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Autore: Red_Coat    28/09/2021    1 recensioni
"Per tutto questo tempo ho passato ogni singolo giorno della mia vita cercando un modo per riunirmi alla mia famiglia. Per riavere mia madre e mio padre, e dire loro quanto mi siano mancati. Ho speso tutto quello che avevo ... pur di poterli salutare un'ultima volta.
Se sono arrabbiata?? Si. Decisamente. Mi fa rabbia che anche il più grande potere del mondo non sia in grado di far nulla per aiutarmi!"
Emilie Gold è l'unica figlia femmina del Signore Oscuro e della sua amata Belle. Cresciuta nell'amore, curiosa come sua madre e abile nella magia come suo padre, ben presto si renderà conto di quanto il tempo possa essere paziente medico e al contempo spietato nemico. E nel tentativo di rendere possibile l'impossibile, scoprirà quanto il prezzo della magia possa essere alto, e quanto il Maestro tempo possa realmente cambiare anche il più oscuro dei cuori.
(coppie: SwanFire; RumBelle. Questa storia è una rivisitazione degli eventi della serie, potrebbero esserci spoiler così come potrebbero esserci coppie canon mai nate o fatti importanti della trama mai accaduti. Il punto di partenza dalla fine della terza stagione.)
Genere: Angst, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Baelfire, Belle, Emma Swan, Signor Gold/Tremotino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Episodio IV - Tale padre, tale figlia

La foresta era buia e fredda, invasa da una leggera nebbiolina che ne sfumava i contorni e ne smorzava i rumori.
Baelfire camminò facendosi luce con una torcia elettrica e stringendosi nel cappotto, pensando nel frattempo che quella strana e inquietante propensione per i luoghi lugubri e misteriosi poteva essere un'altra convincente prova della tanto millantata parentela con suo padre.
Nonostante gli scarponi, il pendio che conduceva al pozzo era ripido e la pioggia lo aveva reso fangoso, quindi rischiò più volte di scivolare.
Tuttavia, quando finalmente raggiunse il luogo dell'incontro, la fonte era illuminata da candele la cui fiamma non si spegneva nonostante la forte umidità e la pioggerella che aveva ripreso a scendere.
Al di là di esso, una figura minuta, avvolta in un mantello nero il cui cappuccio era calato a celare il volto, lo attendeva in silenzio.
Nella mano sinistra stringeva una torcia in fiamme, in quella destra ciò che sembrava in tutto e per tutto il pugnale dell'Oscuro, tranne che per l'assenza di un qualsiasi nome scritto sulla lama.
Si fermò a contemplarla, prendendo fiato.
 
«Tu devi essere Emilie.» esordì, aprendo il suo ombrello.
 
L'ombra sollevò di poco la testa e le labbra sottili s'incresparono in un sorriso.
 
«Da cosa lo hai capito?» chiese divertita.
 
Neal scosse le spalle, guardandosi intorno.
 
«Solo un pazzo si sognerebbe di raggiungere la foresta con questo tempaccio. In più, questa è magia, no?» disse indicando le candele «Ti piace creare la giusta atmosfera. Proprio...come lui.» concluse, rimanendo vago di proposito.
 
Nonostante tutto quello che avevano affrontato, c'erano lati di suo padre che non aveva ancora imparato ad accettare. La sua passione per l'oscurità era uno di questi.
A quanto pare, quella ragazza era molto più avanti di lui in questo.
La vide seguitare a sorridere, soddisfatta, quindi rimise nel fodero il pugnale e lentamente abbasso il cappuccio, mostrandosi.
Non era più la ragazza del Granny's. Occhi grigi, colorito pallido, capelli castani, a cui la luce delle candele donava un riflesso ambrato.
Era... davvero giovane. E somigliava molto a Belle, almeno nell'aspetto. Il modo di fare invece era in tutto e per tutto del Signore Oscuro.
 
«Ciao Baelfire.» lo accolse «Speravo che avresti capito il perché di questo posto.»
 
L'uomo sorrise a sua volta, cercando di mascherare il disagio.
 
«Volevi mostrarmi il tuo vero aspetto, e non avresti potuto farlo in città. Troppi occhi indiscreti. Giusto?»
 
La giovane annuì di nuovo, e fece qualche passo verso di lui.
Un piede davanti all'altro, sinuosa come una serpe ma anche curiosa, come una bambina. Lo scrutò da vicino, mentre lui cercava di non vedere le somiglianze.
 
«Quindi...» mormorò, cercando un modo per smorzare la tensione.
 
Quegli occhi grigi puntati su di lui e quello sguardo che sembrava volerlo divorare lo inquietavano, la nebbia e il silenzio non erano d'aiuto.
Forse sentirla parlare avrebbe reso tutto più... normale. Ma benché avesse tante domande, Emilie lo precedette mentre decideva quale fosse quella giusta.
 
«Papa mi aveva detto che eri un bambino intelligente.» disse «Non sei più un bambino, ma hai comunque un ottimo intuito.» ridacchiò.
 
Baelfire si fece serio.
 
«Già...» mormorò, tornando a guardarla «A proposito di questo...»
 
Un indice della giovane si posò sulle sue labbra, zittendolo con dolcezza. La sua pelle era morbida, nonostante la presenza di qualche callo, e le unghie lunghe erano smaltate di un nero brillante.
 
«Risponderò a tutte le tue domande.» gli assicurò, sottovoce «Ma prima che tu chieda... sei proprio sicuro di non ricordarti di me?»
 
Facendo apparire sulla sua mano un piccolo bastone da passeggio rozzamente intagliato in un robusto ramo di pino.
 
***
 
XX secolo,
Londra.
 
Baelfire e Wendy Darling stavano giocando a palla insieme ai più piccoli Michael e John, fratelli di quest'ultima, quando all'improvviso un pianto dirotto li distrasse.
Era una bambina dai lunghi capelli bruni e gli occhi grigi, vestita di stracci.
Era caduta su un sasso nascosto parzialmente sotto terra, e ora si teneva la caviglia, lamentandosi e tirando su col naso.
In suo aiuto accorse un ragazzo poco più grande, che cercò di confortarla in tutti i modi.
Gli tolse la scarpetta sudicia e abbassò il calzoncino, rivelando una piccola caviglia sporca, gonfia e sanguinante.
 
«Oh, mio Dio. Milly, quante volte devo dirti di non correre! Non abbiamo abbastanza soldi per questo.» la sgridò «Ora rimarrai zoppa.»
«Ma Will.» protestò lei, ricominciando a piangere «Volevo giocare con quei bambini.» disse indicando verso di loro.
 
Il giovane li guardò e abbassò subito gli occhi, mormorando sottovoce.
 
«Sono dei Signorini, stupida. Non vorrebbero mai giocare con te.»
 
Quindi la prese in braccio e si alzò nuovamente in piedi, voltando loro le spalle.
Baelfire e Wendy si lanciarono uno sguardo comprensivo e complice. I due giovani straccioni non ebbero compiuto nemmeno dieci passi, che la voce di Bae giunse a fermarli.
Senza voltarsi, Will guardò Emilie e la vide sorridere trionfante.
 
