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Autore: VigilanzaCostante    01/10/2021    6 recensioni
«Vino elfico».
«Vino elfico? A fare queste vittime è del banale vino elfico?».
«Potter, so che per una mente come la tua la comprensione non è cosa immediata, ma abbi la decenza di non farmi ripetere dieci volte le stesse due parole».

Harry e Draco sono alle prese con un caso da risolvere, il primo in veste di Auror, il secondo in veste di pozionista. Non è facile seguire la pista giusta, soprattutto se al tuo fianco hai il tuo acerrimo nemico.
|Draco/Harry, post-guerra| Minilong (3 capitoli) | Ispirata ai primi tre prompt del #writober
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Questa storia partecipa ai primi tre giorni del #writober


   Anche il vino mente

 

         
        Parte prima: Nemici

 

#vino


«Vino elfico».
«Vino elfico? A fare queste vittime è del banale vino elfico?».
«Potter, so che per una mente come la tua la comprensione non è cosa immediata, ma abbi la decenza di non farmi ripetere dieci volte le stesse due parole».
Draco tamburella con le dita sulla scrivania di Harry Potter. Quell’uomo ha un problema con il disordine, sospetta realmente sia patologico, dato che un Auror in ufficio non ci sta così spesso e la magia dovrebbe risolvere la metà dei problemi quotidiani. Ma con Harry Potter i “dovrebbe” sembrano non valere mai, in lui regna l’anarchia, e il disordine, e l’incoerenza.
«Cristo, Malfoy, anche io odio lavorare con te, ma capita una volta all’anno e ti pregherei di non rendere tutto più complicato».
Harry, sconsolato, alza gli occhi al cielo. È snervante trovarsi in quella situazione, anche se rara. Da quando è diventato Auror ne ha dovute affrontare di circostanze difficili: dire a dei genitori che il loro figlio scomparso è stato ritrovato morto, dover affrontare dei criminali che volevano la sua testa più di qualsiasi altra cosa, stare sveglio fino alle 2 di notte su casi irrisolvibili. Ma la cosa più difficile rimane quella: vedere Draco Malfoy, vestito elegantemente di nero, entrare nel suo ufficio e iniziare a dettare legge. Lo trova presuntuoso, infantile e dannatamente fastidioso. Ma gli serve un pozionista e, per quanto gli costi ammetterlo, lui è uno dei migliori in circolazione.
Negli ultimi dieci mesi si sono ripetuti casi, sporadici ma costanti, di morti improvvise. Tutte donne della stessa età, trovate avvelenate per colpa di non si sa quale combo letale. Alla settima segnalazione gli Auror hanno cambiato strategia e hanno iniziato a pensare a degli omicidi collegati, un unico serial killer.
«Ora, è necessario distillare il miscuglio e valutare la composizione una volta portato a termine il processo.  In questo modo è possibile ricondursi alle varie parti, grazie a un’analisi dei punti di ebollizione e volatilità del composto».
Quando Draco finisce la spiegazione, Harry sembra più inebetito di prima.
«Ti sembro un pozionista, Malfoy?».
«Ma per entrare qua dentro non serviva Eccellente in pozioni?».
Harry fa spallucce: «Lumacorno adorava mia madre e ho salvato il mondo magico».
«Il solito raccomandato» sibila il biondo con evidente disgusto a disegnargli il contorno delle labbra.
«Vuoi spiegarmi o vogliamo rimanere qui per tutta la notte?».
Il sole, infatti, sta calando e la stanchezza appesantisce le spalle di uno come dell’altro.
«Alla prossima vittima, bisogna tentare di separare i resti di vino elfico dal veleno, in modo da capire che veleno è stato usato e che effetti ha sull’organismo. Non è molto per capire chi è il colpevole, ma è un inizio. Il veleno scelto può dire molto del criminale che lo usa».
Un’ombra attraversa il volto minuto di Draco Malfoy, che sembra già aver inteso la battuta che gli potrebbe fare l’altro. E il veleno che in passato hai scelto, cosa dice di te, Malfoy? Che sei un codardo?
Ma non gli dà il tempo di farla, quella battuta che quasi riesce a intravedere sulla punta della lingua.
«Quando avrò aggiornamenti ti manderò un gufo, Potter. Buona serata» e in modo elegante, ma silenzioso, si chiude la porta alle spalle.
 
