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Autore: edoardo811    04/10/2021    3 recensioni
Questa è una raccolta di drabble, oneshot, missing moments e capitoli extra della mia storia, La Spada del Paradiso.
Esploreremo le menti di più personaggi, scopriremo segreti sulla vita al Campo Mezzosangue e soprattutto scopriremo come se la cavano i nostri eroi dopo gli avvenimenti de "La Spada del Paradiso."
Vi consiglio dunque di leggere quella storia per comprendere questa raccolta e soprattutto per evitarvi spoiler nel caso decidiate di farlo in futuro. Potete trovarla nella mia pagina autore.
Spero che la raccolta vi piaccia, buona lettura!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le insegne imperiali del Giappone'
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Salve gente, dopo tempi immemori sono tornato con il seguito non ufficiale della Spada la raccolta. Farò un paio di premesse e poi vi lascerò al capitolo. Innanzi tutto questo capitolo e anche le prossime parti, non so ancora quante ce ne saranno, spero di chiudere con la prossima ma potrei arrivare anche a 3, faranno uso del POV Generale, cioè non ci sarà un unico protagonista in tutto il capitolo ma il punto di vista sguscerà tra i vari personaggi al termine di ogni paragrafo (con l’eccezione dei primi perché ho voluto dare un piccolo spazio a Konnor). 

Il motivo di questa decisione è che se avessi fatto un capitolo per ogni personaggio mi sarei ritrovato con cinque o sei micro capitoli e non mi sembrava il caso, il pov generale è molto più funzionale per questa parte della storia.

Normalmente utilizzo i nomi degli adattamenti italiani nelle fanfiction, ma per me “caccia alla bandiera” non si può proprio leggere, e siccome in inglese è “Capture the flag” cioè “Cattura la bandiera” ho deciso di usare quello. 

Per finire, è un capitolo scritto abbastanza alla buona, non aspettatevi una grande profondità di trama o cose del genere, volevo solo scrivere la partita di Cattura la bandiera e mostrare un paio di personaggi nuovi. Ci stiamo avvicinando anche qui alle fasi finali, dopo la sfida ci sarà il capitolo conclusivo (per il momento almeno) della raccolta, ma ci arriveremo quando verrà il momento. 

Fino ad allora, grazie per essere qui e buona lettura!

 

 

 8

Cattura la bandiera (pt1)

 


Era una giornata splendida al Campo Mezzosangue. Il sole batteva sulla baia di Long Island, forte e intenso come non mai: il giorno ideale per una partita di Cattura la bandiera.

Una cinquantina di semidei si ritrovava all’ingresso del bosco, divisa in due grossi gruppi.

Konnor marciò tra i suoi compagni di squadra, studiando il loro linguaggio del corpo. La tensione si tagliava con il coltello, c’erano sorrisi carichi di determinazione e l’esatto opposto, espressioni corrucciate e pensierose, ma l’umore generale era alto, l’idea della sfida stuzzicava tutti loro, lui in particolare, e tutte le armi erano sguainate e scintillanti.

Il ragazzo sorrise, facendo vagare lo sguardo sui suoi fratelli che interagivano così serenamente con i figli di Ermes e quelli di Demetra. Era bello vedere che tutto era tornato al proprio posto. Certo, c’erano ancora scaramucce tra loro, di tanto in tanto, ma quelle ci sarebbero state in ogni caso, tra tutte le case. Erano semidei, dopotutto, erano iperattivi e irrequieti. L’importante, però, era che avessero capito che non dovevano farsi la guerra tra di loro: erano tutti sulla stessa barca.

Quella partita di Cattura la bandiera altro non era che un modo per rafforzare i loro spiriti e per abituarli a combattere insieme, per renderli una vera squadra, una famiglia.

Lanciò un’occhiata alla fazione opposta, capitanata dai figli di Atena, e gli venne da distendere il sorrisetto. Aveva detto a Simon che se voleva una chance di vittoria contro di loro avrebbe dovuto dare il meglio ed era intenzionato a rispettare quella promessa.

«Konnor?»

Una mano si posò sul suo braccio. Il figlio di Ares si voltò e incrociò lo sguardo di Stephanie, che gli sorrise. La osservò negli occhi per qualche istante, senza dire nulla. Ogni giorno che passava Steph diventava sempre più bella, come un fiore che continuava a sbocciare. Le sorrise e le prese il volto tra le mani, dandole un morbido bacio sulle labbra. La sentì sospirare di felicità, mentre gli appoggiava i palmi sul petto.

Quando si separarono appoggiò la fronte contro la sua e le accarezzò una guancia. Aveva completato un’impresa, aveva affrontato un nemico mai visto prima di allora, aveva riportato la pace tra la sua cabina e le altre, ma tutto quello non era nulla in confronto a poter stringere quella ragazza tra le sue braccia, poterla baciare, sapere che lei per lui ci sarebbe sempre stata, e viceversa.

Lei resse il suo sguardo, adagiando una delle sue mani vellutate su quella del ragazzo, le stesse mani con cui gli aveva afferrato le guance quando era diventato il nuovo capocasa di Ares, le stesse con cui aveva scatenato un esercito di piante contro quello di Yamata no Orochi. Con quelle mani poteva far sorgere i fiori più belli e delicati su cui l’occhio umano avrebbe mai potuto posarsi, e allo stesso tempo avrebbe potuto spazzare via falangi intere di mostri.

