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Autore: Cladzky    30/09/2021    1 recensioni
Zuairo è un poema epico in ottave ancora incompiuto che tentai di scrivere ma mai finii. Ciononostante alcuni spezzoni sparsi sono venuti abbastanza bene che mi dispiaceva mai mostrali. Ecco dunque alcuni frammenti di questo viaggio dal Libano alla Grecia del guerriero Saraceno e altri personaggi, originali o letterari.
Genere: Avventura, Fantasy, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Dal mai finito canto quarto: Il re dei Circassi, Sacripante, comandante del califfo, insegue Agricane, re dei Tartari e tribuno dell'emiro ribelle, lungo le pendici boscose dei monti Zagros. Finalmente l'avversario si ferma e comincia un violento confronto, destinato a protrarsi per il resto del poema. In seguito, il Circasso, si incontrerà con Ariosparte, ciclope alleato, proveniente dalla Sicilia, che inseguiva un altro nemico, ora svanito.

1
Sacripante audace e Agricane altiero
L’un verso l’altro vanno a cozzarsi
Com’è l’tratto il magnete al fero
E gli occhi lor sfavilla a tracannarsi.
Del Circasso e il Tartaro nemmeno ci spero
Di dir la metà, in tal versi sparsi,
De lor gagliardezza ch’è for de misura
Sol l’un dell’altro essi han paura.
 
2
Sacripante rintana lo core che trema
E crida –Cavaliere! Io non te cognosco,
Eppur già sento che invano è la spema
Di schiantarmi a un vile, truffaldino e losco.
Lo nome tuo proprio suona ad anatema
Tanto lo trovo terribile e fosco.
Mai l’ho udito priori a stamane
Ma l’aura tua prepondera Agricane!-
 
3
-Tu mischi arguto, a sperticate lodi,
Preghier sol, poscia, ti lasci fuire-
Così l’accusa e non v’è chi non odi
Lo riverbero a valli e miglia a non finire
-Se convincermi vuoi che tu non mi odi
E porti rispetto, dimostralo, non dire!
Voglio battere immane lo brando teco
Che per tutto Zagroso s’ispanda l’eco.-
4
D’appria offeso, si f’è poi allegro
Lo Circasso che a battaglia anela
E dando al vento lo pennachio negro
Addosso lo incalza e nella man cela
Feral zagaglia, atto allo sbrego
Del Tartaro imposto verso cui vela.
Quello, fisso, l’offerta si incassa
E nella celata la lanza fracassa.
 
5
La pria delle sei perdé Sacripante
Che lo nimico crede d’aver già stroncato
E si dole assai che in un solo istante
Lo Tartaro, a Caron, sia ormai trabuccato.
Si volta e meraviglia! Lo vede prestante
E vivo e forte, in sella ben saldato.
Lo punteruol monco è ai piedi nell’erba
E Agrican dolore nasconde e riserba.
 
6
-È tutto qui quel ch’hai da offrire?-
Chiede innocente come un apostolo
-Niuna difesa ho alzato al tuo venire
Eppur mira!- Si gongola il mongolo.
Trasso lo ferro e ogni sua ire
Vol dare sfogo di rabbia e indolo
Che un altro minuto non vuol restare
Nel trattenersi sanza colpo pugnare.
 
7
In capo la testa un colpo gli mena
E lo scudo, il Circasso, alza a difesa,
Ma quella spata niun forza frena,
E in due tronconi la schermata è lesa,
Cascando al suolo in doppia pena.
Bianca la faccia a Sacripante è resa
E indietro a risposta lo palo sistema
Che la virtude altrui vuol fare scema.
 
8
La lanza affonda, è deviata e piglia
Dritto alla gola del cavallo la vena.
Una rossa fontana il campo sparpiglia
E muore la bestia di colpo sanza mena.
Precipita l’equino e Agrican si scarpiglia
Li bei capei suoi, al franger nella rena,
Per la perdita grave di un gran palafreno
Dal valore tale a ch’il groppa un po’ meno.
 
9
Ma nulla attende e ratto fe vendetta:
Cadendo il freno altrui afferra
Di quel Circasso e, in una gran fretta,
Al cavallo stringe finché tocca terra.
Dolorante, l’equino, al cielo s’impetta
E prende a scappare, che dolore serra
Nei denti suoi, o povera bestia,
Sacripante, menato, bestemmia sanza resta.
 