«Che ti avevo detto? Li abbiamo in pugno.»
 
Quindi gli tirò un pugno sulla schiena, facendo finta di aggrapparsi.
Will trattenne un urlo di dolore.
 
«Ahu!» esclamò con rabbia, sottovoce.
«Questo è per avermi chiamata stupida.» decretò la bambina, fiera.
«Stavo cercando di essere naturale.» rispose lui «Mi viene bene insultarti.»
«L'ho notato.» replicò lei, facendo una smorfia.
«Scusatemi, possiamo aiutarvi?»
 
La voce di Baelfire li raggiunse alle spalle, interrompendo la loro conversazione.
Emilie lanciò un loquace sguardo al suo complice, e mentre questi si voltava trattenne il fiato.
Quella era la prima volta che incontrava il suo fratello perduto.
Tante volte aveva cercato di immaginarselo, ascoltando i racconti di suo padre, e quando infine poté guardarlo negli occhi... capì quanto avesse avuto ragione.
Era un bambino dolce e coraggioso, leale. Il suo sguardo era pieno di comprensione per quella bambina ferita, la sua mano destra stringeva rassicurante quella del piccolo Michael.
Era davvero...un bravo bambino.
E lo erano anche Wendy e i suoi fratelli.
Seguendo il piano, Will Scarlett assunse un'aria umile e rispose, accennando ad un inchino.
 
«Oh, no davvero. Vi siamo grati per la generosità, ma non potremmo ricambiarla. Le fascerò la caviglia e spererò in meglio.»
 
Emilie ricominciò a singhiozzare, appoggiando la testa al petto del suo "fratellone".
 
«Non voglio diventare zoppa!» si lamentò disperata.
 
Will abbassò il capo fino a sfiorarle l'orecchio.
 
«Sei davvero una splendida attrice.» mormorò, fingendo di darle un bacio.
 
Lei seguitò a piangere, ma cambiò posizione, aggrappandosi al suo collo.
 
«Grazie caro.» mormorò, facendo finta di riprendere fiato.
«Non dovete sentirvi in debito.» si fece avanti Wendy Darling «Insistiamo. I nostri genitori saranno felici di aiutarvi. E poi, stava correndo per giocare con noi, è anche un po’ causa nostra se si è fatta male.»
 
Will si prese qualche secondo, facendo finta di pensarci.
 
«Ma ho il lavoro. Non posso assentarmi, o perderò anche quel poco che abbiamo.» mentì, aggiungendo poi, intristendosi «Ho promesso ai miei genitori di prendermi cura di lei.»
«Può stare da noi fino a quando non sarà di nuovo in grado di camminare.» si offrì la ragazzina «I miei genitori sono molto comprensivi. Hanno accolto Bae, non vedo perché non dovrebbero farlo anche con vostra sorella.»
 
Will ed Emilie si guardarono.
 
«Puoi restare senza il tuo fratellone per qualche giorno?» le chiese, conoscendo già la risposta.
 
La bambina tirò su col naso, si asciugò le lacrime con le mani sporche di terra e annuì. Aggrappandosi nuovamente al suo collo, concluse trionfante, a voce talmente bassa da essere a malapena udita da lui.
 
«Anche tu non sei male come attore, Will. Davvero niente male.»
 
\\\
 
Come predetto da Wendy, i coniugi Darling furono molto comprensivi e accordarono alla piccola un soggiorno lungo tutto il tempo necessario a rimettersi, accollandosi anche la spesa per la visita del medico e per la fasciatura.
Anche se per una buona causa, Emilie aveva davvero attentato alla sua caviglia, perciò dovette rimanere a riposo e dovette portare una steccatura affinché il suo passo non subisse gli effetti di una zoppia a lungo termine.
Proprio come suo padre prima di lei, aveva rischiato di diventare una storpia pur di restare accanto a Bae, per cercare di proteggerlo da un futuro da bimbo sperduto.
Ma, come avrebbe presto scoperto, c'erano punti fissi nel tempo che non potevano essere modificati.
 
\\\
 
I giorni trascorsi con i Darling furono belli, pieni di giochi e spensieratezza. Grazie alla magia, Emilie riuscì a vivere quei momenti con suo fratello che aveva sempre considerato come sogni un po’ utopistico, ma nonostante lui fosse molto servizievole e comprensivo, aiutandola perfino con i pasti e restando con lei a giocare mentre gli altri erano fuori a godersi l'aria aperta.
Quando finalmente potè alzarsi dal letto, Bae le fece trovare un'altra sorpresa: Un bastone da passeggio ricavato da un ramo robusto.
Glielo consegnò infiocchettato con un nastro di raso rosso, dopo aver aspettato che finisse di fare colazione.
Emilie lo prese tra le mani, sinceramente stupita, e dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non lasciare che lacrime di commozione si affacciassero ai suoi occhi.
 
«Oh Bae...» disse, abbracciandolo forte «Grazie mille!»
«Non c'è di che.» disse lui, con un sorriso buono «Ho preso uno dei rami potati dagli alberi del viale. Dai, provalo.»
 
Contenta, Emilie prese la mano che gli porgeva il ragazzo e si mise a sedere, poggiando a terra cautamente prima il piede buono poi quello steccato.
Si guardarono negli occhi, scoprendosi entrambi emozionati.
Infine, facendosi coraggio, si mise in piedi, appoggiandosi al bastone per non crollare.
Le sue piccole gambe pallide erano rimaste a riposo per un tempo un po’ troppo lungo, facevano un po’ fatica ora a restare ferme, ma non fu questo a turbarla.
Baelfire le prese l'altro braccio e con un sorriso la tranquillizzò, invitandola ad appoggiarsi anche a lui.
Mentre scendeva le scale, barcollando e con la costante paura di ruzzolare giù come un sacco vuoto, per la prima volta comprese come aveva dovuto sentirsi suo padre prima che la magia ovviasse a quel difetto, sempre incollato al suo fedele bastone.
Come poteva un uomo zoppo e gracile come lui difendere un bambino dolce e coraggioso come quel figlio da Orchi, soldati, e qualsiasi altro genere di pericoli comuni al mondo magico.
E se fosse scappato, se insieme a Bae avesse raggiunto quel mondo senza magia, quel suo corpo fragile gli avrebbe davvero permesso di continuare a difenderlo, di combattere per dargli una vita degna quanto quella che aveva potuto avere dai Darling?
Forse scusarlo era troppo, ma lo capì. E quando la luce del sole gli ferì gli occhi, finalmente trovò una scusa utile per lasciarsi andare.
Il suo fratellino pensò che fossero lacrime dovute al dolore, si tolse la vestaglia da giorno e la stese sull'erba, invitandola a sedersi.
 
«Ti fa tanto male?» chiese apprensivo «Forse ti sei sforzata troppo.»
 
Emilie annuì, sedendosi e appoggiando accanto a sé il bastone.
 