«Gli altri ci stanno aspettando» disse lei, accarezzandolo sopra la barba corta.

Si accorse del suo sguardo e di una leggera incertezza nella voce e capì che era tesa. A Konnor venne da sorridere. Avrebbe potuto sconfiggere da sola il campo intero, nel bosco, ed era tesa. Ma gli piaceva anche per questo, perché non era arrogante e presuntuosa, era forte ma si comportava come se i suoi successi fossero anche, e soprattutto, merito degli altri.

Konnor le strinse con forza entrambe le mani, accarezzandole i polpastrelli. In diverse occasioni durante l’impresa Stephanie si era appoggiata a lui, ma la realtà dei fatti era che se lei non ci fosse stata, lui non sarebbe riuscito a fare metà delle cose che aveva fatto. Non solo lei aveva dei poteri forti, aveva uno spirito forte. Era una guerriera invidiabile, coraggiosa e di buon cuore e lui non avrebbe potuto sentirsi più felice di sapere che era anche la sua ragazza.

Le diede un altro bacio sulla fronte, poi annuì. «Andiamo.»

Alcuni fecero dei sorrisetti quando passarono tra la folla tenendosi per mano, ma ormai anche la loro relazione passava quasi inosservata agli occhi di tutti. All’inizio avevano fatto parecchio scalpore, ed erano nate un sacco di storie su di loro e su come si fossero messi insieme, sui momenti che avevano condiviso durante l’impresa e su come insieme avessero sconfitto mostri pericolosissimi. A Konnor era sempre piaciuto ascoltarle, soprattutto perché non si erano mai avvinate nemmeno lontanamente alla realtà di come erano andate davvero le cose.

Però erano divertenti. La sua preferita era quella con lui che affrontava Naito per impedirgli di mangiare Steph. Dovevano aver fatto un po’ di confusione su chi aveva cercato di mangiare chi.

Raggiunsero un gruppetto di ragazzi rimasto in disparte, che li accolsero con degli ampi sorrisi.

«Ehi ragazzi!» Lisa li salutò con un cenno, mentre si teneva per mano con Thomas.

Rosa gli strizzò l’occhio. «Figlia dei fiori, Konnor.»  

«Piccioncini» concluse Edward con il suo solito sorrisetto.

Konnor li osservò uno a uno con un sorriso soddisfatto. C’erano loro quattro e alcuni dei loro fratelli, come Derek, Paul, Jonathan e Natalie, che era accanto ad Edward. Anche sua sorella Sophia era lì e non sembrava per niente felice: continuava a lanciare occhiate nervose verso di Rosa, come se temesse che si trasformasse in un drago sputa veleno da un momento all’altro.

Non era stata molto felice di essere una compagna di squadra di Rosa, Sophia, però aveva comunque ascoltato Konnor e deciso di partecipare.

A differenza di Buck. Pensare a lui fece affievolire il sorriso di Konnor.

«Allora, capitano, qual è il piano?»

Il figlio di Ares si riscosse, accorgendosi di come tutti lo stessero guardando, in attesa delle sue direttive. Konnor si schiarì la gola, poi spiegò la sua strategia. Gli fece uno strano effetto vederli così attenti e silenziosi, Edward in particolare. Fino a un mese prima non avrebbe mai creduto che si sarebbe trovato nella posizione di potergli dire cosa fare senza che lui battesse ciglio.

Si sarebbero divisi in diversi gruppi: uno avrebbe attaccato frontalmente, altri due invece avrebbero tentato di fiancheggiare il nemico, mentre un ultimo gruppo sarebbe rimasto in difesa della bandiera.

Per finire una squadra di ricognizione avrebbe agito per conto proprio, lontana da tutti gli altri, e avrebbe approfittato dell’attacco su tre fronti per cogliere i loro avversari alle spalle e rubare la bandiera.

Konnor avrebbe guidato l’attacco frontale assieme a Stephanie, Rosa e Lisa avrebbero guidato l’attacco su un fianco, Edward sull’altro, mentre Thomas avrebbe provato a rubare la bandiera assieme a Sophia, Derek, Jonathan e Paul.  

«E chi difende?» domandò Edward, incrociando le braccia.

«Non è ancora qui?» Konnor si guardò attorno, prima di abbozzare un sorrisetto e scuotere la testa. Forse si stava ancora preparando. «Lo vedrete» concluse, prima di accennare con la testa al bosco. «Andiamo?»

 

***

 

Chirone spiegò le regole della sfida, anche se non ci fu davvero bisogno di farlo: tutti quanti ormai le conoscevano a memoria. E tutti erano pronti a vincere. In palio c’era il solito premio, niente lavoretti nel campo per un mese, ma non solo. Ormai vincere quella sfida era diventata una questione di onore per molti di loro, in particolare le case di Ares e Atena, che con la loro eterna rivalità si contendevano il primato da anni.