×××

Prima dell’ottava vittima passa un lungo mese.
L’ottava vittima arriva con l’ovvia conseguenza di doversi di nuovo interfacciare con Draco Malfoy, con il suo solito completo nero, con quell’odore di laboratorio che c’ha sempre addosso. A volte si chiede come faccia a rimanere così tanto tempo solo con la sua mente, tra ampolle e calderoni. Non deve essere facile per un ex Mangiamorte pentito convivere con i propri sensi di colpa.
“Sempre che ne abbia, di sensi di colpa” sibila la voce maligna dentro la sua testa.
L’ottava vittima ha venticinque anni ed è talmente giovane che a Harry fa male il cuore. Osserva le foto nel suo fascicolo che sorridono in movimento, con il figlio in braccio e i ciuffi corti a coprirle la fronte. Non riesce a fare a meno di pensare che sua mamma era ancora più giovane quando era morta, una madre bambina con i capelli rossi e non bruni, ma sempre con la stessa speranza negli occhi.
«Cosa sappiamo di questa ragazza?» chiede a Roger Davies, suo collega e compagno per quel caso. Nell’angolo della stanza c’è Draco, un blocchetto di appunti in mano. Non si sa bene chi l’abbia coinvolto, ma lui non dovrebbe essere lì, e questo è certo. Non serve un pozionista in questo preciso momento.
Roger sembra pensarla allo stesso modo, e lo guarda senza scrupoli dall’alto in basso: «Malfoy, non mi ricordo di averti convocato».
«Davies» inizia con la sua voce strascicante, e facendo leggera pressione con il busto per staccarsi dal muro. «Da quando saresti tu il capo? Tra i due è Potty quello con più libertà decisionale, lo sai anche tu. Ma più di tutti, ce l’ha Shacklebolt, che mi ha invitato a darvi una mano».
«Malfoy, piantala» grugnisce Harry per zittirlo, ma consapevole di non avere alcun tipo di facoltà per cacciarlo da lì.
In compenso tira fuori i dati anagrafici della vittima per cercare di capire di chi si sta parlando.
«Bethany Collins, donna di venticinque anni, strega nata da genitori maghi. Sposata» si ferma un attimo per leggere meglio «anzi, no, divorziata da un uomo babbano. Il figlio ha cinque anni».
Un groppo in gola gli fa quasi pizzicare gli occhi dietro le lenti. Ma Draco Malfoy lo sta osservando con un sopracciglio alzato e non ha intenzione di mostrarsi debole.
«Il bambino dov’è?».
«Dai nonni paterni, a quanto pare».
«Perché non con il padre?» a chiederlo è Malfoy, con un’ovvietà tale da farlo quasi vergognare.
«Magari non sa del bambino? Da quanto sono divorziati?» suggerisce Davies.
«I nonni lo sanno, ma il padre no? Per le mutande di Merlino, ma ogni giorno prendono chiunque in questa dannata topaia? Davies ma non eri Corvonero?».
«Malfoy. Piantala, ho detto» Harry quasi ringhia dalla rabbia, perché non riesce a concentrarsi ed è stanco.
«Davies cerca informazioni su Stan McCoy, l’ex marito di Bethany. Malfoy, noi dobbiamo andare sulla scena del delitto».
E nel farlo, senza pensarci, gli tende il braccio. Ha dato per scontato la smaterializzazione congiunta, ma evidentemente il biondo no, e lo squadra con poca convinzione. Ma prima che Harry possa, imbarazzato, tirare indietro il braccio, lui lo afferra. Le sue mani sono dinoccolate e ossute, ma la presa è ferrea e pare quasi oltrepassare il tessuto.
Una stretta allo stomaco, il solito vorticare e poi l’angoscia lo assale.