«È stato il sole.» replicò «Sto bene, davvero.»
 
Baelfire le sorrise di nuovo, e a quel punto, finalmente, Emilie riuscì a trovare l'occasione giusta per parlare del loro... punto in comune.
 
«Perché fai tutto questo per me?» domandò.
 
Il bambino abbassò timidamente lo sguardo.
 
«Anche mio padre era zoppo.» rivelò «So come si vive in quel modo. E so come prendermi cura di chi lo è.»
 
Milly sorrise di nuovo. Gli occhi lucidi, gli prese una mano e l'accarezzò piano.
 
«Gli volevi bene?» domandò, e lo vide intristirsi.
 
Annuì, con un cenno rapido del capo. Avrebbe voluto dire di più, ma lacrime si affacciarono ai suoi occhi.
 
«Cosa gli è successo?» domandò, ma il ragazzo ebbe solo il fiato e la voglia per rispondere, molto vagamente.
«È morto.»
 
Sapevano entrambi, anche se per motivi differenti, che non era vero. Ma per il momento era meglio per ciascuno credere a quella bugia.
E quale modo migliore per farlo se non condire il tutto con altre bugie, che facessero sembrare quel tipo di dolore qualcosa di comprensibile da entrambi. Un punto in comune.
 
«Anche i miei genitori sono morti.» disse, candidamente.
 
Ma Bae sembrò quasi non ascoltarla. Era di nuovo perso nei suoi pensieri, e solo l'arrivo del piccolo Michael e del suo orsacchiotto di peluche riuscì a restituirgli il sorriso.
Non ne parlarono più per qualche giorno, fino a che una notte, quando mentre tutti erano profondamente addormentati, Emilie non vide Bae agitarsi nel letto e poi riaprire di colpo gli occhi, respirando affannosamente.
 
«Un incubo?» chiese.
 
Nel buio, il ragazzo la guardò sorpreso, quindi annuì, mettendosi a sedere.
 
«Ti ho svegliata?» chiese, mortificato.
 
Lei scosse il capo, sorridendo.
 
«In realtà non ho mai preso sonno. Sono stanca di stare sempre a letto.»
 
Bae sorrise a sua volta.
 
«Domani è il grande giorno. Tuo fratello verrà a riprenderti.» disse, tentando di tirarle su il morale.
 
Fu il suo mezzo sorriso in quegli occhi tristi, in realtà, a confortarla. Voleva dire che c'era ancora speranza.
 
«Si ma stanotte mi sa che non chiuderò occhio.» disse, e a quel punto fu proprio lui a tirar fuori l'argomento.
«Ti mancano mai i tuoi?» chiese, sentendo di dover dare spazio al peso che gravava sul suo cuore.
 
Emilie si mise a sedere, sorridendo e scuotendo le spalle.
 
«Spesso...» replicò, sinceramente «Più di quanto pensi. Ma una volta mio padre mi disse una cosa che mi conforta tanto.» concluse, lanciando un amo al quale il suo giovane fratello abboccò rapidamente.
«Cosa?» domandò curioso.
 
Milly si fece nostalgica, e guardandolo negli occhi replicò.
 
«Non c'è niente che riesca a tenere lontano un figlio dall'amore di un padre. Un padre... troverà sempre un modo per ritornare dai suoi figli.»
 
***
 
Neal guardò quel piccolo bastone nelle sue mani, e all'improvviso nella sua mente tutto si fece più chiaro. Ecco.
Ecco dove l'aveva già vista.
Sgranò gli occhi, facendo un passo indietro e puntando un indice verso di lei.
 
«Milly...» mormorò «La piccola Milly. Eri tu.»
 
Emilie sorrise, e con un plateale movimento delle braccia spinse indietro il mantello e compì un profondo inchino.
 
«Eccomi qua.» esclamò «Sei decisamente cresciuto bene.» ridacchiò.
 
Ma l'uomo non condivise il suo buon umore.
Subito dopo quella notte erano successe tante cose. Wendy era stata portata sull'isola che non c'è dall'ombra e, due notti dopo, lui si era sacrificato per far sì che i Darling rimanessero insieme.
Emilie, che aveva trovato una scusa per restare, aveva cercato di fermarlo, ma la sua testardaggine aveva preso il sopravvento e gli eventi avevano fatto il loro corso.
A circa un mese di distanza dal suo arrivo sull'isola, Bae aveva lasciato la Jolly Roger di Uncino e si era rifugiato in una grotta, lontano dai bimbi perduti e da Peter Pan.
Lì aveva trovato un biglietto ad attenderlo.
 
"Non arrenderti. Tuo padre sta cercando un modo per raggiungerti. Arriverà presto.
Ti vuole molto bene.
E. "
                                              
Non aveva mai saputo chi lo avesse portato, ma era stata una di quelle cose che lo avevano aiutato a credere di nuovo in suo padre. Nella sua famiglia.
Quel biglietto, e quella strana conversazione avuta con la piccola Milly.
Ora tutto si spiegava.
 
«Quindi vieni dal futuro.» la incalzò serio, quasi severo «Per questo sapevi tutte quelle cose su di me, su mio padre?»
 
Emilie lo guardò in silenzio, spegnendo appena il sorriso.
 
«E quella frase sull'amore di un padre? È stato sempre lui a dirtela? Parlava di me?» seguitò Neal, nervoso, mentre lei lo fissava in silenzio.
«Tu non mi credi, vero?» gli chiese ad un tratto, invece di rispondere.
 
Con un gesto infastidito l'uomo alzò gli occhi e le braccia al cielo, scuotendo le spalle.
 
«Non lo so, dovrei?» domandò «Hai passato tutto questo tempo nascosta e ora all'improvviso te ne esci fuori con queste spiegazioni assurde e...»
 
Emilie lasciò cadere il mantello alle sue spalle, rivelando le sue vesti. Era uno dei completi di suo padre, il corpetto di pelle le stringeva il seno facendolo risultare più pieno di quanto non fosse in realtà, e i pantaloni aderivano perfettamente alla sua siluette.
Si tolse uno stivale, e sollevò il lembo destro, rivelando la caviglia marchiata da una cicatrice chiaramente riconducibile ad un impatto con una pietra od un oggetto contundente.
Bae la fissò sconcertato, non sapendo a cosa far caso per primo.
 
«Questo ti basta come prova?» domandò stizzita, rimettendosi lo stivale e poi allargando le braccia, compiendo un rapido giro su sé stessa «E questo?»
 
Infine sfilò dal collo un medaglione d'oro con una gemma a forma di occhio incastonato al centro e gliela consegnò, permettendogli di tenerla tra le mani.
 
«O magari crederai a questo.»
 
L'uomo scrutò a fondo l'oggetto, notando una strana aura brillare attorno ad esso.
 
«Cos'è?» chiese, più calmo ma non meno confuso.
 
Emilie sospirò.
 
