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Autore: Ghostclimber    09/10/2021    2 recensioni
Song-fic ispirata alla canzone (ok, solo la prima strofa e il ritornello) di Scar Tissue dei RHCP.
Dedicata a Ste_exLagu, che l'ha allegramente vinta indovinando una citazione in un'altra fic (bonsci bonsci bo bo bon).
Hana x Sendoh (one-sided), Rukawa x Hana (implied)
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io: "Tornerò presto nel fandom con una long HanaRu di notevole malvagità."
Sempre io: metto apposta una citazione facilissima in una fic per spingere Ste_exLagu a propormi un pairing dei suoi e una canzone.
Vabbé raga, non ce n'è, sono più cogliona di Hanamichi e sì, forse sarebbe il caso di preoccuparsi.





 

“Scar tissue that I wish you saw,
sarcastic mister know-it-all,
close your eyes and I'll kiss you, 'cause
with the birds I'll share...
With the birds I'll share this lonely view...”

[Red Hot Chili Peppers – Scar Tissue]




 

Sakuragi si decise ad alzare il culo dal muretto su cui si era seduto ormai ore prima.

Le chiappe urlavano pietà già da un bel po', per non parlare del cuore.

Lanciò un'ultima occhiata al molo che stava osservando da tutto il pomeriggio, si ficcò le mani in tasca e si allontanò a passi lenti e pesanti.

 

Lui, Sakuragi Hanamichi, il terrore di Kanagawa, il Re dei Rimbalzi, il Fratello di King Kong e qualsiasi altro stupido soprannome si fosse dato nel corso degli anni, era diventato completamente scemo.

Va bene, era disposto ora ad ammettere di non aver mai avuto una gran scorta di neuroni, ma come il proverbiale bombo che non ha la struttura fisica per volare ma lo fa lo stesso perché non lo sa, Sakuragi era sempre stato beatamente inconsapevole della propria stupidità.

 

Fin quando qualcuno non gliel'aveva sbattuta in faccia con tutti i crismi.

 

E quel qualcuno era Sendoh Akira.

 

Sakuragi si tirò su il colletto della camicia, non per sembrare più figo ma semplicemente perché si sentiva nudo ed esposto: dopotutto, aveva passato l'intero pomeriggio a fissare proprio lui come uno stalker di bassa leva, oltretutto in bella vista, come se niente fosse.

Se Rukawa fosse stato lì, l'avrebbe preso in giro fino a perdere la voce.

 

Se qualcuno, solo pochi mesi prima, avrebbe detto a Sakuragi che rivolgendo la mente a Rukawa avrebbe pensato “è l'ultimo dei miei problemi”, probabilmente avrebbe preso una tale bordata di mazzate da non riuscire a camminare dritto per una quarantina d'anni.

E invece era proprio così: quella che Sakuragi aveva inizialmente scambiato per un'assurda e indesiderata cotta, e che come tale aveva combattuto allo stremo delle forze, altro non era che una profonda ammirazione. Per i suoi movimenti aggraziati e precisi, per il modo in cui sembrava fottersene dell'intero universo fintantoché non si andasse a mettere tra lui e il campo da basket... Sakuragi non riusciva mai a focalizzarsi su qualcosa in maniera così esclusiva, o se ci riusciva lo faceva nella maniera sbagliata, scivolando lentamente in una terrificante ossessione a senso unico.

Non che in quello fosse cambiato, si disse voltandosi indietro senza fermarsi, come se stesse mostrando a se stesso che ancora una volta stava ossessionandosi senza soluzione di continuità.

Prima Haruko, poi Rukawa, poi di nuovo Haruko, ed eccoci qui, all'apoteosi delle idee di merda di Sakuragi Hanamichi: Sendoh Akira.

 

Sembrava quasi, rifletté melancolicamente, che il suo cervello prendesse la decisione cosciente, a sua insaputa, di farlo andare in fissa con gente che non se lo sarebbe mai cagato di striscio.

