Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Miky_D_Senpai    09/10/2021    1 recensioni
Il diario mentale di uno studente che non ha ancora capito il mondo che lo circonda, tenendo per sé una regola che è chiara solo alla sua famiglia. Nascondendo con un velo di apatia il rispetto per un'unica persona, riempiendo i propri vuoti con una devozione cieca.
Sopra le leggi di una società che ai suoi occhi cade a pezzi, ma non abbastanza alto da poter godere di una buona visuale sul mondo che lo circonda.
Dal testo:
"Volevate la solita storia sulla scuola? Su quei college americani tutti fighetti in cui c’è sempre il “cattivo ragazzo” che sta con la timida secchiona di turno, che la persuade a passare nel lato oscuro? “Lato oscuro” che poi è semplicemente in penombra.
[...]
... l’avevo notato dalla finestra, fermo nel viale del mio appartamento, di fronte al mio citofono. Mi diverte vederlo sbiancare ogni volta che pronuncio il suo nome."
[AU contemporanea, quasi tutti i personaggi, provate a shippare e lui vi ucciderà]
[Nota dell'autore: Ringrazio chiunque sia passato o passerà a leggere. Devo ammettere che è la prima volta che finisco una long del genere su Efp quindi grazie di tutto il supporto, alla prossima!]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Hanji si accorge solo dopo una moltitudine di segnali dell’opprimente presenza di Erwin alle sue spalle, è troppo impegnata a controllare che io stia bene come farebbe un veterinario con un animale. Già è tanto se non mi solleva per ispezionarmi le parti intime.
In un lampo, sostituisce i movimenti goffi con cui stava dimostrando la sua preoccupazione nei miei confronti con quelli più formali e quasi professionali che si addicono alla perfetta rappresentante di classe che è.
«Erwin caro, tutto bene?» gli chiede, levandomi il peso di dover cercare una risposta a quella domanda per conto mio.
Se non si fosse presentato così avrei tentato un approccio meno empatico e silenzioso per capire cosa gli passa per la testa dopo avermi nascosto così tante cose fino a oggi, ma lo stato in cui sono conciati i suoi occhi dimostrano che già ne ha abbastanza per iniziare la giornata. E non sento il bisogno di diventare uno dei motivi del suo evidente malessere.
Mi limito a osservare da lontano quella figura imponente. Se fosse rivolto ad est probabilmente la sua ombra raggiungerebbe il mio banco e potrei toccargli la spalla restando dall’altra parte della stanza. Stupido giocatore di pallavolo mancato.
«Tranquilla Hanji, ho passato solo una nottataccia per sistemare gli ultimi bagagli» le risponde, lasciando entrambi lievemente sorpresi. Sembra si stia lasciando andare proprio per quest’ultimo giorno, come se appoggiando la coppia che compone la punta di un castello di carte, il resto crollasse. E lo dimostra finendo in ritardo i preparativi e arrivando con quello che sembra un nido di uccelli in testa.
«Sono venuti a parlare con tuo padre ieri sera?» gli chiedo senza quasi accorgermi di aver mosso le labbra. Sono arrivato a una conclusione affrettata, ma anche l’unica che riesco a pensare quasi istintivamente: i bastardi dell’associazione di cui faceva parte Traute avevano ancora qualcosa da chiedere al signor Smith.
La sua espressione diventa leggermente più serena, probabilmente sapere di non dover ammettere con la sua stessa voce quelle stesse informazioni e doverle spiegare, ripetutamente, davanti ad altri lo conforta a quel punto. È anche vero che farebbe di tutto per trovare una scappatoia e proteggere la faccia di fronte agli altri, io gli ho solo dato modo di sfruttarmi per coprire il resto.
Annuisce, seguendo il lento movimento con quegli occhi dal colore così strano, come fossero spiritati e bloccati.
«Possono essere veramente dei diti al…» La prof entra non lasciandomi modo di finire la frase. Il suo sguardo è già diretto verso di me con lo stesso odio che rivolge a chi non è pronto per le interrogazioni, non voglio che trasformi la mia esistenza nell’inferno che le piace tanto spiegare.
Una volta che la classe la saluta con distrazione, ancora presi dalla vista del rappresentante degli studenti, è lei a rompere il silenzio, con la solita aria di indispettita superiorità.