La squadra di Konnor stava sistemando la propria bandiera in cima al Pugno di Zeus quando arrivò qualcuno trafilato. L’armatura era un po’ troppo grande per lei e teneva l’elmetto sottobraccio, forse perché non voleva rovinarsi l’acconciatura.

Decine e decine di versi di sorpresa si sollevarono quando si accorsero della nuova arrivata. La ragazza arrossì per l’imbarazzo, poi salutò con un cenno timido della mano. «Ehm… c-ciao a tutti…»

«Jane?!» Edward fu il primo a riscuotersi. «Che ci fai qui?»

«Le ho chiesto io se voleva partecipare.» Konnor si avvicinò a lei, sorridendole. «Ti ringrazio per aver accettato.»

«P-Prego…»

«Jane rimarrà nel gruppo a difesa della bandiera» spiegò Konnor, mettendosi accanto alla ragazza. «Con la lingua ammaliatrice ci sarà di molto aiuto.»

«Ma è uno scherzo?» sbottò qualcuno, Konnor non seppe chi.

Jane sussultò e abbassò lo sguardo. Un tempo si sarebbe crogiolata in tutti quegli sguardi e attenzioni. Ora invece sembrava solo voler sparire, specie perché quelle erano attenzioni che nessuno avrebbe voluto ricevere. E soprattutto, che nessuno, nemmeno lei, si meritava.

Konnor le posò una mano sulla spalla, reggendo lo sguardo di tutta quella folla infastidita. Sapeva che la sua idea non avrebbe riscosso molto consenso, ma non gli importava.

«Ascoltate tutti» cominciò a dire, incrociando anche lo sguardo di Steph, che sembrava sorpresa tanto quanto gli altri. Konnor si rivolse alla folla, ma per tutto il tempo non staccò lo sguardo dalla figlia di Demetra. «So che ciascuno di voi ha i suoi buoni motivi per diffidare di Jane. Ma vi posso assicurare che non è più la persona di un tempo. In queste settimane ha lavorato duro per prepararsi a questo momento. Sta cercando di migliorare anche lei, proprio come tutti noi. È una semidea, ha un potere utile ed è disposta a usarlo per aiutarci. Possiamo fidarci di lei, vi do la mia parola.»

I ragazzi si guardarono tra di loro. La presenza di Jane rendeva tutti più dubbiosi, ma Konnor le aveva chiesto di partecipare anche per quello. Se avessero fallito come squadra soltanto perché in presenza di qualcuno come Jane, allora avrebbero potuto arrendersi anche subito. Era l’occasione che lei aveva per redimersi – visto che gareggiava anche come unico membro della casa di Afrodite – e l’occasione per loro di lavorare tutti insieme di fronte a degli avversari altrettanto abili e più coesi.

La prima persona a farsi avanti fu Stephanie. «Io…» Guardò prima Konnor, poi Jane, e si mordicchiò un labbro. «Mi fido.»

Konnor sorrise, allontanando la mano dalla spalla di Jane per stringere la sua ragazza tra le braccia. «Mi fido del fatto che tu ti fidi di lei» precisò Steph, lanciando un’occhiatina a Jane.

Il figlio di Ares ridacchiò. «Beh, è già qualcosa.»

«Anch’io mi fido.» Edward si staccò dalla folla, tenendosi l’arco sulla spalla. Sorrise a Jane e le rivolse un cenno del capo. La figlia di Afrodite si illuminò, ma Edward non aveva ancora finito. Si voltò verso gli altri ragazzi. «Sentite gente, tutti sbagliamo. Qui avete il massimo esperto in errori. Ma volete sapere cos’altro è sbagliato? Trattare Jane nello stesso modo in cui lei ha trattato noi. Se vogliamo essere eroi, se vogliamo davvero sconfiggere i nostri nemici… dobbiamo essere uniti. E per rimanere uniti, non dobbiamo escludere nessuno, nemmeno chi non ci piace. Jane è pentita, vuole farsi perdonare aiutandoci. Io direi, proviamo ad accettare le sue scuse. Proviamo a fidarci.»

Edward affiancò Jane e fece uno strano sorrisetto, circondandola per le spalle. «Se fa la brava, abbiamo una nuova amica. Se non fa la brava, la possiamo scannare tutti insieme. Vinciamo in ogni caso, no?»

Jane sgranò gli occhi e divenne più rossa di un pomodoro, ma non si capì se per la paura, l’imbarazzo o per via del braccio di Edward. Alcuni sorrisi nacquero tra la folla, forse alla prospettiva di scannare felicemente Jane tutti insieme.

Altri ragazzi si fecero avanti. Rosa, Lisa, Thomas e alcuni dei loro fratelli.

«Se voi vi fidate…» cominciò la co-capocasa di Apollo, prima di alzare le spalle. «… io mi fido.»

Lisa non fu tanto diplomatica. Puntò l’indice verso di Jane, strappandole un sussulto. «Fai un solo passo falso e te ne farò pentire amaramente» la minacciò.

«Dai, Lisa…» Thomas cercò di calmarla posandole una mano sulla spalla, prima di sorridere imbarazzato verso di Jane. «Ehm… benvenuta in squadra, credo.»

