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Autore: meiousetsuna    04/10/2021    2 recensioni
Partecipa al contest: “I Will Go Down With This Ship” indetto da BellaLuna95 sul forum di EFP -[What if? della 3x11]
In un attimo di perdita del controllo, Tyler ha morso Caroline condannandola a una morte lenta e dolorosa. Questo finché Klaus, colui che ha la colpa di tutto, corre a salvare la vampira donandole il suo sangue. Lei gli piace, forse ne è addirittura innamorato. Ma la bionda reginetta della scuola non può ricambiarlo, o almeno è quello che crede fermamente.
Dal testo:
Un nido… col suo amico Stefan di certo, lui l’aveva aiutata più di tutti; con Elena, una ragazza dal cuore d’oro, mentre con Damon, bè, non avrebbe mai fatto pace sul serio. Provare a essergli riconoscente perché gli doveva la propria sopravvivenza era un’ipotesi che non la sfiorava affatto; la decisione di nascondere quella polvere sotto il tappeto era ideale, voleva essere solo nel giusto, e poter giudicare chi le pareva ogni volta che le pareva.
Klaus le sorrise in quel modo disturbante che aveva nel fare ogni piccola cosa. Per non nominare quelle più gravi.
“Leggo nei tuoi pensieri, sweetheart, dal primo all’ultimo, sono molto illuminanti".

Un bacio, Setsuna
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per il contest: “I Will Go Down With This Ship” indetto da BellaLuna95 sul forum di EFP
pacchetto: Baby one more time

Caroline/Klaus
What if? dell’episodio 3x11 (+ battute della terza stagione in generale)

