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Autore: Bibliotecaria    23/09/2021    0 recensioni
In un mondo circondato da gas velenosi che impediscono la vita, c’è una landa risparmiata, in cui vivono diciassette razze sovrannaturali. Ma non vi è armonia, né una reale giustizia. È un mondo profondamente ingiusto e malgrado gli innumerevoli tentativi per migliorarlo a troppe persone tale situazione fa comodo perché qualcosa muti effettivamente.
Il 22 novembre 2022 della terza Era sarebbe stato un giorno privo di ogni rilevanza se non fosse stato il primo piccolo passo verso gli eventi storici più sconvolgenti del secolo e alla nascita di una delle figure chiavi per questo. Tuttavia nessuno si attenderebbe che una ragazzina irriverente, in cui l’amore e l’odio convivono, incapace di controllare la prorpia rabbia possa essere mai importante.
Tuttavia, prima di diventare quel che oggi è, ci sono degli errori fondamentali da compire, dei nuovi compagni di viaggio da conoscere, molte realtà da svelare, eventi Storici a cui assistere e conoscere il vero gusto del dolore e del odio. Poiché questa è la storia della vita di Diana Ribelle Dalla Fonte, se eroe nazionale o pericolosa ed instabile criminale sta’ a voi scegliere.
Genere: Angst, Azione, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Note dell'autrice: questo è l'ultimo capitolo della prima parte, quindi adesso mi prenderò una piccola pausa fino a gennaio e poi avanti tutta con la seconda parte!
So che è tanto tempo ma allo stato attuale sono riuscita a scrivere solo  1/3 dei capitoli che ci saranno, forse, quindi preferisco prendermi un poì di tempo così da potervi offrire un prodotto soddisfaciente.
Tuttavia non vi lascerò a bocca asciutta, alla fine del prossimo mese rilascerò un'anteprima del primo capitolo della seconda parte e forse qualche altra cosina....
Intanto grazie mille a tutti quelli che hanno letto e seguito questa storia fino a qui.
Ci risentiamo presto,
Bibliotecaria







23. Ciò che cambiò la mia vita
 
 
 
Il 1° luglio 2024 della terza Era tornai nella mia città natia.
 
Stavo aspettando sotto al vecchio prugno i miei ex-compagni di classe, lo stesso luogo in cui li avevo informati del mio intento di liberare il drago.
Sperai che arrivassero in fretta ma i minuti passavano eterni e nessuno si avvicinava; alzavo di continuo lo sguardo pregando di vederli in lontananza ma non li intravidi neppure una volta.
Dopo quasi un’ora che aspettavamo Orion mi si avvicinò. “Sicura che arriveranno?” Chiese il vecchio incerto sul da farsi. “Sì.” Affermai convinta. “Non mancherebbero mai all’appuntamento.” Ma in fondo lo dicevo più per convincere me stessa.
 
Il pomeriggio passò lento, caldo, straziante e di loro neanche l’ombra.
 
 
Mentre il tempo trascorreva non potei non pensare che la penultima volta in cui ero tornata a Lovaris c’era Giulio qui con me e che in quei campi avevamo fatto l’amore per la prima volta. Come quel pensiero si insinuò in me, la morsa che mi opprimeva ogni volta che ripensavo a Giulio mi investì e, per cercare di consolarmi, mi strinsi le gambe al petto.
 
“Tutto bene?” Mi chiese Vanilla quanto notò che mi ero chiusa in me stessa. “Sì, tutto bene.” Mi limitai a rispondere malgrado la mia faccia dicesse il contrario.
“Brutti ricordi?” Mi domandò sedendosi accanto a me. “No, sono bei ricordi.” Ammisi appoggiando il capo sulle ginocchia. “Si tratta di Giulio non è così?” Mi domandò tristemente. “Sì. Vedi qui…” Ebbi un attimo di esitazione ma iniziai a parlare prima che me ne rendessi conto. “Abbiamo… l’abbiamo fatto per la prima volta.” Sussurrai mentre stringevo con maggior violenza i miei pantaloni. “Sotto quest’albero?” Domandò Vanilla sconvolta guardandosi attorno imbarazzata.
 
Mi sfuggì un sorrisino.
“No, qui vicino.” Sussurrai indicando una boscaglia a poco più d’un chilometro da noi. “Ma il solo pensiero che fino a pochi mesi ci siamo donati i nostri corpi a vicenda mi fa sentire peggio.” Sussurrai mentre tentavo strappare i pantaloni per conficcare le unghie nella carne e tentare di esprimere fisicamente il mio dolore.
Vanilla intuì cosa stavo facendo e bloccò il mio gesto sul nascere appoggiando delicatamente una mano sulle mie, vi era dolcezza ma fermezza, e, stranamente, riuscì a bloccare il mio intento e a calmarmi, almeno un po’.
 
“Sai… alle volte mi ritrovo a desiderare che quella pallottola avesse colpito me, non lui.” Le confessai guardando il cielo luminoso del tardo pomeriggio.
“Capisco quel che provi: Giulio ed io non avevamo il legame che c’era tra voi, ma era pur sempre un mio caro amico, quando ho saputo com’è andata anche io ho desiderato per un istante che la pallottola avesse colpito te e non lui.” Mi confessò a capo chino.
Stranamente questa confessione non mi ferì, e molto probabilmente non lo fece perché era quello che desideravo.
“Però, un istante dopo che l’ho pensato mi sono sentita un mostro perché non avrei mai sopportato di perderti Diana, poiché tu sei speciale per me, lo sei almeno quanto Giulio, anche se in un modo diverso.” Me lo confessò con le lacrime agli occhi e non potei fare a meno che commuovermi: le sorrisi dolcemente, le passai una mano in viso per asciugarle le lacrime e la strinsi a me per lasciarla sfogare senza che nessuno vedesse le sue lacrime.
 