«G-Grazie…»

Poco per volta, tutti quanti cominciarono ad annuire. Alcuni diedero il benvenuto a Jane, altri rimasero in disparte. Continuò ad aleggiare una strana atmosfera, ma se non altro le ostilità cessarono.

L’ultima persona ad avvicinarsi a Jane fu Natalie. La scrutò attentamente per diversi istanti e Konnor percepì Jane irrigidirsi. La paura nel suo sguardo gli fece capire, ancora una volta, che ormai quella non era più la ragazza di un tempo, quella che si era divertita con Buck a calpestare tutti gli altri. Era spaventata e insicura, e forse lo era sempre stata. Non c’era alcuna malizia in lei, era spinta da buone intenzioni. Voleva migliorare e non c’era niente di male in questo.

Natalie tese la mano a Jane, sempre con quell’espressione severa in volto. La figlia di Afrodite ricambiò timidamente la stretta e Natalie la tirò a sé con uno strattone, ritrovandosi faccia a faccia con lei. Una nube di versi di sorpresa si alzò, alcuni sollevarono anche le armi come riflesso incondizionato.

«Ti tengo d’occhio» sibilò Natalie a un palmo dal suo naso. «Sappilo.»

Jane deglutì intimidita, ma annuì. L’altra non la lasciò andare subito. Rimase a osservarla dura come il marmo finché Edward non provò ad intromettersi. Konnor fu colpito dal suo coraggio, o forse stupidità: Natalie sembrava un mastino pronto a staccare con un morso la mano di chiunque avrebbe provato a sfiorarla.

«N-Nat? Calmati, su…» Edward la cinse ai fianchi, provando ad allontanarla, ma fu solo quando lei decise che era abbastanza che lasciò andare Jane.

Si scansò anche dalla presa di Edward e gli lanciò un’occhiata glaciale. «Sarà meglio che tu sappia quello che fai, Model.»

Per tutta risposta, lui sollevò le mani con un altro sorrisetto. «Oh, Nat. Sai molto bene che io non so mai quello che faccio.»

Natalie fece una strana smorfia, ma fu chiaro che stava provando a trattenere un sorriso. «Testone…»

Il suono di un corno riecheggiò nel bosco, facendo volare spaventati alcuni uccelli e catturando l’attenzione di tutti.

«D’accordo, gente.» Konnor sguainò lo spadone. «Sapete tutti cosa fare. Catturiamo una bandiera!»

 

***

 

Il bosco era molto più silenzioso di quello che si sarebbe aspettato durante una sfida di quel tipo.

La squadra nemica sicuramente si era già messa in marcia, presto si sarebbero incontrati, ma per il momento tutto taceva. Era la quiete prima della tempesta, come se perfino il bosco stesse trattenendo il fiato in attesa di quello che stava per arrivare. Di sicuro le driadi e gli spiriti della foresta non si sarebbero fatti vedere finché quella giornata che si preannunciava molto lunga non sarebbe finita.

Konnor era sicuro che Simon avesse studiato una strategia brillante per vincere, mentre lui aveva usato la tattica più vecchia del mondo. Era certo che gli avrebbero dato filo da torcere, ma dopotutto era proprio questo quello che voleva: essere messo alla prova.

Aveva anche chiesto a Stephanie ed Edward di non usare i loro poteri, altrimenti la sfida si sarebbe chiusa in pochi minuti. No, voleva che Simon e i suoi avessero una chance di vittoria uguale alla loro.

Stephanie non aveva detto una parola per tutto il tempo. Camminava accanto a lui reggendo una lancia tra le mani, con i sensi affinati al massimo, pronta a scattare al minimo segno di pericolo. Konnor l’aveva vista pochissime volte combattere con le armi, al punto che gli faceva uno strano effetto vederla così. Proprio per quel motivo si erano allenati insieme un paio di volte, finendo così con lo scoprire che la lancia era un’arma molto più adatta a lei rispetto a spade o pugnali.

E poi la lancia le dava un’aria molto più… pericolosa. A Konnor piaceva il pericolo.

«Stai bene?» le domandò dopo un altro tratto di strada in silenzio.

Lei annuì, anche se continuava a sembrare tesa.

«Stiamo per combattere con i nostri amici, non con mostri pericolosi» la rassicurò Konnor. «Rilassati. Nessuno ti farà del male.»

Stephanie si mordicchiò un labbro. «Sì… lo so. È solo che… ho… ho paura di deluderti…»

Abbassò subito la testa, con le guance arrossate. La dichiarazione sorprese Konnor, che dopo un attimo di stupore ridacchiò. Le sfiorò il fianco facendola raddrizzare. I loro sguardi si incrociarono e Konnor pensò che avrebbe voluto baciarla, ma sapeva che non era il momento giusto – e poi con l’elmetto sarebbe stato un po’ faticoso. Si limitò a sorriderle. «Comunque andranno le cose, Steph, tu non potrai mai deludermi. È impossibile.»

Finalmente sembrò riuscire a rassicurarla, perché un altro timido sorriso apparve sul suo viso, distendendosi tra le guance rosate. Sembrò voler dire qualcosa, ma si pietrificò all’improvviso. «Sono qui.»