miss-a-p


C’era sangue sulle sue mani, pensò Caroline. Non contava non poterlo vedere in quel preciso istante, anche per una come lei che – grazie tante – era precisa per quel che riguardava i dettagli, perfino maniacale.
Una volta soffriva per le conseguenze della propria mania di controllo, ma in quella nuova vita la stessa caratteristica si era rivelata qualcosa di utile, forse addirittura vincente.
Solo per un giorno era stata preda della fame e dell’istinto animale, poi si era scoperta la vampira più funzionale del gruppo. Si accorse con imbarazzo di considerare i suoi simili come un nido; quel termine l’aveva imparato seguendo “True Blood”, un fantastico telefilm che parlava del vampirismo in modo esplicito e crudo. Sua madre non era contenta che lo guardasse perché era troppo erotico e quel ricordo le ispirò tenerezza. Adesso la prospettiva dell’eternità che aveva di fronte la faceva identificare nella vera adulta della situazione, per quanto nessuno avrebbe confermato la sua idea.
Un nido… col suo amico Stefan di certo, lui l’aveva aiutata più di tutti; con Elena, una ragazza dal cuore d’oro, mentre con Damon, bè, non avrebbe mai fatto pace sul serio. Provare a essergli riconoscente perché gli doveva la propria sopravvivenza era un’ipotesi che non la sfiorava affatto; la decisione di nascondere quella metaforica polvere sotto il tappeto era ideale, voleva essere solo nel giusto, e poter giudicare chi le pareva ogni volta che le pareva.
Klaus le sorrise in quel modo disturbante che aveva nel fare ogni piccola cosa. Per non nominare quelle più gravi.
“Leggo nei tuoi pensieri, sweetheart, dal primo all’ultimo, sono molto illuminanti”.
Le labbra – troppo rosse sul volto pallido – si aprirono in un sorriso malizioso che la faceva sentire vulnerabile, qualcosa che non le piaceva. Però non era la stessa sensazione che provava da bambina quando i compagni di scuola la facevano piangere, o nel letto di Damon Salvatore, o mentre cercava disperatamente di far funzionare la sua assurda relazione con Matt.
“Il papà della Forbes è gay!”
“Sta’ zitta, sai che quando sarò stufo morirai, anche se ora mi fai impazzire”.
“Care, non ne posso più dei tuoi discorsi, tanto alla fine non cambi”.
“Oh certo, sei un Originale, e stai usando i tuoi poteri!”
Il tono stridente risuonò all’udito ipersensibile della bionda come una manciata di gessetti strisciati su una lavagna, facendole chiudere la bocca di colpo. Detestava armare gli interlocutori commettendo stupidi passi falsi, ma Klaus sollevò le mani con i palmi aperti per mostrarsi innocuo.
Lo cercò quel sangue, come se fossero ancora esseri umani. Come avrebbe fatto sua madre col Luminol sulla scena di un crimine, perché uccidere lo era, senza eccezioni. Desiderava vederlo ed esserne disgustata.
Quello di Jenna, innocente vittima in un gioco che non la riguardava.
Quello degli altri Michaelson, versato senza pietà, per quanto questo non li conducesse alla morte definitiva.
Quello di centinaia di persone senza nome, di cui ormai non c’era più memoria sulla terra.
“Ora non ti stai chiedendo cosa abbia fatto nella mia lunghissima esistenza, ma quello che potrei fare tra poco. Non mi piace il tuo fidanzatino licantropo, love. Il suo ruolo è servirmi, non contrastarmi, e non ti arrabbiare, ti prego. Puoi chiedere di più, non devi avere paura di quello che vuoi”.
“So perfettamente quello che voglio, non ho bisogno che un…”
La ragazza avrebbe aggiunto alcuni termini ben precisi come assassino, mostro o semplicemente ibrido – che poi erano verità – ma nessuno faceva al caso suo. Bisognava pur sforzarsi per qualcuno che ci ha appena sottratti a morte certa, e una terribile.
“L’ho fatto con piacere, Caroline; e non preoccuparti, sai che non possiamo leggere il pensiero, è che tu sei così trasparente. Vuoi comportarti da autentica lady del Sud, mostrarmi grazia e riconoscenza, ma nello stesso tempo bruci dal desiderio di cacciarmi dalla tua stanza da letto, questo prezioso santuario dove solo il piccolo Tyler…”
Non era semplicemente crudele, quello la vampira l’avrebbe sopportato: la sua autostima era cresciuta molto da quando si era trasformata; ma era quell’ironia tagliente, impudica, impietosa che la spiazzava, la privava dell’ultima parola, perché non c’era modo di dargli semplicemente torto.
Eppure era la creatura più spaventosa che avesse mai incontrato, la più pericolosa, in confronto alla quale Katherine, Elijah, gli altri vampiri che erano apparsi come scogli insormontabili scappavano o perdevano le loro battaglie.
“È stata solo colpa tua, Ty non mi avrebbe mai morsa di sua volontà, lo hai manovrato contro di me, ma ora sei qui. Perché ti piace fare male alle persone?”
Una luce fredda brillò negli occhi di un inafferrabile color fiordaliso di Niklaus, mentre con studiata lentezza si sedeva sul bordo del letto con la trapunta rosa. Lei era ancora estremamente provata, ma non era fisicamente che temeva gli sfuggisse, era palese. Quello che stavano disputando era un gioco di potere, la sfida preferita dell’Originale.
“Vedi, love, il punto è che se qualcuno si frappone tra me e il mio obiettivo devo sacrificarlo, non posso lasciare in circolazione i traditori o nemici di nessun genere. Tyler è un patetico ragazzino che non capisce la grandezza del suo destino, e finirà per trascinarti a fondo con lui”.
“Cosa? Seriamente?”
Questa volta Caroline non badò al timbro acuto che tradiva il suo nervosismo, quindi una debolezza. Non avrebbe mai capito cosa passava nella mente di un ragazzo… no, chiamarlo così era troppo generoso, un essere abituato a giocare con la vita altrui senza rispetto o limiti. Si chiese se da qualche parte ci fossero tracce di umanità in lui, anche se soffocate in un intrico di spine e affogate nel sangue delle vittime, a brandelli come un vessillo lacerato da troppe guerre.
“La sua sfortuna, vorrai dire”.
Il tono era tornato sotto controllo, con uno sforzo che fece ridere apertamente Klaus, anche se a voce bassa. La percezione della vampira era che l’avesse condotta esattamente nel punto designato, ma dandole l’impressione di essere stata lei a guidare il discorso. Chiaramente era abituato ad allungare le mani rapaci e prendersi quello che voleva, senza incontrare una valida opposizione.

