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Autore: Eevaa    06/10/2021    6 recensioni
«E sai cosa? Non vedo l'ora di visitare Roma, Venezia e Firenze» trillò lei, con aria sognante.
«Non eri già stata a Roma con la tua famiglia, da piccola?»
«La Roma Babbana» specificò Hermione, con una certa ovvietà. «Non hai idea della Comunità Magica del Vaticano. Affascinante, dai tempi degli antichi romani fino al romanticismo. Ma prima vorrei fare un salto a Recanati a visitare la casa di Leopardi. Tu lo sapevi che era un Magonò? Harry!?»
Ma Harry non la stava più ascoltando dallo sproloquio sul Vaticano, troppo distratto da una figura conosciuta a pochi metri di distanza.

• Quando Harry aveva ricevuto l'invito ufficiale al banchetto di inaugurazione del nuovo impianto collaborativo tra il ministero italiano e quello britannico, non ne era rimasto affatto stupito. Non avrebbe potuto affatto immaginare che, proprio lì, avrebbe assistito all'apparizione di un fantasma di una persona praticamente morta dodici anni prima. •
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Vari personaggi | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Agrifoglio e Biancospino - La Serie'
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Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte del loro universo sono di proprietà di J.K.Rowling.
Le seguenti immagini non mi appartengono e sono utilizzate a puro scopo illustrativo
Nessun copyright si intende violato.

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale.



- AGRIFOGLIO e BIANCOSPINO -


Capitolo 6
L'Agrifoglio



Tra gli sfarfallii di interferenze magiche, sullo schermo del computer apparve l'immagine chiara di un uomo incappucciato che si smaterializza in un angolo dietro una pianta e un estintore. Aveva il volto coperto, era alto, ma non aveva i capelli biondi. Spiaccicato contro il muro poi lo stesso uomo estrae qualcosa dalla tasca e se la porta alla bocca.
«Abbiamo cercato in lungo e in largo gli angoli ciechi delle telecamere del Vaticano. La telecamera del negozio dei souvenir sopra le catacombe riprende chiaramente una persona incappucciata bere qualcosa da una fiaschetta. Abbiamo tutte le ragioni di credere che sia Polisucco, in quanto la fisicità cambia lievemente. L'uomo diventa qualche centimetro più basso – come si può notare dai pantaloni che si arricciano alle caviglie, e i capelli sotto al cappuccio diventano da mossi e castani a lisci e biondi. Poi esce dalla porta di sicurezza e si dirige in modo sospetto verso il piano inferiore» illustrò Verbena, passando poi all'immagine successiva. «Poi, guardi qui, dopo l'attentato l'uomo ritorna nella stessa posizione e scompare nel nulla. Non si smaterializza. Ho tutte le ragioni di credere che si possa essere trasformato in qualcosa di molto piccolo. Si vede proprio un movimento di ali, qui, sulla destra».
Harry deglutì. Era proprio una falena.
«Riconosce qualcuno con questa fisionomia, alto con i capelli ricci e castani? Qualcuno con cui ha cattivi rapporti? Qualcuno che vuole ucciderla, signor Potter?» domandò Verbena.
Aveva preso un grosso, grossissimo granchio. Non erano gli Auror a voler tenere in gattabuia Malfoy, loro si stavano solo attenendo alla legge. Esisteva davvero un colpevole per quell'attentato, solo che le ricerche erano fino a quel momento proseguite nella direzione contraria.
Harry strinse le labbra. Se da un lato era sollevato del fatto che nessun ente governante stesse cospirando contro Malfoy, avevano comunque una bella gatta da pelare. Avrebbero dovuto trovare colui che lo aveva voluto in prigione.
«Credo stiate ricercando il colpevole nel contesto sbagliato, Verbena».


Spiegare le sue teorie non fu semplice, soprattutto perché tutte le sue teorie non davano segni empirici a sufficienza per perseguire una traccia. E, contando che la maggior parte di quella divisione di Auror parlasse poco o niente di inglese, la comunicazione andò a rilento, così come la costruzione del pannello d'investigazione.
Ma, fortunatamente, la professionalità di Ambrosia Verbena fece emergere subito un dettaglio fondamentale. E Harry si sentì parecchio stupido per aver dubitato della sua lealtà.
«Il signor Malfoy ha detto “di falene ne vedo a bizzeffe da una settimana”. Una settimana... cos'è successo circa una settimana fa?» domandò lei, con la bacchetta puntata alla lavagna a mo' di gessetto.
«Il ricevimento a Bellagio» rispose Harry. Chiuse gli occhi per qualche istante e ricordò occhi grigi, due calici di Ferrari, un paesaggio maestoso... e una falena che danzava intorno a loro. «C'era una falena. C'era una falena mentre parlavo con Malfoy, sul lago» rivelò, col cuore in gola. Qualcuno li aveva osservati e ascoltati anche lì.
Verbena si voltò di scatto verso di lui, risoluta. «E, secondo lei, c'era qualcuno a quel banchetto che avrebbe desiderato vedere Malfoy in galera?»
Harry spalancò gli occhi. Gli si mozzò il fiato in gola e fu costretto ad aggrapparsi alla scrivania per non cadere in avanti.
Perché sì. Qualcuno... qualcuno c'era. La Falena.