«L'occhio di Cronos.» rivelò «L'unico oggetto in grado di farmi viaggiare attraverso il tempo. Questo gingillo sta ai viaggi nel tempo come i fagioli magici stanno a quelli nello spazio.»
 
Neal Cassidy la scrutò a lungo, poi guardò di nuovo l'oggetto e sospirò.
 
«E... Hai usato questo per raggiungermi sull'isola?»
 
Sua sorella scosse il capo, e trasse fuori dalla tasca del pantalone in pelle un fagiolo magico, mostrandoglielo mentre lo teneva tra le dita.
 
«Papa ne aveva un barattolo pieno al Castello.» spiegò mentre Bae tornava a sgranare gli occhi sbigottito «Venivano da qui, da questo mondo. Erano gli ultimi rimasti. Li ho presi quando ho deciso di partire...» sospirò, abbassando il capo mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime «Tanto a lui non servivano più.»
«Perché, cosa gli è successo?»
 
Emilie sorrise amara.
 
«Cosa pensi che gli sia successo?» rispose «Ha vissuto abbastanza da vedere la mamma invecchiare, e dopo che lei...» scosse il capo, prendendo tempo mentre la voce s'incrinava pericolosamente.
 
Si nascose gli occhi dietro una mano, quindi scosse nuovamente e con più forza la testa e concluse, sbrigativa.
 
«Ha cercato un modo per liberarsi del pugnale e della sua immortalità e alla fine lo ha trovato. Ha fatto l'eroe, come al suo solito.» sorrise nuovamente, nostalgica e amara.
«Per salvare chi?»
 
Emilie si fermò a guardarlo, titubante.
 
«Se te lo dicessi non ci crederesti.» lo avvisò, trasformando il suo sorriso in una smorfia triste.
«Ormai non mi stupisce più nulla.» fece Bae, tornando a scuotere le spalle «Andiamo, spara.»
 
La ragazza sorrise divertita.
Quindi lo guardò negli occhi e disse, a bruciapelo.
 
«Uncino.»
 
Nonostante le promesse, il volto del suo fratellone divenne all'istante una maschera di sorpresa.
 
«Uncino?!» esclamò «Quell'Uncino? Sei seria? Lo stesso con cui continuano a cercare di scannarsi a vicenda.»
 
Emilie annuì, comprensiva. Poi però storse appena il labbro, alzando gli occhi e facendo oscillare le mani.
 
«Beh, non proprio lo stesso.» spiegò «Come posso semplificarlo? In sostanza, questo non è l'unico mondo plausibile. Ne esistono altre versioni, con altrettanti Bae, e Tremotino, e Uncino.
Beh, uno di quegli Uncino aveva una figlia, Alice. Io e lei ci eravamo conosciute per caso, mentre papà non c'era, ed eravamo... siamo diventate amiche. Solo che Uncino non poteva avvicinarsi a lei perché qualcuno gli aveva avvelenato il cuore.»
 
Era un fiume in piena. E mentre cercava di stare al passo, Baelfire la fissava senza capire bene tutto quel casino. Ma alla fine del ragionamento parve riprendersi.
 
«Papa si è sacrificato per farli riavvicinare?» chiese sorpreso.
 
Era un gesto anche più eroico di quello compiuto con Peter Pan.
Sacrificare sé stesso per salvare due perfetti estranei, uno dei quali era la copia del suo peggior nemico?
Emilie oscillò il capo.
 
«Il punto è ...» rispose cautamente, quasi stesse pensando al modo migliore per aggiungere pezzi a quel puzzle incasinato «Che stavamo cercando un modo per liberarci dal pugnale, e Alice... lei era la Custode. Ovvero una di quelle pochissime persone che sono capaci di addossarsi il suo potere oscuro senza cedere all'oscurità. Ma quando ci ha viste insieme, papa non ha voluto darle quel fardello. Non se l'è sentita...»
 
A quel punto, Neal parve capire.
 
«E allora ha deciso di ripiegare su una buona azione che gli fornisse lo stesso la chiave per raggiungere Belle nonostante le sue azioni passate.» risolse, e la vide intristirsi, inclinando il capo per nascondere gli occhi lucidi.
 
Non ebbe risposta. Osservandola combattere contro le lacrime che premevano contro la sua gola, all'improvviso sentì di avere davvero qualcosa in comune con lei.
 
«Non ci posso credere, lo ha rifatto.» mormorò deluso «Ti ha abbandonata. Questo si che è da lui...» aggiunse con un sorriso amaro.
 
Emilie si riprese, scuotendo il capo e aggiungendo.
 
«Non è così semplice. Non voleva farlo, ma sono stata io a spingerlo. Voleva che tornassi a casa, che vivessi il mio futuro, ma io gli ho detto che se voleva che lo lasciassi andare da solo doveva essere lui a voltarmi le spalle. Così ha fatto...»
 
Si asciugò gli occhi con una mano, poi trasse fuori da una delle tasche del pantalone un foglietto ingiallito e ripiegato, consegnandoglielo.
Era l'ultimo messaggio di Tremotino per sua figlia.
Mentre lo leggeva, Bae la vide accarezzare in silenzio l'anello che portava al dito.
 
«Quindi quello te lo ha dato lui.»
 
La ragazza annuì in silenzio, ingoiando un altro groppo di lacrime.
L'uomo sospirò, arricciando il labbro e annuendo.
Quindi chiuse l'ombrello, fece un passo verso di lei e l'abbracciò, senza trovare opposizione.
Emilie si lasciò andare alle lacrime, sorridendo felice mentre lo stringeva a sua volta e accostava l'orecchio sul suo petto, ascoltando il battito del suo cuore.
Era lo stesso di suo padre.
Neal le diede tutto il tempo che desiderava per riprendersi. Comprendeva ogni singolo pezzo di quel dolore, la solitudine che aveva potuto trovare mentre attraverso le epoche cercava un modo per aiutarli.
 
«Quindi hai fatto tutto questo per rivederlo?» chiese, quando finalmente la giovane trovò il coraggio di staccarsi.
 
Emilie prese un respiro profondo, asciugandosi le lacrime con le dita e tornando a sorridere.
 
«Non solo.» rivelò «Vedi, quando la mamma era ancora con noi lui mi raccontava spesso della loro vita nella foresta incantata, e a Storybrooke. Non aveva segreti con me, sul serio. Mi parlava anche di te, a volte. Di come fosse stato disperato dopo averti perso e di come invece fosse stato felice dopo averti ritrovato. Aveva sempre gli occhi velati di tristezza, perché il destino vi aveva concesso poco tempo per stare insieme in quella suo nuova vita.
Ma si era rassegnato, aveva fatto pace con la tua morte.»
«A causa di Zelena?» domandò Bae, cercando di stare al passo col suo ragionamento.
 
Sua sorella annuì.
 
«Ma dopo la morte della mamma...» riprese, molto più tristemente «All'improvviso sembrava aver perso di nuovo tutta la luce nel suo sguardo. Tu gli mancavi, la mamma gli mancava... e io e Gideon non sapevamo che fare.»
«Gideon?»
«Oh, già!» si scusò, accennando ad un sorriso imbarazzato «Si, sai. Il primo figlio di mamma e papà. Mio fratello maggiore.»
 
