da pranzo. Al centro c’era un tavolo di legno e davanti ad esso un piccolo divano e due poltroncine. Arthur notò delle foto appese alle pareti e gli ci volle un secondo per realizzare che la maggior parte ritraevano Merlin. Ce n’erano parecchie di quanto era un bambino – adorabile, si trovò a pensare – e alcune che riguardavano il giorno del diploma o della laurea. Una in particolare colpì la sua attenzione. Merlin era in braccio ad un uomo, aveva folti capelli lunghi e scuri, i tratti marcati e gli occhi castani. Sorrideva, mentre guardava un piccolo Merlin che sorrideva a sua volta, mostrando l’assenza di un incisivo superiore.
“Lui è mio padre.” Lo informò Merlin, mettendosi al suo fianco.
Balinor, pensò immediatamente Arthur.
Merlin gli aveva parlato di lui. Gli aveva raccontato che era morto quando lui era piccolo, a causa di una malattia improvvisa. Era stato un periodo doloroso, dove il piccolo Merlin era riuscito a vedere il padre in condizioni sempre peggiori, attaccato a una serie di macchine che lo aiutavano a respirare correttamente, e che gli impedivano di poter giocare con lui. Era quella la cosa che Merlin-bambino ricordava maggiormente. Il fatto che la grossa macchina che faceva respirare papà gli impediva di muoversi. E da un lato, era contento che ci fosse, così almeno papà non faticava più a parlare e respirare, ma dall’altro, non gli piaceva che fosse così grossa e lo costringesse a stare a letto, perché papà non poteva più giocare a pallone con lui, o prenderlo sulle spalle.
Il piccolo Merlin non aveva capito fino in fondo la gravità della situazione.
“Ero così ingenuo. Ero convinto che sarebbe guarito, che tutto sarebbe passato, nonostante sia la mamma che Gaius cercassero di prepararmi il più possibile all’idea che papà era molto malato e le cure non stavano funzionando.”
Erano state le parole di Merlin. Arthur ricordava quella conversazione avvenuta mesi prima in casa sua. Merlin aveva sussurrato quelle parole, quasi come se ricordarle facesse male. E probabilmente era così.
“Eri un bambino, Merlin. È normale che tu non riuscissi a capire a fondo la situazione.”
Merlin aveva semplicemente annuito, ma il suo sguardo si era assentato per un momento. Come se in quell’istante lui non fosse lì. Il suo corpo c’era, ma la sua mente stava vagando verso ricordi lontani, ma ancora troppo vivi, dolorosi.
Arthur ricorda di averlo abbracciato, solo per un breve istante.
E ricorda anche di aver percepito Merlin sospirare, a quel contatto, come se fosse stato alleggerito, almeno per un poco, di quel peso che gli gravava sul cuore.
“È una bellissima foto.” Arthur tornò al presente e passò un braccio intorno alla vita di Merlin per tirarlo più vicino a sé. Si voltò quel tanto per riuscire a lasciargli un bacio sulla tempia, tenero e prolungato.
“È una delle mie preferite. E sospetto che anche mamma la pensi così.” Merlin tenne gli occhi fissi sulla foto, mentre il suo corpo rispondeva ad ogni contatto di Arthur, avvicinandosi a lui e sistemandosi in quell’abbraccio.
Era felice di guardare quella foto, perché era davvero una delle sue preferite, ma gli provocava anche sempre una profonda tristezza perché era un promemoria del fatto che avessero vissuto troppo poco tempo, insieme. Gli ricordava che suo padre se n’era andato via troppo presto e non aveva avuto il tempo di guardare Merlin crescere.
“Ehi,” sussurrò Arthur, stringendolo un po’ più a sé e accarezzandogli la schiena con movimenti circolari e rassicuranti. “Andiamo a vedere se tua madre ha bisogno di aiuto, ti va?”
Merlin annuì. Arthur lo capiva sempre così bene e sapeva sempre cosa dire. Non avrebbe più dovuto stupirsi, eppure si meravigliava del loro legame ogni volta che dava prova di se stesso. Ogni volta che si manifestava in tutta la sua potenza e dimostrava quanto fosse forte, quanto ciò che li legasse fosse indissolubile e profondo.
Erano le loro anime ad essere legate. E le anime non hanno bisogno di parole per capirsi, solo di sguardi.
“Sì,” gli sorrise. “Sì, andiamo.”








“Non ho nessuna intenzione di starmene qui con le mani in mano! Cosa potrebbe pensare? Che sono uno scansafatiche abituato a farsi servire!” Sussurrò Arthur, appena fuori dalla porta della cucina.
“Tu sei abituato a farti servire.” Gli fece notare il suo saccente e fastidioso fidanzato, che invece era sulla porta della suddetta cucina dalla quale Arthur era stato bandito. Indossava un grembiule rosa pieno di merletti che Hunith gli aveva dato quando si era offerto di aiutare. Arthur si aspettava di riceverne uno pure lui, ma Merlin gli aveva detto che era un ospite e non era necessario che facesse niente. Arthur, ovviamente, non era d’accordo. Che figura avrebbe fatto davanti a Hunith? Non voleva farle una brutta impressione.
“Merlin!” Esclamò, oltraggiato da quell’insinuazione.
“Negalo. Andiamo, negalo, se hai il coraggio.”
Arthur lo guardò malissimo. Non poteva negare, ovviamente. Stupido Merlin e stupida la sua fastidiosissima saccenteria. “Ti detesto quando fai così.”
“Grazie, amore. Le tue parole sempre affettuose sono un toccasana per il mio cuore.” Commentò Merlin, grondando sarcasmo, rivolgendogli un sorrisetto pungente.
Amore. Il cuore di Arthur batté un po’ più forte. E si lasciò cullare per qualche istante dalla sensazione di calore che quella parola gli provocava, prima di tornare in sé.