 


Harry chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Due. Tre.
Lo faceva sempre prima di un blitz, quasi a prendersi quei pochi secondi di aria, di concentrazione prima di farsi guidare solamente dall'istinto. Gliel'aveva suggerito il suo primo comandante all'accademia di formazione per Auror. Strinse il manico della sua bacchetta, sentì l'impugnatura salda.
Al terzo respiro riaprì gli occhi e si sentì pronto ad agire. Aveva la schiena contro il muro di un negozio. Ambrosia Verbena, spiaccicata al suo fianco, fece un piccolo cenno del capo.
Diagon Alley era silenziosa, dopo il tramonto. Il silenzio perdurò per quei tre respiri. Dopodiché ci fu il caos.
Si mossero tutti insieme, la porta a vetri venne sfondata con un calcio, il campanello d'ingresso del negozio suonò tra il frastuono. Due persone dietro il registratore di cassa sussultarono.
«FERMI DOVE SIETE, BACCHETTE BENE IN VISTA!» urlò Verbena affiancata dal suo plotone di Auror italiani.
Harry, che aveva fatto in tempo a richiamare poche persone della sua divisione, si affiancò loro con la sgradevole sensazione che sarebbe andato tutto a puttane.
Anche perché gridare “bacchette bene in vista” era una cosa bene inutile, in un negozio di bacchette.

Garrick Olivander trasalì e alzò immediatamente le mani, mentre il ragazzo al suo fianco, pallido come un cencio, si ribaltò all'indietro e fece per fuggire.
«Levicorpus!» gridò Harry, e il ragazzo finì immediatamente a gambe all'aria, appeso al soffitto. Una bacchetta di legno chiaro gli cadde dalla tasca, e Verbena provvedette subito a raccoglierla.
«M-ma che d-diavolo sta s-succedendo q-qui!?» balbettò il signor Olivander, spaventato a morte.
Harry lo sorpassò senza degnarlo di una risposta e si piazzò direttamente all'altezza del ragazzo, per guardarlo bene in faccia.
Era un ragazzo alto, dai morbidi capelli ricci e castani che cadevano verso il basso. Senza barba, con un paio di occhi azzurro cielo che avrebbero fatto impazzire il pubblico giovane. Non a caso era apparso nel Settimanale delle Streghe negli ultimi due mesi.
Come aveva fatto a non pensarci prima, Harry?
L'aveva visto parlare con Draco al ricevimento, a Bellagio. Edgar Olivander, pluripremiato nipote danese, giovane promessa della fabbricazione ed ereditiero dell'impero dello zio. Benefattore del San Mungo, volto copertina degli ultimi sei numeri del Settimanale delle Streghe ma, soprattutto... Animagus.

«La sua bacchetta mostra incanti di trasmutazione» annunciò Verbena.
«Avete chiuso tutte le finestre e gli ingressi?» domandò Harry, continuando a fissare Edgar negli occhi azzurri con sdegno.
«Sì» risposero gli Auror, tutti pronti con le bacchette in mano.
Harry gli puntò la bacchetta alla fronte, pronto a scattare.
«Revelio Mutationem» sussurrò.
Il corpo di Edgar, da alto e slanciato, iniziò a rimpicciolirsi a velocità smodata. Divenne scuro, piccolo, con delle alette frastagliate non più grandi di una moneta. Una falena. La Falena.
La rabbia di Harry, sebbene fosse sull'orlo di esplodere, fu costretta a rimanere nel suo petto quando, naturalmente, la falena iniziò a volare veloce verso gli scaffali del negozio. Se avesse preso possesso di una bacchetta sarebbe stato un casino.
«Reverso! Reverso!» urlò Harry, prima che Edgar potesse sfuggire. Questi tornò alle sue fattezze originali in pochi istanti.
«Incarceramus!» gridò Verbena, e dei grossi cordoni fuoriuscirono dalla bacchetta per stringersi attorno al corpo di Edgar, che cadde a terra come un sacco di patate.
Era fatta. Ci erano riusciti.
«Edgar Olivander, la dichiaro in arresto per tentato omicidio plurimo, dirottamento di prove, utilizzo improprio di identità altrui, diffamazione, cospirazione» annunciò Verbena, la sua voce atona ora dipinta di una sfumatura soddisfatta.
Il ragazzo, a terra, ringhiò di frustrazione e fece per urlare qualcosa, ma una delle corde dell'incantesimo provvedette immediatamente a tappargli la bocca.