 
×××

L’hotel è appena fuori Londra, e tutto sommato non sembra nemmeno così cupo come Draco si sarebbe aspettato. È una struttura babbana, inserita all’interno di altri edifici, di uno smorto grigio. Perché Bethany si trovava lì? Cosa l’aveva spinta?
«Dobbiamo controllare la prenotazione» bisbiglia Harry.
Quando entrano nella hall, piccola e non troppo arredata, la receptionist nemmeno li degna di un’occhiata. Smanetta sul suo cellulare babbano e si arrotola una ciocca rosa tinta sull’indice.
Avanti, indietro, avanti. Harry è quasi ipnotizzato, da quel movimento fluido e inconsapevole. Si guarda gli abiti babbani che ha addosso, la spilla con scritto “Polizia” sulla giacca. Spera che vada bene per passare in sordina, per non sembrare altro che forze dell’ordine comuni.
Quando finalmente si accorge di loro, la ragazza alza lo sguardo macchiato d’ombretto scuro e fa un piccolo scatto in avanti.
«Siete per la ragazza della camera 106?».
«Sì, prima di andare lì però vorremo farti qualche domanda».
Sembra riluttante, quasi timida. È questo che fa la polizia ai babbani? Li fa diventare più timorosi, più rispettosi? La ragazza sfrontata che mastica la chewing gum sembra sparita, e Draco osserva quella mutazione con curiosità.
«La prenotazione è a nome di Bethany Collins, giusto? Per una o due persone?».
Prende in mano la lista di prenotazioni e con il dito smaltato di nero percorre tutto l’elenco fino alla camera 106.
«Ha preso una stanza piccola con letto matrimoniale, l’ha prenotata a suo nome. È venuta da sola e mi ha chiesto se c’è la colazione gratis, credo che avesse intenzione di passare qui tutta la notte. Non è venuto nessuno a chiedere di lei per raggiungerla».
Mostrata la prenotazione, e dove si trovasse la stanza, la ragazza li lascia da soli.
«Sei sicuro di voler entrare? D’altra parte, non è il tuo…».
«Potter» lo interrompe prima ancora di fargli finire la frase «so badare a me stesso. Mica vorrai preoccuparti per me?».
E per dimostrare che no, non ha nessun tipo di remora, o di paura, o di angoscia, stringe il pomello d’ottone e spinge.

Il corpo – grazie a Merlino – è stato già tolto dai medimaghi legali che si occupano del caso. Ma l’aria sa di morto, e Draco si stupisce di quanto questo lo sconvolga. Ha già visto delle persone morire, ha visto la vita abbandonare degli occhi innocenti. Ha pianto per quelle morti, nel segreto del suo bagno, al riparo dagli occhi indiscreti dei genitori. Ma quell’odore che impregna le tende, il tappetto marrone, le lenzuola, di quella camera d’albergo, lo sconvolge. Non c’è sangue, nessun segno che possa far capire loro che qualcuno lì è passato a miglior vita. Ma si sente nell’aria, o almeno loro sanno che è successo, e questo fa la differenza.
«Ci è venuta consapevolmente, da sola. Era sotto la maledizione imperio?».
«O forse non sapeva di non potersi fidare dell’assalitore».
Lasciata intatta da chi li ha preceduti, c’è una bottiglia di vino elfico, la targhetta della migliore marca in circolazione, il colore ambrato non alterato dal veleno all’interno.
Draco la fa lievitare e la inserisce in un sacco sterile per le prove. Potrebbero andarsene, o almeno lui sicuramente, ma qualcosa lo trattiene. Il destino di quella donna lo angoscia più di quanto voglia ammettere. Aveva la loro età.
Mettono da parte tutti gli oggetti che possono essere utili al caso. Trovano il portafoglio di Bethany, appoggiato malamente sul comodino di mogano, con dentro la sua carta d’identità magica. Stato di sangue: purosangue.
«Le altre vittime avevano genitori maghi?» chiede Draco, riflettendo. Ma Harry non lo sta ascoltando.
«Manca la bacchetta».
«Eh?».
«Non c’è da nessuna parte la bacchetta della vittima… a meno che non sia stata portata via dai medimagi con il corpo».
Harry alza finalmente gli occhi su di lui e lo guarda fisso, un po’ inebetito e sconvolto dalle implicazioni che questo fatto potrebbe avere. Draco percepisce la sua agitazione, anche se non è così palese: Potter, per quanto sia difficile ammetterlo, è abbastanza in grado di gestire la situazione. È sicuramente meno avventato ed emotivo rispetto a quando era un’adolescente, e tenta di essere più lucido. Tenta.
«Malfoy, dobbiamo contattare il San Mungo e cercare di capire. Poi, in base a come risponderanno, cerchiamo di trarne delle conclusioni. E con ‘cerchiamo’, intendo io e Davies. Tu dovrai occuparti del vino e…».
«Voglio partecipare alle indagini».
«Non è il tuo lavoro».
«Ma sono sveglio, intuitivo, ti servo Potter».
Harry non crede alle sue orecchie, e si accorge di aver spalancato inconsciamente la bocca, il labbro inferiore tremolante.
«No, che non mi servi, so fare il mio lavoro. Davies sa fare il suo lavoro. E potremmo, per favore, parlarne fuori da qui?».
Escono da quella stanza angusta e scendendo le scale hanno la decenza di non continuare a litigare, per paura che qualcuno possa sentirli. Salutano la ragazza nella hall, ed escono finalmente all’aria aperta.
«Allora tu fai le tue elucubrazioni con quel Davies, e poi fuori dall’orario di lavoro ne discutiamo insieme».
«Credo che potrei essere licenziato per una cosa simile» e si massaggia le tempie con aria sconsolata.
«Però non hai detto di no» gli fa notare il biondo, e Harry si accorge che è vero. È che Draco ha delle buone idee, fa le giuste domande, e forse non è così inutile. Non gli serve, ma potrebbe essere un valore aggiunto.
«Va bene. Domani, alle 19, nel tuo laboratorio».
«Non mi ricordo di averti invitato».
«Malfoy, ragiona. Non possiamo stare nel mio ufficio, è sospetto» dice con un’ovvietà tale da farsi sorridere da solo. «Porto io da mangiare».
E prima di dargli tempo di rispondere, o di cambiare idea, o di indispettirlo, si smaterializza via da lì. A casa. Lontano dalla scena del delitto, dall’odore della morte, dal viso pallido di Malfoy e da quella strana – e pericolosa – collaborazione.