10
Via se lo porta quel ronzin meschino,
Per un gran tratto pria che si fermi
E il re Circasso -fra l’abete e il pino
Del basso Zagroso parmi vedermi.
Dove m’hai condotto, o cavallo, fino?
M’operi contro e vuoi forse sperdèrmi?-
E tutto ancora ingiuriava l’animale
Cui sangue in bocca bruciava come sale.
 
11
Tutto si volta a cercar qualcuno
Nel mentre, che offeso, pensa ad Agricane:
Che scorno gli fece, assai inopportuno
È un cavaliere che agisce come un cane.
Infine ravvisa lo scalpo di uno
Degli alleati suoi, in vesti di lane,
Ch’è il re pastore, lo siculo Ariosparte
Alle cui spalle ogni fronda è in disparte.
 
12
Stava Ariosparte, con lo capo deforme
Sbucante tra i rami che a sé lontanava,
E tutto cercava, con lo bulbo suo enorme
L’avverso che da lui all’imboscar si dava.
E coll’occhio anche il braccio, suo forte, non dorme:
La quercia e lo pioppo di radici strappava
Finché tutto intorno un cerchio si è fatto
D’alberi tronchi, quell’insan contraffatto.
 
13
E dove lo braccio a sufficer non puote
L’obelisco adopra e tutto giù tira
Ma non gli riesce a trovar chi f’è vote
Di fargli gran strazio e il cor gli è una pira,
Tutto gli brucia, lo fegato s’arrote
E gli si contorce, picchia in preda all’ira.
Sacripante, alfine, raggiunge quel siculo,
E calmargli vole lo pazzo ventriculo.
 
14
Alle spalle giunge del matto scatenato
Che di colpo lo nota e ci vede un villano,
Addosso gli getta un macigno muschiato
Che in petto lo abbraccia e di sella s’invòlano.
Sacripante col masso al suolo è schiantato
E più sotto che sopra sta nel pantano.
-T’ho colto alfine, Libico bastardo
Spargerò le tue membra lardo per iardo!-
 
15
-Se l’antico compare, ch’è dotto e saggio,
Detto Archimede, della tua Siracusa,
Or ti vedesse, gran testa di faggio,
Sai che direbbe, cervella in disusa?
“Padre d’Asclepio, avvera un miraggio,
Affonda Sicilia, se gente tal fusa
Ci vive, campa e ne fa l’imbarazzo”
Ahi te, Siculo, quintessenza del pazzo!-
 
16
Così si lamenta, viperato e dolorante,
Lo possente Circasso, disteso al suolo,
Respirar gli è un fardello ben pesante,
È cremisi il viso e l’alma già in volo,
Quando, il ciclope, leva a Sacripante
Lo masso dal petto e ringraziar può solo.
Ariosparte si prostra e dimmanda, penitente,
E mille volte ancora una scusa indulgente.
 
17
In piedi lo rimette e l’elmo gli porge,
Il cavallo gli porta e gl’offre da bere.
I due si siedono, col sole che sorge
Arretro a loro e non paiono vere
Quanto diversa altezza li discorge.
Un nano e un gigante son queste fiere
Eppur l’alme loro son tali e quali
Ma più non perdiamoci in dettagli veniali.
 
18
-Inseguivi lo Libico, dunque, Ariosparte?-
Affanna e chiede lo Circasso sudato.
-Io lo cercavo per ogni via e parte
Eppur fra le frasche, quel lercio, s’è imbucato.
Te, piuttosto, non giocavi le tue carte
Col Tartaro in fondo la valle qui a lato?-
-Vero dicesti e piantommi in asso
Storcendo lo freno al ronzin mio lasso.-
 
19
-Checcè cavalieri parvermi talpe-
Commentò Ariosparte con grande indigno.
-Pur non pugnar scapperebbero oltralpe!-
Che gli è impossibile codardia e frigno.
-Io credo invece, che son dotte scalpe.-
Qui Sacripante –Scaltre sviano a svigno.
Divisi siam’ora, con l’inganno, pei colli
Che cognoscono loro e vaghiam sicché polli.
   
 
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