Olivander, invece, si accasciò contro la parete dietro di lui. Alcune bacchette caddero dagli scaffali. Harry osservò gli Auror far levitare il corpo fremente di Edgar fino a fuori dal negozio, poi si avvicinò al vecchio Garrick.
«M-ma io... non capisco. Signor Potter... non capisco! Edgar... m-mio nipote n-non capisco».
Sembrava sinceramente spaventato, confuso, dispiaciuto. Probabilmente lui non aveva idea di quanto fosse accaduto.
In base a ciò che Harry aveva ipotizzato, l'obiettivo del giovane Edgar in quanto ereditiero era diventare il più prestigioso fabbrica-bacchette del mondo. Obiettivo non facilmente perseguibile, data l'ascesa alle classifiche del Fabbricante di Ponte Vecchio. A detta di Malfoy – interrogato poco prima di creare la Passaporta Internazionale per l'Inghilterra – il giovane Edgar non era mai stato d'accordo a rivendere le Bacchette col simbolo Fiorentino nel loro negozio a Londra. Era stato lo zio a convincerlo, dato che gli affari per il Fabbricante stavano andando troppo bene e rischiavano di vendere poco il loro marchio. Probabilmente Edgar aveva voluto affossare Malfoy, così da riprendere in mano il monopolio di bacchette a Londra e, magari, persino prendere come sede principale il negozio di Firenze.

Purtroppo i suoi sospetti si erano rivelati veritieri.
«Credo che lei abbia riposto la sua fiducia nelle mani sbagliate, signor Olivander» mormorò Harry, dispiaciuto. Poi, lentamente, si avviò fuori dal negozio.
«Non p-può...»
La voce di un Auror inglese risuonò nella stanza prima che Harry uscisse. «Signor Olivander, dobbiamo chiederle di venire con noi al Dipartimento Auror, per cortesia».
Avevano trovato il colpevole. Non un assassino, solo un arrampicatore sociale della peggior specie che per raggiungere i propri obiettivi era stato disposto a far sbattere in cella un innocente, far rischiare la vita a quindici persone tra le quali una donna incinta.
Il bel volto di Edgar Olivander sarebbe stato in prima pagina senz'altro, l'indomani, non di certo sul Settimanale delle Streghe.


 
 


Tra la burocrazia dell'arresto, le dichiarazioni alla stampa e una lunga serie di trafile, Harry riuscì a prendere una Passaporta Internazionale solamente la mattina successiva.
Scoprì che Draco era già stato rilasciato e portato al Fate Bene Stregoni per una completa reidratazione e rimessa in sesto e, ovviamente, la notizia aveva già fatto il giro dell'intero continente.


“Draco Malfoy scagionato! L'attentatore era il suo concorrente sul lavoro, Edgar Olivander”.

“Edgar Olivander, nipote dell'omonimo fabbrica-bacchette, arrestato per truffa e tentato omicidio. Cosa ne sarà del celebre marchio di bacchette?”

“Draco Malfoy in libertà. Fino alla prossima volta?”

“Harry Potter fa scagionare il rivale Draco Malfoy. L'attentato alle catacombe una messinscena”.

“Il Fabbricante di Ponte Vecchio è nientepopodimeno che Draco Malfoy, appena scagionato per tentato omicidio. Questo porterà a una decrescita degli affari?”



Harry chiuse l'ultimo giornale con un gesto secco, e il gufo che gliel'aveva portato reclamò una moneta a gran voce.
«Ho letto solo la copertina!» sbuffò Harry. Il gufo tubò insistente fino a ottenere il pagamento.
In Inghilterra il nome di Draco Malfoy non era mai stato associato a quello del noto marchio di bacchette. Harry era certo che la decrescita negli affari sarebbe stata fisiologica, dopo tutto quel trambusto, nonostante la stampa gli stesse dando credito. Del resto in Inghilterra il nome dei Malfoy non era famoso nel senso positivo del termine.
Se non altro, però, avrebbe potuto far causa agli Olivander per i danni subiti.
«Harry, sei stato grande, davvero» disse Hermione, sorseggiando il suo tè da colazione. Quel giorno, se il controllo fosse andato bene, l'avrebbero finalmente dimessa e avrebbero potuto tornare tutti insieme a casa. Quella settimana in Italia era stata stata una vacanza culturale molto interessante, ma senza dubbio non tranquilla.
«Non ce l'avrei mai fatta senza il nostro consueto brainstorming, e voi lo sapete» rispose Harry, sorridendo ampiamente.
Ron si infilò in bocca un cornetto al pistacchio, poi ridacchiò. «Beh... a parte il complotto governativo, ci avevamo quasi preso!»
Risero di gusto. In effetti era da quando avevano undici anni che si divertivano a formulare le più magiche teorie del complotto e, fortunatamente, non sempre si erano rivelate attendibili. Ma andava bene così, se tutto era destinato ancora una volta al lieto fine.
Harry, allegro, lanciò un'occhiata fuori dalla finestra e il cuore gli balzò in gola. Draco e sua madre camminavano lentamente sottobraccio per andare al punto di Smaterializzazione in cortile.
«Scusate!» disse di tutta fretta ai suoi amici e, senza dare alcuna spiegazione, uscì di corsa dalla stanza.