Si chiese se ci fosse una lezione da trarre in tutto ciò, forse non era destinato a trovare un partner, forse a livello subconscio desiderava avere la scusa per non trovarne uno, restarsene da solo in santa pace a cazzeggiare con gli amici e giocare a basket... anche se l'idea di finire un giorno completamente solo perché gli amici sarebbero stati sposati e accasati lo spaventava non poco.

 

Si consolò ripetendosi di essere ancora solo un ragazzo, un liceale alle prese con qualche cotta, forse non del tutto convenzionale ma pur sempre nulla di grave, nulla di perverso, nulla di... beh, nulla di nulla, se proprio voleva essere onesto.

E, almeno con se stesso, poteva permettersi di esserlo.

Sapeva che dalla sua cotta per Akira Sendoh non sarebbe uscito nulla di costruttivo, eppure non poteva fare a meno di essere attratto da quel sarcastico so-tutto, quel bastardo che prima gli dava dell'incapace e poi cominciava a fregarsene allegramente di lui.

Quantomeno, si disse, Rukawa lo insultava e poi lo menava: per qualche strano, assurdo giro mentale che nemmeno Sakuragi riusciva ad afferrare appieno, quel suo comportamento sembrava quasi una specie di strana dimostrazione di affetto. Come a dire, “Se non ti svegli fuori da solo, ti sveglio io a calci in culo”. E quello era un linguaggio che si confaceva a Sakuragi, perché davvero lui era uno che, come diceva il suo raffinatissimo zio, facevi prima a metterglielo in culo che in testa, e una critica, per quanto detta in maniera poco ortodossa, seguita da un bel pestaggio, era proprio quel che ci voleva per dargli una svegliata.

Invece, Sendoh non mostrava altro che disprezzo: non sopportava che un incompetente come Sakuragi calcasse il suo stesso campo da gioco, non lo voleva in mezzo ai piedi e non ne faceva mistero. E ai suoi pungenti rimproveri non seguiva altro che una fredda indifferenza, che faceva sentire Sakuragi poco meno importante di un piccolo cadavere di mosca rimasto sul davanzale della finestra in una notte di tardo autunno.

Quella sensazione riapriva in lui vecchie ferite, scavando nel tessuto cicatriziale ancora dolente al tatto. Non era mai stato il più carino, il più bravo, il migliore. Mai, in nulla. Credeva di avere qualche possibilità nel basket: dopotutto, al di là delle sue buffonate, molta gente continuava a ripetere che era un dilettante di grande talento, e persino Rukawa era arrivato a dargli fiducia, nella partita contro il Sannoh. Nulla sarebbe mai potuto valere quanto Rukawa Kaede che gli passava la palla mentre gli ultimi secondi di gioco sgocciolavano via dal tabellone, eppure... eppure, di fronte a Sendoh, Sakuragi tornava ad essere niente di più che uno scoordinato principiante, buono solo a fare la macchietta comica e qualche danno.

 

Ebbene, stavolta non si sarebbe reso ridicolo.

Aveva utilizzato per anni la tattica di esporsi al mondo, prendendosi in giro per primo per evitare che gli altri raggiungessero il suo io più profondo, quello vulnerabile, quello che un giorno sì e l'altro pure piangeva con la faccia affondata nel cuscino fino ad addormentarsi, quello che si sarebbe volentieri tolto di mezzo se non fosse stato per la paura che la mamma non avrebbe retto a perderlo a così breve distanza da suo padre.

Urlando a tutti di essere il migliore, sfidava la folla a contraddirlo, abbassava le aspettative, e quando finalmente riusciva a imbroccarne una giusta era lo stupore generale.

Ma con Sendoh non avrebbe fatto così.

 

Sendoh aveva già toccato troppo vicino ai punti più sensibili di Sakuragi, e lui sapeva che sarebbe bastata solo una stoccata ben assestata per farlo crollare.

