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Autore: Alarnis    10/10/2021    3 recensioni
"Quel giorno fu lei a restare ferita, solo ora se ne rendeva conto."
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 28 Malia e il principe

 
“Baltasar fermo, non è necessario!” aveva gridato Malia prima che fosse tardi, cercando di raggiungerlo con la mano aperta, le cinque dita distanziate una dall’altra, allungate fin sulle punte per afferrarlo, per ritrarlo, per riportarlo a sé; come se bastasse portare un’unghia solo un poco più avanti. Eppure, tardi, già lo era! L’incendio aveva purtroppo attecchito, saltando da una casa all’altra come un folletto dispettoso.
“E perché? E’ divertente non trovi?” aveva commentato quella voce un tempo piacevole ; sotto un cielo notturno ravvivato, più che dal pallore della luna piena e la punteggiante luce delle stelle, dall’ardere degli alberi e delle case, per cui il fuoco era stato solo un diversivo: una copertura ad un furto, probabilmente progettato alacremente da tempo.
Mi aveva promesso che sarei stata la sua regina…  si disprezzò di avergli creduto. Di fronte alle sue incertezze e al suo rimorso quell’avvoltoio nero, Baltasar di Foresta Cupa, l’aveva lasciata ridendole in faccia “Mi hai deluso. Sei solo una sciocchina.” aveva sottolineato ilare stringendo le lunghe labbra sottili quasi accennate “Posso trovarne cento come te!”; quasi sottintendesse Per così poco? Un misero incendio?
Una risata beffarda, pungente e isterica aveva fatto inclinare il collo di Baltasar e gonfiare il torace, mentre i lunghi capelli, neri come la notte, gli finivano sulle spalle come una cascata. Sarcastico aveva cercato nuovamente di smuoverla.
“Non lo senti più il mio ardore?” aveva declamato folle con quel suo viso spigoloso, bianco e altero, gongolando per la gioia di vederla ferita: bruciata più che dal fuoco, dal rimorso di essersi accompagnata a lui. Come se l’imprudenza di seguirlo fin dentro quella casa banale fosse maledizione eterna per lei.
“La spada!” le aveva intimato di consegnargliela.
Lei, di contro, l’aveva trattenuta a sé, stretta, come fosse stato un bimbo in fasce da proteggere o meglio come se si accorgesse fosse l’unico mezzo per proteggere se stessa.
Negando col capo gli disse “Solo a una condizione..”.
“Chiedi.”, poi un tono spiccio “Svelta!”.
“Non farmi del male” l’unica cosa che le passò per la mente di dire.
Baltasar non rispose, ma sembrava agitato. “La spada!” richiese di fretta. Il tempo stringeva. Gli uomini si stavano organizzando e lui ne avrebbe fatto le spese.
Malia indietreggio: avendo più timore di lui che del fuoco.
Ebbe una crisi di panico, di ansia “Giuro che la getto dentro!”. Si girò per farlo. Se era tanto importante per lui, il fuoco non sarebbe più stato così divertente.
Fu lui questa volta ad avanzare la mano “Non ti farò del male.” proferì.
E dovrei crederti?
Lei lo incalzò, sospettosa, ormai ingrata al loro amore “Giuralo su questa spada!”e, lui giurò, dandole la sensazione fosse una vittoria.
Alle sue spalle c’era il fuoco, il metallo con il calore iniziava a scottare ma Malia non osò avanzare. Fu lui a strappargli la spada dalle mani.
Quando i loro occhi si fronteggiarono, le sfuggì l’ultimo soffio della loro passione tra le labbra “Credevo tu fossi un eroe…” si giustificò. “Il mio!”.
“Un eroe di questi tempi è merce pregiata” la risposta secca che Baltasar le concesse la inorridì, facendole scendere un brivido fin sulla schiena.
Ora, lui le puntava la spada alla gola. Il collo di Malia alla sua mercé. Si sentì in trappola. Restò immobile.
Lui a dispetto del suo terrore sorrise “E’ tutto merito tuo, mia bellissima Malia!” affermò, ma quelle parole non sembrarono una lusinga.
Baltasar abbassò la spada, ma solo per dirigerla orizzontalmente feroce, razionale, nella direzione che ora era tizzone, poi un’altra risata gli aveva modificato la bocca in un ghigno depravato, come dicesse E solo l’inizio!
Era salito a cavallo e Malia non l’aveva più visto.
L’aveva lasciata là a guardare il triste coronamento del loro desiderio. Perché l’amore, quello vero e onesto, doveva essere un’altra cosa…
L’aveva lasciata e, lei era rimasta solitaria e muta. Si trascinò lontano a sedere, fissando il suolo perché della luna si sentiva indegna, finché….