 
×××

Iniziano a vedersi tutte le sere, fino a tarda notte, con una strana routine che grava sul loro sonno.
«Potter rovini il mio riposo di bellezza ogni dannatissima sera» borbotta ciclicamente Draco quando gli apre la porta e lo fa entrare.
D’altro canto, Harry, si diverte a proporgli ogni sera qualche invenzione culinaria babbana.
Quella sera, insieme a ravioli di gamberi e sashimi al salmone, Harry porta con sé i dossier delle sette vittime precedenti.
«C’è un collegamento» esclama Draco, sfogliandoli. «Come avete fatto a non notarlo prima?».
«Certo che l’abbiamo notato» borbotta l’altro di rimando.
«Sì, ma siete stati troppo superficiali, Potter. Non me ne stupisco comunque» e tra un insulto e l’altro continua a sfogliare quelle immagini e quei dati anagrafici.
Harry stringe forte la mascella, e per un attimo teme di star procurando danni irreparabili ai denti che digrignano. Come hanno fatto ancora a non ammazzarsi nell’arco di quelle serate?
Gli strappa i fascicoli di mano e lo trafigge con aria truce.
«Fammi vedere».
«Vedi, hanno tutte un figlio maschio. E chi non ce l’aveva ancora, era incinta quando è successo».
«Ed erano tutte mamme single, con marito deceduto o separato» esclama Harry, con il fervore di chi sta collegando i punti.
«Vedi, Potter? Ecco che, forse, ti meriti il tuo lavoro».
Si scambiano un brevissimo scambio di intesa, prima di tornare al lavoro.
«E il veleno? Novità?».
«Il processo sta prendendo più tempo del previsto» e indica un calderone fumante. «A quanto pare ha unito sostanze diverse per depistare le tracce del veleno».
«Mi sa che a causa di tutta questa storia non berrò più vino elfico» sospira Harry laconico. «Anche tu Malfoy dovrai adattarti al lambrusco babbano».
Continuano a parlare, confrontare e speculare. A volte scappa una risata, a volte qualche insulto masticato. Quando escono finalmente dal laboratorio è mezzanotte e l’aria di Londra fa venire loro la pelle d’oca.
«Comunque, Potter sono convinto che tu mi abbia propinato il chushi per vendicarti di qualche dispetto» Draco accompagna la parola con un gesto vago della mano «di quando eravamo dei ragazzini innocenti».
«Tu? Un ragazzino innocente non lo sei mai stato. Mai» ci manca poco che Harry gli rida in faccia. «E poi il sushi, per i babbani, è chic. Sai, a Teddy fa impazzire».
Un’ombra oscura il viso del moro, che smette di sentire ciò che Draco gli risponde. Tutto diventa ovattato e gli sembra di essere tornato nel corpo del sé quindicenne, che con uno scatto di impulsività era corso all’Ufficio Misteri per salvare Sirius.
Inizia a correre. Inghiotte il vento che gli sferra addosso, sente mancare i suoi polmoni per la foga con cui sta scappando. No, non sta scappando, sta correndo verso casa Tonks.
Si dimentica del fatto che fino a qualche secondo prima stava ridendo insieme alla figura allampata di Draco Malfoy.
«Potter, cosa diavolo stai facendo?». Viene tirato bruscamente per il polso e quell’attimo di follia che l’ha pervaso sembra svanire in un soffio.