Neal alzò gli occhi al cielo. Il suo albero genealogico non era già abbastanza incasinato?
 
«Certo, ovviamente.» mormorò tra sé, facendole poi segno di proseguire «Scusa, continua.»
 
Emilie annuì.
 
«Beh, quando mi disse che voleva partire per cercare il custode pensai che fosse una buona idea per tentare di riportarlo al presente. Così mi offrii di seguirlo, e lo feci per molto tempo. Fino al giorno in cui lui non mi lasciò con questo anello e quel biglietto. Ovviamente provai a seguirlo, ma...» si bloccò, titubante «Mi fu impedito.»
 
Neal si corrucciò.
 
«Da chi?» domandò, ma non appena lei fece per aprir bocca lui la bloccò «Aspetta, non dirmelo...» si passò una mano sugli occhi, fingendo disperazione «Visto come sta andando la storia penso di saperlo già.»
 
Emilie sorrise divertita. Annuì, e attese che lui tornasse a guardarla per rispondere, dopo una breve pausa ad effetto.
 
«Il Tremotino di un altro regno. Ma questa è una storia lunga e la pioggia si sta facendo fitta. Ti va una birra a casa mia?» propose ammiccando.
 
L'uomo sospirò.
 
«Purché tu non abbia intenzione di creare un'atmosfera lugubre anche lì, credo di aver bisogno di una poltrona comoda su cui svenire.» accettò.
 
Emilie ridacchiò.
 
«Affare fatto.» risolse «Non è una reggia ma è accogliente. E la poltrona che mi ha fatto avere Will è degna di un Re.»
«Ah, quindi centra anche lui.»
 
Emilie gli scoccò un occhiolino.
Quindi schioccò le dita, e in un attimo si ritrovarono catapultati nella piccola casa sull'albero, illuminata da un fuocherello acceso nel camino e da un candeliere da soffitto.
Baelfire si guardò intorno, sorpreso, mentre il fumo viola svaniva rapidamente.
C'erano molti oggetti che riconosceva. Nella libreria diversi volumi appartenuti a suo padre e qualche utensile del suo laboratorio, nel castello oscuro; Uno scaffale della credenza era pieno di pozioni, alcune delle quali senza etichetta ma chiaramente riconducibili al Signore Oscuro.
L'armadio era pieno dei suoi vestiti e, proprio accanto al camino, la sedia di velluto rosso di suo padre.
Emilie si portò dietro di essa e ne accarezzò la cornice d'oro della spalliera.
 
«Quella non te l'ha fatta avere Will.» osservò Neal, indicandola.
 
Emilie fece una smorfia falsamente affranta, scuotendo lentamente il capo.
 
«Però potrebbe avermi aiutato a trasportarla fino a qui.» replicò divertita.
 
Suo fratello scosse il capo, sorridendo appena.
 
«Ad ogni modo, preferisco il letto.» decise, andando a sedersi sul giaciglio costruito con assi di legno e un vecchio materasso ancora buono ma un po’ troppo duro per i suoi gusti.
 
Le lenzuola color porpora e bianche che lo ricoprivano però erano pregiate, se ne accorse sfiorandole con i palmi delle mani e fu pronto a scommettere che anche quelle provenissero dal castello oscuro.
La osservò sedersi a gambe accavallate sul suo trono, quindi sorrise di nuovo.
Quel completo da coccodrillo le stava quasi meglio che a suo padre.
Di certo entrambi avevano uno strano senso dello stile.
 
«Allora, questa storia? Il Tremotino di questo altro regno era meglio o peggio di quello che conosco io?» domandò, ora davvero curioso di sapere «È stato lui ad insegnarti la magia oscura?»
 
La vide sogghignare.
 
«Oh, no. Quella me l'ha insegnata il Tremotino che conosciamo noi, il mio papa.
Ma il Coccodrillo del Regno del Desiderio...» il sogghigno si accentuò «Era cento volte peggio, e devo ammetterlo ... mi piaceva da impazzire.»
 
***
 
Passato,
Nuova foresta incantata.
 
Col cuore spezzato, la giovane Emilie cadde in ginocchio esplodendo il lacrime, l'ultima lettera di suo padre stretta tra le mani, sul cuore, e il suo anello nuziale al dito.
"Se vuoi continuare da solo, dovrai essere tu ad andartene per primo."
Era stata lei, a dirglielo.
Ma non avrebbe mai creduto che avesse abbastanza coraggio da farlo davvero. Invece, a quanto pareva, il coraggio suo padre lo aveva trovato, e le pareva anche di sapere dove.
Baelfire.
Sapeva bene quanto gli fosse costato il lasciarlo andare, ma è la prima volta ad essere sempre più dura.
Esattamente come lo fu in quell'istante per lei.
Eccola, la sua prima volta.
Ma, anche se pianse così tanto da perdere le forze e sentire gli occhi dolere, alla fine anche lei scoprì di avere un ottimo alleato dalla sua.
La caparbietà.
Era la "piccola principessa pestifera" di suo padre, avrebbe agito come tale.
Del resto glielo aveva promesso.
"Non sperare che io non ti segua."
Erano ancora nello stesso reame, sarebbe stato facile ritrovarlo.
E così, alla soglia del suo diciassettesimo compleanno, Emilie Gold si rialzò dall'abbandono più grande, asciugò le lacrime rimaste sul suo viso, scacciò la polvere dalle vesti e strinse ricacciò la lettera ben ripiegata nella bisaccia, stringendo bene alla cintola la sua unica arma, un vecchio pugnale appartenuto a chissà chi, rimasto per secoli nascosto tra la polvere che invadeva il castello oscuro, la vecchia dimora di suo padre.
Aveva già un piano in mente: raggiungere Alice, dalla quale di sicuro suo padre sarebbe tornato anche solo per un veloce saluto, e attenderlo lì, oppure seguire le sue tracce.
Ma dopo aver percorso neanche dieci minuti di cammino all'improvviso si sentì mancare, gli occhi le si chiusero e mentre precipitava a terra un denso fumo violaceo l'avvolse, cancellando tutto il resto.
Era il prologo alla sua avventura, un'epopea alla ricerca d'un miracolo che le desse il potere di plasmare il tempo con le sue stesse mani.
 
\\\
 
Si risvegliò dentro ad un ambiente scuro e umido, su un giaciglio di paglia non troppo comodo.
Riapri lentamente gli occhi e riconobbe subito quel posto. Era una cella.
Una sudicia cella di un vecchio castello dalle mura di pietra scura.
Trattenne il fiato.
 
«Non può essere...»
 
