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Autore: _Lightning_    04/10/2021    2 recensioni
Dopo aver lasciato Nevarro, Din Djarin ha ormai poche certezze: è ancora un Mandaloriano, deve trovare il pianeta natale del Bambino, e i compagni sfuggiti al massacro di Gideon sono vivi, da qualche parte nella Galassia. Quest'ultima è più una speranza, e lui non ha idea di come si viva di speranza. Soprattutto quando tutte le altre certezze, quelle che ha sempre custodito tra cuore e beskar, sembrano sgretolarsi con ogni passo che compie.
Non tutti i suoi fantasmi sono marciati via.
Dall'ultimo capitolo: Il Moff lo conosceva – sapeva il suo nome, da dove veniva, chi fosse la sua famiglia.
Anche Din lo conosceva. Ricordava il suo nome sussurrato di elmo in elmo come quello di un demone durante le serate attorno al fuoco della sala comune, l’unica luce che potessero concedersi in quegli anni di persecuzione. Ricordava il Mandaloriano mutilato e con la corazza deforme che narrava singhiozzando della Notte delle Mille Lacrime, quando interi squadroni d’assalto erano stati vaporizzati a Keldabe dalle truppe imperiali.

[The Mandalorian // Missing Moments // Avventura&Azione // Din&Grogu // Post-S1 alternativo]
Genere: Avventura, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Baby Yoda/Il Bambino, Carasynthia Dune, Din Djarin, Jango e Boba Fett, Yoda
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Episodio 5
LA VIA

Parte I



 


“Non serve una casa, se la porti nella corazza.”
— Detto Mandaloriano

 

 

 

Venti anni prima, tre giorni alla Battaglia di Coruscant.
Nevarro, Rifugio della Tribù.

Din cammina a passo svelto davanti a lei.

Le sue parole echeggiano nel cunicolo, rimbalzando tra le strette, spoglie pareti. Amplificano gli sporadici acuti che ancora punteggiano la sua voce, facendosi largo tra i toni di baritono su cui ha iniziato a stabilizzarsi. Il vocoder è chiaramente impostato su una frequenza un poco più bassa, nel tentativo di camuffare quei residui d’infanzia ancora percettibili. Ottiene l’effetto opposto, rendendoli più evidenti.

Ruusaan non glielo fa notare, ma sorride tra sé mentre avanzano dai condotti periferici verso la camera centrale del Rifugio. Qualche Mandaloriano di passaggio li saluta lungo il tragitto con muti cenni dell’elmo; uno dei più anziani, con un’armatura violetta e sbiadita, si rivolge a Din e gli offre un breve incoraggiamento in Mando’a a mezza voce. Lui lo accetta compito, terminando ogni scambio con un rispettoso “questa è la Via” e un breve inchino del capo.

Non è abituata a vederlo con l’elmo addosso. Neanche lui è abituato a portarlo: si nota da come muove troppo la testa e da come la incassa spesso tra le spalle col mento inclinato sul petto, avvertendo il peso del metallo.

«Domani, dopo il Mand’aab, devo portarti a una caldera qui vicino» continua Din, svoltando a passo sicuro in uno dei tunnel principali. «L’abbiamo scoperta io e Paz qualche settimana fa... è piena di pesci di fuoco e lucertole laviche. Poi c’è un geyser che soffia ogni sette minuti esatti, e usiamo le rocce che solleva come bersagli. Facciamo sempre a gara.»

Parla con l’entusiasmo dell’ad’ika che anni prima le mostrava fiero un trucco d’abilità appena imparato con la vibrolama, ma la serietà di un Mando’ad che si appresta ormai a indossare il beskar.

«E chi vince, di solito?»

«Io» risponde pronto, con un guizzo di fierezza nel modo in cui solleva il capo. «Di poco, però. Paz è forte» aggiunge subito, facendo spallucce nella tunica, a stemperare quella che potrebbe passare per arroganza.

