Libri > Good Omens
Ricorda la storia  |      
Autore: LB Shadow    30/09/2021    1 recensioni
Ineffable wives AU fic
Crowley ha perso Aziraphale dopo averle chiesto qualcosa più grande di lei. Crowley ha perso Aziraphale dopo averle chiesto di scegliere tra la Terra e il Paradiso. Crowley ora vive nel rimpianto e nei ricordi.
Perché il demone e l'angelo si sono rincorse per migliaia di anni e ogni volta il ritrovarsi dopo essersi lasciate è un'incognita.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Thousands Years


Questa storia partriecipa alla challenge del gruppo facebook Parole tra le dita “Dammi tre parole”. Parole proposte: impermeabile, acqua santa, spada




Mi ricordo ancora l’erba che ci accarezzava i piedi nudi, la sabbia dorata del deserto alzata dal vento, le ombre lanciate dalle montagne sovrastanti il creato. L’odore penetrante della natura appena nata ti faceva pizzicare il naso e starnutire. La terra era solida, ma in certi punti potevi trovare avvallamenti in cui sprofondare e sassi nascosti che in un attimo ti spedivano a gambe all’aria. Ricordo tutto di te e dei nostri giorni passati a parlare, momenti rubati al contrasto tra le nostre fazioni. Ci godevamo la tregua. Le nostre vite precedenti erano alle nostre spalle da pochi istanti, ancora a portata di mano se proprio lo desideravamo, e invece rimanevamo insieme contro ogni logica.

Sapevo, però, che era un’illusione destinata a sfumare.

Tu sei stata la prima a divenire una di loro. Avrei dovuto capirlo già dal vero inizio, quando cedetti la tua spada infuocata alla prima coppia, che tu eri destinata a scivolare via dallo stampo. Tanto valeva che quella spada me la piantassi nel petto, tanto l’effetto è stato devastante su di me. Mi hai accolto, protetta sotto la tua ala durante la prima pioggia. Eri così ridicola. Il mio ridicolo angelo che fa cose sbagliate e ama mangiare bene, indossare vesti raffinate cinquant’anni dopo che sono uscite di moda, invitare a stare accanto a lei un ridicolo diavolo che cercava solo qualche risposta mai arrivata.

Aziraphale. Aziraphale. I tuoi capelli biondi avevano lasciato da un po’ il rigore del Paradiso e volavano con il vento, gonfi, prendevano tutto lo spazio possibile come i tuoi sorrisi. Quando sorridevi rimaneva ben poco posto per altro. Brillavi. Eri una stella danzante tra gli uomini. Neppure i peccati più nefasti indurivano quella tua morbidezza unica che sbocciava sotto gli occhi di tutti, nessun orrore avrebbe mai potuto scalfire la tua perfezione.

Ti amavano. Ti amavo. Eri la mia migliore amica e il mio angelo e il mio respiro. Mi prendevi per mano e per un attimo anche io venivo rivestita della bellezza, non ero più lo scherzo del destino che vedevo riflesso nei catini d’acqua degli umili o negli specchi delle matrone, per un attimo mi contagiavi con la tua gioia ed ero nuovamente accolta nella Grazia.

Chiudevo gli occhi e non vedevo il futuro, ma solo un dolcissimo presente. Quanto dura il presente, amore mio? Forse lo spiega uno di quei poeti che hanno scritto le basi della letteratura e tu ammiri tanto, ma un povero diavolo come lo ero io, che ne poteva sapere? Allora facevo finta potesse durare per sempre, allo stesso passo delle nostre vite immortali. Niente più previsioni o incubi. La caduta da cui non mi sono mai ripresa del tutto finalmente rallentava il suo precipitarsi, e potevo fingere che il tutto fosse stato un errore del sistema. Io ero come te, destinata a stare con te, molto più meritevole della tua presenza che gli abitanti del Cielo. Forse non volevo sapere cosa ne sarebbe stato di noi due.

Eppure il futuro non perdona, neanche quando lo si ignora: prende il posto del presente e diviene subito passato senza che ce se ne accorga; così è stato anche della nostra esistenza soprannaturale in mezzo agli uomini.

Tu divenisti soffice e calda come pane appena sfornato, sorgesti all’alba mio piccolo sole. Camminavi per strada e la gente ti notava per la prima volta, i ragazzini interrompevano i giochi e si voltavano a guardarti, solo per un secondo ma tanto bastava per segnare un confine tra ciò che eri e ciò che stavi diventando. Sempre un pochino meno angelo e sempre più donna.