“Smettila di fare l’idiota!” Lo rimbeccò. “Voglio aiutare.”
Merlin lo guardò con le sopracciglia sollevate e allora Arthur si rese conto che il suo tono poteva suonare un tantino autoritario, così si affrettò ad aggiungere: “Per favore.”
“Ma che bravo, usi anche le paroline magiche.”
“Non sono un bambino!” Esclamò, ma si contraddisse immediatamente quando incrociò le braccia al petto e sul suo viso comparve l’espressione più simile ad un broncio infantile che Merlin avesse mai visto.
Non era giusto che Arthur fosse l’uomo più sexy su cui avesse mai posato lo sguardo e allo stesso tempo anche il più tenero esistente. Dio aveva davvero dei preferiti. Arthur ne era la prova.
Merlin sorrise dolcemente. “Ovviamente non lo sei, nemmeno quando ti ci comporti, proprio come adesso.”
“Smettila, non è vero.”
Il sorriso di Merlin si ampliò maggiormente. Era adorabile. Voleva baciarlo così tanto. “Posso baciarti?” Gli chiese, quindi, perché non sapeva quanto Arthur si sentisse a suo agio a farlo con sua madre nelle vicinanze.
L’espressione del ragazzo cambiò all’istante, facendosi più seria. “Dipende. Mi lascerai aiutare?”
“Sei un ricattatore.”
“E tu un despota che mi bandisce dalla cucina. Come vedi, ognuno il suo.”
Merlin alzò gli occhi al cielo. “Sappiamo bene che tra i due sei tu, il despota!” Puntualizzò, prima di continuare: “Puoi apparecchiare. Contento?”
Arthur sorrise, soddisfatto. “Sì.”
“Ora posso baciarti?”
“Sono sorpreso tu non l’abbia ancora fatto, visto quanto sono irresistibile.”
Gli occhi di Merlin si sollevarono di nuovo verso il cielo, ma un sorriso ampio e familiare lo tradì. Scosse affettuosamente la testa, prima di avvicinare il suo viso a quello del fidanzato. “Testa di fagiolo.” Sussurrò, prima di incollare le labbra a quelle di Arthur. Fu un bacio dolce. Le loro labbra si mossero insieme per qualche istante, in qualcosa di così familiare. Merlin non si sarebbe mai stancato di baciare Arthur – e ovviamente Arthur non avrebbe mai smesso di baciare Merlin. O di farsi baciare ogni volta che glielo chiedeva.
“Ora,” Arthur gli lasciò un bacio a stampo quando si separarono, il cuore che ancora gli batteva forte in petto per il bacio ricevuto, “Vuoi dirmi dove trovo tovaglia, tovaglioli e posate?”
Merlin rise apertamente e lo guardò come si guardano le cose belle. “Ma certo, seguimi.”
Ed Arthur obbedì.






Merlin era in cucina, mentre si occupava della parte vegetariana del pranzo. Hunith stava finendo di sistemare i suoi involtini di pollo ripieni, mentre lui si occupava di friggere le zucchine – che avrebbe sicuramente mangiato anche Arthur, dopo essersi lamentato del fatto che è cibo per conigli, solo per il gusto di lamentarsi un po’ e infastidire Merlin.
Lo conosceva così bene e trovava la cosa rassicurante. D’istinto lo guardò. Spostò la sua attenzione dalle zucchine alla porta della cucina aperta, attraverso la quale riusciva a vedere la sala e Arthur che si impegnava tanto per apparecchiare. Sorrise istintivamente.
“Sai,” Cominciò sua madre, attirando la sua attenzione e facendolo sobbalzare leggermente. Merlin, quindi, spostò lo sguardo su di lei, “È bello vedervi così affiatati. Vi ho sentiti prima. Sembrate così complici. Quello che avete è così genuino e raro. Sono contenta che tu lo abbia trovato.”
Merlin arrossì di fronte a quelle parole. “Stavi origliando, ma’?”
“Oh smettila! Non stavo origliando. È una casa piccola e voi non siete stati esattamente discreti.” 
Merlin spostò di nuovo lo sguardo su Arthur, che stava allineando con precisione chirurgica le posate di fianco ai piatti. Sorrise. Di nuovo.
“Mi rende felice. E lo amo così tanto.” Affermò, prima di voltarsi di nuovo verso sua madre. “Pensi sia possibile? Avere già questa certezza dopo così poco tempo? Siamo stati amici per un anno, ma stiamo insieme da pochissimo. Ma so già che è lui la mia persona, l’unico con cui voglio stare per il resto della mia vita.”
Gli occhi di Hunith si fecero lucidi d’emozione. Era così felice per suo figlio, in quel momento. “Ma certo che è possibile. Le anime gemelle si incontrano, si riconoscono, e non si lasciano mai. Non hanno bisogno di tanto tempo per riconoscersi, a volte basta un secondo.”
Merlin le sorrise e si sporse verso di lei per stringerla in un abbraccio. “Avrei voluto essere io a dirtelo.” Le sussurrò all’orecchio.
“Lo so.” Hunith sciolse l’abbraccio per guardarlo negli occhi. “Quando ho visto quelle foto, l’unica cosa a cui ho pensato è che stavate molto bene insieme.”
“Davvero?”
“Davvero.”
“Non hai pensato nemmeno per un secondo: quel disgraziato di mio figlio non mi ha detto niente?”
Hunith ridacchiò. “No, tesoro, certo che no. Sapevo che me l’avresti detto, prima o poi.”
Merlin sospirò. “Sai, quelle foto hanno scatenato parecchie reazioni. In particolare in Uther.”
“Non l’ha presa bene?”
“Si è presentato sabato mattina a casa di Arthur e ha iniziato ad urlargli contro. Ha quasi provato a colpirlo. E ci ha banditi entrambi dallo studio.”