Bravo, ad’ika, si ritrova a pensare lei.

Rimane in silenzio quando Din di colpo tace, forse distratto dal tumulto di pensieri che di certo lo assale, nonostante sia felice di rivederla dopo quasi un anno. Ruusaan continua a seguire i suoi passi dinoccolati lungo il dedalo sotterraneo, lasciando che sia lui a farle strada, anche se la conosce a memoria.

Anche lei è distratta, stasera. Non vorrebbe mai esserlo, quando è con lui, ma la sua mente corre già a Coruscant, alla Ronda, ad Azi che la aspetta nell’oscurità del sottosuolo, certo che lei risponderà alla chiamata come ogni volta. Certo di averla in pugno come il resto dei guerrieri in blu, con una catena di beskar attorno al collo di ognuno di loro.

Si aspetta da loro solo devozione e fedeltà. Non sa quanto si sbaglia: l’arroganza derivata dalla sua nuova posizione di comando l’ha reso incauto, ultimamente. Cieco ai piccoli segnali che avrebbero potuto metterlo in guardia. Pre Vizsla, nonostante la morte disonorevole per mano di un darjetii, è stato un comandante molto più acuto di lui, anche se altrettanto spietato.

Ruusaan ispira a fondo dentro il casco. Manca poco.

Vorrebbe illudersi che sia libertà, ciò che la attende dopo quella battaglia d’ombre, ma è conscia che ad accoglierla sarà solo una vita da reietta, in fuga da tutto e tutti. In fuga dalla Ronda e bandita dalla Tribù. 

Osserva le pareti del Rifugio, adornate qua e là da stemmi di clan di cui nessuno ricorda più la storia. Non tornerà qui per molto tempo. Forse mai più. Non c’è ritorno da ciò che si appresta a fare.

L’occhiata che lancia a Din, ignaro di tutto, è fuggevole, macchiata di colpevolezza. Lui però si volta, come se l’avesse percepita. Ruusaan intravede il suo sorriso vibrante, anche se nascosto dietro il visore. Le smembra il cuore e mette a tacere parole che potrebbero tradirla.

Din si ferma e le si avvicina di un passo, esitante, col sorriso che si spegne rapido. È alto quanto lei, adesso; minaccia di superarla da un centimetro all’altro.

«Stai bene?»

«Sono solo stanca per il viaggio. Mandalore è lontana.»

«Allora dovresti riposarti adesso. Il Mand’aab sarà all’alba, e qui su Nevarro la notte è breve. Lo sai.»

«Lo so.»

Dovrà partire per Coruscant ancor prima dell’alba, allora.

«Ti accompagno agli alloggi per gli ospiti.»

C’è una sfumatura più adulta, nel modo in cui parla. L’impronta di chi ha accumulato abbastanza esperienze sulle spalle da poter sostenere lo sguardo di un altro guerriero col dovuto rispetto, ma senza timore. Ruusaan sente una stilla d’orgoglio infiammarle lo sterno, nonostante tutto.

Bes le ha detto che, sei mesi fa, ha portato a termine la sua prima taglia sotto la guida di Paz. Si è distinto in età giovanissima, guadagnandosi il diritto di indossare un buy’ce, anche se non ancora in modo permanente. Questo avverrà domani col rito di passaggio, quando giurerà al Credo nella Sala della Forgia. Allora compirà il Mand’aab, il Passo del Mandaloriano, e accetterà un elmo che non potrà più rimuovere.

Ruusaan si corruccia sotto il proprio, inevitabilmente. Quando sente parlare di quelle regole così stringenti si chiede se sia stata una scelta saggia affidare Din alla Tribù per tutto quel tempo. Poi ripensa alla Ronda, ad Azi, al prezzo di sangue che aveva richiesto per far rimanere Din nei loro ranghi. 