Scattò tra i corridoi dell'ospedale velocemente. Quel giorno non aveva fumato, forse avrebbe guadagnato qualche secondo di corsa in più senza fiatone.
Raggiunse il cortile in fretta e furia e, fortunatamente, i Malfoy erano ancora lì, appena vicini al cancello.
«MALFOY!» gridò Harry a pieni polmoni. «Ehi, ehi, Malfoy!»
Narcissa e Draco si voltarono di scatto, allibiti.
«Potter» disse lui, quando fu abbastanza vicino.
«Dra-co, signora Ma-lfoy» soffiò Harry, tra un respiro e l'altro. Sì, avrebbe dovuto senz'altro buttare via quel pacchetto di sigarette che nascondeva in tasca.
Narcissa sollevò un sopracciglio in un'espressione più divertita del solito.
«Penso che abbiate bisogno di un momento, vi lascio soli» disse, con voce morbida. «Ossequi, signor Potter. E grazie per aver liberato mio figlio».
Harry annuì e sorrise. «Dovere, signora Malfoy» rispose, poi la guardò allontanarsi verso il cancello a passi spediti. Infine, lentamente, tornò a rivolgersi a Draco.
Indossava una camicia grigio scura abbottonata fino alla gola, un paio di pantaloni neri e una cravatta color smeraldo. I suoi capelli al sole brillavano – di nuovo ordinati – e sotto gli occhi il viola delle occhiaie stava piano piano scomparendo. Probabilmente quella notte aveva fatto il pieno di intrugli corroboranti. Profumava di menta. Non aveva mai smesso di profumare di menta, ma in quel momento si sentiva anche dalla distanza.

«Beh, alla fine allora lo sai fare, il tuo lavoro» ghignò Draco, per rompere quel silenzio di ghiaccio.
«Te l'avevo detto che ci saremmo rivisti senza sbarre» rispose Harry. Paradossalmente, però, quando c'erano di mezzo le sbarre si erano guardati da molto più vicino.
Draco annuì solennemente. «Ti ringrazio, ne sono lieto». Non c'era più niente dello sguardo terrorizzato, della frustrazione o del linguaggio portuale che l'avevano accompagnato in quei giorni. Sembrava essere tornato lo stesso uomo di Bellagio: elegante, signorile, posato. Forse era lui a meritare di essere in copertina sul Settimanale delle Streghe.
«Mi dispiace per ciò che è successo. E mi dispiace se questo porterà a un calo degli affari» ammise Harry.
«Per fortuna anche io so fare bene il mio lavoro. Non avrò problemi a risalire. Lo stesso non si può dire di Olivander, visto che ha messo il suo impero in mani sbagliate» sibilò, lievemente pungente.
Aveva ragione: quello scandalo avrebbe portato Olivander al fallimento, tutto per colpa di un nipote fuori di testa.
«Pover'uomo...» convenne Harry. Draco scrollò le spalle, sintomo che non gliene potesse fregare assolutamente nulla del destino di Olivander. Come biasimarlo!
Draco guardò il cielo terso oltre i colli romani, le colonne e i capitelli del cortile, poi sospirò. «Davvero incredibile che la nostra vecchia rivalità mi si sia ritorta contro ancora dopo dodici anni» disse, e Harry si strinse nelle spalle.
«Forse sarebbe il caso di sotterrarla definitivamente, no? Così da non rischiare più». A Harry venne totalmente spontaneo. Gli tese la mano, un gesto che forse avrebbe dovuto fare molti anni prima su quel treno ma, ovviamente, con i se e con i ma non si cambia la storia. Il futuro, però... quello avrebbero potuto cambiarlo.
E lo cambiarono in quell'istante quando, dopo qualche secondo di riluttanza, Draco afferrò quella mano.

Si deve condividere qualcosa di forte. Cosa condividiamo, noi?”