Aveva visto il Castello Oscuro solo una volta in vita sua. Mentre preparava il necessario per il viaggio, suo padre le aveva permesso di girovagare, e nel farlo si era spinta fin lì, fino alle segrete in cui sua madre aveva vissuto la sua prima notte alla corte della Bestia.
C'era però qualcosa di strano. Perché era prigioniera di suo padre?
Forse era un suo trucchetto per impedirle di seguirlo?
Ma non aveva senso, il Tremotino che conosceva lei non si sarebbe mai spinto a tanto con la propria figlia. O forse si?
Mentre cercava una risposta, si mise all'opera anche per trovare una via d'uscita.
Conosceva quella cella così come tutto il castello, non c'era altro modo che scardinare la porta o scassinarla.
Optò per la prima ipotesi e ci provò, dapprima con un globo di fuoco, che tuttavia non sortì l'effetto desiderato.
Allora iniziò a prenderla ripetutamente a calci fino a che i chiodi arrugginiti non saltarono e lo stipite cadde al suolo con un fragore assordante.
Soddisfatta, la giovane sogghignò e fece per mettere piede fuori dalla sua prigione, ma un campo di forza glielo impedì, facendola rimbalzare contro la parete.
Mentre si rialzava barcollante, una risatina fin troppo familiare la raggiunse.
Davanti a lei era appena apparso suo padre, nella sua forma di Coccodrillo.
Ma... non era lui.
I suoi occhi erano pieni di follia e privi di quella tristezza che gli era solita, non c'era amore verso il mondo, e verso di lei.
 
«Determinata. Mi piace.» commentò divertito «Tuttavia, tesoro, niente ti permetterà di oltrepassare quell'incantesimo di protezione. A meno che io non voglia.»
 
Lei sospirò, spazientita.
 
«Papa, che stai facendo?»
 
Lo vide storcere il naso in una smorfia quasi disgustata.
 
«Non sono il tuo papa, cara. Quello stolto sta cercando di distruggerci entrambi, ma io glielo impedirò. Grazie a te.»
 
La ragazza si fermò un secondo a pensare.
 
«Aspetta...» si guardò nuovamente intorno, poi rivolse una lunga occhiata a quell'uomo e trovò oltre alla follia nel suo sguardo altre cose che non quadravano.
 
Non aveva nessun anello al dito, nessun segno del suo passato da Mr. Gold, e se possibile il suo volto era ancora più deforme del solito.
 
«Questa non è la nuova foresta incantata. In che reame siamo?»
 
Lo vide sogghignare, divertito e soddisfatto.
 
«Anche intelligente. Almeno una cosa buona il tuo papino te l'ha insegnata.»
 
Emilie sorrise.
 
«Non mi ha insegnato solo questo.» precisò «Sarai pure un'altra versione di mio padre, ma io ti conosco Coccodrillo. Conosco te e conosco lui.» si avvicinò spaventosamente alla barriera fino a sentire il suo potere sfrigolare sulla sua pelle, rizzandole le carni «So cosa stai pensando di fare, ma non ci riuscirai. Papa ormai è deciso a riunirsi alla mamma, nulla lo fermerà.»
«Oh, davvero?» sibilò il Signore Oscuro «Nemmeno il sapere che la vita della sua adorata principessina è in pericolo?» domandò perfidi, ridendosela subito dopo.
 
Ma lei non si diede per vinta, pur rabbrividendo. Alice le aveva detto quanto quella versione del Signore Oscuro potesse essere malvagia. Dai racconti di suo padre aveva saputo che Belle era morta prima che il suo amore potesse cambiare il suo cuore e il sortilegio oscuro non era mai stato lanciato, precludendogli l'unica possibilità di fuggire dalla sua prigione nelle caverne e di ritrovare Bae.
Chiunque lo avesse liberato, aveva permesso ad un essere malefico dalla mente corrosa dalla pazzia di agire liberamente per il reame.
Di sicuro suo padre era la versione migliore di sé, ma sfidare questa versione sarebbe stato arduo.
All'improvviso un'idea assurda le balenò in testa, e anche se aveva promesso di non cedere all'oscurità, vi si aggrappò perché era l'unica possibilità che aveva di riabbracciare suo padre.
 
«E cosa vuoi fare, torturarmi mentre aspetti che ritorni a prenderti?» domandò, ritrovando il buon umore.
«Oh, no.» fece lui, sghignazzando di nuovo «Non potrei mai essere così crudele con la mia figlioletta. Anche se... a ben pensarci non è così cattiva come idea.»
«Tsh, che spreco.» commentò a quel punto lei, interrompendo un'altra delle sue sghignazzate «Per essere la versione migliore di Tremotino mi sarei aspettata...di meglio.» soggiunse, imitando il suo gesticolare e la sua risatina divertita.
 
Questi si fece serio.
 
«Cosa vuoi dire?» sibilò, socchiudendo gli occhi e squadrandola minaccioso.
 
Emilie scosse le spalle.
 
«Niente.» replicò «Solo che hai tra le mani più oro di quanto tu possa produrre col tuo telaio, l'opportunità di cambiare il tuo passato e il tuo futuro, e la sprechi così? Senza nemmeno provarci?»
 
Lo vide farsi attento, e dentro di sé gioì. Non aveva ancora deciso se volesse o meno attuare il suo piano, ma a prescindere da questo cercare un modo per viaggiare nel tempo assieme ad un Tremotino libero da scrupoli sarebbe stato l'ideale.
Avrebbe potuto imparare tanto, e tenerlo occupato.
 
«Cosa stai blaterando?» le chiese, avvicinandosi verso di lei.
 
Sogghignò, e senza timore avvicinò il viso a quello del Coccodrillo. Così vicino da poter guardare l'oscurità muoversi in quelle pupille grigie.
 
«Da dove vengo io, mio padre aveva trovato un modo per viaggiare nel tempo.» mormorò, sibillina «Ma pensava fosse troppo pericoloso, quindi non lo ha mai usato.
Tu non hai niente da perdere, no? Niente che t'impedirebbe...questo piccolo esperimento.» concluse, scoccandogli un occhiolino.
 
Il Signore Oscuro parve rifletterci per qualche istante, poi all'improvviso si rianimò.
 
«No, in effetti no. Dimmi come ha fatto.» gioì impaziente.
 
Ma stavolta fu lei a sogghignare vittoriosa.
 
«Non sei tu a dire che non si ottiene mai nulla per nulla?» replicò serena «Facciamo un patto, vuoi?»
 
La bestia ne rimase sorpresa, ma non per molto.
 
«Oh, ho capito cosa stai facendo?» mormorò con un ghigno «Astuta. Veramente astuta.»
 
Senza scomporsi, Emilie fece spallucce e assunse un'aria orgogliosa.
 
«Sono la figlia di Tremotino, dopotutto.» replicò, sogghignante.
 
Questi ridacchiò.
 
«Già, degna figlia di suo padre.» si complimentò, per poi tornare a minacciarla «Ma proprio per questo, come faccio a sapere che non mi stai ingannando?»
 
Ancora una volta, la giovane non perse la calma. Annuì, seria, e rispose.
 