Si era accorta di non essere più sola… o meglio di essere osservata, perché i lamenti e i pianti facevano da macabra cornice alle sue orecchie, nonostante cercasse di ripararle.
“E tu cosa guardi? Mi hai sentita?” aveva gridato irritata a donna Agata che muta rimaneva a guardare Macerino bruciare. Malia sentiva gli occhi fuori dalle orbite in preda ad un panico che non riusciva a combattere.
“Non è colpa mia!” aveva urlato addosso grintosa alla donna, senza neppure la forza di alzarsi; il mal di stomaco troppo intenso per non stringersi la pancia con le mani nel tentativo di assottigliarla; le gambe troppo tremanti per reggersi in piedi. Sapeva di esserle entrata in casa in sua assenza. Baltasar le aveva chiesto di entrare al posto suo, nella casa di Agata, perché fosse stato scoperto non avrebbe avuto motivo di trovarsi là. Lei per non mettere in pericolo il buon nome della donna, visitata da un uomo in segreto, aveva accettato.
In fondo, Baltasar le aveva confidato si conoscessero, nonostante Agata avesse negato di aver mai preso servizio presso la signora madre di Baltasar.
Ci mancava solo quella selvatica contadina solitaria, che le facesse la morale! aveva pensato Malia.
Agata non aveva fatto l’atto di aiutarla come se le imputasse quel disastro, restando a guardare il fuoco che si alzava a rischiarare la notte, a riscaldare l’aria fredda rendendola tiepida; quasi un regalo in quei giorni particolarmente rigidi d’autunno.
Infine, la donna le si era avvicinata, ma nell’esatto istante in cui aveva tentato di accarezzarla, Malia si era scostata, quasi per pudore di sentirsi messa a nudo nei propri difetti.
“Lui ti ha usata…” aveva commentato Agata, senza mezzi termini.
Malia sbottò “E tu, cosa ne vuoi sapere?” si era girata a guardarla in quel viso soffice: quegli occhi le erano sembrati indulgenti, cosa strana per quella donna che solitamente apriva la bocca solo per polemizzare, rimproverare qualcosa o ordinare. “Lui non mi ha usata!” chiarì, ma la sua voce cedette e si perse nella gola sull’ultima parola: era stata lei a permetterli una simile azione.
“Ti avevo detto di non credere a quel giovane!” l’aveva rimproverata Agata com’era prevedibile.
“Avresti dovuto dirmi chi fosse!” l’aveva smascherata.
Agata, quasi se l’aspettasse si mantenne severa “A prescindere fosse mio figlio volevo proteggerti” rimarcò.
“So’ proteggermi da sola.” mise in chiaro “Perciò va’ a salvare qualcun altro!” l’aveva cacciata via a parole, trattenendo a fatica le lacrime che volevano spezzare l’arroganza del suo viso che si dimostrava impassibile al dolore.
“La famiglia del fabbro è in salvo e anche le famiglie di Eugenio e Leandro. Tutti stanno aiutando. Io devo pensare a te, ora!” l’aveva ripresa stizzita Agata.
“So’ proteggermi da sola.” ripeté decisa. “Te lo ripeto! Va’ a salvare qualcun altro!”le urlò.
“Lo farò!” precisò mentre le calava un ceffone che fece un sonoro clap! sulla sua guancia che divenne infuocata e che la lasciò basita, mentre Agata la fissava seria.
“Che brava, ti sei data questo compito ingrato per lenire le pene causate da tuo figlio?” le si era rivolta ironica incassandolo, sviolinando “Immagino sapessi che cercava quella spada?” ipotizzò sbruffona.
A questo punto Agata annuì “Era stata di suo padre. Ma non la meritava... Era la spada di un eroe e lui è un vigliacco.”.
Malia non si fece impressionare e, sorrise, alzando una fossetta “Un eroe”, “Non ne ho mai incontrato uno” si burlò di lei, prima di confessare “Non la meritava, ma saprà usarla e conoscendolo…” sostenne il suo sguardo, volontariamente lasciando sul vago l’uso che Baltasar ne avrebbe fatto. Continuò inclemente “Non sei stata leale al villaggio” precisò Malia “Hai mentito di non conoscerlo.”.
“Non pensavo arrivasse a tanto…” disse breve l’altra, concludendo con una riflessione che non risparmiò a Malia “A viso aperto non avrebbe avuto la forza di affrontarmi per chiedermela.”.