Le parole che gli aveva detto al negozio risuonarono nella testa di Harry. Era abbastanza chiaro cosa condividessero. Il loro passato era forte, quello era indubbio, ma magari la risposta giaceva solo nel futuro.
«E... uhm, se vuoi potremmo indagare un po' insieme per scoprire cos'è che lega il biancospino e l'agrifoglio» mormorò Harry, deglutendo, senza lasciare la presa sulla mano.
Malfoy sbuffò una risata nel naso. Era la prima volta che lo sentiva ridere in quel modo. Sembrò rifletterci per qualche istante, quasi sembrò pure arrossire.
«Oramai mi sono rassegnato a scoprirlo» disse però e, lentamente, scivolò via. «Niente lega il biancospino e l'agrifoglio».
«Ma-» fece per controbattere Harry, ma Draco scosse la testa e gli chiuse la metaforica porta in faccia.
«Meglio arrendersi».
Si guardarono distanti per qualche secondo. Era così, quindi? Era un nuovo addio? L'ennesimo addio?
Poi Draco parlò. «Arrivederci, Potter» disse e, con un sorriso sghembo, voltò i tacchi. Arrivederci non voleva dire addio. La porta era chiusa, ma non era chiusa a chiave.
Harry lo guardò allontanarsi, raggiungere sua madre e sparire in una folata di vento. I pini marittimi lasciarono cadere degli aghi leggeri, il sole caldo di Roma gli baciò la fronte.
C'era profumo di frittelle, suono di risate. Forse sarebbe andato a gettare una moneta nella fontana di Trevi, perché la leggenda narrava che così facendo ci si assicurava di tornare pesto.
«Arrivederci, Malfoy».



 
• Sei mesi dopo 



«Ed è una vittoria schiacciante!» esclamò Ron, gettando le braccia all'aria.
Harry sbuffò e si lasciò cadere sul divano. Lui e il suo talento naturale per gli scacchi magici! Era la quinta vittoria su sette partite, quel pomeriggio.
«Credo che sia il caso di appendere il Re al chiodo, Harry» disse Hermione, divertita. Il pancione era oramai più che visibile anche da sotto quel grande maglione beige ricamato. Era più bella che mai, e Harry non vedeva l'ora di diventare zio della piccola Rosie.
«Lo credo anche io» concordò lui, poi guardò l'orologio al polso. «Anche perché... uh, si è fatto tardi, sono le sei!»
Il pranzo di Natale ogni anno sembrava perdurare sempre di più, alla Tana. Si sentiva ancora piuttosto pieno, ma il triplo giro di liquori e le partite a scacchi avevano aiutato a digerire il pranzo infinito dei Weasley.
Harry si alzò e si stiracchiò, e il suo nuovo maglione con la H ricamata si incastrò per sbaglio nelle luci colorate dell'albero.
Tutto era al proprio posto, tutto era famigliare. Quella sera, però, l'avrebbe passata di nuovo da solo a casa, con una birra e qualche film Babbano di tradizione.

«Harry, caro, sicuro che non vuoi rimanere anche per cena?» domandò la signora Weasley, tirandogli un buffetto sul mento.
Harry negò con la testa. Gli sarebbe senz'altro piaciuto rimanere, ma non era il caso di cenare insieme a Ginny e il suo nuovo fidanzato gallese. Da quando si erano separati, a Natale Harry andava alla Tana per pranzo, lei per cena. E andava bene così.
«No, la ringrazio, signora Weasley. Andrò a trovare i Dursley» mentì. Era andato a trovare i Dursley alla Vigilia come ogni anno, giusto per scambiarsi sterili e forzati auguri senza alcun regalo né sorriso.
Molly lo guardò infilarsi il cappotto scuro con poca grazia e calpestare la lunga sciarpa rossa, poi gli infilò tra le mani un cesto da pic-nic pesante come un Erumpent. «Allora tieni, così almeno avrai le scorte per domani».
Harry ridacchiò. «Signora Weasley, qui dentro ci sono scorte per un mese intero!»
«Oh, beh» farfugliò lei, gioviale. «Sai che mi piace calcare la mano. Attento a non pungerti con l'agrifoglio» gli rammentò, quando oramai era troppo tardi e si era già punto il dito con le foglie di quella bella ghirlanda appesa al manico del cestino.
Si portò l'indice alla bocca per leccare via il sangue, poi si perse per qualche secondo sulla ghirlanda. Bacche rosse, fiori bianchi, germogli intrecciati. Dove aveva già visto quella composizione?

«Ehm... signora Weasley... cos'è?»
«Arrosto di maiale, panzerotti di mele e brie, la tua torta preferita alla melassa e-»
«No... intendo, cosa sono queste piante?» domandò Harry, incuriosito.
La signora Weasley scrollò le spalle.
«Beh, le tipiche piante natalizie: agrifoglio e biancospino. C'è anche un po' di vischio per intrecciarle. Perché?»
Harry non seppe dire se l'intero arrosto di maiale gli fosse tornato in gola e si fosse incastrato lì, ma la sensazione fu esattamente quella. Fissò interdetto la piccola ghirlanda natalizia e realizzò in quel momento che l'avesse trovato.
L'aveva trovato.
«Niente... grazie» balbettò, uscendo dalla porta e inciampando nella sciarpa. «A-arrivederci. Ciao a tutti!»
Così trafelato, non riuscì nemmeno a udire i saluti di tutta la famiglia Weasley. Aveva da fare.