«Nessuno rompe un patto con il Signore Oscuro, conosco la solennità dei miei doveri.» replicò «Inoltre sono tua prigioniera, nel tuo regno, senza vie d'uscita. Mi troveresti comunque e mi uccideresti, o faresti... qualsiasi cosa tu abbia in mente di farmi.» e mentre lo diceva, agitando le braccia con nonchalance, vide quegli occhi da rettile brillare.
 
Ormai ci era dentro con tutta la suola dei suoi meravigliosi stivali a punta.
 
«Quindi …» ribadì, dopo avergli dato il tempo di pensare «Possiamo parlare, ora?»
 
E con sua somma gioia il Signore Oscuro abbassò le difese, e con un sorriso furbo replicò, divertito.
 
«Si, adesso possiamo farlo.»
 
\\\
 
L'accordo era semplice. La sua libertà in cambio delle informazioni necessarie ad aprire un portale spazio temporale.
Peccato che lei non sapesse affatto né quale fosse la formula per aprirlo, né quale fossero le condizioni.
L'unica cosa che sapeva era che sarebbe servita la bacchetta di sua nonna, la fata nera.
Com'era prevedibile, dopo averla liberata il Tremotino del Desiderio si affrettò a recuperarla ma lei fu più pronta e la fece sparire.
Ovviamente, il Signore Oscuro se ne accorse e non la prese affatto con diplomazia.
 
«Non provare a fare la furba con me, ragazzina!» sbraitò «Ridammi quella bacchetta, o me la riprenderò con la forza!» minacciò.
 
Emilie si sentì rabbrividire. Non aveva mai visto suo padre così fuori di sé, anche se sapeva che poteva accadere.
Ma doveva ricordare il motivo per cui era lì, e che quello non era suo padre.
Quindi tento il tutto per tutto.
 
«Oh, lo farei.» disse «Davvero. Ma sfortunatamente non ho...il pieno controllo della mia magia.»
 
Lui la fissò esterrefatto.
 
«Cosa!?» esclamò.
 
Lei sorrise.
 
«Si, beh... il mio papa aveva iniziato ad insegnarmi qualcosa di più serio, ma tu mi hai rapito, quindi... per quanto ne so potrei anche averla mandata direttamente nelle sue mani.»
 
Non era del tutto falso. Non aveva molta esperienza con la magia, ma sapeva benissimo dove aveva fatto finire il suo prezioso reperto.
Com'era prevedibile, questa prospettiva lo fece infuriare.
 
«Tu, ragazzina insolente!» sbottò «Faresti bene a ricordare che sei ancora mia prigioniera.»
«Ah, no. In realtà tu mi hai liberato ma io ho un patto con te, e poi mi piace questo castello. Per questo non sono scappata.» gli ricordò lei, cercando di non ascoltare il proprio cuore che faceva le capriole in petto.
«Non sfidarmi.» sibilò minaccioso «Non ho tempo da perdere con te.»
 
Messaggio non ricevuto.
 
«Sicuro?» seguitò imperterrita «Perché io sono la figlia preferita di mio padre dopo Bae, che tu ancora non hai ritrovato. E per quanto ne so potrei anche riuscire a farmi dare il pugnale senza nemmeno dover combattere, basta che io gli dica che ho trovato un modo per liberarsene.»
 
Il Coccodrillo sibilò minaccioso come un serpente.
 
«Stai giocando col fuoco.»
 
Lei sorrise.
 
«Lo so.» replicò tranquilla «Quindi... tu mi addestri, io ti ridò la bacchetta. Noi apriamo il portale, e tu puoi prenderti il pugnale e salvare Bae. Oppure puoi anche impedire che si perda. Ed io, dopo aver saldato il debito, potrò tornare a casa col mio paparino ancora immortale.»
 
Tremotino rise, a metà tra il divertito e l'irritato.
 
«Tu. Tu sei davvero... impossibile.» sbottò.
 
Lei ridacchiò a sua volta, scacciando lusingata l'aria con la mano.
 
«Ho preso dal migliore.»
 
***
 
«Non ci credo...»
 
Baelfire si alzò dal letto sul quale era seduto e chiese sbalordito.
 
«Tu hai avuto il coraggio di fare due patti con lui, uno dopo l'altro? Sul serio!?»
 
Emilie ridacchiò, allargando le braccia.
 
«Che posso dire?» replicò ingenuamente «Hai presente la storia delle mille una notte?» 
 
Suo fratello sorrise.
 
«Sono...davvero impressionato.» osservò, tornando a sedere «Sul serio, complimenti per il coraggio. Dovrei sentirmi offeso per avermi usato come moneta di scambio, ma papa lo faceva in continuazione, quindi …» alzò le spalle, rassegnato.
 
Milly fece roteare il polso inclinando il capo, onorata.
 
«Ti ringrazio.» ribatté «Ma più che coraggio è stato spirito di sopravvivenza. Qualcos'altro in comune con lui.» lo precedette, vedendolo annuire.
 
Poi però, all'improvviso, il suo umore cambiò, intristendosi, e il suo sguardo si fece assente.
 
«Vorrei fosse servito a qualcosa...» mormorò.
 
Neal la scrutò, preoccupato.
 
«Non è andata così?» domandò.
 
Un sorriso triste colorò appena le sue labbra. Scosse piano il capo, distrattamente.
 
«Sono riuscita a trovare il modo per viaggiare nel tempo, ma non a impedire che le due versioni di mio padre si affrontassero.» rivelò «Magari era un punto fisso, qualcosa che doveva accadere per forza. Quindi, quando cercai d'intervenire...» la voce s'incrinò pericolosamente, le lacrime tornarono prepotenti ad affacciarsi.
 
Non ce la fece a finire la frase. Inclinò il capo, e nascose il volto dietro ad una mano poggiata sulla fronte.
Bae sospirò, si alzò e riempì il bicchiere di vetro poggiato sul tavolo con un po' d'acqua dentro alla bottiglia di plastica.
Non era molto fresca, ma sarebbe andata bene.
Gliela porse.
 
«Tieni.»
 
Gli occhi rossi e il viso paonazzo, Emilie gli rivolse uno sguardo grato, respirò profondamente e ingoiò piccoli sorsi d'acqua cercando di scacciare i ricordi dolorosi. Inutilmente.
 
«Sono arrivata giusto in tempo...» mormorò «Per vedere entrambi le versioni morire.»
 
Soffocò un singhiozzò bevendo un altro lungo sorso.
Morse il bicchiere, inconsapevole.
 
«L'ultima cosa che papa ha fatto prima di donare il suo cuore a ‘Mano Mozza’ è stato guardarmi e sorridermi. Era tornato normale, ma vestiva come un uomo comune, con pantaloni e un giubbotto di jeans.»
 
Sorrise amara. Baelfire si corrucciò.
 
«Sai cosa gli aveva impedito di raggiungermi prima?» seguitò la giovane, di nuovo sovrappensiero «Un altro sortilegio. Che non mi aveva colpito perché io ero con la sua versione peggiore ad imparare la magia oscura, proprio come gli avevo promesso di non fare.»
 