†††††

In fondo a quello che una volta era il suo cuore, Klaus il senso del destino lo conservava integro, come una parte di sé profondamente radicata nella cultura della sua gente. Persone fiere, i vichinghi, che non si erano dimenticati di essere figli di Odino, che era stato il Padre a ordinare che affrontassero il mare immenso e cupo per approdare in quella che ora si chiamava America. Era una sorte strana e maligna ad aver voluto che lui fosse generato da un licantropo e che l’unica strega abbastanza potente da creare una nuova specie vivesse nel suo villaggio. E l’incontro con Tatia, e tutto ciò che ne era seguito.
Il vampiro osservò Caroline con un misto di ammirazione e divertimento. Era bellissima, un po’ come le fanciulle celtiche della sua adolescenza: bionda, con occhi di cielo e pelle di madreperla. Orgogliosa ma in modo vuoto, al momento. Priva di grandezza. Quello di cui si vantava erano le capacità organizzative, l’elezione come reginetta del ballo, i voti a scuola. Decenni, secoli, millenni erano passati ma le persone non si evolvevano. Le loro insulse vite ruotavano intorno a degli appetiti così banali, privi di un vero disegno.
Chissà se lei adesso era veramente innamorata del giovane Lockwood, o se il nuovo ibrido rappresentava una scelta di convenienza. Erano uniti da ciò che di negativo riconoscevano nella loro natura? La paura di nuocere ai loro cari, di perdere il controllo, il bisogno di aggrapparsi a qualcuno che non poteva giudicarli? O si trattava di sentimenti importanti?
“Potrei offrirti un accordo, sweetheart”.
Non era brava a fingere, anche se credeva di sì, pensò Klaus. Stava trattenendo il fiato – non che le servisse – e pendeva dalle sue labbra.
“Io lascerò andare Tyler verso una nuova strada, e con questo intendo un’altra regione, meglio un altro Paese. Non si farà vedere mai più, e tu resterai con me. Posso offrirti il mondo, Caroline. Roma, Parigi… Tokyo. Sai come si dice: “città piccola, vita piccola” e tu meriti di più”.
Per un istante Niklaus si domandò se avrebbe preferito vederla capitolare o rifiutarlo con disprezzo. In ogni caso non si sarebbe sentito appagato, perché non avrebbe avuto tutto. Molte volte otteneva più di quel che desiderava, come l’attaccamento perverso che i suoi fratelli continuavano a provare per lui. Più si odiavano più restavano legati. Il contrario di quei barbari Salvatore, che cercavano di detestarsi per timore di quanto amore li unisse. L’avevano dimostrato ampiamente per un anno, ma erano ancora lì, nel loro teatrino delle marionette a rappresentare un vecchio dramma stantio.
La bionda si tirò su a sedere con un po’ di difficoltà, poi con un ulteriore sforzo di mise in piedi di fronte a lui.
“Stai cercando di comprarmi, e quel che è peggio pensi che sia facile! Perché sono sciocca e vanitosa e profonda come una pozzanghera? Sono stufa, chi credi di essere per venire qui a…”
“Darti il mio sangue per curarti dal morso del tuo fidanzato. Se vuoi andrò via, e ci rivedremo solo alla festa dei Fondatori, dove spero mi concederai un ballo. Ne sarei profondamente onorato. Devo sparire, Caroline?”