 
 

Non fumava da sei mesi, e a livello di fiato si sentiva tutto. Non sarebbe riuscito, altrimenti, a farsi metà città di corsa senza collassare per terra avvolto in un cappotto e una sciarpa invadente.
E invece Harry era lì, col fiato corto e un sorriso sulle labbra. Il fumo di condensa che usciva dalla bocca ad ogni respiro, gli occhi brillanti e neve fresca tra i capelli. Aveva gli occhiali appannati, ma poco importava: era certo di essere nel posto giusto.
Alohomora al negozio di vecchie scarpe, tre passi dietro il vecchio quadro, scalini oltre l'insegna di un negozio dalle serrande verdi ed eccolo lì: un portoncino laccato di blu sopra un balcone che dava sull'Arno.
Bussò due volte, insistentemente, e una luce si accese all'interno dell'appartamento. Una gran fortuna. Lui avrebbe potuto trovarsi benissimo da un'altra parte, la sera di Natale.
Col cuore in gola martellante e le scarpe oramai zuppe di neve, Harry attese. La porta si aprì, lui lo fissò. Occhi grigi sbarrati, un maglione nero a collo alto, capelli sempre in ordine e profumo di menta.

Malfoy aprì la bocca per pronunciare la parola “Potter” con quel buffo accento del Wiltshire, ma Harry fu più veloce.
«Il Natale!» esclamò, a voce troppo alta per essere le nove di sera. Ma tanto quel luogo magico era coperto dai più vasti incantesimi di disillusione.
Draco sollevo un sopracciglio e arricciò il naso.
«Potter... sei impazzito?»
Beh, la parola “Potter” l'aveva pronunciata.
«Il Natale» ripeté, come se fosse completamente ovvio. «È il Natale che lega l'agrifoglio e il biancospino. Sono piante di Natale!»
Draco storse il capo. «Secondo me te lo sei fumato, il biancospino».
«Malfoy» rise Harry, dopo aver finalmente ripreso fiato. Le luci sull'Arno si rifletterono sulle lenti e le guance rosse dal freddo. La neve cadeva leggera, oramai. Firenze di sfondo sembrava una cartolina anni novanta, una di quelle che Hermione gli spediva a Hogwarts durante le vacanze di Natale.
Draco si appoggiò allo stipite del portoncino, braccia al petto e caviglie incrociate in una posizione meno elegante del consueto. Strafottente come ai tempi andati, ma con un sorrisetto meno da schiaffi.

«Ok, seriamente, Potter: cosa ci fai qui?»
«Esattamente per dirti questo! Agrifoglio e biancospino sono due piante diverse, ma c'è qualcosa che le lega. Una piccola cosa. Magari...» Harry si interruppe e avvertì le guance scottare. Arrossire a trent'anni era socialmente accettabile? Per fortuna avrebbe potuto dare la colpa al freddo. «Magari vale anche per noi» continuò.
Il volto di Draco si fece divertito, ma meno impertinente. Sembrava quasi curioso.
«... ci lega il Natale?» domandò, come se quelle parole fossero oltre il bizzarro.
Harry fece spallucce e sorrise largamente. «Chissà, potremmo scoprire se è vero».
Malfoy sembrò pensarci su qualche istante, poi tornò in una posizione più composta ma comunque sospettosa.
«E come?» gli domandò, sbruffone in quella serietà innaturale.
Harry si portò una mano sotto al mento, poi gli puntò il dito contro.
«Una cena!»
«È tutto chiuso» controbatté Malfoy, ostentatamente lapidario. Ma quello era il giorno fortunato di Harry.
Prese la bacchetta dalla tasca e evocò il cestino che gli aveva dato la signora Weasley, che gli rimbalzò in mano e quasi cadde per terra per quanto fosse pesante. «L'ho portata io» disse poi, divertito, sollevando il cestino per il manico con aria vittoriosa.
Malfoy spalancò gli occhi di sorpresa, poi li alzò al cielo con uno sbuffo degno del suo personaggio.
Harry sapeva che quella non sarebbe stata una missione facile, ma non aveva pagato fior di Galeoni per una Passaporta Internazionale urgente, non si era fatto mezza Firenze di corsa nella neve per ricevere un due di picche. Nossignore.
«Dai, Draco, non farti pregare» si lagnò. «Ti ho portato la cena a casa la sera di Natale!»
«Lo fa anche il fattorino delle pizze, se ben retribuito».