 
 
Passarono altre ore e i miei compagni si stavano stancando ma non si sarebbero mossi senza il mio consenso, perché sapevano quanto queste persone fossero importanti per me, ma iniziavo a credere che non sarebbero venuti.
“Diana…” Richiamò la mia attenzione Felicitis. “Oramai non verranno più.” Disse cercando di smuovermi e indicando il sole calante.
“No!” La contraddissi malgrado una parte di me fosse convinta che avesse ragione. “Arriveranno, ne sono sicura!” Esclamai. “Diana, è inutile aspettare ancora.” Insistette lei.
Mi passai una mano trai corti capelli nervosa e scesi con la mano fino alle punte, quasi sorprendendomi quando quel contatto dorò pochi istanti, all’epoca ci devo ancora fare l’abitudine ma oramai mi parrebbe assurdo non portarli corti.
Presa dal nervosismo iniziai a camminare avanti e indietro sotto l’occhio attento dei miei amici sempre più preoccupati per me.
 
 
Stavo per perdere la speranza e andarmene, quando li vidi arrivare dai campi in lontananza. E la prima cosa che pensai fu che gliene avrei dette quattro.
 
Ma avvenne qualcosa di strano: si bloccarono un secondo, erano lì a meno di cento metri di distanza e mi fissavano come se fossi un fantasma. Ricambiai lo sguardo confusa e mi avvia verso di loro con fare seccato.
“Siete in un orrendo ritardo. Mi dite cosa vi passa per la testa, siamo rimasti qui a cuocere sotto il sole dà ‘sta mattina.” Li ripresi bonariamente.
 
Fu allora che mi sentii travolgere e gettare a terra da quarantatré chili di folletta sconvolta alla velocità di trenta chilometri orari. “Fina?” La mia amica cercò di formulare qualcosa ma uscirono solo versi disperati. La abbracciai preoccupata ma contemporaneamente mi chiesi cosa stesse succedendo.
Fu allora che il resto dei ragazzi mi travolsero in un immenso abbraccio.
“Okay… perché tutto questo affetto?” Domandai confusa non sapendo bene come reagire a tutta questa situazione.
 
“Diana!” Urlò Nami assordandomi l’orecchio destro che iniziò a fischiare dopo più di un mese che aveva smesso. “Brutta stupida! Ti credevamo morta!” Esclamò Nami mentre mi stritolava in preda alle lacrime.
“Aspetta... Nami, ragazzi, calmatevi. In che senso mi credevate morta?” Domandai confusa: la notizia del mio suicidio non poteva essere arrivata fino a Lovaris così velocemente: erano passati appena tre giorni.
“Abbiamo letto i giornali. Sei in prima pagina!” Esclamò Nami facendosi passare da Gahan il giornale che convenientemente aveva portato con sé.
 
Gli diedi una rapida occhiata e mi sentii incazzata e allo stesso tempo lusingata: avevano trascritto la mia lettera per il suicidio.
Non la riporterò perché non sono più riuscita a trovarla da nessuna parte, ma essenzialmente avevo parlato di Giulio, della nostra relazione, del fatto che era morto per difendermi durante la Notte Rossa e che non riuscivo più a convivere con il dolore di quello che era successo e per questo mi ero suicidata. Era una specie di riassunto tutta la nostra storia censurando tutto quello che riguardava i Rivoluzionari e mentendo dove era necessario.
“Merda…” Questo non era nei piani. Quella lettera la dovevano leggere solo i miei genitori, non tutto il mondo vivibile.
 
“Diana, che significa tutto ciò?” Trassi un profondo respiro alla domanda di Oreon con un tono che era tra il sollievo e la disperazione.
“Beh… tecnicamente…. Sì, sono morta.” Iniziai accarezzando la testa di Fina e Nami che erano ancora parecchio sconvolte ma che come parlai si alzarono e mi fissarono al unisono come se fossi impazzita di colpo. “Diana dalla Fonte è morta ufficialmente. Io ho solo… inscenato il mio suicidio. Nessuno sa che sono ancora viva tranne i qui presenti, a questo punto.” Spiegai nel tentativo di liberarmi da quel abbraccio che stava diventando più un modo per tenermi bloccata.
 
“Diana ma cosa cazzo stai dicendo?” Mi domandò Zafalina fissandomi duramente con quei suoi occhi di ghiaccio. “I tuoi genitori ci hanno chiamati due giorni fa per chiederci se eri da noi. Poi oggi è arrivato questo giornale che ci informa della tua morte e che non è possibile recuperare il tuo corpo! Mi dici cosa cazzo succede!?!” Domandò Zafalina imbestialita.
Respirai affondo e raccontai loro i più recenti sviluppi.
 
Nei primi momenti erano tutti piuttosto furibondi, sollevati o confusi, ma a mano a mano che spiegavo loro tutti i dettagli che avevo censurato per missiva o telefonata i loro sguardi si fecero più attenti e concentrati.
Poi spiegai loro il nostro intento: creare un movimento per fare sì che questo mondo cambi. Volevamo puntare in primis al diritto di voto, poi al riequilibrio delle ingiustizie nel mondo e al creare un mondo migliore. Senza più usare la violenza come unica arma ma solo come ultima risorsa.
Con quello che è successo in seguito verrebbe da dire che siamo stati degli ipocriti, ma per me il termine più adeguato è ingenui, maledettamente ingenui.
 