L’espressione sul viso di Hunith si indurì, ma non proferì parola riguardo ad Uther. Chiese piuttosto: “E Arthur come sta?”
“Puoi immaginarlo, credo. È triste, ma so che è anche arrabbiato. Questa situazione lo rende teso.”
“Oh, caro. Di qualsiasi cosa abbiate bisogno, sapete che io sono qua, vero?”
“Lo so, ma’, grazie.” Merlin la riabbracciò, grato di averla nella sua vita, grato di sentirla dalla loro parte e di avvertire l’affetto sincero che prova già verso Arthur.
“Quando vuoi, pulcino.” Hunith gli lasciò un bacio su una guancia, prima di sciogliere l’abbraccio. Non dissero altro, rimettendosi ad occuparsi dei rispettivi piatti. Merlin girò le zucchine appena in tempo per non farle bruciare. E le sistemò su un piatto vuoto, poi cominciò a friggerne altre.
Avvertì il cuore più leggero. Sapeva che sua madre sarebbe stata dalla loro parte, ovviamente, ma averne la conferma lo aiutava di più. Forse avrebbe dovuto parlarne con Arthur. Forse anche lui si sarebbe sentito più leggero.
Lo guardò di nuovo. Aveva finito di apparecchiare e ora girava intorno al tavolo per controllare che tutto fosse perfetto.
Era bello averlo in casa di sua madre. Era bello che collaborassero in quel modo come se fossero una famiglia.
Famiglia.
Arthur era la sua famiglia.
Il cuore di Merlin aumentò di una taglia a quella consapevolezza.






“Allora?”
Arthur alzò lo sguardo dal suo piatto per portarlo sul suo fidanzato. “Allora, cosa?”
Il sorriso che si formò sul viso di Merlin era ferino, da squalo quasi. Arthur conosceva quel sorriso sinistro. Era l’espressione che quell’idiota del suo ragazzo metteva su quando voleva sfidarlo ad ammettere che avesse ragione su qualcosa.
Merlin era uno stupido e lui era ancora più stupido perché si era innamorato di lui.
“Lo sai.” Svirgolò le sopracciglia con vigore, accennando al contenuto del suo piatto.
Hunith aveva preparato le melanzane alla parmigiana. Una cosa decisamente vegetariana. Arthur non viveva in una dannata caverna, per Dio, ed era perfettamente a conoscenza che esistesse un piatto simile. Ma ovviamente non l’aveva mai assaggiato.
Ovviamente l’aveva sempre snobbato perché aveva sempre dato per scontato che essendo vegetariano, non gli sarebbe mai piaciuto.
E ovviamente Merlin aveva dovuto rimproverarlo del fatto che non poteva essere sicuro che non gli sarebbe mai piaciuto, se prima non l’avesse assaggiato. Più di una volta, da quando si conoscevano.
E come se il karma avesse voluto dare retta a Merlin, era capitato che quella domenica Hunith avesse deciso di preparare proprio quel piatto, come portata principale.
Caro, spero vada bene. Merlin mi ha assicurato che ti sarebbe piaciuto! Ma ho fatto anche altro, se non dovesse piacerti!
E come diamine avrebbe potuto dirle che lui aveva sempre snobbato quella pietanza? E soprattutto, qual è il modo carino di dire alla tua dolcissima suocera che suo figlio, in realtà, è uno stronzetto manipolatore?
Merlin ne aveva approfittato. Arthur era pronto a scommettere che, quella domenica mattina, quando erano ancora a casa e lui era sotto la doccia, Merlin avesse richiamato sua madre per parlare appositamente del pranzo. E avesse appositamente omesso la sua avversità per quel piatto.
Aveva giocato bene le sue carte. E ora Arthur si trovava costretto anche a dargli ragione, dannazione, perché le melanzane alla parmigiana erano effettivamente deliziose e lui non si era ancora attaccato alla teglia, ingurgitandole direttamente da essa, perché aveva ancora un briciolo di dignità.
Arthur lo guardò malissimo dall’altro lato del tavolo. Avrebbe voluto togliergli quel sorrisetto arrogante e soddisfatto dalla faccia, magari negando fino alla morte che avesse ragione e affermando piuttosto che le melanzane non gli piacevano per niente, ma la verità era che lui amava quel sorrisetto arrogante e soddisfatto. E che un po’ voleva dargli ragione solo per vedere quel sorrisetto trasformarsi in un sorriso vero, luminoso e contagioso.
Gesù, da quando era diventato così sdolcinato? 
“Sono deliziose, contento?” esalò tutto d’un fiato.
Merlin batté le mani, estremamente soddisfatto, mentre un sorriso tutto fossette faceva capolino sul suo bel viso. “AH! Lo sapevo! Lo sapevo!”
Arthur gli fece una linguaccia. Perché era un adulto, e gli adulti ovviamente reagiscono in modo maturo.
“Puoi smettere almeno di gongolare?”
“Ovviamente no!”
Arthur ridusse gli occhi a due fessure. “Ti odio.”
“Non è vero, mi ami.” Merlin arricciò il naso in un’espressione soddisfatta e sicura.
“Pensa un po’ come sono stupido, allora, ad amare un idiota.”
Merlin ridacchiò. “Oh, amore. Non prendertela.”
“Non me la sto prendendo.”
Amore.
Di nuovo.

E, di nuovo, il cuore di Arthur accelerò.
Merlin si alzò dal suo posto e fece il giro del tavolo per sedersi sul suo grembo. Arthur glielo lasciò fare. Ovviamente.
E ovviamente circondò la sua vita con un braccio, tenendo la mano ferma sul suo fianco – il pollice che tracciava movimenti circolari sopra alla stoffa pesante del maglione oversize di Merlin.
Merlin gli prese dolcemente il viso tra le mani. “Sei così carino quando metti il broncio, sai?”