Harry lo guardò storto, e tutto il castello di serietà costruito da Draco crollò. Scoppiò a ridere, non l'aveva mai sentito ridere in quel modo. Probabilmente era divertito da quegli insistenti tentativi di chiedere un appuntamento, dalla caparbietà di Harry, dal fatto che la notte di Natale lui si fosse presentato zuppo e innevato fuori dalla sua porta.
Eppure andava bene. Fino a che Draco rideva, andava tutto bene.
Harry rise a sua volta, poi poggiò il cestino a terra e staccò la ghirlanda appesa al manico.
«Vedi?» disse, portandola dritta di fronte al naso di Draco. Forse perché era inverno, ma le lentiggini non c'erano più. La sfumatura azzurra in una delle iridi, invece sì. «Agrifoglio e Biancospino...» illustrò Harry, sapientemente.
Draco la prese dal nastro – ben più attento di lui a non pungersi con l'agrifoglio – e la ruotò con curiosità. «Se non erro...» disse, furbesco. «Qui c'è anche del vischio».
«Serve a intrecciarli meglio...» soffiò Harry, avvicinandosi. C'era una calamita, tra loro. Qualcosa che li attirava inevitabilmente uno verso l'altro.
L'ultima volta che erano stati così vicini c'erano delle sbarre di una cella a separarli. In quel momento c'era solo del vischio. Fu facile toglierlo di mezzo e azzerare l'aria che li separava, mentre fiocchi di neve si incastravano tra le loro fronti.
Fu altrettanto facile mettere la parola fine a quell'ostilità durata vent'anni, fu facile riuscire a comprendere il perché di tante cose. L'affinità, certo, ma anche tutto quel ventaglio di sentimenti che avevano inghiottito per anni. Guardarsi negli occhi durante la Guerra e capire che non fosse più il momento di giocare, che avrebbero dovuto proteggersi a vicenda, seppur da fazioni invertite, seppur tacitamente. Due nemici non fanno queste cose. Due nemici non si proteggono, loro si erano protetti.

"Si dice che due anime gemelle possano utilizzare l'uno la bacchetta dell'altro anche se esse possiedono caratteristiche strutturali completamente differenti".

Harry non sapeva se la leggenda delle anime gemelle fosse vera, ma gli piaceva comunque pensare che Agrifoglio e Biancospino avessero iniziato a intrecciarsi su quell'espresso per Hogwarts, il primo settembre del 1991. In qualche modo disordinato, confusionario, a volte poco funzionale.
L'ordine avrebbero dovuto mettercelo ora. E quale modo migliore per fare ordine, se non intrecciarsi di più a vicenda in un legame più saldo?
Qualcuno dice che gli opposti si attraggono. Niente di più vero. Ma in quel momento erano ancora così opposti come in passato? Non del tutto. Draco era cambiato, Draco era una persona diversa, e lui l'aveva conosciuto in tutte le sue sfaccettature.
E c'era qualcosa di certo: voleva conoscerlo di più. A partire da quelle labbra e le mani addosso. A partire dal suo letto, le candele accese sul comodino, i piedi freddi uno contro l'altro, le piume di un cuscino che svolazzano per la stanza.
La neve fuori, le piume dentro. Immersi nel bianco si conobbero meglio. Harry era felice, dopo tanto tempo.
Andava tutto bene.

 


 
Si era ripromesso che non avrebbe più fumato. Non era mai stato bravo a mantenere le promesse, non sui vizi. Ma quella sarebbe stata l'ultima, l'ultimissima sigaretta.
Harry si stiracchiò un poco tra le lenzuola, con le gambe incastrate tra quelle di Draco e la mano intrecciata ai suoi capelli nel tentativo di disordinarglieli ancora un po'. Era bello scoprire che anche lui potesse avere i capelli arruffati, di tanto in tanto.
Draco gli rubò la sigaretta dalla mano e, dopo aver fatto un tiro, la spense nel bicchiere d'acqua sul tavolino. Harry protestò con un grugnito, ma Draco gli tappò la bocca con un bacio irruente.
Forse non sarebbe stata l'ultima sigaretta: non aveva fatto in tempo a finirla. Una buona scusa. Harry se ne raccontava tante, di scuse.

«Beh, Malfoy, tutto questo non l'avresti fatto col fattorino delle pizze» disse Harry, lasciandogli un bacio sul petto.
Draco si spostò su un fianco, con la testa in una mano e lo sguardo sardonico. «E tu che ne sai?»
«Idiota» rise Harry, aggrappandosi al suo fianco per tirarselo contro. Malfoy non oppose alcuna resistenza. «Direi che... forse hai trovato una soluzione al dilemma dell'affinità».
«Dopo dodici anni di ricerche, un accusa di omicidio e un arresto di cinque giorni» puntualizzò Draco. «La curiosità mi è costata un po' troppo cara».
Harry sorrise furbescamente. «Posso ripagare... se vuoi» ammiccò.
«Mmmh» mugugnò Malfoy, fingendo di pensarci su. «Va bene. Del resto per un'oretta è ancora Natale. Agrifoglio e Biancospino possono stare intrecciati ancora un po'» fece spallucce e si sporse per baciarlo di nuovo, ma Harry aveva imparato da Hermione a essere un insopportabile so-tutto-io, a volte. Quando gli faceva comodo.
«Sai, in realtà conterebbe tutto il periodo natalizio» puntualizzò.
Draco finse un certo risentimento e alzò gli occhi al cielo. «Devo averti intorno fino all'Epifania?»
«Potremmo iniziare fino a Capodanno. Che dici?» propose Harry.
E Malfoy fece finta di pensarci su, ma non era più molto bravo a fingere. Per Harry, oramai, era come un libro aperto. Così come aveva immediatamente intuito che fosse innocente in quella cella, si poteva ben intuire in quel momento che avesse già preso una decisione, per quelle vacanze.
«E Capodanno sia» disse infatti e, senza dargli il tempo di rispondere, Draco si aggrappò di nuovo a lui.