Da quanto tempo non si preoccupava di cosa una donna pensava di lui? Le seduceva, le uccideva, le usava, questo senza alcun problema. Gli passarono davanti agli occhi la calma fredda di Elijah, la fragilità nascosta di Rebekah, come loro tra tutti gli gettassero in faccia il suo essere incapace di amare. E perché usare quella parola? Possibile che una ragazza di provincia gli sembrasse un premio di tale immenso valore?
“Puoi restare per qualche minuto, non sarà un gran problema”.
L’aveva detto in un modo che voleva essere sdegnoso, ma tradiva incertezza. Bene.
“Grazie, principessa. È questo che vuoi essere, vero?”
Klaus indicò una cornice di tessuto rosa sul cassettone, una delle tante che lo coprivano fino all’ultimo angolino. In quella posa una bambina con i boccoli acconciati ad arte sorrideva felice nel suo abito di Halloween con tante balze di pizzo sulla gonna col cerchio; una damina corredata di corona dorata, ricoperta di gioielli di plastica a forma di cuore. Una versione decisamente più adulta mostrava Caroline come vincitrice di Miss Mystic Falls, così radiosa da illuminare le persone intorno a sé; così tesa – le mani strette come artigli intorno allo scettro – da lasciar trapelare che se avesse fallito sarebbe stato un dramma senza precedenti. Ecco in cosa si indentificava, ciò di cui aveva bisogno. L’ammirazione altrui, anche l’invidia, la nutrivano e gettavano qualche manciata di terra nel pozzo profondo che l’abbandono di suo padre le aveva aperto nel cuore.
Dietro il guardaroba si intravedeva il bordo della scatola di quella che chiaramente era una casa per le bambole.
“Non c’era posto in cantina”. Una risposta a una domanda non formulata, data con la rapidità di chi deve mettere le mani avanti.
Klaus sorvolò su quel dettaglio, cercando di immaginare Caroline, che somigliava molto al giocattolo raffigurato sulla confezione, baloccarsi con la Gilbert scegliendo senza dubbio per sé la parte della protagonista.
“Elena mi ha aiutata a costruirla, ma è stata talmente maldestra che per penitenza l’ho fatta giocare con me ogni giorno per un mese”.
A quella frase seguì un silenzio gelido. Il vampiro avrebbe pagato oro per essere certo di non scegliere la frase sbagliata.
“Altrimenti non ne avrebbe avuto voglia? Stupido da parte sua, cosa poteva fare di meglio? Ah, passare del tempo con altri amici perché lei è molto popolare, e non vuole dispiacere nessuno. Pensi che sia una ragazza perfetta, Caroline? Perché crede che la cosa più importante sia essere buona, la brava figlia di cui ogni genitore sarebbe fiero, la fidanzata ideale…”
Smetti!”
“Quindi è questa la verità, lady” pronunciò quel titolo col suo accento inglese più marcato, quello che – ne era sicuro – le piaceva molto “non stai scegliendo la vita che preferisci, ma quella che immagini sia la più vincente. L’hai inseguita, programmata, ma vedi, il tuo destino era diverso… cosa te ne farai di queste scatole rosa, delle tue patetiche corone di strass, dei sorrisi incorniciati? Io posso darti la versione reale. Mostrarti chi sei veramente: una regina, un’imperatrice. Insegnarti a piegare gli altri alla tua volontà, farli ballare sul palmo della tua mano”.
“Che è quello che stai cercando di fare con me”.
Klaus sorrise di un’ironia contorta. Era imbattibile in quel campo, ma lei si stava rivelando una bella scommessa.