«Non iniziate una riunione durante la mia ora, piuttosto vi do il permesso di uscire» dice, indicandoci velocemente per liberarsi in fretta del problema e cominciare a spiegare. Non aspetta nemmeno che siano arrivati tutti in classe, ma visto che i controlli vanno a rilento all’aumentare delle persone presenti all’ingresso le ruberebbero una buona mezz’ora preferisce sbrigarsela così.
«Perché sono capitate a me tutte queste prime ore, non posso fare lezione a quattro gatti ogni volta» la sentiamo lamentarsi finché la porta non si chiude alle nostre spalle, ma conoscendola andrà avanti ancora a lungo con quella storia, sprecando più tempo di quanto se ne possa permettere.
Nel corridoio siamo costretti a defilarci per non disturbare il passaggio ai poveracci il cui ritardo è stato accentuato dall’inefficacia dell’organizzazione scolastica, che fa ancora acqua da tutte le parti nonostante sia stata orchestrata dal biondo.
Girato l’angolo che la nostra aula fa con il muro interno del cortile, proprio lo spilungone si appoggia alla parete per rilassarsi un momento, nonostante attraverso le palpebre spalancate e la pupilla dilatata sembra ricordare una sua esperienza traumatica.
«Per oggi pomeriggio è tutto organizzato?» gli domando, tentando di riportare la sua attenzione alla realtà, ma quel pensiero sembra averlo fossilizzato in quella posizione e l’espressione che immagino sotto quella mascherina è inquietante.
«Cosa succede Erwin?» Hanji non riesce a resistere, più curiosa di quanto dovrebbe essere e ancora ignara di quello che io ho già intuito.
Decido che è arrivato il momento di svegliarla, per aiutare lui con il peso che ha già sulle spalle «Ti ricordi quei tizi che stavano a casa mia l’altro giorno?» sono il più cauto possibile, per evitare che qualsiasi altro dettaglio della nostra serata venga erroneamente interpretato.
«Quando ti ho portato quella sorpresa?» Proprio l’argomento che avrei preferito evitare, ma lui non sembra farci nemmeno caso, lasciandoci parlare senza intervenire.
«Sì, proprio quel giorno. Gli stessi uomini hanno fatto delle domande a suo padre perché aveva preso parte a una loro operazione»
«Senza saperlo» aggiunge Erwin, capendo che con il mio stesso discorso mi sono messo con le spalle al muro e non riesco ad uscire da quel tentativo di spiegarle senza far prendere colpe inutili a suo padre.
Ma la quattrocchi sembra berla senza fare ulteriori domande, forse ha intuito che la situazione è troppo intricata per essere spiegata in quel luogo e con così poco tempo a disposizione. Senza pensarci due volte gli dimostra il suo appoggio abbracciandolo semplicemente, lasciando che lui le appoggi la mano sui capelli per accarezzarla come si fa con un cane.
Non sembra essersi ripreso ancora del tutto, ma almeno i muscoli facciali sembrano rilassarsi un pochino, preso da quella spontanea dimostrazione di affetto.
«Ohi, Erwin, non avevi qualcosa da dirmi?» Mi guarda, staccandosi dalla ragazza senza essere brusco. Sta tentando di rimandare, fa sempre così prima di fare quella mossa idiota che dovrebbe lasciarmi sul posto fino alla prossima volta, ma l’unica occasione che avremmo per parlarne è stasera.
Ma finalmente dopo anni di giochi psicologici riesce a rispondermi senza farmi anche venire il mal di testa: «Stasera, stasera ne parliamo»
 
Le lezioni oggi sono stranamente passate con una lentezza esasperante, forse la mia mente mi sta proteggendo da quello che mi aspetta facendomi percepire il movimento delle lancette rallentato, o forse quella risposta così tanto aspettata mi ha scombussolato.
La ricreazione invece sembra passare fin troppo velocemente, come sempre.
Sono rimasto al mio posto per tutto il tempo, non ho granché voglia di seguire il ruolo di animale sociale che la natura ha pensato per l’uomo, non fa per me. Però, nonostante le mie precauzioni, immagino che non possa scappare agli altri primati sociali.
«Ehi Levi, sei sicuro che posso venire con te oggi pomeriggio?» mi viene a chiedere Isabel, girando la sedia verso di me.