Le cinte che ti segnavano la vita dagli abiti altrimenti informi, ricordi? Come scopristi stesse nascendo un divario tra quelle e dei fianchi sempre più femminili. Pensavi saresti ingrassata tanto che non ti sarebbe più entrato nulla, e invece le tue figura non ti ha mai tradito. Sbocciavi poco per volta. Le gambe, i seni, le braccia, tutta la tua corporazione che si trasformava lenta ed inesorabile, sotto gli occhi ignari di chi ti osservava da una vita. Me compresa.

Io rimanevo infatti durante gli anni il solito tronco di betulla lungo e asciutto, la mia conformazione invece di riempirsi s’affilava al passo del mio sguardo. Grandi occhi d’oro, talvolta dicevi di me. Sì, gli occhi di un serpente. Tu però non demordevi e continuavi a sussurrarmi parole dolci mentre mi accarezzavi i capelli, dicendomi che ero bella, che ero degna di Perdono, che la mia esistenza valeva qualcosa. Nessuno mai mi ha detto ciò. O, almeno, non nel modo in cui me lo dicevi tu, guardandomi nei miei occhi da animale, vedendoci qualcosa che neppure io conoscevo.

In quei momenti desideravo solo che mi baciassi e che da rettile io diventassi una principessa, così ti avrei preso con me a vivere in un castello oltre la cima delle montagne dove la neve non si scioglie, e ti avrei baciato per il resto dei miei giorni.

Avremmo vissuto in mezzo all’umanità, unendoci ad essa, diventando poco per volta come loro e avremmo dimenticato i nostri poli opposti, i doveri, la Guerra, l’odio che scorre sotto pelle. Ma tu non capivi, le mie fantasie si adagiavano su di te e come anatre sull’acqua scivolavano via dal tuo cuore impermeabile a tutto ciò che non è allineato al Grande Piano.

Il nostro Accordo non è servito nell’evitare il destino. Anche senza di esso, sapevo che ogni illusione di tenerti accanto andava sfumando man mano che le stagioni procedevano e così i secoli. A cosa pensavo in quegli istanti? Speravo ancora in qualcosa di impossibile? Certo non potevo immaginarlo. 

Perché, nonostante la somiglianza che si faceva sempre più evidente con gli uomini, tu non sei diventata come loro e hai invece preferito mantenere fede al tuo ruolo imposto? A quei tempi trovavi già scandaloso per un Angelo del Signore mancare ai propri doveri, figuriamoci allearti con il Nemico. Oggi è tutto diverso, ma allora l’idea stessa del mio sentimento era qualcosa di inconcepibile, persino per un demone dotato di immaginazione. Non mi arresi fino a quel giorno del 1862, quasi ottant’anni fa. Ti ricordi? Te lo rammento io.

 

 

È un pallido giorno londinese, cielo come un manto slavato sopra le nostre teste, con il sole che si riflette sull’acqua liscia del Tamigi. Ho domandato che ci incontrassimo lì, tu hai lasciato (di malavoglia, lo so) il tuo negozio di libri per raggiungermi, e ora stiamo guardando le anatre che vivono indisturbate dal mondo di sopra, di sotto e da quello in mezzo. 

Tu sei vestita di un abito da passeggio color crema, io di nero come una vedova perennemente a lutto. In un certo senso lo sono. Vedo la stoffa del tuo corpetto, pudica come richiede la decenza, ma gioiosamente piena, e ho vergogna di guardare. Mi concentro allora sui tuoi lineamenti del viso, imprimendoli nella memoria come se già immaginassi di poterli perdere in eterno: occhi dolcissimi, grigio, celeste e nocciola mescolati in un gioco di luci, cielo e terra riflessi nelle tue iridi, labbra sempre tese verso l’alto e naturalmente rosse, il naso adorabile, i denti perfetti.

No, tutto questo non può cambiare, non lo permetterò mai! Lo giuro. Posso cambiare il corso degli eventi, volendolo, potremo restare insieme per sempre.

− Allora, Crowley? Per quale motivo mi hai chiamato?

La tua voce mi riporta di botto alla realtà. Da quanto tempo ti sto fissando?

− Bella giornata, non è vero? – cerco di prendere tempo. Tu non gradisci molto.

− Oh sì, adorabile. – confermi. Hai delle briciole di pane, forse da uno spuntino precedente, che lanci alle anatre. − Mi hai fatto chiamare per un appuntamento con tale urgenza, e tutto ciò che hai da dirmi è un commento sul meteo.

Urgenza? È forse questo che sei riuscita a trapelare dal mio invito? Forse non mi sono espressa nel migliore dei modi. Sono migliaia di anni che osservo e solo ora voglio renderti parte delle mie paure, non direi proprio si tratti di urgenza. Non posso negare, però, che i miei timori siano fondati. Meglio agire ora prima che sia troppo tardi. 