Konnor capì subito che stava parlando dell’altra squadra e sollevò un pugno. Il gruppetto dietro di lui si fermò.

«Quanti nemici?» domandò a Stephanie, visto che poteva percepire le presenze nel bosco. «Steph? Steph, quanti nemici?»

Si voltò verso di lei e si accorse che stava stringendo le palpebre e muovendo le labbra senza però emettere alcun suono, come se si stesse concentrando intensamente su qualcosa. «K-Konnor?» domandò, con voce tremante. «Ma… ma dove sei?»

«Sono qui Steph» bisbigliò lui. «Ti senti bene?»

Stephanie spalancò gli occhi. «Konnor!»

Strinse la lancia con forza e cominciò a correre verso il bosco, chiamando il suo nome a gran voce.

«Steph! Steph!» gridò lui, sconvolto.

Fece per correrle dietro, quando un’altra voce si sollevò: «Finalmente se n’è andata.»

Konnor si irrigidì. Strinse l’elsa dello spadone e osservò Simon mentre spuntava fuori da dietro alcuni alberi, la cotta di maglia, l’elmetto e la spada stretta in pugno. Gli sorrise gelido, gli occhi grigi che scintillavano di lucida malizia. «Adesso, Konnor, scopriremo chi è lo stratega migliore.»

«Che hai fatto a Steph?» Konnor si mise in posizione di combattimento. «E perché sei da solo?»

Simon ridacchiò. «Konnor, Konnor… l’amore ti sta deconcentrando, mi sa. Guardati attorno. Non sono l’unico ad essere solo.»

Il figlio di Ares avvertì la schiena formicolare. Si voltò e si accorse con sorpresa che tutta la sua squadra era scomparsa. Non c’era nessuno dietro di lui. Tra la boscaglia, però, riuscì a scorgere alcune figure che combattevano, mentre il rumore del metallo che cozzava proveniva da ogni dove. Come aveva fatto a non accorgersene prima?

«La casa di Ecate sta manipolando la Foschia» disse il capocasa di Atena, come leggendogli nel pensiero. «La sta usando per alterare i vostri sensi e per confondervi le idee. Sapevamo che la vostra forza sta nell’unione, quindi vi stiamo separando uno a uno. Tu, Stephanie, Edward, e così via. Tranquillo, Konnor. Se ti può far sentir meglio, chiunque si sarebbe fatto fregare al posto tuo. Non hai niente di cui vergognarti.»

Sollevò la spada, puntandogliela contro con un sorriso determinato. Konnor ponderò un attimo sulle informazioni che aveva appena ricevuto, poi sorrise a sua volta. Fu costretto a dare a Cesare quel che è di Cesare. «I miei complimenti, Simon. Hai studiato tutto nei minimi dettagli.»

«Mi conosci. Sono un perfezionista.»

«Sì, ti conosco.» Konnor si sgranchì il collo. «Però forse avresti dovuto mandare qualcun altro ad affrontarmi. Non sei il primo arrogante a cui do una lezione.»

Simon ridacchiò, ma non rispose. Lo invitò a farsi sotto con un cenno della mano e Konnor non si fece attendere.

 

***

 

Thomas avrebbe voluto essere con Lisa. Non gli piaceva l’idea di essere separato da lei. Inoltre credeva che insieme fossero molto più forti, bastava pensare a quello che era successo ad Efialte.

Però comprendeva le intenzioni di Konnor e sapeva anche che Lisa se la sarebbe cavata alla grande, specie perché era con Rosa. Doveva ammetterlo, era molto felice di vederle andare così d’accordo ed era soprattutto felice di vedere che Lisa avesse trovato un’amica, specie dopo tutto l’imbarazzo che lui, da buon ottuso figlio di Ermes, aveva creato tra loro tre.

Non appena i rumori della battaglia cominciarono a rimbombare per il bosco, distolse la sua mente da quei pensieri e si concentrò sul suo obiettivo: catturare quella maledetta bandiera.

Paul marciava per primo, usando i suoi poteri da figlio di Demetra per percepire movimenti nella vegetazione, mentre Jonathan chiudeva la fila, lo sguardo che guizzava in ogni direzione e l’arco pronto a scoccare. Per finire lui, Derek e Sophia stavano nel mezzo a coprire gli altri fianchi.

Era un assortimento di semidei piuttosto… bizzarro, però in effetti come squadra incaricata di rubare la bandiera poteva funzionare. Lui e Derek erano scelte ovvie, Paul invece si muoveva in un territorio a lui amico, il bosco, Jonathan poteva occuparsi dei bersagli a distanza e Sophia era la polizza assicurativa se per caso li avessero scoperti e fossero stati costretti a combattere. Era una ragazza alta, con dei capelli a caschetto bronzei, gli occhi scuri e la carnagione olivastra. E anche con delle braccia che facevano sembrare quelle di Thomas dei grissini.

Non aveva mai parlato con la sorella di Konnor prima di quel giorno, a dire il vero nemmeno quel giorno l’aveva fatto, però ricordava come Sophia non fosse mai stata presente nel gruppetto di Buck durante il “Regno di terrore di Buck e Jane”, quindi non aveva alcun problema con lei. Anzi, era sollevato di sapere che assieme a loro c’era qualcuno che aveva il combattimento nel sangue come lei. Forse era proprio per questo che Konnor l’aveva scelta.