†††††

Le stava girando intorno come un pescecane che fiuta una preda pregiata, pensò Caroline sollevando il suo aristocratico nasino in un’espressione di sussiego. Avrebbe dovuto sbatterlo fuori come un cane indesiderato – non che l’avrebbe fatto letteralmente – altro che mezzo licantropo!
Questo duello psicologico la intrigava, era inutile negarlo a se stessa. E lui era molto attraente, mentire su questo versante sarebbe risultato altrettanto ridicolo. Aveva bisogno di una variazione.
“Vorrei una tazza di caffè nero”.
Klaus si inchinò brevemente, e dopo un paio di minuti era tornato dalla cucina con un vassoio contenente una grande tazza a fiori colma della bevanda profumata.
“Ecco, milady, tua madre l’aveva già preparato. Che donna interessante, così indipendente e forte da crescere una figlia tutta da sola. Comunque dovresti provare un autentico espresso italiano, questo non lo berresti più”.
Caroline non rispose, sorbendo con calma il suo americano, felice che quel presuntuoso si fosse distratto per vantarsi dei suoi gusti, piuttosto che capire perché le era servita la caffeina. Era un ottimo modo per nascondere quell’onda leggera di eccitazione che stava salendo piano in lei. Tutti i vampiri consumavano molto caffè perché questo stimolava la circolazione, alzava la temperatura e scaldava la pelle, contribuendo a dare l’impressione che fossero vivi. E nascondeva non troppo male altri sintomi…
Se fosse stato un gentiluomo come cercava di darle a intendere, l’Originale avrebbe dovuto fingere di non capire. Caroline si trovò a immaginare Klaus e Damon all’epoca del suo amatissimo “Via col vento”, pronti a piegarsi ai capricci della bella della contea, ridendo delle sue battute o dando mostra di credere a tutte le sciocchezze che avrebbe detto. Eppure, malgrado la stima – o meglio, il grado di disprezzo – per i due si poggiasse su gradini lievemente distanti, la bionda riuscì a visualizzare soltanto il suo ex ragazzo abusivo come un perfetto cavaliere, almeno con quella megera di Katherine.
“Vorrei conoscere i tuoi pensieri, love, uno a uno”.
L’attimo nel quale aveva abbassato la guardia era bastato a Klaus per avvicinarsi con un movimento impercettibile, fino a sfiorarle la chioma dorata col viso. Che intenzione aveva? Farsi beffe di lei, aggredirla? No, la desiderava. Una mano inaspettatamente delicata dell’ibrido le stava stringendo il polso sinistro, anzi, stava controllando il suo battito cardiaco.*
“Sono morta, cosa credi di fare? Lasciami”.
Lui increspò le labbra, risalendo con le dita sul braccio lasciato scoperto dalla t-shirt del pigiama, fino a seguire l’orlo della manica riempiendola di brividi sottili.
“In questo momento hai in circolo sangue di licantropo sweetheart, non hai studiato. Il tuo corpo funzionerà perfettamente finché non l’avrai smaltito, quindi fino a domani. Eri molto assetata”.
Caroline spalancò la bocca con palese offesa, nonché una grande tentazione di assestargli un sonoro ceffone. Però queste voglie era più prudente reprimerle, perché davvero non veniva a capo del suo tentativo di analisi del più insidioso dei Michaelson. Non si sentiva realmente in pericolo, eppure senza l’incantesimo di Emily Bennett adesso Elena sarebbe stata un pasto per i vermi. Aveva una specie di doppia personalità, ammesso che un disturbo così umano si manifestasse in modo identico nelle creature sovrannaturali? No, non si trattava di quello, era soltanto incostante, amorale, con un concetto di buono e cattivo che doveva essersi rimodellato seguendo la sua natura unica. Non doveva giustificarlo, lasciare che annusasse il profumo sul suo collo, che vi posasse le labbra in un bacio.
Sapeva cosa stava per succedere, ed era sbagliato. Peggio, quella percezione rendeva tutto più irresistibile. La vampira avrebbe voluto gridare per la rabbia, invece quello che uscì dalla sua gola fu un gemito strozzato, che cercò di nascondere con una mano davanti alla bocca.
Qualcosa cedette, nel mondo di Caroline. A che scopo diventare un essere immortale, per sempre giovane, se non si approfittava dei vantaggi? Il prezzo era altissimo, perché malgrado la calma, la normalità che tentava di conservare, la perdita dell’umanità era costantemente percepibile.
Bere sangue non le sembrava più una cosa disgustosa… insomma, ormai era il suo cibo e lo consumava come prima mangiava gli hamburger del Mystic Grill — senza una particolare sensibilità verso gli animali sacrificati. Però il retaggio dell’educazione, dei tabù, non spariva del tutto. Si annidava in angoli bui, in fondo a un cassetto chiuso a chiave, per saltare fuori come un giocattolo a molla nei momenti meno adatti. C’erano regole e princìpi che avrebbe definito ferrei fino a una manciata di minuti prima.
“Perché soffrire, love? Voglio rivelarti un segreto… non esistono il bene e il male, non come li intendi tu”.
Caroline sbuffò con nervosismo. Odiava essere trattata da stupida, come qualcuno facile da condizionare.
“Suppongo che tu stia per farmi la rivelazione della mia vita!”
“Hai ascoltato solo quello che ti fa comodo, perché hai troppa paura di scoprire che infrangere le regole è molto meglio che seguirle, è più naturale, specie per noi. Quante persone sei disposta a sacrificare per dimostrare di essere nel giusto? Non sei più una bambina, Caroline. Ogni azione ha una conseguenza”.
È solo un ricatto’. Non c’era bisogno di esternarlo, era chiaro, e allora perché non fuggiva?
Abbassò le palpebre come se non guardare rendesse tutto meno vero. Come un sogno.
Le mani di Klaus erano sotto la maglietta, e la accarezzavano come nessuno dei suoi precedenti innamorati aveva mai fatto, facendo vibrare la sua pelle come se minuscole scintille si sprigionassero al su tocco. Come poteva essere qualcosa di male se era così bello? E se lui avesse ragione?
Stava per cedere, anzi era già iniziato. In un lampo Caroline aprì gli occhi e strattonò senza complimenti la camicia azzurra dell’ibrido. Klaus non tentò neppure di nascondere la soddisfazione che provava, gli si leggeva in faccia che era trionfante.