 
×××
 
«Ti sei fumato il cervello?».
Harry si guarda intorno e si accorge di aver superato il quartiere magico dove è situato il laboratorio di Draco. Si trovano sul marciapiede di uno stradone vuoto, unicamente illuminato dai lampioni. Ha perso il senso dell’orientamento e dei minuti, e si sta dando mentalmente dello stupido nell’unica lingua che conosce.
«Io… è che ho pensato che sono coinvolti dei bambini… Teddy è ancora piccolo, ed è di sangue misto e…».
«Potter, sei un emerito imbecille» sbotta Draco. «Ma come fai a fare l’Auror? Riesci a scindere la tua fottuta vita privata? Mi hai fatto spaventare! Hai iniziato a correre come un pazzo!».
«E a te cosa diavolo importa Malfoy, eh?».
«M’importa perché la sicurezza pubblica è messa a rischio da un incompetente come te che viene privilegiato solo per i traumi che ha dovuto subire!».
Il primo pugno colpisce lo zigomo di Draco con un rumore netto. Il biondo rimane un attimo basito e intontito prima di reagire di rimando.
Il secondo pugno lo scaglia Draco e colpisce Harry all’altezza occhio, gli occhiali fanno un rumore stridente quando cadono per terra.
Ben presto i pungi smettono di poter essere contati, diventano confusi e necessari. C’è furia in quella voglia di annientarsi, di farsi male, di colpirsi per ristabilire la natura del loro rapporto.
«Sei un viziato figlio di papà che non ha idea di cosa significhi tenere a qualcuno» Harry straccia quel silenzio fatto di ansimi con una frase a forma di sputo.
«Ah no?» e Draco di rimando scaglia un altro pugno. «Tu» e un calcio «non» uno spintone «sai» un momento di respiro «niente di me».
«So quello che tu hai voluto far vedere di te, Malfoy».
Si fermano, guardandosi reciprocamente quei visi tumefatti e quei capelli arruffati. E smettono di lottare.
Riprendono fiato, affaticati, e si rendono conto entrambi di star trattenendo a stento le risate. Che situazione assurda, che situazione paranormale.
«Ti rendi conto che avresti potuto semplicemente smaterializzarti a casa Tonks, vero?» dice Draco ridacchiando in modo ormai palese.
«Uhm, quando sono agitato mi dimentico di essere un mago» sussurra Harry, guardando fisso nei piedi che strascicano per terra.
Malfoy inizia a ridere, quasi a ululare, di gusto «Potter tu hai il cervello fuso». Harry gli tira di rimando un pugno sulla spalla, ma non forte, anzi, quasi amichevole.
«Quindi secondo te Teddy non è in pericolo?».
«No, Potter. Non so quanto c’entri lo status di sangue in questo caso, ma le vittime sono sempre state donne purosangue. I bambini sono sempre stati risparmiati» e accenna una forma di sorriso nei confronti del moro. Capisce, anche se l’altro non lo sa, la paura di perdere la propria famiglia.
Fanno per salutarsi, quando Harry aggrotta le sopracciglia e si gira di nuovo verso Draco.
«Ehi, Malfoy, ti va di venire a bere una tazza di the caldo da me? Si gela, questa notte».
«È troppo presto per fare una battuta sul volermi avvelenare?».
«Io sono un ragazzino innocente che non ti farebbe mai alcun tipo di dispetto» replica occhieggiando al sushi appena mangiato.
Porge, per la seconda volta nel giro di una settimana, il braccio a Draco Malfoy. E lui, stupendolo nuovamente, lo stringe.
Una stretta allo stomaco, il solito vorticare, e poi casa. Il tepore che lo accoglie gli fa dimenticare che ha ospitato nella sua vita il suo più acerrimo nemico. 









 
Nda:
Ciao a tutti! Shippo Drarry da tempi immemori, ma per la prima volta trovo il coraggio di scrivere qualcosa di più lungo di un OS. Questa sarà una minilong di tre capitoli, ognuno ispirato ai prompt del #writober.
Il prompt centrale di questo capitolo è: vino. Ma ho cercato di inserire lateralmente anche altri due prompt di due liste differenti (dispetto e enemies to lovers).
I prossimi due capitoli li pubblicherò domani e domenica! Spero che la storia sia di vostro gradimento, e soprattutto spero di essere riuscita a rendere Draco e Harry IC!
Ringrazio di cuore LadyPalma per avermi dato una mano non solo spronandomi a scrivere, ma anche dandomi ottimi consigli  "true crime"
Un bacio
Mati

 
   
 
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