 
“Tu sei pazza, completamente e inesorabilmente pazza.” Decretò Zafalina che mi stava ancora ammazzando con lo sguardo ma percepii nel tono della sua voce un piccolo mutamento dal quale intuii che non era più così furiosa.
“Concordo.” Risposi. “Ma ora devo sapere.” Presi un profondo respiro conscia di starli ponendo una scelta difficile. 
“Siete con noi, o no?” Domandai loro.
 
Seguirono pochi eterni istanti di silenzio, istanti in cui loro soppesarono le loro possibilità presenti e future e ciò che avrebbe implicato questa loro scelta.
In quel momento ero divisa in due: da una parte speravo che mi augurassero di morire soffocata nelle terre velenose e se ne andassero urlandomi di non tornare mai più, dall’altra non volevo perdere anche le persone con cui ero cresciuta e per cui avrei fatto qualunque cosa.
 
“Ce lo stai chiedendo veramente Diana?” Mi domandò Salomon con un’estrema serietà rizzando la testa per rendere evidenti le sue corna che in quei mesi erano indiscutibilmente cresciute. “Diana ci conosciamo da una vita, avevamo capito che tu avresti seguito questa via da quando ci hai parlato di quel drago.” Affermò lui serio. “Io non sono un combattente, lo sai.”
Gli feci un mezzo sorriso per incoraggiarlo a proseguire e per fargli capire che avrei accettato qualsiasi risposta.
“Ma è anche vero che, per quanto poco, farei tutto ciò che è in mio potere per rendere questo mondo un luogo migliore e che sono stanco di ripetermi che è inutile provare.” Con quella affermazione mi donò un timido sorriso ma riprese istantaneamente a parlare.
“Per di più sei tu che me lo chiedi. Ti conosco bene, tu sei la persona più combattiva che conosca e quando decidi qualcosa lo porti sempre a termine. Quindi ti aiuterò, nei limiti in cui mi sarà possibile.”
Chinai il capo per ringraziarlo ma dentro di me si stavano muovendo un tale miscuglio di emozioni che sentivo che sarei scoppiata a piangere se non mi fossi data un contegno.
 
Pochi istanti dopo Andrea e Oreon si guardarono un secondo e poi mi si avvicinarono. Notai che Oreon era parecchio severo nel suo sguardo e mi preparai alla stigliata.
“Non approvo la tua scelta Diana, non approvo che tu abbia abbandonato i tuoi genitori in questo modo, non approvo che tu ci abbia tenuto al oscuro di così tante cose malgrado fossimo già dentro a questa storia e non approvo che ci hai usati come ultima spiaggia.” Il suo tono era severo e le sue parole dirette e schiette, ma non mi sarei aspettata altro da lui.
“Lo so, e in parte me ne pento.” Risposi. “Non mi bastano le tue scuse Diana. Non bastano a nessuno di noi. Io e te ci siamo sempre detti tutto, e non mi piace che tu non ci abbia coinvolti questa scelta prima.” A quel punto si concesse un breve respiro per calmarsi.
“Senti, io e te siamo sempre stati una squadra, non pretendo che tutto ritorni come un tempo, ma vorrei poterti seguire. Ma ciò non può avvenire se mi escludi dalle tue scelte per proteggermi o qualsiasi altra scusa del cavolo ti passi per la testa. Ci siamo capiti?” Mi domandò serissimo Oreon perscrutandomi l’anima con quei suoi caldi occhi marroni.
“Sì. Ci siamo capiti.” Risposi per poi porgergli la mano e stringerla in un accordo silenzioso tra noi due.
 
“Andrea vuoi aggiungere qualcosa?” Gli domandai. “Non molto. Solo che è da quando ci hai parlato di tutta la questa faccenda che io e Oreon discutevamo sul raggiungerti per aiutarti al meglio. Anche perché sospettavamo che dopo tutta questa faccenda la storia non poteva concludersi così facilmente, no?” Andrea mi diede una pacca sulla spalla.
“In parole povere: sì, anche io sono con te. Giulio aveva visto bene: sei una guida nata.” Affermò con convinzione.
Non so perché, ma sorrisi, le parole di Andrea avevano di nuovo aperto quella voragine, eppure c’era qualcosa di piacevole in questo dolore. “Sì.” Sussurrai.
 
“Sì, tutto molto gentile e commovente ma detto ciò: veniamo anche noi.” Decretò Tehor avvicinandosi a me assieme a Gahan. “Ti servirà pur qualcuno che ti copra le spalle.” Affermò il ragazzo facendomi un occhiolino d’intesa.
“E ti servirà anche qualcuno che sappia usare un minimo gli esplosivi: vacanze intere passate nelle miniere serviranno a qualcosa.” Affermò Gahan sicuro.
“Veramente noi vorremmo evitare la violenza…” Borbottò Galahad che però venne ignorato dai miei due chiassosi amici ma non da quelli più accorti.
 