“Affrontarti? Un figlio, un uomo come lui?” la squadrò dall’alto in basso. “Ha preferito far agire te, togliendoti l’innocenza!” aveva appuntato Agata, facendole infiammare le guance nel rimarcarle quanto Baltasar si fosse approfittato di lei.
“Quest’unguento aiuterà le tue ferite…” l’aveva infine stupita, traendo dalla tasca dell’ampia gonna quella che sembrava un paniere di foglia con dentro dello sputo lumacoso.
“Ma mettilo tu! Che schifo!” aveva rimproverato disgustata, facendo una smorfia che le aveva fatto fuoriuscire la lingua intera e ritirandosi per allontanarsi.
“Che ragazza pusillanime!” rimproverò Agata, per cui tutti erano dei pusillanime! Soprattutto, tutti dovevano darle retta, motivo per cui si ritrovava spesso lasciata da parte al suo polemizzare.
Agata l’aveva guardata dondolando il capo, mantenendo tuttavia avanzata la mano “Per quella del cuore non ho rimedio, mi spiace.” aveva ammesso con rimorso.
Infatti Malia sentiva il cuore in cenere come quegli innocenti, pesante della colpa di aver amato la persona sbagliata, nel modo sbagliato.
Era come se le fosse diventato d’un colpo difficile amare e fidarsi di qualcuno.
“Ahhh, insomma, dai qua’!” l’aveva fatta breve. Agata era abbastanza cocciuta, che accettare era l’unico modo per togliersela dai piedi.
Spalmato l’unguento sulle braccia, ne sentì l’effetto calmante. Il cuore riprese a battere in maniera più regolare e poté pensare…
A quando ancora nel villaggio di Macerino la vita scorreva lenta, gaia e sempre uguale; i paesani si salutavano il mattino con lo stesso cuore lieto come non si vedessero da mesi, mentre nelle vie si rincorrevano giocosi i bambini e negli orti le colture crescevano.
Poté pensare a quando da una cupo cavallo era sceso un bellissimo giovane…
Fu quello il primo incontro tra Baltasar e la bella Malia. Lei aveva interrotto la propria consegna di lavare i panni alla fontana e si era fissata su quella elegante figura, imbambolata come le altre fanciulle di fronte a quel giovane distinto.
Gli uomini erano accorsi per informarsi che cosa volesse quel forestiero; quali fossero le sue intenzioni, anche se non sembrava una minaccia per tutti loro.
“Sono Baltasar di Foresta Cupa.” si era presentato con garbo agli uomini “La mia vecchia madre morente mi ha chiesto di recapitare un messaggio ad una sua vecchia e fedele domestica. Credo abiti nel vostro villaggio…” poche parole che per Malia sembrarono essere l’inizio di una fiaba di cui voleva far parte: quel bellissimo giovane avrebbe mantenuto fede alla promessa di soddisfare le ultime volontà materne, forse grazie a lei!
“Io credo si riferisca alla nostra Agata!”aveva detto lei prontamente, gaia e veloce per riceverne le attenzioni, imbarazzando oltre i presenti, il proprio padre.
Negli occhi di Baltasar aveva sfavillato il bagliore di un lampo, gratificandola d’essere stata d’aiuto.
Eppure suo padre era divenuto incerto sul da farsi “Mia figlia si sbaglia…” era sembrato imbarazzato come di uno scherzò, descrivendo Agata come una donna da tempo sola e modesta, brava nel rammendo e nell’essiccare i funghi “Di certo, estranea al casato di Vossignoria”, aveva precisato.
“Mia madre la ricorda con affetto.” si era rimproverato il gentil giovane “Vorrei incontrare questa donna.”.
Dondolato il capo chiese “Il prima possibile. Temo l’aggravarsi delle condizioni di mia madre.” si scusò, le mani alle tempie, struggendosi al doloroso pensiero.
Malia, le mani giunte, aveva pregato fosse proprio Agata la serva che lui cercava. Una così bella persona, che non disdegna di mettere piede tra la gente semplice, per un obbiettivo tanto nobile, doveva portare a compimento il proprio impegno.
“Vorrei mi indicaste quella donna…” aveva sperato il bel giovane, alto più della media, accarezzandosi il colletto di zibellino.
“Si è allontanata giorni fa, in cerca di erbe, mi disse” si giustificò il capo del villaggio a nome dei presenti “Non so’ quando sarà di ritorno…” parlò deludendolo, con il cuore in mano “Ogni uomo qui è prezioso per cercarla e anticipare un vostro incontro” si era scusato.