S'interruppe di nuovo, ritornando a coprirsi gli occhi con una mano.
Sospirò profondamente.
 
«Sono davvero una pessima figlia...»
 
Baelfire tornò a sedersi, cercando di pensare a qualcosa da dire che le risollevasse il morale.
 
«Hai cercato e trovato un modo per far sì che il suo destino cambiasse.» le disse infine, aggrappandosi all'idea migliore «Sei tornata indietro nel futuro per salvarci, e lo hai fatto perché lui possa essere felice in futuro. Giusto?»
 
Emilie tornò a guardarlo, sorridendo tristemente.
 
«Così sembra...» mormorò, quasi tra sé, annuendo «E adesso non trovo nemmeno il coraggio di farmi vedere da loro.»
 
Ecco un altro argomento di cui parlare.
 
«Perché vuoi farlo proprio ora? Non funziona più restare nascosta?» domandò, curioso.
 
La ragazza scosse il capo.
 
«Non più, Bae. No.» replicò «Stavolta dovrò esserci per rendermi utile...durante i giorni di pioggia.»
 
Stavolta fu l'uomo ad incupirsi.
 
«Cosa dovrà succedere ancora?» domandò preoccupato.
 
Milly sorrise.
 
«Diciamo... che tra poco potrebbe aver bisogno di un supporto morale e una casa fuori città. Ed io sono disposta a dargli entrambi le cose.»
 
Neal la guardò sorpreso, cercò per qualche istante di decifrare quell'inutile indovinello, ma poi ci rinunciò.
 
«Quindi come intendi fare?» domandò «Entrare nel suo negozio e dirgli: ’Ciao papà, sono Emilie. Piacere di rivederti.’?»
 
Anche se non volutamente, riuscì finalmente a farla sorridere di nuovo.
Emilie ridacchiò, scuotendo il capo.
 
«No, certo che no.» replicò.
 
Quindi si alzò, prese un foglio, la penna d'oca intrisa in un pregiato calamaio in legno, e scrisse qualcosa appoggiandosi al tavolo.
 
«Ecco a te, fattorino.» sorrise, consegnandoglielo.
 
Bae la fissò sorpreso per qualche istante, poi prese il foglio, lesse e sorrise.
 
«Vuoi prenderlo per la gola, eh?»
 
Emilie ridacchiò, facendo spallucce.
 
«Magari riuscirò a farmi perdonare l'averlo colto di sorpresa.»
 
\\\
 
La serata con Emilie era trascorsa velocemente, dopo quel lungo racconto.
L'aveva invitata a casa sua e aveva fatto la conoscenza di Emma ed Henry, ma per precauzione non aveva attraversato Storybrooke col suo vero aspetto, assumendolo solo per pochi minuti davanti a loro, a porte e finestre serrate.
Al di là delle sue inquietanti stranezze e della sua propensione per la magia oscura, era una zia simpatica e premurosa, e stimava molto Emma, quindi dopo essersi scusata con lei per l'inganno fu ben lieta di proseguire la conoscenza in maniera rilassata.
Avevano parlato a lungo, erano molte le domande che sia Henry che sua madre avevano voluto farle e lei aveva fatto tutto il possibile per rispondere, tranne quando si trattava di rivelare cose in merito al futuro.
 
«Vedi, ho cambiato il passato in maniera rilevante, perciò non posso garantirvi che il vostro futuro sarà in tutto e per tutto identico a quello che conosco io. Ma quello che posso dirvi è che il vostro lieto fine è garantito...non si può dire lo stesso per tutti.» aveva aggiunto guardando Bae e sorridendogli affettuosamente.
«Quindi...sei disposta veramente a tutto pur di far sì che tuo padre ne abbia uno?» le aveva quindi chiesto Emma, e lei aveva sorriso di nuovo.
«Vedi, Emma. Voglio essere sincera con te. Al di fuori di mio padre e della nostra famiglia, io scelgo gli obiettivi, non le persone.» le disse, tranquilla «Perciò, anche se non nutro nessun odio nei vostri confronti, se un giorno o l'altro dovesse accadere di trovarci su due obiettivi differenti e contrastanti... beh, posso garantirti che agirò facendo tutto quello che posso per permettere a mio padre di essere felice.
Per ora non sarò una minaccia, né per te, né per Storybrooke.»
 
Cadde un silenzio teso in mezzo a loro. Emma la guardò negli occhi e lei sostenne con forza il suo sguardo, mentre Henry e Neal si scambiarono un'occhiata preoccupata.
Infine, con sommo sollievo di tutti, la Salvatrice concluse seria.
 
«Bene. Per ora basta questo. Ma nemmeno io mi farò scrupoli a difendere il bene delle persone che amo. E questa città ne è piena.» l'avvertì.
 
Ammirata, Emilie sorrise e annuì, incrociando le gambe.
 
«Non mi aspettavo nulla di diverso da te.» risolse.
 
Quindi dopo un breve sospirò da parte dei due uomini di casa, tutto tornò alla normalità, come la calma prima di una tempesta.
 
\\\
 
Il giorno dopo...
 
"Ora hai tutti gli indizi che ti servono. Che ne dici, papa? Giochiamo?"
 
Belle alzò gli occhi dal foglio e sorrise, guardando gli occhi di suo marito accendersi.
Si trovavano nel retro bottega del suo banco dei pegni, e Bae li aveva appena raggiunti per dar loro quel messaggio.
 
«Chi te lo ha dato?» gli chiese suo padre, serio.
 
Lui scosse le spalle.
 
«Era sotto la porta quando sono entrato.» disse semplicemente «Non te ne sei accorto?» domandò, facendo finta di non sapere.
 
Tremotino gli lanciò una lunga, profonda occhiata alla quale lui fece fatica a resistere, ma alla fine, chissà perché, decise di lasciar correre.
Sospirò e si mise la missiva in tasca, quindi trasse da sotto uno degli scaffali del tavolo da lavoro la freccia che aveva colpito Zelina e guardando sia suo figlio che sua moglie decretò.
 
«Ho un affare da concludere. Potrebbe volerci un po’.»
 
Belle fece per fermarlo, ma lui si voltò a guardarla quasi supplicante.
 
«È qualcosa che posso e devo risolvere da solo. Andremo insieme da lei.» promise quindi, sorridendole «Ma adesso lasciami fare a modo mio.»
«Basta che non ci vada di mezzo qualcuno.» bofonchiò Baelfire, preoccupato.
 
Il Signore Oscuro annuì, lanciando un sorriso sincero anche a lui.
 
«Cercherò di non usare metodi drastici.» gli assicurò annuendo.
 
Certo, pensarono tutti e tre, se le cose fossero andate per le lunghe non avrebbe potuto (e voluto) assicurarlo al cento per cento.
Ma questo era sottinteso, e poi la banda di Robin Hood era composta da uomini onesti. Se la loro rettitudine si fosse rivelata autentica non avrebbero avuto nulla da temere.

 
(Continua ...)
   
 
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