Francamente non sono sicuro della mia scelta, ma non saprei chi altro portare e lei mi sembra la più adatta all’occasione, avrei qualcuno con cui evadere dal resto del gruppo e che potrebbe tirarmi su il morale con il suo sarcasmo schietto e pungente.
«Farlan non è d’accordo?» le chiedo, non ho avuto un attimo per chiederglielo direttamente, ma non voglio nemmeno fargli un torto. Quindi provo almeno a capire se è stata una mossa fin troppo azzardata o se è riuscito a capire la situazione senza fare il testardo.
«Ha detto che se passo un pomeriggio con te ne vuole due per sé» risponde ridacchiando, evidentemente essere contesa non le dispiace, anche se è chiaro che l’interesse maggiore non è a mio carico. Il suo sguardo acceso e vivace riesce a trasmettere le stesse energie che ha agli altri, soprattutto perché contiene la sua vena ironica e sincera.
«Quindi tutto a posto, grazie per sacrificarti in quel modo» Sorride, per poi muoversi velocemente verso di me, come fulminata da un’idea.
«Stavo ascoltando in giro» si avvicina per sussurrarmi un pettegolezzo idiota e di cui probabilmente mi importa poco «in realtà Petra viene insieme a Erd»
Fingi stupore e l’argomento durerà meno di una tortura medievale «Cavolo, davvero? Che gatta morta» mi sto trattenendo solo perché un professore potrebbe essere appostato sotto il banco per origliare qualsiasi insulto e mettermi una nota per rovinare il voto della mia condotta.
«Sì, infatti! Poi Auruo è riuscito a convincere la ragazza del primo anno solo perché le ha promesso un posto davanti al rinfresco» mentre lo dice si accorge di aver parlato con un volume di voce troppo alto e si guarda alle spalle colpevolmente. Fortuna per lei quel gruppetto in particolare è ancora immerso nel ripasso per le interrogazioni programmate della prossima ora.
«E Hanji porta ovviamente Moblit, ha detto che ci sono due angolini in cui non possono essere visti»
I ruoli della festa iniziano a prendere forma nella mia mente «Se la ragazza patata è quella che ha mangiato davanti a Shadis, credo che quelli non saranno gli unici piccioncini»
Lei mi guarda non capendo il nesso tra le due coppie, ma io non mi riferisco al mio mimo; quindi, le vado incontro aggiungendo «Probabilmente anche quella primina e il buffet avranno momenti intimi» Scoppia a ridere, facendomi sorridere per quanto poco serva a scatenare quella reazione così genuina.
Petra ci riprende richiamandoci al silenzio. Solo perché deve finire una cosa che avrebbe dovuto fare comodamente a casa sua, ora pretende di potersi comportare egoisticamente calpestando il nostro diritto a svagarci nell’unico momento prefissato per farlo. Per loro evidentemente è più importante grattarsi la pancia a casa piuttosto di recuperare un minimo di ossigeno tra le lezioni.
«Mike chi porta?» mi chiede lei, l’unico di cui non sa cosa spettegolare, ma la vera domanda è: «Chissà chi invita Erwin» le rispondo.
Mi guarda in una maniera strana, come se non dovessi dare importanza a quel problema di troppo. Per lei probabilmente la domanda era un sintomo della mia gelosia verso di lui, la nota sempre e molte volte non ha tutti i torti.
Dal momento in cui l’ho conosciuto più intimamente ho considerato lui come una delle persone più vicine e intime della mia vita, l’unica che mi conosce a fondo alcuni aspetti ad altri sconosciuti.
Ma resta il solito jolly, colui che non riesce mai a comunicare chiaramente il suo stato d’animo e le proprie intenzioni, maledetto. Avendo scoperto che potevamo avere un accompagnatore solo stamattina, dovrei aver capito che non aveva nemmeno intenzione di farmelo sapere.
Chissà come sarebbe stato divertente scoprire di essere l’unico a essere arrivato lì da solo. Per quale motivo avrebbe dovuto orchestrare una cosa del genere? Spero si sia solo scordato di avere il mio numero, cinque applicazioni con cui abbiamo interazioni, il mio indirizzo e un sistema di piccioni viaggiatori più che funzionante. Swiffer apprezzerebbe l’ultima opzione.