− Ebbene, ho bisogno di un favore da chiederti.

Finalmente lasci perdere le anatre e mi guardi in faccia, un sorriso gentile che ti curva la bocca.

− Parla, dunque. Se rientra nelle mie capacità sarò felice di esaudirti.

“Spero davvero sia così” penso.

− Prima rispondi alla mia domanda: ti trovi bene qui?

(vorrei dire “con me” ma mi trattengo)

Tu chini di lato la testa, confusa. Non mi sono spiegata bene.

− Aziraphale, − oh, ecco la sciagurata questione, − ami forse il mondo più del Paradiso?

Il rossore che invade le tue guance è più tangibile di qualsiasi dichiarazione. – Che ti salta in mente? – la tua voce imbarazzata e stranamente chioccia. – Amare il mondo… oddio, che parola grossa, amare… Beh, sono un angelo. È mio compito sin dall’inizio proteggere… e sì, amare l’umanità. Ma non esageriamo, sono pur sempre diversa da loro, così come lo sei tu.

Non sei mai stata brava a mentire, angelo mio.

− E se un giorno dovessi lasciare la Terra per servire il Paradiso, lo faresti?

− Ovvio! – la tua voce da chioccia diventa stridula – È il mio compito! Il mio destino… parte del Grande Piano. Non siamo altro che pedine. Il mio ruolo qui è passeggero, un giorno finirà tutto perché così è stato deciso, e noi due ci separeremo. Mi dispiace dovertelo ricordare, ma è così.

Il tuo atteggiamento mi lascia di ghiaccio. Non ti ricordavo così, pensavo ti fossi affezionata sul serio al mondo degli uomini. A me

− Non lo faresti anche tu, quel giorno?

Di nuovo mi lasci interdetta. Ti guardo negli occhi, cercando di capire cosa tu abbia inteso dal mio silenzio. – Cosa? – domando.

− Sei brava nel tuo lavoro, con l’Accordo ci siamo trovate bene ma dovrai anche tu far parte della Guerra. 

Sputo con sdegno oltre il parapetto, sull’acqua. Una papera nera si allontana schifata.

– Guerra? Angelo, ci conosciamo da seimila anni e già parli come se la Guerra fosse domani, e dovessimo dividerci già da subito!

− Lo dico per te, Crowley! Ci tengo a te, non voglio che tu soffra!

Cos’hai capito, amore mio? Cosa capisti dall’alto della tua bontà d’animo? Che a me interessassero le ripartizioni tra Paradiso e Inferno, la Fine del tutto, compreso noi? Eri tu il mio unico pensiero, notte e giorno! La bocca mi si torse in una smorfia di rabbia e dolore. Parlavi bene, tu, in pieno sboccio, mentre io arrancavo nelle sembianze da essere umano.

 − Mi dispiace.  − dicesti, avvicinandoti a me, Sembrava che il tuo Dono fosse leggermi nel pensiero e l'idea mi mise la pelle d'oca. − Non ti piace parlare di queste cose, vero? Però devi sapere che io ti vorrò sempre bene. Sempre.

Portasti una mano guantata al mio viso, costringendomi a guardarti e notai con un brivido i movimenti del vestito che portavi, mio Dio, se proprio vuoi perdonarmi qualcosa, risparmia questi pensieri, perdona il mio respiro che mancò del tutto insieme all’universo che ci circondava quando immaginai il suo posare le labbra sulle mie. Un secondo, nulla di più. Non era nemmeno la prima volta che si avvicinava a me in tal modo, eravamo migliori amiche dopo tutto. Eppure persi ciò che rimaneva della mia anima in un istante, venduta per la dolcezza che assaporai con il suo respiro, e che rimase impressa a fuoco su di me benedicendo il mio corpo disastrato. Per un attimo divenni principessa anche io, figlia del peccato ma che ben venisse l’inferno per quella bocca di rosa! Non era un bacio da amica, quello. Non per me, non più. Ero sull’orlo del precipizio.

− Che succede, mia cara? – sussurri. Forse hai inteso cosa provavo, forse sei ancora sicura che tra noi non sia cambiato nulla da quando mi preservasti dalla prima pioggia con la tua ala. Chissà. Forse i miei occhi hanno oltrepassato lo schermo degli occhiali scuri, trapelando i miei veri sentimenti, creando una breccia nel muro della paura di non venire corrisposta. Avevo spesso sognato di baciarti, ma mai così. Mai in maniera così reale. Tu non sapevi di essere cambiata, io ne ero fin troppo conscia quindi in un certo senso mi approfittai di te. Non riesco ad averne vergogna.