“Se la situazione è così vengo anch’io.” Decise Lukas. “Per di più… ecco… credo che…”
Scostai Gahan e Tehor per poter parlare direttamente con Lukas. “Cosa Lukas?” Domandai incuriosita. L’interessato si mordicchiò il labbro nervosamente per qualche istante poi si decise a parlare. “La mia famiglia ha delle conoscenze… persone molto scontente della situazione che potrebbero aiutarci.” Mi sussurrò al orecchio una volta avvicinatosi.
“Non lo sapevo.” Confessai incredula e dal modo in cui me lo stava comunicando intuii di non essere l’unica ad esserne sorpresa. “Beh… ci sono molte cose che non sai sulla mia famiglia Diana. E… mi dispiace se le ho tenute nascoste a tutti voi fino ad ora, ma sai com’è… figlia di agenti S.C.A.” Accennai di aver capito e gli diedi una pacca sulla spalla.
 
Quando mi allontanai notai lo sguardo sospettoso di Galahad su Lukas, ma come gli feci un cenno che ne avremmo parlato dopo smise di fissarlo come un abominio.
 
Pochi istanti dopo percepii lo sguardo cocente di Zafalina su di me, mentre Fina e Nami continuavano a guardarsi chiaramente preoccupate.
“Io vengo con te.” Decise Zafalina avvicinandosi sicura e orgogliosa come sempre e mi sentii sollevata: la sua forza d’animo era un’arma potente e un rifugio sicuro. Come mi raggiunse mi diede una pacca sulla spalla e mi lanciò una saettata per poi sussurrarmi, con fare minaccioso, che dopo avremmo parlato di tutto quello che era successo.
Sentii un brivido percorrermi lungo la schiena ma Zafalina distolse subito lo sguardo e si concentrò su Nami e Fina.  
“Voi due fate come preferite.” Continuò voltandosi per guardare negli occhi le due interessate.
 
Nami guardò Fina per un istante, le fece un sorriso e iniziò a parlare. “Neanche io non sono una combattente. Ma posso aiutarti: ho un lavoro come donna delle pulizie in comune. Potrei aiutarti sotto un aspetto secondario. E la mia famiglia è grande e numerosa, penso di poterti recuperare informazioni e appoggio con relativa facilità.” Disse Nami e non potei fare a meno di raggiungerla e abbracciarla.
“Io invece...” Riconobbi subito la timida vocina alla mia destra. “Temo di non avere niente da offrire. Ma con tutti questi grandi progetti vi servirà qualcuno che si assicuri che mangiate.” Scherzò Fina sorridendomi dolcemente e abbracciai anche lei.
 
“Anche io vengo con te.” Decretò Lillà appoggiandomi una mano sulla spalla appena le altre due ragazze si separarono. “Come…?” Sussurrai incredula guardandola negli occhi. “Ma Lillà e… tuo marito?” Domandai incredula. “Verrà con me. Da un po’ di tempo stiamo pensando di trasferirci, oramai questo non è più un posto per le fate.”
La guardai un istante senza capire. Ma se fossi stata un po’ più attenta ai giornali in quel periodo avrei saputo che nella regione dei Fiumi c’erano state delle persecuzioni sempre più severe nei confronti delle fate.
“Non sono una guerriera, ma posso curare i feriti e cucinare.” La ringrazia ma non l’abbracciai, sapevo che le avrebbe dato fastidio.
 
 
A quel punto rimanevano solo Kallis e Denin che avevano iniziato a confabulare tra di loro già da un po’, ignorando quel che succedeva loro intorno. Tuttavia non mi ero resa particolarmente conto della stranezza del loro comportamento, ad essere sincera a loro non avevo per nulla badato fino a quel momento. Fu allora che mi accorsi di cosa c’era di anomalo nel loro comportamento: stavano parlando una lingua a me estranea.
Non mi era mai successo prima.
 
Era da almeno duecento anni che era stato dichiarato il Volgare come lingua nazionale e unica; ed erano passati almeno cento anni da quando avevano iniziato a estirpare tutte le lingue, una ad una.
Oramai solo gli anziani parlavano delle forme storpie di quelle lingue perdute.
Eppure dopo lunghissimi attimi in cui non capivo cosa stesse succedendo riconobbi la cadenza: era Goorad, un vecchio dialetto della Regione dei Fiumi. Incredibile dire che lo riconobbi solo perché le vecchiette di Lovaris erano solite a cantare intere poesie in quella antica lingua oramai dimenticata.
 
 
Stavo per dire qualcosa, per tentare di fare luce su tutta la questione, ma, in quel momento, i ragazzi si interruppero e intuii che qualsiasi cosa avessero da dirmi non sarebbe stato un discorso breve.
“Diana, hai mai sentito parlare degli Antichi?” Mi domandò Denin, un brivido freddo percorse la schiena di tutti noi. Personalmente la domanda mi lasciò disorientata perché Denin sapeva fin troppo bene che io dovevo sapere del esistenza degli Antichi.
Tuttavia su essi conoscevo solo alcune voci: avevo sentito che avevano preservato i misteri della magia che erano stati perduti durante la Terza Era, e che conoscessero la vera storia di periodi storici del quale a noi restavo solo vaghi echi di ciò che erano state la Prima e la Seconda Era.
 
All’epoca a scuola non si soffermavano sui periodi precedenti alla Terza Era. Ci avevano dato delle vaghe nozioni su la schiavitù umana, le antiche leggende, la fondazione di Libris, l’antico Impero di Solunis con la sua gloriosa ascesa e brutale e rapida caduta, le guerre per il territorio e la fine della schiavitù, l’inizio della Seconda Era e la formazione dei regni che la contraddistinsero, il massimo splendore delle città commercianti di Defeli, Jiui, Meriadera e Mazelia, la caduta di quest’ultima e l’inizio del regno umano e della Terza Era.
Erano fatti storici importanti, certo, ma tutto il resto era stato dimenticato: lingue, culture, letteratura, musica e magia era andato perduto più o meno per volere dei nostri antenati.
 