«Ancora pensi che abbia avuto tempo di invitare qualcuno?» si intromette Hanji, sbucando alla mia sinistra. «Mentre voi due ragazzi avete deciso di venire?» aggiunge sorridendo, come se stesse guardando attraverso una vetrina un’adorabile coppietta di cuccioli.
Isabel annuisce con convinzione, come se la stesse rassicurando del fatto che non sarò da solo. Okay, non sono un bambino che deve essere per forza accompagnato e mi sta facendo quasi pentire della mia decisione.
«Non mi serve la babysitter» Mi accorgo solo l’attimo dopo che potrebbe far risaltare troppo una permalosità che non fa parte della mia persona, forse ho passato troppo tempo con un’adolescente in piena crisi ormonale. Guardandomi intorno direi forse che Mikasa è solo “quella di troppo”.
«Ti crediamo, tranquillo» La rossa mi accarezza il braccio accentuando il sarcasmo delle sue parole, per poi girarsi verso la quattrocchi «Non ci sarà mica un’etichetta da seguire, vero?» le domanda esasperando l’espressione colma di paura, già non è capace a nascondere un’emozione, se inizia a esaltarle diventa un libro aperto.
Quegli occhi sono tanto rotondi quanto sinceri al punto da creare motivi per attaccare briga senza volerlo, il più delle volte perché non riesce a coprire le sensazioni sgradevoli che alcune persone le provocano. Purtroppo colpisce sempre in pieno le persone più permalose, soprattutto se si tratta di professori e altri studenti.
«Ma tranquilla, non è una festa a tema, devi solo venire vestita» Mi guarda ridendo sotto la mascherina, prima di aggiungere «Prendi spunto dalla sua camicia»
Isabel mi guarda cercando l’indumento in questione, nonostante abbia avuto più volte modo di vedere che indosso solo un’anonima maglietta nera.
«Quella che metterò dopo» le faccio notare. Spero che prima o poi riuscirà a rendersi conto di quanto è ingenua.
Al suono della campanella, mentre gli interrogati del giorno si alzano per andare al patibolo di filosofia, mi lanciano entrambe un ultimo sguardo che sembra volersi quasi scusarsi per qualcosa. Perché mi trattano sempre come se ci fosse qualcosa di sbagliato?
Fortunatamente riesco in poco tempo a distrarmi da quella sensazione aiutato dalla prestazione penosa dei tre che accompagnano Petra. Classico delle interrogazioni basate sul mix di ripasso e nuove conoscenze: generano un mix di “Ah sì, quello” e “Ehm…” prolungati per far arrivare suggerimenti inesistenti. Anche la ragazza continua a pronunciare quegli odiosi suoni mentre prova a ricordare dei concetti che non sono nemmeno presenti nella sua memoria, ma è il professore a finirle le frasi.
Non credo che Zacklay faccia preferenze di genere, quello è più un comportamento più da Pixis, immagino che faccia così perché anche lui ha una casa in cui fare ritorno e non ha tutta la giornata per ascoltare quei mugolii fastidiosi. Sta soltanto facendo un vano tentativo di velocizzare i processi più di quanto quei cervelli gli sono capaci di fare autonomamente.
Guardandoli così mi accorgo che il gruppo eterogeneo che si è andato a creare è veramente strano. Più strano sarà vederlo riunito insieme ad altre persone creando quello che mi aspetto sarà il caos.
 
A casa la situazione non è diversa dal funerale di Kenny.
Swiffer pretende di essere sfamato più di quanto sfamerò me stesso in tutta la giornata, la camicia di cui si parlava prima è nascosta da qualche parte nell’armadio e anche oggi non ho nemmeno pensato a studiare o accendere il computer in generale.
Credo che il vero problema siano le comunicazioni che potrebbero essere arrivate tramite mail, che non controllo da telefono, ma sarà il problema per un altro giorno arrivati a questo punto del pomeriggio.
Il gatto muove la coda come fosse il pendolo di un vecchio orologio, scandendo il tempo della sua oziosa vita con la stessa pigrizia con cui ha chiuso gli occhi illuminato dalla calda luce del sole. Dovrei imparare da lui a fregarmene di meno di altri esseri umani e mangiare di più mentre lo faccio.
Pochi attimi prima di uscire gli accarezzo la testa facendolo sospirare nel sonno «A dopo palla di pelo»
   
 
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