Un prezzo che si è rifiutata di far pagare a un bambino. L’ha già pagato lei, quando Azi le ha offerto una nuova Via e un elmo blu sul suolo insanguinato di Eriadu. Inizia a capire solo adesso che anche la morte può essere una scelta. Ma non l’avrebbe mai capito, senza indossare il beskar. Quel circolo vizioso la soffoca e la gratitudine dovuta ad Azi brucia come la lava di Nevarro.

Adesso, l’unica scelta che ha è quella che potrà compiere domani, nelle viscere di una città sordida. Riprende a camminare, scrollando via quelle riflessioni cupe.

«Dopo riposerò. Adesso devo passare da Bes e...»

«La Naur’alor» la corregge svelto Din.

Alza leggermente la voce, come a voler coprire la sua e nascondere quello che, ai suoi occhi, è un appellativo irrispettoso nei confronti della guida della Tribù. Ruusaan coglie una traccia di rimprovero velato che, fino a un paio d’anni fa, non gli sarebbe mai sfuggito di bocca rivolto a lei.

«Devo conferire con l’Armaiola,» lo asseconda, più mite di quanto vorrebbe, «quindi vado alla Forgia e poi andrò a riposare, stai tranquillo.»

Din annuisce soddisfatto. Si ferma poi in mezzo a un crocevia di cunicoli, dove un raro lucernario proietta una pozza di luce morente. Il suo elmo rossiccio, sebbene malmesso, scintilla per un istante come se fosse appena stato temprato. È in semplice durasteel: improbabile che la Tribù possa permettersi più di un pezzo in puro beskar per lui. Forse uno spallaccio o un gambale – tutt’al più la corazza, se sarà fortunato. 

Si merita di più. Ruusaan ha già deciso che sarà il suo elmo a donare il metallo necessario per forgiare il suo. Almeno questo glielo deve.

Raggiunge il ragazzo, percependone la tensione. È emozionato, anche se cerca di non lasciarlo trasparire. Il modo in cui struscia i piedi sul posto le ricorda la prima volta che gli ha fatto vedere il mare, quando ha esitato così a lungo sulla rampa della Cornucopia, affascinato e al contempo intimorito dal ruggito delle onde. Non è una situazione molto dissimile: lo attende qualcosa di bello e nuovo. È normale aver paura, ma anche questo fa parte del rito di passaggio.

«Quando riparti?» le chiede, riscivolando nella cadenza dell’adolescente che dovrebbe essere.

«Non lo so» mente lei, sentendo bruciare la lingua. «Presto, probabilmente. Non dovrei nemmeno essere qui, ma volevo vederti prima del Mand’aab

Questa è la verità, almeno. Come accade spesso, Ruusaan ha l’impressione che Din stia tenendo chiusa dentro di sé la stessa domanda che ha smesso di porle già da anni: “perché non rimani mai?

Non gli ha mai potuto rispondere, ma ha il presentimento che lui abbia sempre saputo la risposta: la sagoma spigolosa di Azi si staglia su di loro come quella notte nelle foreste di Concord Dawn, quando Din ha cessato di essere un bambino ed è diventato un guerriero. Se il manda la guiderà, quell’ombra si dissiperà presto.

«Sono contento che tu sia qui» dice invece, in quel suo modo goffo ma sincero che non l’ha mai abbandonato del tutto.

Ruusaan sorride, sapendo che può percepirlo. Si trattiene dal posare l’elmo contro il suo e lasciargli anche un bacio di Keldabe sulla fronte. Significherebbe tradirsi e rivelare la propria partenza, come ogni volta. Non questa. Stavolta partirà in silenzio, senza far rumore, allontanandosi dalla Via per quella che spera sia l’ultima volta. Tornerà, un giorno. Glielo promette col cuore.

Deglutisce piano, intrecciando un respiro costretto con parole più dolci:

«Dormi bene, Din’ika

«Anche tu, Ruu’buir

Ruusaan salta un battito per la sorpresa: Din non ha la minima esitazione nell’agganciare quella piccola, nuova parola al suo nome per la prima volta. Come se l’avesse sempre pensata. Sin dal giorno in cui gli ha spiegato, sotto le lune diafane di Concord Dawn, che per i Mandaloriani il sangue conta meno di niente. Contano i fatti, e a volte le parole per renderli veri e reali – pronunciabili.