«Allora… Sofi» disse Derek dopo un lungo tratto di strada, rompendo il silenzio tra loro cinque. Affiancò Sophia con uno strano sorrisetto. «Che fai dopo la sfida?»

«Non chiamarmi “Sofi”» rispose lei. «E comunque non sono fatti tuoi.»

Derek si pettinò – male – i capelli. «Pensavo che magari, non so, potessimo berci qualcosa. Oppure potremmo andare a fare una passeggiata nei campi di fragole, o al lago. Sai, dicono che in questo periodo dell’anno sia molto bello. Tu ci sei mai stata?»

Sophia corrucciò la fronte. «Al lago? Certo che ci sono stata, è lì dietro l’angolo.»

«Sta facendo sarcasmo» borbottò Paul senza voltarsi. «Sul fatto che al campo non ci sia niente di interessante da fare. Peccato che non faccia ridere nessuno.»

«Ma sta’ zitto.» Derek si impettì. «Io sono simpaticissimo. Allora, Sofi, che ne dici?»

«Ma ti sembra il momento giusto per parlare di queste cose?» lo rimproverò Jonathan.

«E quando sennò? Ogni volta che provo ad avvicinarmi al suo tavolo ci sono i suoi fratelli che mi guardano male!»

«Credimi, non lo fanno per proteggere me da te» borbottò Sophia, lanciandogli un’occhiata velenosa. «Lo fanno per proteggere te da me.»

«Uh.» Derek non sembrò spaventato dalla minaccia. «Sei aggressiva. Mi piac-AH!»

Si interruppe quando Thomas gli sferrò una gomitata. «Dacci un taglio, Derek. La stai mettendo in imbarazzo. Ti stai mettendo in imbarazzo.»

«Lo sai, fratellino…» Derek si massaggiò il fianco infastidito. «… da quando sei capocasa e hai la ragazza stai alzando un po’ troppo la cresta. Forse dovremmo farti qualche bello scherzetto come ai vecchi tempi.»

«Ma se l’altro giorno mi sono svegliato con il letto pieno di insetti!»

«Pfff. Quello lo chiami scherzo?»

«Non mi serve il tuo aiuto» sbottò Sophia, rivolta a Thomas, e poi agitò le nocche di fronte a Derek. «E tu chiudi la bocca o ti trasformo in un purè.»

Dallo sguardo che fece, Tommy intuì che quel folle di suo fratello la stava trovando una proposta allettante. La voce di Paul li chiamò prima che potesse dire qualcos’altro di stupido: «Fermi.»

Il figlio di Demetra era accovacciato sopra un mucchietto di foglie cadute, arancioni. D’estate. Perfino Tommy capì che c’era qualcosa che puzzava, e infatti Paul ordinò alle foglie di spostarsi per scoprire uno strano aggeggio di ferro, rotondo.

«Ma… ma è una mina antiuomo, quella?!» sussurrò Sophia.

I ragazzi si guardarono tra di loro sconvolti.

«Che razza di psicopatico potrebbe mai…» La frase di Jonathan si interruppe a metà.

«Kevin» conclusero tutti insieme.

Thomas rimase con lo sguardo calamitato su quell'aggeggio diabolico. Il capocasa di Efesto non era noto per i suoi modi di fare fini. Chissà quante altre trappole di quel tipo erano disseminate nel bosco. E chissà quante di perfino peggiori. Tra tutti gli alleati di Simon, Tommy avrebbe mentito se avesse detto che Kevin non era quello che lo intimoriva di più. Quel tizio era un sociopatico, ma intelligente, la combinazione più pericolosa.

«Aggiriamola. E state attenti.»

«Ma davvero, Paul? E io che pensavo di saltarci sopra!» sbottò Derek.

Jonathan deglutì. «Non… non ci avrebbe mica uccisi se l’avessimo attivata… giusto?»

«Preferirei non doverlo scoprire» mormorò Thomas, girando attorno a quell’affare ad almeno tre metri di distanza.

La squadra di ricognizione si addentrò nei meandri del bosco mentre la battaglia infuriava tutt’attorno a loro.

 

***

 

«Ah, magnifico.»

Edward si guardò attorno in quella radura deserta e priva di anima viva. Il gruppo che stava guidando era scomparso nel nulla dietro di lui e si era ritrovato a vagare per chissà quanto tempo nella direzione sbagliata. Non aveva la più pallida idea di dove fosse finito.

Nat mi ammazzerà.

Fece per tornare indietro, ma una vocetta stridula si sollevò all’improvviso: «E-Ehi, tu! Sì, parlo proprio con te!»

Dall’altra parte della radura sbucò fuori una ragazzina minuscola, con capelli lisci e neri e la pelle scurissima. Puntò l’indice verso di lui. «Adesso tu… tu te la vedrai con me!»

Edward batté le palpebre un paio di volte. «Tu sei Alyssa, giusto? Della casa di Tyche.»