Si diceva però che gli Antichi preservassero tutte quelle storie dimenticate.
 
Personalmente non avevo una buona immagine di loro, né ne avevo mai sentito parlare bene da nessuna razza: tutti dicevano che erano un popolo senza patria e senza onore, che praticassero la magia malgrado gli immensi rischi che essa presentava, e che fossero solo dei codardi che si nascondevano al mondo senza fare nulla per esso.
 
“Qualche volta.” Mi limitai a dire mantenendo un atteggiamento neutro. Probabilmente il mio cervello aveva già intuito la bomba che stavano per sganciare da quei due, mai il mio cuore si rifiutava di credere i due soggetti più calmi, diligenti, pacifici e onesti della classe ci avessero nascosto qualcosa di simile.
Denin fece un sorrisetto dolce ma in qualche modo compiaciuto.
“Ebbene, io e Kallis siamo membri del popolo degli Antichi e ti vorremmo fare una proposta.”
Ci misi un po’ a processare la confessione di Denin, lo fissai incredula per diversi istanti senza dire niente così come il resto dei presenti.
 
“CHE COSA?!?” Esclamò Gahan infuriato con il suo vocione da nano che tirava fuori quando era veramente incazzato o sconvolto, ma in questo caso credo che fosse entrambe le cose.
“E non ce l’avete mai detto, stronzi!?!” Continuò Tehor per poi essere seguiti dagli altri miei compagni.
Fina volò spedita addosso a Kallis e iniziò a scuoterla pretendendo spiegazioni, mentre Salomon sbraitava contro Denin venendo subito dopo accompagnato del resto dei miei compagni.
 
Solo io, Oreon e Zafalina restammo immobili incapaci di deciderci sul da farsi. Fu allora che avvenne, a sorpresa: una fievole voce tentò di zittirli.
La prima volta era un sussurro imbarazzato, poi un borbottio seccato e in fine esplose in un tuono. “Volete stare zitti!!!” Tonò Galahad attirando l’attenzione di tutti su di sé e stupendo Orion che mostrò le sue zanne in un sorriso compiaciuto.
Galahad tossicchiò leggermente per dissimulare l’imbarazzo e ritrovò la sua compostezza.
“Di che offerta si tratta?” Domandò Galahad avvicinandosi a me in cerca di sostegno.
 
“Diana possiamo trattare… in privato? Non sappiamo neanche chi è ‘sto tizio.” Domandò Kallis diffidente e bloccando Denin dal dire qualunque cosa volesse. “Galahad Roveto.” Si presentò l’interessato. “E se volete trattare con Diana dovete trattare anche con me.” Decretò sforzandosi per non mostrare l’irritazione e mantenere un’aria imperturbabile, gli stava costando energie ma era convincente.
“Oh, quindi rappresenti i tuoi amici lì dietro?” Domandò Kallis mentre i suoi occhi di un verde che ricordavano le foglie degli olivi trafiggeva i presenti. “Mi pare logico” Rispose Galahad con lo stesso sguardo freddo.
 
“Io garantisco per loro.” Intervenni prima che tentassero di accoltellarsi. “E Galahad ha ragione: se trattate con uno di noi, trattate con tutto il gruppo.” Mi limitai a dire riprendendomi dalle varie sorprese della giornata e avvicinandomi a Denin e Kallis che parevano sconvolti dalla mia presa di posizione.
Un po’ mi dispiacque trattarli come estranei ma gli Antichi erano una fazione e noi eravamo un’altra: loro due non si potevano aspettare che in nome della nostra amicizia mi sarei comportata come sempre. Tuttavia non si meritavano il mio astio.
 
“Avanti, ditemi, cosa possono offrirmi gli Antichi di così prezioso?” Domandai cercando di mantenere la calma ma in realtà avrei voluto prenderli a schiaffi. “Conoscenza.” Si limitò a dire Denin. “Conoscenza?” Domandò confuso e scettico Galahad che, giustamente, non si voleva fidare del gruppo che era in parte causa del arresto dei suoi genitori.
“Conoscenza riguardo a che cosa?” Insistetti cercando di mostrarmi aperta al dialogo ma restando sul chi vive: mi fidavo dei miei amici ma se erano stati in grado di mantenere quel segreto per chissà quanti anni, sarebbero stati in grado di nascondermi molto altro.
“Conoscenze legate al segreto dietro Libris, le vie dei Nani, la città degli elfi, la battaglia delle grandi pianure, le antiche religioni, tutto. Gli Antichi preservano segreti che ti farebbero accapponare la pelle. E per darvi l’idea dei livelli ve ne diremo uno.” Spiegò Denin.
 
Come sentì le sue intenzioni Kallis cercò di persuaderlo a fermarsi ma Denin continuò imperterrito.
 
 
“Di che si tratta?” Domandai. “Tu sai che i trattati di Miren furono firmati per giustificare le disuguaglianze che ci sarebbero state tra le varie razze, vero?” Mi domandò Dennis.
 
Lo sapevo fin troppo bene, quei trattati erano alla base di ogni discriminazione, ogni legge che bloccava gli Altri dal essere trattati con equità.
Tutto era partito con una semplice clausola presente nel trattato firmato dalle fate e dai folletti del epoca per mantenere il permesso di vivere ancora nella regione di Alate, lo stato che gli umani avevano soverchiato rendendolo il loro.
 