Non risponde, ma gli lascia un buffetto delle nocche sulla parte inferiore dell’elmo, specchio sbiadito di un gesto quasi dimenticato. Il beskar tintinna sul durasteel in una nota sorda. Din sbuffa, a metà tra una piccola risata e un verso scocciato da adolescente restio all’affetto esplicito.

Non l’ha mai adottato, non ufficialmente. Eppure eccolo là, quel legame, racchiuso in una parola emersa dal buio, scintillante come una stella appena nata. Avrebbe dovuto adottarlo anni fa, ma non se ne pente e non importa davvero, adesso.

Se non dovesse tornare, Din porterà comunque sempre nel cuore quella parola – madre. E, per Ruusaan, questa è l’unica cosa che ancora conta davvero.

 



 



Glossario:

ad’ika: figlio o bambino.
buir: genitore (padre o madre).
darjetii: lett. "non-Jedi", dunque un Sith. Il riferimento non esplicito è a Darth Maul, che ha ucciso Pre Vizsla impossessandosi della Darksaber e del titolo di Mand’alor.
Mand’aab: lett. Il Passo del Mandaloriano. Mio neologismo per indicare il rito di passaggio all’età adulta, quando i giovani Mandaloriani votano di non rimuovere mai l’elmo di fronte agli altri.
Mando’ad: Figlio di Mandalore; per estensione "Mandaloriano".
Naur’alor: fabbro, armaiolo. (da nau’ur, "forgiare" e alor, "capo")

 

Note dell’Autrice:

Cari Lett-- no, non ci provo nemmeno, a giustificarmi ahahah

Settembre mi è piombato addosso come una valanga, rubandomi il tempo per portare avanti la storia. E, perché negarlo, per un momento mi sono anche disamorata da Vode An. Sarà che la storia stenta a crescere in termini di lettori (anche se, lo sapete, apprezzo ogni singola parola di chi la segue sin dall’inizio, sufficiente a spronarmi nel continuarla); sarà che ho ricevuto alcune critiche sensate nel corso di scambi e contest su Wattpad; sarà che sono arrivata a un punto critico della trama e quindi ho un po’ d’ansia da prestazione... saranno mille cose, ma non mi sono sentita di scrivere questo capitolo finora.

Questi sono capitoli particolarmente delicati e, oltretutto, ho apportato qualche modifica e correzione a quelli precedenti – perché ovviamente alcune idee vengono in corso d’opera. Azi Sten’ka ha acquistato un ruolo molto più rilevante, come vedete; le menzioni al passato di Ruu sono volutamente ancora oscure, ma Eriadu è il suo pianeta d’origine, ora menzionato nei primi capitoli in cui l’ho introdotta. Ad accompagnare Azi c’è ora uno strill (vd. Glossario che ho appena pubblicato insieme a questo capitolo) di nome Kyr’ad. Sono dettagli minori che vi riporto qui per evitarvi la rilettura ♥

Non prometto aggiornamenti regolari, solo che la storia vedrà la sua conclusione. Il prossimo capitolo, però, è già pronto, e arriverà la settimana prossima ♥

Grazie a tutti coloro che hanno letto, votato e commentato. Senza di voi, Vode An non nsarebbe mai arrivata fin qui ♥

Vor’e, ner vode!

-Light-

P.S. Sono consapevole dell’esistenza del romanzo dedicato a The Mandalorian. Non l’ho letto e non ho intenzione di farlo sino alla conclusione di Vode An per evitare di esserne influenzata, ma qualche informazione presente nel testo (nomi, luoghi, titoli, forse qualche parola in Mando’a) potrebbe richiamarlo a mia insaputa, considerando che uso spesso Wookieepedia come fonte. 

   
 
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