                                                                       †††††

Si stava innamorando di lui senza dubbio, non poteva che finire così. Niklaus non provava qualcosa definibile “senso di colpa” neppure facendo a pezzi qualcuno, figurarsi per aver preso al laccio qualcosa che voleva. Lo ripeté nella propria testa cento volte mentre si premurava di chiudere a chiave, questo perché non avrebbe mai voluto trovarsi a uccidere la madre della sua… di Caroline se fosse entrata minacciandolo. Era una questione di dominio, cercò di convincersi mentre eliminava il pigiama, poi il reggiseno della vampira. Il morso era perfettamente guarito, la pelle era tornata levigata e rosea, e ne era felice. Lei si mordeva le labbra per non emettere suoni eccessivamente forti, ma all’udito dell’Originale non sfuggiva nulla, anzi, la situazione amplificava l’eccitazione. Cosa stava provando in quel momento? Fingeva, solo per salvare Tyler? Era in preda alla frenesia animalesca che lo scorrere del sangue vitale e caldo di licantropo accendeva nelle sue vene? O aveva semplicemente lasciato andare la morale un po’ bigotta e un po’ infantile che le impediva di capire cosa poteva chiedere? Era successo troppe volte che le più fanatiche delle sue oppositrici trovassero la via del suo letto, sentendosi martiri al macello; era facile, più si vive della propria morale, maggiore è il desiderio che ci venga strappata via.
Almeno questo era quello che il tempo e l’esperienza gli avevano insegnato. L’ultima volta che aveva provato un piacere memorabile era stato con quella sgualdrina di Katarina Petrova, perché averla in pugno poteva cambiare la sua vita. Niente più dolore.
Esattamente quello che stava accadendo adesso. Era un tipo diverso di sofferenza quella che stava evaporando, ma non l’avrebbe detto. Caroline contava molto per lui, ma non tanto da consegnarle la chiave di tutte le porte; l’avrebbe tenuto per sé, era bravo a nascondere la verità. La assecondò con entusiasmo mentre lei lo spogliava completamente, inginocchiandosi, infine, per sfilarle gli slip ricamati.
Con un sorriso che era come una ferita, Klaus posò le labbra sulla femminilità pulsante della vampira, spezzandole il respiro. Aveva un sapore dolce come non ne aveva mai assaggiati, ed era completamente bagnata per lui.
“Vuoi sentirmi, sweetheart? Forse sono il male, ma ti giuro che ti piacerà moltissimo”.
La bionda non rispondeva, preda di un ultimo residuo di rimorso.
“Devi chiederlo, voglio sapere che sei sicura. Hai paura di me?”
Caroline allungò una mano fino al cassettone, girando a faccia in giù la fotografia che la ritraeva trionfante col suo bell’abito celeste, i fiori, la coroncina.
“Voglio fare l’amore, Klaus, adesso”.

No angel born in hell
Could break that satan's spell
And as the flames climbed high into the night
To light the sacrificial rite,
I saw satan laughing with delight
The day the music died
He was singing,
"Bye-bye, miss american pie"



                                                                        †††††

I parigini potevano essere blasée ** quanto volevano, specie durante un evento raffinato come una serata all’Opéra, ma era impossibile atteggiarsi fino a quel punto. Tutte le teste di voltarono all’unisono, anche se alcuni tentavano di trattenersi lanciando occhiate oblique dirette al palco centrale. Non c’era nulla di strano nel vederlo occupato, era riservato al Presidente e i suoi ospiti, ma quella sera c’era uno spettacolo diverso. Un giovane alto e biondo, che indossava uno smoking senza dubbio confezionato su misura, si stava inchinando profondamente mentre spostava la poltroncina di velluto per la sua dama. Era una principessa, una diva di Hollywood? Nessuno la riconosceva, eppure non poteva essere da meno. Il suo abito era incredibilmente ricco, la seta avorio che la fasciava per allargarsi dai fianchi, e sui magnifici capelli era posato un diadema di brillanti che da solo doveva valere una fortuna. Lei sorrise con compiacimento, mentre lui la baciava la mano guantata di raso.


Note: I termini sweetheart, love, e lady (per quanto traducibilissimi), avrebbero annullato l’effetto: “seduco col mio accento inglese” molto caro alle fan di Klaus: in italiano credo di non averli mai ascoltati, quindi grazie alla giudice per la comprensione. #^-^#
*Qui Klaus cita Sherlock BBC, ep. 2x1
**Indifferenti in modo snob
Il titolo: Naturalmente non va cercato il significato che riguarda la musica della bellissima canzone di Don McLean, ma quello generale, cioè l’addio “all’innocenza americana” più ovvia e riconoscibile da alcuni simboli.

  
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