«Proprio così! E ti farò a pezzi!» Alyssa si mise in una posizione da combattimento che ricordò quella dei Power Rangers. «F-Fatti sotto!»

Non aveva nemmeno un’arma, constatò il figlio di Apollo. «Cos’è, cerchi di guadagnare tempo?» domandò ridacchiando. «Guarda che…»

Alyssa raccolse una pigna e gliela lanciò. Edward la schivò. «Woah! Ehi, non è carino!»

«Avanti, combatti!» La ragazzina cominciò a lanciargli una pigna dietro l’altra. «O hai paura?»

«Paura? Ma che stai…» Uno dei lanci andò a segno, centrandolo in un occhio. «AH! Ma vaffan…»

Edward strinse le palpebre e si sfilò l’arco dalla tracolla. Non l’avrebbe uccisa, ovvio. L’avrebbe presa a una gamba. Le avrebbe fatto un po’ male, ma se la sarebbe cavata.

«Niente di personale, ma devo tornare dagli altri. Perciò…» Una pigna lo colpì dove non avrebbe dovuto. Il ragazzo emise un gridolino e cadde in ginocchio, coprendosi in mezzo alle gambe. «Gah! Piccola stronzet...»

Un’altra pigna lo centrò sulla fronte.

«Ti è bastata, o ne vuoi ancora?!» Alyssa cominciò a gridare come una pazza e lanciargli tutto quello che le capitava a tiro.

Edward si coprì con le braccia e corse al riparo dietro a dei cespugli.

«Che fai, scappi?! Beh, fai bene! Io sono Alyssa Fortuny, capocasa della magnifica dea Tyche, e ti annienterò!»

Un lungo sospiro scappò dalle labbra di Edward mentre sassi, pigne e ghiande gli piovevano addosso.

Perché aveva accettato di partecipare a quella scemenza?

 

***

 

Stephanie non aveva idea di cosa stesse succedendo. Un attimo prima stava camminando assieme a Konnor, un attimo dopo aveva sentito la sua voce chiamarla da tutt’altra parte. Le era bastato distrarsi un secondo per perderlo di vista e ora tutt’attorno a lei i suoi compagni stavano combattendo.

Aveva un’orribile sensazione. Sperava solo che non fosse troppo tardi.

Raggiunse il fiume che tagliava la foresta a metà, da dove era provenuta la voce di Konnor, e sollevò la lancia pronta a combattere. Si era aspettata scontri dappertutto. Il suo stupore quando si accorse che invece lì non c’era nessuno fu impareggiabile.

«Ma… ma cosa…»

«Steph!»

La ragazza si voltò di scatto. Konnor era di fronte a lei e le stava sorridendo smagliante. «Eccoti!»

«Konnor?» Stephanie si concentrò su quello strano sorriso che le stava rivolgendo e corrucciò la fronte. «Ehm… ti senti bene?»

«Certo, mai stato meglio. Lo sai, sei davvero stupenda oggi.»

«Grazie…»

«Allora.» “Konnor” si passò una mano tra i capelli. «Che ne diresti di dimenticarci di questa stupida sfida e pomiciare duro?»

Stephanie inarcò un sopracciglio. «Ma fai sul serio, Xavier?»

“Konnor” sussultò. Poi cominciò a ridacchiare mentre il suo corpo emanava pennacchi di fumo grigio. Foschia. Venne ricoperto completamente da essa e poi, quando si diradò, al suo posto apparve un altro ragazzo, sempre con i capelli neri ma mossi, tirati all’indietro, con una ciocca cremisi che invece scivolava sopra la fronte. Distese quel ghigno mentre sfilava un paio di occhiali Ray-Ban dai jeans e li indossava. Sembrava la versione latina e low budget di Apollo. «Ehi, raggio di luna. Come butta?»

«Non c’hai nemmeno provato ad assomigliare a Konnor» mugugnò Steph, stringendo la lancia e preparandosi a combattere.

«Certo che non l’ho fatto. Come avresti vissuto poi con la consapevolezza di aver baciato un impostore? Ti ho protetta da te stessa.»

«Come no.» Stephanie fece una smorfia. Xavier non assomigliava affatto al suo ragazzo come carattere, ma quell’illusione era sembrata parecchio reale. Se non le avesse parlato, lo avrebbe scambiato davvero per Konnor. Aveva un controllo della Foschia incredibile. «Mi viene da chiedermi se tu abbia provato lo stesso trucco anche con altre ragazze…»

«Non ho bisogno di abbassarmi a questi livelli per cuccare, raggio di luna.»

“Cuccare”. Oh sì, quelle erano proprio le parole di un latin-lover.

«E adesso, avanti.» Il figlio di Ecate materializzò dal nulla una daga di bronzo celeste. «Fatti sotto.»

Stephanie strinse le labbra, poi scattò verso di lui. Affondò la lancia con un grido e si ritrovò a trapassare il corpo del ragazzo, che esplose in una nuvola di Foschia.

«Mancato.»

La figlia di Demetra si voltò di scatto e vide Xavier alle sue spalle, vicino al fiume. Spalancò le braccia e fiumi di Foschia si riversarono dai suoi palmi, creando una nube che circondò tutta la radura. Steph si coprì il volto, ma la nebbia la ignorò finché non scomparve del tutto. Non appena la visuale fu di nuovo chiara, la ragazza rimase senza fiato.