Harry era bravo a raccontarsi delle scuse. La scusa ufficiale per il fatto che quella storia sarebbe potuta andare ben oltre le feste era che esiste un posto, in Lapponia, in cui è Natale tutto l'anno.


 
Fine...



... Draco si stiracchiò e, guardandosi indietro, chiuse la porta finestra che dava sul balcone. Si strinse in quel discutibile maglione con la H ricamata sopra. Faceva freddo, ma lui non poteva aspettare. Potter era assopito, dormiva nudo con un braccio sotto al cuscino. Draco sorrise.
Dopo anni aveva finalmente avuto il suo riscatto. Reintegrato nella società, il suo nome di nuovo in alto e splendente. Con i soldi della vittoria del processo con gli Olivander sua madre non era più costretta a vivere in una casa pulciosa in Provenza, presto sarebbe tornata in Inghilterra in un maniero ancor più splendente. E anche lui si sarebbe presto preso un attico con piscina, lì a Firenze. O magari avrebbe preso una bella villa a Capri, sul mare.
Aveva guadagnato la fiducia di Potter. Potter, il suo chiodo fisso degli ultimi dodici anni, finalmente nel suo letto, finalmente nella sua vita.
Gli affari andavano benone, era in cima alla lista del miglior fabbrica-bacchette di sempre, stava guadagnando Galeoni a palate. Cos'altro poteva desiderare?
Con un gesto della bacchetta evocò il suo telefono cellulare Babbano. Non era saggio comunicare via gufo. Tre squilli, poi la voce di una donna lo salutò dalla cornetta.
«Ehi, Falena... c'è voluto un po' di tempo ma... l'Agrifoglio è nel vaso» sussurrò Draco.
Ascoltò la risposta entusiasta e sorrise, poi tornò con lo sguardo su Potter.
Il suo piano era più che ben riuscito. Forse anche troppo riuscito.
Olivander era fallito ed era stato rinchiuso in una casa di cura per essere completamente impazzito con la testa.
Pover'uomo davvero, del resto.
In quelle condizioni chi avrebbe potuto credergli quando diceva che... non aveva mai avuto un nipote?


 
Riferimenti:
-Gli incantesimi di trasformazione e inversione dell'Animagus sono inventati, non sono mai stati specificati nel libro e nemmeno nel film.

ANGOLO AUTRICE:
... oopsy doopsy! xD
Ehm... mi piacerebbe fare i miei complimenti vivissimi a chi aveva sospettato di Edgar Olivander sin dal primo capitolo (e in realtà sì, complimenti davvero per lo spirito deduttivo)... ma... un vero peccato che questo Edgar Olivander non esista, vero?! LOOOOOL.
Sì, sono una bruttissima persona, lo so.
Harry Potter è cascato direttamente nel letto di Malfoy... come biasimarlo? Era tutto credibilissimo... e invece! xD (però voglio specificare che i sentimenti di Draco per Harry sono sinceri eh... almeno quelli LOL).

Penso che nessuno di voi abbia mai sospettato davvero di Draco Malfoy, e in effetti non è che sia direttamente colpevole dell'attentato MA... ehm, qualcosa alla fine ci suggerisce che c'è il suo zampino sotto tutto quello che è capitato. LMAO. Questo effettivamente non l'aveva previsto nessuno di voi, quindi mi sento un poco fiera e un poco stronza nel contempo.
Ma ci sono delle motivazioni! Ce ne sono PARECCHISSIME, e se siete curiosi di scoprire cosa ci sia dietro e perché, sappiate che è previsto uno spin off di tre o quattro capitoli. Sempre su questi schermi, sempre il mercoledì. Si intitolerà "Il Biancospino e la Falena".
Ehehehe sì... la fottutissima Falena. Chi cazzo è alla fine la falena? Edgar Olivander in teoria è stato arrestato. Ma se non esiste nessun nipote Olivander com'è possibile?! E soprattutto perché ora Draco sta parlando al telefono con la Falena?
Vi prego, fateci su una montagna di teorie perché in questi capitoli mi sono divertita un mondo a leggerle tutte. Che dire... spero di trovarvi tutti anche sotto lo spin off di Draco. 
E spero anche che questo primo grande esperimento di giallo vi sia piaciuto... avevo voglia di creare qualcosa di diverso, con un finale meno scontato del solito. Spero di esserci riuscita :3
Un abbraccio e grazie di cuore a tutti!
Eevaa 




 
  
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