Essenzialmente diceva che se volevano continuare a vivere lì dovevano ottenere un permesso per poter praticare la magia, dato che essa era la causa della disuguaglianza tra gli umani e le altre razze.
All’epoca poteva sembrare qualcosa di positivo, soprattutto perché la magia nel vecchio regno di Alate era insegnata solo ai nobili e quindi andava ad incidere solo su quella categoria. Poi però divenne sempre più difficile ottenere quei permessi, si restrinsero sempre di più il numero di magie concesse, piano piano vennero chiuse tutte le scuole di magia e, prima che potessero accorgersene, la magia divenne illegale e dimenticata.  
 
“Purtroppo sì.” Risosi con amarezza.
Quei trattati erano il peccato umano più grande della storia: era un segreto conosciuto da tutti, una rete malefica di un ragno calcolatore e fin troppo pochi se ne rendevano conto. La presentavano come un’azione necessaria per ottenere l’uguaglianza o un modo per rifarsi dei secoli di schiavitù ma la verità restava: quel trattato era una macchia rossa nella storia degli uomini, una colpa inestinguibile.
 
“Come tu ben saprai c’era una clausola che determinava delle limitazioni sull’uso della magia per le altre specie dato che gli umani non potevano usarla.” Mi spiegò Denin, solo in quel momento Kallis smise di tentare di fermarlo, probabilmente temeva che rivelasse qualcosa di ben più segreto.
“Sì, sì, risparmiami la lezione di Storia.” Dissi sentendo un veleno fastidioso assalirmi ma rimasi calma.
“Ebbene, ciò che non sai è che gli umani possiedono un particolare tipo di magia.”
 
 
Guardai Denin divertita a quella rivelazione.
“Denin… non ho mai sentito parlare di umani che fanno anche solo un vago uso della magia, e siamo il venticinque percento della popolazione mondiale, se fosse vero oramai lo si saprebbe.” Dissi sotto lo sguardo confuso del resto dei ragazzi: il non avere magia era LA caratteristica degli umani, questo non poteva essere vero.
 
“Ciò che dice è vero.” Intervenne Kallis. La guardai come se avesse sbattuto la testa da qualche parte e anche il resto dei presenti pareva altrettanto confuso. “È un potere sottile, invisibile rispetto al volare, creare campi di energia o manipolare le piante. Ma fondamentale.” Spiegò lei serafica, fu lì che capii che non stava mentendo: non dire qualcosa e mentire sono sue cose diverse e Kallis sarà anche stata un asso nella prima ma pessima nella seconda.
A diciannove anni suonati non era ancora in grado di mentire sul fatto di avere o meno svolto i compiti o nel dire a suo padre che non era uscita con un ragazzo.
“E credo che una parte di te sappia che è la verità.” Disse fissandomi negli occhi.
 
“Non dire scemenze, cosa potremmo mai avere noi umani di così speciale? Siamo umani proprio perché non usiamo la magia. Altrimenti saremmo maghi!” Esclamai incredula.
“Diana, gli dei hanno creato ogni essere così che abbia la possibilità di sopravvivenza, anche se preda di molte. Pensaci un secondo: qual è quella cosa che ha permesso agli umani di sopravvivere a secoli di imperi e di regni ben più potenti?” Guardai Denin senza capire: cosa centrava l’avere o no la magia con il potere politico?
“Il dare il culo alle persone giuste, abbassare la testa quando serve, lottando per i propri diritti quando è il momento, acquisire denaro e potere sfruttando la competizione tra Mazelia e Defeli, approfittare del declino della prima e diventando i possessori della tecnologia da guerra più moderna in circolazione?” Domandai riassumendo in poche parole come Alate era caduta. Il mio professore di Storia era stato molto chiaro su come Mazelia era caduta, ci avevamo speso tutto il primo anno su questo argomento.
 
Denin mi fissò un secondo incerto. “Beh… sì… ma non è questo il punto!”
“Allora dimmelo tu, ho avuto fin troppe sorprese oggi.” Decretai leggermente annoiata da questo teatrino.
“Davvero non lo sai?” Mi domandò lui sorpreso. Corrucciai lo sguardo e gli feci capire che o sputava il rospo o lo avrei strozzato.
 
Denin si fece piccolo un istante poi si decise a rispondere.
“La resilienza alla magia, è questo ciò che ha permesso a voi umani di sopravvivere a creature altrimenti ben più potenti di voi. Da sempre siete in grado di resistere alla magia e più venite esposti ad essa, meno questa ha effetto su di voi. E questa vostra abilità aumenta ogni volta che subite gli effetti della magia.” Guardai Denin confusa.
“Denin... questa è una stronzata.” Sussurrai: non era vero, non poteva essere vero.
“Forse non te ne sei accorta perché nessuno l’ha mai rivolta apertamente contro di te ma in tutti questi anni sei stata esposta ad essa anche se in forme molto blande quindi dovresti aver risvegliato la tua magia.” Disse Denin evocando una piccola sfera di fuoco azzurra dal nulla, non ebbi il tempo di stupirmi che me la scagliò contro.
 
Urlai in preda al panico e caddi a terra per lo spavento ma come mi sfiorò la pelle e la colpii con una manata e questa si affievolì fino a scomparire nel nulla nel giro di pochi istanti.
 