“Smettila di parlarmi come se fossi un bambino. E io sono sempre carino.” Puntualizzò con convinzione.
Merlin rise e gli lasciò un bacio tenero sulla guancia. “Certo che lo sei. Il più carino di tutti.”
“Solo carino?” Arthur strofinò il proprio naso contro il suo, facendolo sorridere nel modo più dolce possibile.
Merlin era tanto, tanto, tanto innamorato di quest’uomo.
“Sei bellissimo.” Gli sussurrò dolcemente, come se fosse un segreto solo loro. “E ti amo così tanto.” Si sporse quel poco che bastò a far scontrare le loro labbra e gli lasciò un bacio a stampo che Arthur ricambiò immediatamente.
“Ti amo anche io, sai. Anche quando provi a convertirmi al vegetarianesimo.”
Merlin liberò una vera e propria risata, che riverberò attraverso la sua cassa toracica e le cui vibrazioni raggiunsero anche Arthur.
“Primo: quella parola decisamente non esiste. Secondo: non è una specie di religione a cui convertirsi. Terzo: deve essere una scelta personale, non proverei mai a convincerti.”
“Le melanzane di tua madre potrebbero, però. Erano davvero deliziose.”
“Posso fartele ogni volta che vuoi, sai? Mi ha insegnato a farle, qualche anno fa.”
“Vorrei che le facessi. Mi piace vederti gironzolare nella mia cucina. E nella mia casa.”
“E nella tua camera?” Merlin gli sorrise, una punta di malizia colorò il suo viso e Arthur non poté fare a meno di sorridere.
“Stai flirtando?”
“Funziona?”
“Un po’.” Arthur si sporse per baciarlo. Gli piaceva davvero avere Merlin per casa. Gli piaceva che si svegliassero insieme, che gironzolassero per casa come se fosse uno spazio a cui entrambi erano abituati. Gli piaceva persino il fatto che Merlin avesse recuperato alcuni vestiti da casa sua e li avesse sistemati in un borsone che adesso giaceva ai piedi del letto che non avevano smesso di condividere da quando avevano ufficializzato la loro storia.
Gli piaceva semplicemente la complicità che c’era tra di loro e quell’aura domestica che sembrava li circondasse.
Quella consapevolezza fece scattare un pensiero nel retro del suo cranio. L’inizio di un’idea si andò ad insinuare nel suo cervello, prendendo sempre più forma. Ma proprio mentre stava per tramutarsi in parole, Hunith ricomparve in salotto, interrompendo qualsiasi sua intenzione.
“Scusate, ma non ricordavo dove avevo sistemato le forchette da dessert!” Affermò, appoggiando sul tavolo le suddette posate insieme a dei piccoli piatti.
“Mamma, non era necessario. Potevamo usare forchette qualsiasi.”
“Non dire sciocchezze, tesoro!” Lo rimproverò bonariamente la donna, guardandoli poi con un’espressione di pura tenerezza. E Arthur, sotto quello sguardo pieno d’affetto, non poté fare altro che sentirsi grato per quella donna che li vedeva semplicemente per quello che erano: due innamorati.
La mente gli andò ad Uther, alle sue espressioni, alla sua rabbia. Al fatto che gli avesse chiesto di negare se stesso.
Hunith era così diversa, così amorevole.
Hunith vedeva amore dove suo padre vedeva disprezzo.
Uther non avrebbe mai accettato di guardare suo figlio che tiene in braccio un altro uomo senza gridargli contro, o peggio.
Hunith, invece, aveva sorriso. E rivolto loro uno sguardo affettuoso, carico di dolcezza.
“Arthur?” Lo chiamò Hunith, e solo allora lui si rese conto di essersi estraniato momentaneamente, immerso in quei pensieri.
“Uhm, sì, scusa. Mi sono… distratto. Qual era la domanda?”
Hunith lo fissò per qualche istante. I suoi occhi cerulei, profondi come quelli del figlio, lo studiarono per qualche secondo, come se volesse carpire qualcosa. E Arthur, per un momento, fu certo che stesse per dirgli qualcosa. Ma poi gli rivolse un sorriso e gli domandò: “Vuoi la prima fetta di torta, caro?”
“Sì, grazie.”
Hunith annuì e cominciò a tagliare la torta al cioccolato. Quando gli passò il piattino con il dolce, le sorrise e la ringraziò.
Merlin non accennò a spostarsi, dopo che ebbe ricevuto la sua fetta di torta, e Arthur, dal canto suo, non gli chiese di spostarsi. Entrambi stavano bene dov’erano.







“No.”
“Dai, ti prego.”
“Ho detto no.”
“Despota.”
“Testardo.”
“Smettila, Merlin.”
“Vuoi che mia madre mi faccia una filippica infinita sul fatto che mi ha educato meglio di così? È questo che vuoi, Arthur? Pensavo mi amassi!”
Arthur alzò gli occhi al cielo. “Adesso stai facendo il melodrammatico.”
“Questo lo dici perché non sai fino a che punto può diventare puntigliosa mia madre quando deve rimproverarmi.”
“Non ti rimprovererà per così poco.”
“Sei un ospite Arthur. Se ti lasciassi aiutare mi insulterebbe fino alla fine dei miei giorni. E comincerebbe a darmi del maleducato.”
Gli occhi di Arthur si alzarono, accompagnati da uno sbuffo. Stava decisamente per dirgli di nuovo quanto fosse melodrammatico, quando Hunith si intromise tra di loro.
“Merlin, smettila di descrivermi come se fossi un mostro! Che razza di figura mi fai fare?”
“Vuoi negare?” Alzò le sopracciglia, rivolto alla madre. “E si può sapere perché origli?”
“Non stavo origliando. Non mi permetterei mai. È una casa piccola. E la sala e la cucina sono praticamente collegate, quindi vi ho sentito.”