Non sapeva, e forse nemmeno voleva sapere, se Sendoh l'avesse fatto per puro caso o se invece avesse capito con un'occhiata chi era e quali erano i suoi punti deboli: quest'ultima ipotesi, per quanto probabile, l'avrebbe distrutto. Perché se Sendoh aveva capito chi era e l'aveva volutamente ferito a fondo, allora era di nuovo rientrato nel loop di mettersi a provare dei sentimenti per qualcuno che non solo non era interessato, ma forse addirittura lo disprezzava.

Qualcosa in lui gli diceva che Sendoh non era così crudele, non poteva esserlo: quando Rukawa era andato a cercarlo per chiedergli cosa lo rendesse, a detta di Anzai, un giocatore migliore di lui, Sendoh aveva risposto con cordialità e gentilezza, per quanto la cosa non gli avrebbe portato alcun vantaggio, anzi. Rukawa, se l'avesse ascoltato come in effetti aveva fatto, sarebbe solo diventato un giocatore più valido, e c'era un limite al gusto della sfida. Rukawa era già un avversario abbastanza temibile per Sendoh, senza che quest'ultimo si mettesse a dargli consigli per limare gli ultimi difetti rimasti.

L'ipotesi che Sendoh l'avesse fatto con il secondo fine di apparire migliore agli occhi di Rukawa lo attraversò, ma Sakuragi cercò di scacciarla: aveva appena cominciato a menarsi con quella volpaccia solo a giorni alterni invece che quotidianamente, non era il caso di ficcarsi in testa che fosse di nuovo un nemico che si poneva tra lui e l'amore della sua vita: ad essere onesto non era poi così male avere meno lividi addosso. Quel cosino rachitico picchiava forte.

 

Era ormai quasi sera, e Sakuragi si impose di smetterla: era inutile stare ad elucubrare su qualcuno con cui non avrebbe mai avuto occasione di condividere nulla al di fuori di una partita di basket qui e là. Tirando una bella somma di tutti i suoi ragionamenti, Sakuragi concluse di essersi di nuovo innamorato di qualcuno di irraggiungibile: presto o tardi sarebbe sceso a patti con la questione, forse sarebbe tutto passato, forse avrebbe trovato qualcun altro da amare o forse no, ma di certo avrebbe trovato un po' di pace mentale.

Nel frattempo, avrebbe continuato a guardarlo di nascosto, insieme ai gabbiani che sorvolavano la baia mentre lui pescava, a illudersi che un giorno avrebbe trovato il coraggio di scendere al molo a salutarlo e che lui avrebbe risposto con la stessa gentilezza che aveva riservato a Rukawa, se non con qualcosa di più.

 

Si introdusse di soppiatto nella palestra dello Shohoku. Da Rukawa, soprattutto una cosa aveva imparato: giocando a basket, tutto sembrava più distante, di importanza minima.

Entrò nello spogliatoio al buio: ormai conosceva quel posto come le sue tasche, al punto di non aver bisogno di accendere la luce. Anche sul campo non l'avrebbe fatto, un po' per non attirare l'attenzione e un po' perché voleva anche lui imparare a fare i tiri liberi con gli occhi chiusi. Sia mai che Rukawa restasse il migliore, va bene tutto ma questo proprio no.

 

Stava ravanando nel cesto dei palloni, alla ricerca di uno che fosse bello gonfio e non sudaticcio, quando udì il clic di un interruttore; poi la luce al neon gli perforò gli occhi.

E una voce: “Che ci fai qui?”






Se l'ultima frase vi sembra un revival di una certa scena dell'anime, ci sono dei ben validi motivi.
Se quella certa scena dell'anime vi suscita ipotesi su cosa davvero sia successo di notte, palestra vuota tranne una scimmia e una volpe, il passo per capire che mentre scrivevo e meditavo un vago happy ending mi è arrivata una pallonata in testa che ha fatto scivolare il mio povero criceto dalla ruotina è breve.
Insomma, non li separo manco quando mi chiedono altre ship.
Spero abbiate gradito, i commenti sono molto ben accetti, se mi dovete tirare i pomodori invece gradirei che fossero cuore di bue belli maturi, che son difficili da trovare.
Alla prossima!
(a breve, con cattiveria, promesso)
XOXO

   
 
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