«Chi sarà quello reale?» domandò Xavier. Uno dei venti che l’avevano appena circondata.

«Era proprio necessario?» Steph fece vagare lo sguardo su tutte quelle copie che gli rivolgevano lo stesso ghigno beffardo. «Uno solo era più che sufficiente per mandarmi al manicomio…»

Tutti e venti risero in un riverbero assordante.

Stephanie strinse la lancia, augurandosi che agli altri fosse andata meglio che a lei.

 

***

 

Lisa si augurò che gli altri non fossero stati sfortunati come lei e Rosa. Stava andando tutto bene, splendidamente perfino – se escludeva il fatto che Konnor l’aveva separata da Tommy, ma aveva cercato di non fargliene una colpa – quando lei e Rosa si erano accorte di essere rimaste separate dagli altri. Come, quando, in che modo, quelle erano tutte domande a cui avrebbe tanto voluto ricevere una risposta.

Si guardarono tra di loro confuse e fecero per tornare indietro, ma un titano di un metro e novanta con una maschera antigas e gli occhi iniettati di sangue apparve dal nulla a sbarrare la strada.

«Ehilà, ragazze» le salutò, con una voce così roca che ricordava quella di un fumatore incallito, mentre sguainava un machete di bronzo celeste.

Lisa sentì la pelle accapponarsi. Quel maniaco da dove diamine era sbucato fuori?!

«Oh-oh, ora sì che ci divertiamo» aggiunse un’altra voce, alle loro spalle. La ragazzona a capo della casa di Nike sbucò fuori da dietro alcuni alberi ostacolando anche quella strada. A differenza dell’altro pazzoide indossava la panoplia completa e stringeva in mano una mazza flangiata, sempre di bronzo celeste. «È ora di un po’ di sana, sana violenza, mozzarelle!»

Le due ragazze si misero quindi schiena contro schiena. Rosa puntò verso di Tonya, Lisa verso il tizio mascherato.

«Ehm… no, un momento.» Il tizio mascherato si scoprì la faccia, mostrando un viso barbuto e trasandato.

«Seth? Ma come diavolo ti sei conciato?!» sbottò Lisa, sollevando i pugnali. «Mi hai fatto prendere un accidente! Credevo fossi qualche pazzoide che aveva aggirato i confini!»

«Voi due dovreste…» Seth fece uno strano gesto della mano, come a simulare un cerchio che girava. «… scambiarvi, se non vi dispiace.»

Lisa sbatté le palpebre. «Che cosa?»

«Sì, infatti, state rovinando tutto!» si intromise anche Tonya. «Avevamo deciso che io mi occupavo dell’italiana pazza e lui della figlia di Apollo!»

Lisa e Rosa si scambiarono un rapido sguardo. La sua amica sembrava stordita tanto quanto lei, ma sollevò le spalle.

«Ehm… va bene» acconsentì Lisa.

Le ragazze si scambiarono di posto e così si ritrovarono di nuovo schiena contro schiena, ma di fronte ad avversari diversi.

«Perfetto» gracchiò Seth soddisfatto e Lisa lo scorse con la coda dell’occhio mentre si rimetteva la maschera. «Scusate davvero, è che c’eravamo messi d’accordo.»

«Figurati, nessun problema.» Rosa rispose con voce così cordiale che Lisa si domandò se lo stesse prendendo in giro oppure no.

«Vi ringrazio molto.»

«Ok, il tempo delle chiacchiere e finito!» Tonya partì all’attacco, puntando gli occhi marroni su di Lisa. «A noi due, mozzarella italiana!»

La figlia di Bacco scartò di lato e rotolò prima che la mazza le spaccasse la capoccia come un’anguria. Si rimise in piedi e sollevò i pugnali di fronte a quel colosso di ragazza, che si avvicinò sorridendo maniacalmente.

«Ti chiedo scusa in anticipo, mozzarella, ma ti farà male.» Tonya sollevò la mazza. «Tanto male!»

 

 

 

 

 

Ho disegnato un po’ di gente, sappiate che faccio schifo a disegnare quindi non garantisco nulla:

Alyssa: https://www.deviantart.com/edoardo811/art/Alyssa-capocasa-di-Tyche-la-Spada-del-Paradiso-888475959

Seth: https://www.deviantart.com/edoardo811/art/Seth-capocasa-di-Nemesi-La-Spada-del-Paradiso-888501518

Natalie: https://www.deviantart.com/edoardo811/art/Natalie-figlia-di-Ermes-La-Spada-del-Paradiso-888475477

Jane: https://www.deviantart.com/edoardo811/art/Jane-capocasa-di-Afrodite-La-Spada-del-Paradiso-888476653

Kevin e Sarah: https://www.deviantart.com/edoardo811/art/Kevin-e-Sarah-La-Spada-del-Paradiso-888476115

Rosa: https://www.deviantart.com/edoardo811/art/Rosa-co-capocasa-di-Apollo-La-Spada-del-Paradiso-888477444

   
 
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