Arthur colse la sua occasione e si rivolse direttamente alla donna. “Mi piacerebbe aiutarti a sistemare, Hunith.”
“Certamente, caro.”
Merlin la guardò con un’espressione così stupita che le sue sopracciglia rischiarono di arrivare all’attaccatura dei capelli. “Scherzi?” Si sentiva un po’ tradito, a dirla tutta. Tu quoque, madre. O qualcosa del genere.
“No, tesoro, affatto. Arthur non è un semplice ospite. È il tuo ragazzo, perciò questa è anche casa sua tanto quanto è tua. Quindi, se si sente a suo agio ad aiutare, può aiutare.”
Arthur arrossì visibilmente sotto quelle parole, mentre un sorriso luminoso e grato gli comparve sul viso. Merlin abbandonò la sua espressione stupita in favore di un sorriso soffice.
“Non posso ribattere a questo.”
Arthur e Hunith si scambiarono uno sguardo complice e un sorriso, poi Arthur si rivolse al suo ragazzo.
“Bene, allora non farlo. Tu siediti, io aiuto tua madre.” Gli lasciò un breve bacio a stampo e guardò Hunith in attesa di istruzioni.
Merlin sentì sua madre ridacchiare, mentre andava a sedersi sul divano. Afferrò il telecomando e accese la tivù. Fece un po’ di zapping distrattamente, concentrato più che altro sulle interazioni tra sua madre e Arthur. Erano così belli da guardare che Merlin rimase a guardarli per un po’, con un sorriso enorme sul viso che gli fece persino dolere le guance.






“Posso parlarti, tesoro?” Chiese Hunith, passando un piatto appena lavato ad Arthur, il quale era addetto all’asciugatura.
Un principio di panico si insinuò attraverso le sue membra, ma lo scacciò non appena rifletté sulle ultime ore appena passate. Hunith l’aveva messo a suo agio, era stata gentile, dolce e premurosa. Se davvero l’avesse trovato inadatto a Merlin, non si sarebbe comportata in quel modo.
Prese comunque un profondo respiro, giusto per assicurarsi di essere ancora in grado di farlo.
“Certo.”
La donna sospirò e mise momentaneamente da parte gli ultimi piatti che rimanevano per concentrarsi solamente su di lui.
“Non voglio essere invadente. E non vorrei tu pensassi che mi sto impicciando, perché credimi non è così.”
Questa premessa incuriosì Arthur, più che mandarlo nel panico. Hunith lo guardò negli occhi, come se volesse essere certa che le sue parole venissero recepite e assimilate.
Arthur annuì con decisione e lei proseguì.
“Merlin mi ha accennato della situazione tra te e tuo padre.” Hunith gli afferrò le mani. Arthur le percepì fredde a causa dell’acqua corrente del lavandino sotto cui erano state fino a qualche istante prima. La pelle era arrossata leggermente sulle nocche. Erano così piccole rispetto alle sue. Ricambiò la stretta e annuì, di nuovo.
“Era con me quando tutto è successo.”
Hunith intensificò la presa sulle sue mani. “Vorrei sapere come stai, Arthur.”
Il suo primo istinto sarebbe stato quello di chiedere perché? Perché avrebbe dovuto interessarsi a lui, visto che si conoscevano da poco, visto che quella era la prima giornata che passavano insieme dopo mesi.
Ma poi quel pensiero lo colpì forte al petto, come un proiettile piantato in pieno cuore.
Era passata una sola giornata e Hunith l’aveva trattato già come uno di famiglia.
Aveva definito quella casa anche sua. E l’aveva lasciato aiutarla perché sapeva che a lui avrebbe fatto piacere.
Hunith era interessata a come stesse perché teneva sinceramente a lui. E questo lo portò istintivamente a stringersela contro. La inglobò in un abbraccio che la donna ricambiò immediatamente con altrettanta intensità.
“Va tutto bene, tesoro.” Sussurrò Hunith, passandogli affettuosamente una mano sulla schiena.
Un gesto estremamente materno. Qualcosa che fece gonfiare il cuore e gli occhi di Arthur, affetto e lacrime che andavano a mescolarsi tra di loro in un turbinio di emozioni contrastanti. La gioia di sentire l’affetto di Hunith e la tristezza dovuta alla consapevolezza che quella che lo stava stringendo era la madre di qualcun altro e non la sua.
Era un periodo difficile.
Un periodo in cui si sentiva veramente felice come non lo era mai stato, eppure c’era qualcosa che gli impediva di godersi a pieno la sua felicità.
Era grato per Merlin, per il supporto di Morgana riguardo la loro relazione, eppure… eppure una parte di lui continuava a non accettare il fatto che suo padre avesse detto quelle cose orribili. Avrebbe dovuto semplicemente lasciar perdere. Pensare che se Uther non voleva avere a che fare con lui allora la cosa avrebbe dovuto essere reciproca. E invece… invece Arthur non riusciva a lasciarsi scivolare addosso la rabbia e la tristezza.
E gli mancava sua madre, terribilmente.
Non poteva fare a meno di pensare, da quando tutto questo era successo, a cosa avrebbe fatto sua madre. A come avrebbe gestito la cosa. Lei sarebbe stata dalla sua parte? Avrebbe parlato con Uther? Si sarebbe arrabbiata con lui?
Merlin le sarebbe piaciuto?
Non lo sapeva.
Non lo sapeva, e mai avrebbe potuto saperlo. Perché Igraine non c’era più. Perché lui sua madre non l’aveva mai conosciuta.
Quel pensiero gli formò un groppo alla gola, come se all’interno della sua trachea si fosse fermato un sasso.