“Ma dico sei impazzito nanerottolo!?!?!” Urlò Orion raggiungendomi e facendo per prendere a bastonate il mio vecchio amico ma come vide che del fuoco non c’era nessuno traccia si trattenne. “Per il Sole e per la Luna! Come diamine è possibile?” Domandò l’orco incredulo.
“Gli umani non hanno solo vinto la guerra per quel trucco, certo. Ma il vero motivo per cui hanno soggiogato tutti i regni a Nord nel giro di appena un secolo è che gli umani sono resistenti alla magia delle altre specie. E questo, unito all’invenzione delle armi da fuoco, ha reso la vittoria schiacciante.” Spiegò Denin mentre mi rialzavo sconvolta, ero convinta di morire.
 
A quel punto gli occhi marroni di Denin incrociarono i miei esprimendo chiara preoccupazione. Sentii Oreon e Felicitis che mi aiutavano ad alzarmi ma come fui in piedi mi liberai del loro sostegno.
 
“Tutto bene Diana?” Mi domandò Denin e a quel punto persi le staffe. “Tutto bene? Tutto bene mi chiede lui!?! Hai cercato di uccidermi! E che era quella roba!?!” Urlai furibonda.
“Magia, i maghi possono controllare il fuoco, generare illusioni e… un altro paio di cosette.” Disse facendosi sempre più piccolo mentre mi avvicinavo.
“Io ti torco quel collo rinsecchito!” Urlai furibonda. “Diana… ti prego…” Tentò di darsi alla fuga ma lo afferrai e lo bloccai sul posto. “Lanciami addosso un altro incantesimo e io ti strozzo.” Decretai mentre Denin si faceva ancora più piccolo e Kallis indietreggiava d’un passo.
“Diana! Adesso basta!” Mi riprese Oreon e fu allora che mi resi conto di cosa stessi facendo: inspirai affondo e mi calmai, in qualche modo. Stranamente l’aver subito quel incantesimo mi aveva riempito di energia.
 
“Ora sono calma.” Dichiarai a tutti facendo riprendere il respiro a Denin che era ancora bloccato dalla mia presa. “Ma ora dimmi, come mai nessuno lo sa?” Continuai pacata.
“Era il segreto della vostra razza, lo avete nascosto gelosamente per millenni durante la prima e la seconda Era. Durante l’inizio della terza Era molti iniziarono a sospettare questa vostra abilità però non vi è mai stata conferma.” Mi spiegò Denin mantenendo la calma.
“Quando in fine gli uomini hanno conquistato tutto l’ovest nel 1300, i draghi, da alleati degli umani, iniziarono ad andarvi contro perché non gli piaceva come trattavate chi non era umano. Poi uno di questi tentò di svelare il vostro segreto ad un regno vicino e per questo i draghi sono stati trucidati quasi tutti nel timore che svelassero il segreto a qualcun altro.” Mi spiegò Denin e a quel punto capii il nocciolo della questione.
 
“Così avrebbero sempre avuto un’arma di riserva contro le altre razze.” Dissi comprendendo finalmente. “Ma allora gli Antichi come fanno a saperlo?” Domandai confusa. “Come ti ho detto uccisero quasi tutti i draghi, e quei pochi rimasti rivelarono il segreto ai primi Antichi. Ma non fu possibile diffondere la questione: in primo luogo perché la magia era oramai un’arte clandestina, pericolosa e poco controllata e quei pochi che riuscivano a padroneggiarla morivano per mano dell’Inquisizione prima, e per la S.C.A. dopo, e questi sono l’unico gruppo di umani a conoscenza di questa cosa.” A quel punto un pensiero sorse nella mia mente.
“Ma allora…” Sussurrai lanciando uno sguardo a Vanilla: com’era possibile che lei fosse riuscita a stendere due agenti di polizia ma io, a caso, fossi riuscita a resistere agli effetti di quel incantesimo?
Questa domanda mi fece rimuginare per qualche secondo di troppo.
 
“Cosa Diana?” Domandò Kallis. “Com’è possibile che sia riuscita a bloccare così quella sfera infuocata?” Domandai preoccupata: non volevo svelare il segreto di Vanilla senza il suo consenso.
“Beh, tanto per cominciare quello che Denin ti ha lanciato contro era un incantesimo molto debole, buono solo a fare scena.” Denin le lanciò un’occhiataccia come per dire che non era così ma venne ignorato.
“Per di più, la tua, è una magia basata sul istinto a questi livelli, se fosse stato un incantesimo più complesso, o che non metteva a rischio la tua incolumità, avresti dovuto concentrarti. Forse ha aiutato il fatto che i tuoi genitori siano agenti S.C.A. e quindi siano stati addestrati a resistere alla magia e che tu abbia sempre vissuto in mezzo a noi e che, quindi, in un modo o nel altro, sei sempre stata esposta alla magia anche se nelle sue forme più deboli e involontarie.” Spiegò Kallis.
 
“Beh, in effetti ha senso.” Disse Vanilla che probabilmente era ancora sconvolta da quella notte più di me. “Sì, ma questo non può essere sufficiente.” Insistetti: c’era un pezzo che mancava al puzzle, mi sedetti un secondo per riflettere. “Lo so che è sconvolgente ma è la verità Diana.” Mi spiegò Kallis interrompendo il mio flusso di pensieri. “Vi credo. Però… tutto ciò è sconvolgente. E… non avete ancora risposto alla mia domanda.” Spiegai sovrappensiero, a quel punto la giovane ninfa lanciò un’occhiata d’intesa a Denin e trasse un profondo respiro.
 