− Dobbiamo stare attente. Vienimi più vicino, che io ti sussurri all’orecchio il mio piano senza che neanche una parola cada in mani indiscrete.

Ed è ora che ti dico cosa ho in mente.

Cosa?! – ti allontani da me, il tuo bel volto ti diventa improvvisamente livido. – Stai scherzando?

− Non urlare, vuoi che ti sentano tutti?

− Non sto urlando, è lo stesso identico volume di prima! Chi vuoi che ascolti le chiacchiere di due donne davanti alle papere?

Mi viene qualche dubbio. Magari le stesse papere riescono a capirci senza che noi lo sappiamo, a forza di sentire parlare gli umani per secoli senza che badino loro… ma non mi lasci continuare la mia supposizione. Sei stridula, ora. Isterica, quasi.

− Non ti permetterò di ammazzarti!

− Non è questo…

− A cos’altro dovrebbe servirti? Acqua santa! Anche solo una boccetta sarebbe sufficiente per distruggerti! È troppo rischioso! − sembra che tu stia per metterti a piangere.

− Non deve essere difficile per te procurartela, no?

− Ti immagini cosa succederebbe se scoprissero che ho socializzato con il Nemico?

Socializzato?! Seimila anni di amicizia lo chiami “socializzato con il Nemico”?! Ma vedi te questa ipocrita!

− Hai più paura di venire scoperta a “socializzare” con me o con l’umanità? Perché hai fatto entrambe le cose! – urlo a mia volta.

Le tue guance sono vermiglie e non per il motivo che desidero, ma ormai il danno è fatto.

− Cosa c’entrano adesso gli umani? – chiedi in un sibilo, e francamente non saprei darti risposta. Fino ad oggi non sapevo di esserne gelosa.

− C’entrano… perché anch’io potrei sostituirti con qualsiasi altro uomo o donna sul pianeta, se proprio mi sarà necessario! Tanto tu sei il Nemico! Sei troppo preziosa per abbassarti a parlare con l’Avversario, vero?! Non avrei mai dovuto rivolgerti la parola da principio!

No, non è vero, ma mi nutro di menzogne da quando sono caduta, una in più non farà male, no?

E invece sì.

− Beh, per me è lo stesso! – urli e stavolta c’è gente che si gira, qualcuno strappato dalla sua quotidianità che nota la rabbia nella voce di una persona sconosciuta dimenante nelle sue difficoltà. – Se vuoi farti ammazzare da qualcuno, non contare su di me!

− Non ho bisogno di te! – perché lo dico? Perché continuare a mentire? Sono troppo afflitta dal non essere corrisposta, è per questo che mi scavo la fossa con le mie stesse mani?

− Neppure io! – prendi e te ne vai, ma scorgo un luccichio di denti digrignati, una smorfia che non ti si addice affatto, prima che mi volti le spalle e ti incammini. – Ovviamente!

− Ovviamente. – rispondo io. Sono totalmente distrutta e non me ne rendo neppure conto. Il mio corpo non mi tradisce, ma il mio spirito è a pezzi sotto il cielo color fumo, qui sul selciato, mescolato in frammenti di carbone in mezzo alla ghiaia. In un attimo è finito tutto. In un attimo te ne sei andata, senza voltarti, senza ascoltare oltre. Ho rovinato tutto.

Ti ho persa, amore mio, in un soffio di vento sollevato dalle carrozze nel parco. Io stessa che ho tentato la prima donna ad assaggiare il frutto proibito, mi sono persa verso l’unica cosa che mi era esclusa in quanto demone: l’amore. Verso gli umani, verso di te. Se solo fossimo state come desideravano loro, non sarei qui così miserabile. Sì, il mio destino è la sofferenza, ma non questa. Il mio obiettivo è il dolore altrui.

Ecco cosa succede a infrangere le regole, a fare domande e credere che ci sia nell’universo un’anima affine. Ed ecco cosa succede a continuare a farlo nonostante tutto. Com’è il detto? Errare è umano, ripetere è diabolico e io, io sono un demone.

 

 

In questa fredda notte londinese, nel bel mezzo di una delle tante guerre che scoppiano tra gli uomini, non serve neppure che ci sia io a tentarli che già ci pensano loro a rendersi infelice la vita a vicenda da soli… ecco, io sto qui. Entrerò in scena come la primadonna quale sono. Non dovrei entrare, è una chiesa questa, non esattamente il luogo dove quelli come me sono ben accetti! Ma lo farò lo stesso. Non m’importa se non capirai il perché, né se mi butterai fuori a calci. Mi manchi troppo, Aziraphale. 

Sto tornando da te.



 Il

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Good Omens / Vai alla pagina dell'autore: LB Shadow