“Ho solo… mi sento… arrabbiato, per lo più. Dovrei ignorarlo, giusto? Dovrei ignorare qualcuno che non si è fatto scrupoli a trattare male me e Merlin. Ma sono furioso, Hunith! Perché lui non può reagire come hai reagito tu? Perché non può essere gentile con Merlin come tu lo sei con me?” Lacrime cominciarono a pungergli gli occhi. “Dio, vorrei che non fosse stato così brutale e vorrei che mia madre fosse qui! Mi manca così tanto in questo periodo! Non posso fare a meno di chiedermi come avrebbe reagito. E poi realizzo che non lo so perché non l’ho mai conosciuta!” Una lacrima sfuggì al suo controllo e rotolò lungo la sua guancia. “E Uther! Lui sta rovinando la cosa più bella che io abbia mai avuto! Non sono mai stato più felice in vita mia e non riesco a pensare ad altro che non sia la rabbia che provo nei suoi confronti!” Si fermò. Si asciugò gli occhi e provò a regolarizzare il respiro. “Se non fosse per Merlin lo odierei, sai? Ma lui è… lui è meraviglioso e mi aiuta sempre a vedere le cose dalle giuste prospettive. Odiare mio padre mi renderebbe simile a lui e io non voglio essere come lui.”
Hunith gli afferrò il viso tra le mani. I suoi occhi cerulei erano lucidi, ma erano pieni di determinazione. “Non sei come lui. Non lo sarai mai. Di questo devi esserne certo.” Hunith abbassò le mani dal suo viso. “E per quanto riguarda l’essere arrabbiato, ne hai tutto il diritto. Ci sono persone che semplicemente non capiscono, Arthur, persone che hanno comportamenti che ci feriscono. E abbiamo tutto il diritto di arrabbiarci. Ma la rabbia non deve consumarci. Datti del tempo per pensare, tutto quello di cui hai bisogno, guardarti dentro e chiediti se sei disposto a provare a parlare di nuovo con lui. Lo devi a te stesso, per cercare di essere il più sereno possibile. Perché meriti di essere tranquillo e felice.”
Arthur sentì di nuovo le lacrime che gli pizzicavano gli occhi e si sporse per abbracciarla di nuovo. “Grazie.”
“L’ho detto anche a Merlin. Ci sarò sempre per voi.”
Arthur la strinse più forte e lasciò che una lacrima gli rotolasse giù dalla guancia, grato e commosso dalle parole della donna.
“Nei periodi difficili…” Cominciò flebilmente Hunith, come se stesse camminando su un terreno fragile, un terreno sul quale non fosse completamente sicura le fosse permesso di avventurarsi. “…Sentiamo sempre la mancanza di chi amiamo e non è più con noi. Non importa quanto tempo sia passato, quella mancanza è lì e viene fuori quando ci sentiamo più deboli, esposti. Non sai quante volte ho sentito la mancanza di Balinor, durante la crescita di Merlin. C’erano giorni in cui mi domandavo se fossi una buona madre, se solo io fossi abbastanza per mio figlio. Ci sentiamo fragili e pensiamo a chi ci dava sicurezza. Io e Balinor eravamo l’uno la roccia dell’altra. Una certezza.” Hunith fece una pausa e si scostò dall’abbraccio per guardare Arthur in viso. “È normale che tu senta la mancanza di tua madre. E non sai quanto mi dispiace, tesoro, che tu debba vivere tutto questo. Ma per quello che vale, io so che ti avrebbe amato, supportato e ascoltato. Sarebbe così fiera di te, Arthur, perché sei un ragazzo meraviglioso e io sono così felice che tu sia nella vita del mio Merlin.”
Arthur pianse. Non poté far altro per impedirlo. Quel groppo che aveva avuto in gola, quelle lacrime che gli avevano pizzicato gli occhi e che lui aveva cercato di trattenere. Tutto si sciolse in un pianto silenzioso e liberatorio.
Tirò fuori la sofferenza di giorni, che andò a mescolarsi con la commozione che le parole di Hunith gli aveva fatto provare. E tutto d’un tratto, con le lacrime che ancora gli rigavano il viso, si sentì più leggero. Sentì il suo cuore sistemarsi un po’, come se stesse ritrovando una serenità che la lite con suo padre gli aveva portato via.
“Grazie, Hunith.” Le disse, con tutta la sincerità di cui era capace. “Grazie.”
La donna gli asciugò le guance, passandogli i pollici sul viso. “Quando vuoi, tesoro.”
Arthur le rivolse un sorriso un po’ umido e la abbracciò di nuovo.





*



Quando tornarono a casa, quella sera, Arthur si sentiva diverso. In qualche modo più leggero. La presenza di Merlin al suo fianco era ciò di cui aveva maggiormente bisogno, di questo ne era consapevole, ma sapere in qualche modo che c’erano anche altre persone – persone come i suoi amici, Morgana e Hunith – a dargli supporto lo facevano sentire meno alla deriva, meno in balia di qualcosa che a tratti poteva sembrargli troppo difficile da gestire.
Arthur sapeva che se anche avesse dovuto cadere per un qualsiasi motivo, non sarebbe finito in un precipizio, ma avrebbe avuto decine di mani pronte ad aiutarlo a risalire sul bordo, piuttosto che precipitare.
E la prima mano che l’avrebbe afferrato, sarebbe stata quella di Merlin.
Merlin.
Merlin al quale stava per fare una domanda, quel pomeriggio. O meglio, adesso sapeva che era una domanda. Quel pomeriggio, ciò che adesso era chiaro fosse un quesito, era principalmente un pensiero che si era formato nel suo cervello e che non sapeva come tramutare in parole.
Non che adesso fosse meglio.
Adesso si era solo evoluto. Da pensiero a domanda. Ma rimaneva comunque ancora solo nella sua testa. Non era uscito. Non ancora, almeno.
Arthur stava aspettando di essere invaso da una buona dose di coraggio perché sì, insomma, poteva essere troppo presto, perché Merlin poteva dire di no. E lui era un po’ insicuro, se si trattava di rifiuti. Anche se era pienamente consapevole che non sarebbe cambiato niente nemmeno nel caso Merlin avesse effettivamente detto no.