“Io e Denin non saremo mai utili in battaglia, ma possiamo darti le conoscenze per distruggere le leggi di restrizione.” Mi spiegò Kallis. Alzai lo sguardo. “Quanto tempo ci vorrebbe?” Domandai. “Ci vorrebbe tutta la vita per avere tutte le conoscenze. Ma potremmo intermediare tra voi e gli Antichi. Ci stai?” Mi domandò Dennis.
 
Mi voltai e mi rivolsi al resto del gruppo. “Siete d’accordo?” Domandai a tutti loro, nessuno osò rispondere. “Credo sia un aspetto interessante di cui però dovremmo discutere in un secondo momento a mente lucida.” Decretò Galahad e mi trovai d’accordo con lui e dopo un primo tentennio tutti si trovarono più o meno d’accordo. “E così sia. Tuttavia se accetterete o meno, io e Denin faremo del nostro meglio per sostenervi.” Disse Kaillis e le strinsi la mano e poco dopo a Denin.
 
“Quando potremmo discuterne con qualcosa in più di una vostra promessa?” Domandò Galahad avvicinandosi a me, cercando di far valere il ruolo di capo e ci stava riuscendo piuttosto bene. “Ci vorrà una settimana per informarli e non siamo sicuri di quanto tempo per convincerli.” Mi spiegò Kallis e a quel punto si avvicinò Nohat. “Non possiamo perdere tutto questo tempo qui.” Sottolineò in un sussurro alle orecchie di Galahad.
“Concordo, tuttavia credo che questo non sia tempo sprecato.” Disse Galahad conscio che c’erano molte altre cose da sistemare e pianificare prima di arrivare a Defeli.
“Concordo.” Lo appoggiai, a quel punto Nohat fece un mezzo sbuffo e tornò in dietro. “Per il momento restiamo qui, forse non ci vorrà così tanto tempo.” Concluse Galahad mentre Denin e Kallis mi lanciavano una strana occhiata ma non indagai oltre, ero stata una giornata spossante.
 
“Eventualmente potremmo mandare Orion e la sua famiglia in avanscoperta.” Concluse Galahad facendo spallucce e iniziando a dirigerci verso il camion, lì dove avremmo dormito per un bel po’ di tempo.
 
Tuttavia prima di proseguire mi resi conto di non avergli chiesto la cosa più importate.
“PORCAPUTTANA IL DRAGO!” Esclamai di colpo preoccupata.
“Come sta’?” Domandai. “Bene.” Mi rassicurò Kallis. “Da quando è arrivato ha messo su peso e le sue ferite sono messe meglio.” Spiegò con un sorriso orgoglioso. “E la scorsa settimana abbiamo spedito una richiesta per mandarlo alla base principale degli Antichi dove potrà vivere protetto e amato senza doversi preoccupare di essere visto da altre persone.” Mi raccontò Kallis e non potei che trarre un sospiro di sollievo: se non fosse giunto al sicuro tutto quello che avevamo fatto per salvarlo non avrebbe avuto un senso.
 
“Oh, finalmente! Stavo esaurendo le idee per evitare che i membri del mio branco andassero in quella zona! E Fina sta facendo i salti mortali per nutrirlo.” Commentò Andrea traendo un sospiro di sollievo. “Anche io sono impazzito, per di più mio nonno ha una vista acutissima di notte, fortuna che è mezzo rimbambito e nessuno gli ha creduto.” Disse Lukas sollevato riprendendo a camminare.
 
Mentre camminavamo verso il nostro accampamento improvvisato guardai il cielo tramontare: era di un rosso intenso, omogeneo, sovrannaturale, l’unica macchia nera era un falco solitario che volava assieme ad un forte vento che preannunciando tempesta, in lontananza potevo vedere le nubi temporalesche avvicinarsi veloci.
 
“Ragazzi stavo pensando che nome vi siete dati?” Domandò Tehor ad un certo punto.
Già, non ci avevamo ancora pensato, il nome è una cosa importante, avrebbe detto chi eravamo e chi volevamo diventare. “Che ne dite di Fuggiaschi?” Propose uno. “Io pensavo ad Anarchici?” Disse un altro. “Non suona un po’ estremista?” Domandò qualcuno. “A me piace.” Commentò qualcun altro. “Nessuno prende in considerazione la mia proposta?”
“La tua proposta fa schifo.” Disse Orion seccato. “Ehi!” Urlò quello. “Perché non lo chiediamo a Diana, è lei il capo.” Propose Oreon.
“Sarei anche io il capo.” Sottolineò Galahad a mezza voce mentre mi risvegliavo dai miei pensieri e guardai tutti, guardai un’altra volta quello splendido tramonto.
 
“Per il nome non ho idee sinceramente. Però ho una mezza idea per un eventuale simbolo o bandiera.” Ammisi. “Spara.” Commentò Oreon usando la mia spalla come appoggio per le sue braccia, come quando eravamo solo dei bambini e la differenza di altezza non era così drastica. “Pensavo che un falco nero su cielo rosso potrebbe essere una buona idea. Sapete… rosso come questo tramonto, rosso come la rivoluzione, come il sangue e la passione.” Pensai ad alta voce. “Il falco poi è il simbolo del cambiamento, quindi mi pare appropriato.” Pensai ancora ammirando quel colore così stupendo.
“E per il nome… pensavo a… Ribelli…?” Proposi ma tutti storsero il naso.
“Avete ragione, in effetti è troppo banale.” Ammisi mentre iniziavo il lunghissimo percorso che mi avrebbe condotta ad affrontare ogni sorta di avversità per realizzare un sogno fragile come una fiammella al vento.
 
 
 
 
 
 
 
Fine prima parte
 
   
 
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