“Arthur.” Lo chiamò l’oggetto dei suoi pensieri e lui per poco non sussultò. “Riesco a sentire il tuo cervello ronzare.”
Merda. Non avrebbe dovuto scegliersi qualcuno che lo capisse così bene. Insomma, che diamine, chi era Merlin? Una specie di mago/indovino/sensitivo? Aveva la palla di cristallo?
O magari possedeva uno specchio magico come quello de la Bella e la Bestia e anzi che mostrargli le persone gli mostrava i pensieri.
Ok, questo era un vaneggiamento in piena regola. Doveva riprendersi, dannazione. E magari smettere di guardare i cartoni animati a trent’anni. No, questo mai. Non si è mai abbastanza grandi per i classici Disney.
Ma ancora stava vaneggiando.
“Nessuna battuta sul fatto che il mio cervello non funzioni? Chi sei tu e che ne hai fatto del mio fidanzato?”
Merlin rise e Arthur percepì la risata attraversargli la schiena. Erano seduti nella vasca del bagno di Arthur. Merlin era appoggiato al bordo e aveva allargato le gambe per fare in modo che Arthur si sistemasse tra di esse, la schiena adagiata sul suo petto. Erano circondati dall’acqua calda e da una quantità spropositata di schiuma perché a quanto pare Merlin adorava le bolle di sapone e tutto ciò che serviva a produrle.
Arthur aveva usato quella vasca due volte da quando si era trasferito in quella casa, più o meno. Ma se a Merlin piaceva fare il bagno chi era lui per dirgli di no? Soprattutto quando voleva farlo insieme a lui?
Merlin gli avvolse le braccia intorno alla vita e gli lasciò un bacio sulla spalla. “Dimmi a cosa pensi.”
“Sei sicuro di non essere stato posseduto? O magari sei un alieno travestito da Merlin, perché sono sicuro che il mio Merlin non risparmi le battutacce su–”
Arthur venne interrotto da una mano di Merlin, totalmente insaponata, che gli tappò la bocca. “Stai vaneggiando. Piantala di vaneggiare e parlami, Arthur.”
Arthur vaneggiava perché era nervoso. Non poteva avere un po’ di comprensione, diamine?
E da quando il sapone aveva un sapore così orribile?
E tra l’altro, perché i bagnoschiuma hanno un odore così buono, ma un sapore così orribile?
E ancora, perché vaneggiava di nuovo anzi che concentrarsi sulla domanda vera a cui stava pensando?
Perché era un idiota, ecco perché. Magari gli alieni avevano preso il suo di cervello, insieme a tutto il suo coraggio.
Arthur tolse la mano di Merlin dalla sua bocca e fece intrecciare le loro dita. Guardò il loro intreccio di mani e se le portò alle labbra, baciandole. Poco gli importava del sapone, a questo punto.
“È una cosa a cui ho pensato oggi, mentre eravamo da tua madre.”
“E vuoi dirmi a cosa hai pensato?”
Arthur vorrebbe davvero che Merlin avesse uno specchio magico in grado di leggere i suoi pensieri, così potrebbe fare tutto da solo.
“Certo che voglio dirtelo, ma ho paura che pensi che sia troppo presto. E non voglio spaventarti. E non voglio rischiare di cambiare le cose tra di noi.”
Niente cambierà mai le cose tra di noi, Arthur.”
La certezza nella voce di Merlin gli fece trovare un po’ del coraggio che sembrava essergli mancato fino a quel momento.
“D’accordo. Stavo pensando che, magari, se tu volessi, io potrei liberare un po’ di spazio nell’armadio. E nel bagno. E ovunque tu voglia. Così potresti portare un po’ della tua roba qui e… vivere un po’ con me. So che forse è presto, quindi va bene se non vuoi, ma avresti comunque ancora il tuo appartamento e i tuoi spazi, ma avresti anche un po’ di spazi e un po’ di cose tue qui, così da non dover sempre fare avanti e indietro. Mi piace vederti in questa casa, guardarti muoverti in cucina, o da qualsiasi altra parte. Mi piace l’idea di me e te qui. Quindi, non so, potresti prendere in considerazione questo piccolo passo? Solo se ti senti pronto.”
Arthur aveva parlato più velocemente di quanto fosse abituato. E aveva cercato di non rimanere assordato dal battito frenetico del suo cuore mentre formulava quella richiesta.
Era ansioso. Sentiva come se il suo intero corpo potesse uscire dalla sua pelle da un momento all’altro. I suoi nervi erano tesi e il silenzio di Merlin rendeva tutto più stressante.
“Puoi girarti, per favore?” domandò Merlin, dopo qualche istante. Arthur era sicuro che anche se a lui era sembrato un’eternità, Merlin fosse rimasto in silenzio solo per qualche secondo.
Arthur si mosse nell’acqua, voltandosi. Si sedette al centro della vasca, allontanandosi un tantino da Merlin. Non perché lo volesse, ma perché era necessario affinché stessero uno di fronte all’altro. Quella distanza, comunque, sembrò non essere gradita a Merlin, perché non appena Arthur fu più lontano da lui, si spostò dal bordo per sedersi sopra al suo bacino. Glielo circondò con le gambe, mentre le braccia andavano ad allacciarsi dietro al suo collo.
Il cuore di Arthur perse un battito e il suo respiro divenne irregolare, mentre il suo corpo reagiva a quel contatto portando le proprie braccia intorno alla vita di Merlin.
Merlin aveva quello sguardo, negli occhi, che faceva tremare Arthur da capo a piedi. Lo guardava così intensamente, come se lo adorasse, lo venerasse. E Arthur non avrebbe mai smesso di sciogliersi sotto quello sguardo.
Merlin gli lasciò un bacio sulla fronte, poi uno su entrambe le guance e infine sulle labbra. Morbido, delicato, dolce.
“Mi piacerebbe tantissimo.”
Il cuore di Arthur esplose, come un fuoco d’artificio che squarcia il cielo notturno. “Davvero?”
Merlin annuì, mentre un sorriso innamorato allargava il suo viso. “Davvero.”  
Arthur strinse la presa sui fianchi di Merlin per essere sicuro di averlo completamente addosso. Di sentire tutto il suo corpo contro il proprio. “Baciami.”
E Merlin ubbidì. Gli afferrò il viso tra le mani e fece scontrare le loro labbra. Aprì quelle di Arthur con la sua lingua e cominciò a cercare quella dell’altro. Si mossero insieme, senza fretta e complici. Merlin afferrò il labbro inferiore di Arthur tra i denti, lo morse piano e lo succhiò leggermente, prima di staccarsi per prendere fiato.
Arthur mugugnò in protesta e Merlin lo trovò estremamente tenero. E sexy, ma dettagli.  
“Voglio fare tutto con te.” Sussurrò Merlin, come se fosse un altro dei loro segreti, qualcosa che solo loro dovevano condividere e conoscere. “Voglio vivere con te.” Gli lasciò un bacio sull’angolo destro della bocca. “Voglio sposarti, un giorno.” Gli baciò l’altro angolo. “E voglio avere dei figli con te.” Gli baciò le labbra. “Tu lo vuoi?”
Ad ogni parola, ad ogni bacio, Arthur sentiva il cuore accelerare e ingrandirsi. Il respiro gli si mozzò in gola perché insomma Merlin gli aveva appena detto che voleva sposarlo un giorno e lui era un essere umano ed era debole e certe cose lo emozionavano.
Ed era tutto ciò che aveva sempre desiderato. Indipendentemente dalla visione che gli aveva inculcato Uther del matrimonio, Arthur aveva sempre desiderato sposarsi per amore e avere dei figli. Una famiglia tutta sua con qualcuno di cui era profondamente innamorato.
E sapere che Merlin voleva le stesse cose non poteva far altro che renderlo felice.
“Sei la persona che custodisce la mia felicità, lo sai?” Gli disse, alzando una mano per accarezzargli il viso. Arthur era certo che anche lui, adesso, avesse un’espressione di pura venerazione nello sguardo. “Voglio passare tutta la mia vita con te. E voglio avere tutto con te.”
Merlin gli regalò uno dei suoi sorrisi luminosi, quelli che fanno impallidire il sole. “Ti amo.”
“Anche io.”
Merlin sorrise ancora e tentò di muoversi, provando a scendere dal bacino di Arthur, ma questi lo tenne stretto per la vita, bloccandolo e impedendogli di muoversi. “Dove vai?”
“Volevo prendere lo shampoo.”
“E perché, di grazia?”
“Perché pensavo fosse carino e romantico lavarti i capelli.”
Arthur si chinò giusto il necessario per appoggiargli le labbra sul collo, nel punto sotto la mascella. Cominciò a succhiare la pelle sensibile, mordicchiandola leggermente. Merlin sospirò e inclinò la testa, d’istinto, per lasciargli più margine d’azione.
“Sai cosa sarebbe carino e romantico?” gli domandò Arthur, lasciando un bacio sul segno arrossato che già cominciava a formarsi.
“Cosa?” Domandò Merlin sbattendo le ciglia con finta innocenza e strofinando il proprio bacino contro il suo, con una lentezza esasperante. Arthur emise un gemito e strinse la presa sui fianchi di Merlin.
“Sei un fottuto provocatore.”
Merlin avvicinò il viso al suo, continuando a muoversi in quel modo, aumentando il ritmo in modo graduale.
“Non si dicono le parolacce.” Gli afferrò il labbro inferiore tra i denti e lo tirò leggermente, prima di baciarlo in modo famelico, quasi volesse provare a saziarsi di lui. Impossibile. Merlin sapeva che non sarebbe mai stato sazio dei baci di Arthur.
“Dici cose senza senso.” Affermò Arthur, mentre le sue mani si spostavano dai fianchi di Merlin al suo sedere. Lo afferrò con decisione e Merlin sussultò.
“Adesso chi è che provoca?”
“Vuoi dirmi che ti dispiace? Vorresti che togliessi le mani da lì?”
“No.”
“Bene, allora sta zitto e baciami.”
Merlin lo assecondò e si fiondò sulle sue labbra, dando via ad una serie infinita di baci che vennero tutti ricambiati da Arthur.
 






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Ciao a tutti e ben ritrovati!
Spero che stiate bene e mi scuso infinitamente per il ritardo con cui pubblico. Sto andando parecchio a rilento, me ne rendo conto e di questo mi dispiace infinitamente!
Questo capitolo, in realtà, non era previsto. Cioè, avevo previsto solo l’inizio, ma poi mentre scrivevo ho pensato che potesse essere giusto che Hunith fosse un po’ più presente e che si desse un’occhiata anche alla famiglia di Merlin? Non so, ha senso?
E poi ho anche pensato che fosse giusto per Arthur confrontarsi con una figura genitoriale che non avesse avuto la reazione di Uther.
Non so, sono molto, molto, molto insicura su questo capitolo. Ho l’impressione di essere stata ripetitiva su certi argomenti e non so, ho paura che renda tutto troppo lento?
Comunque, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, se vi va!
Mi scuso per eventuali errori, ho riletto il capitolo, ma spesso mi possono sfuggire!
Ringrazio chiunque continui a leggere questa storia, nonostante i miei ritardi (scusate ancora), chi l’ha messa tra i seguiti/preferiti/ricordati e chi trova il tempo per lasciare un commento! È tutto sempre più che gradito e vi ringrazio tantissimo!
Vi saluto, un abbraccio! Alla prossima! <3


 
   
 
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