“Vorrei attenderla.” aveva appuntato il giovane: una voce che tutto un tratto era mutata in più cauta e sottile; quasi più cupa, meno mielosa.
“Pagherò bene il mio soggiorno.” aveva precisato avvicinandosi al capo del villaggio e, prendendogli una mano ci aveva vuotato sopra il contenuto di un sacchettino: quattro sonanti monete d’oro erano apparse luccicanti tanto da abbagliare lo sguardo, pizzicando le orecchie dei presenti con il loro tintinnare. Mai viste tante… tutte insieme.
In tutta la sua eleganza il giovane era indietreggiato, accollando il proprio mantello, lucido come il piumaggio di un corvo, nell’attesa di un prevedibile assenso.
Benevolmente accolto dal capo del villaggio in persona, prima di seguire il proprio ospite aveva timbrato in direzione del padre di Malia “Avete una figlia deliziosa.”, facendola arrossire: elevandola da quel momento a sua prediletta.
Era bastata una lusinga… e , se lo rimproverava ancora!
Perciò come non dare torto a Braccioforte! Malia i guai li portava con sé come patrimonio personale, soprattutto per gli uomini che, ora, le si allacciavano alla sottana e tribolavano per lei.
Perduta l’innocenza con Baltasar e disincantata dell’amore, quanto un’avida falena aveva preso a giocare con gli uomini come con dei lumi, attenta a non scottarsi, ma beandoli del suo svolazzo per sfruttarne le sostanze.
Calcolatrice incallita li usava e illudeva che ci fosse spazio anche per loro nel suo cuore.
Cingendoli sottobraccio, sorrideva esuberante tra un bicchiere e l’altro senza esagerare, invogliandoli di contro a fare l’esatto opposto, inebriandoli non solo con i liquori.
Curiosa come un gatto li osservava come fossero topolini; con il palmo della mano sotto il mento sorniona fingendo di interessarsi ai loro discorsi, anche i più banali.
Ti risparmierò i dettagli… poteva dirle un uomo, ma con Malia ahimè! per lui non esisteva l’eventualità di negarli.
Che fosse là, non doveva perciò stupire nessuno più di tanto; primo fra tutti Ludovico, tra i pochi fortunati che aveva il privilegio di avvalersi della sua scaltrezza e farne com’era stato per suo padre, la propria informatrice.
“Caro il mio principe azzurro!” sviolinò Malia entrando nel capanno: un saluto a Ludovico e una valutazione d’insieme che comprendeva anche il rosso Alberico e il bruno Federico. Tre figure aitanti; tutti alti e atletici; fisici vigorosi cui i pantaloni, nel loro taglio sagomato, rendevano merito. Visi sani, capelli lucidi in una variante di colore che li rendeva irresistibili: il marrone dei fusti degli alberi nella chioma di Federico, l’infiammato rosso delle foglie in quella di Alberico, infine il giallo del sole per il bel principe Ludovico, in un concentrato d’autunno che riempiva lo sguardo.
“Quale bella regina di bosco!” l’apostrofò di rimando l’ironia di Ludovico, come parlasse più che di una primizia da raccogliere che di una gentil dama; gli occhi verde arancio le si puntarono addosso interessati.
Denoto impazienza, mio bel principino? rifletté ottimista, sorvolando sullo spocchioso appellativo con cui l’aveva accolta. Che l’aspettasse già ne lusingava l’ego.
Tuttavia una smorfia le corrugò le tempie mentre imbronciava il labbro sulla sinistra, interessata allo scambio di sguardi tra Ludovico e Alberico. La loro curiosa vicinanza, la fece sorridere all’istante, quanto malignare con voce dispiaciuta “Ho forse interrotto qualcosa di piccante?”, alzò il sopraciglio sinistro, allentando indifferente il mantello con aria svogliata come se entrasse tra garzoni di una bottega.
Non devo essermi sbagliata poi tanto… convenne all’immediato risponderle a tono di Alberico che ringhiò incattivito “Qualcosa di cui non saresti all’altezza!”: gli occhi color ambra, stretti e fissi su di lei mentre si avvicinava loro con un sorriso beffardo.
“Vogliamo scommettere?” lo punzecchiò, sicura di sé. Deve ancora esistere uomo a cui non saprò tener testa! si risparmiò dal dire, ma la sua mano fu lesta nel dare una lisciatina lasciva al pantalone del cavaliere, dal ginocchio all’inguine. Occhi su occhi, lei e Alberico si fissarono quasi sfiorandosi le labbra mentre Malia gli avanzava sul viso melensa e lui inclinava all’indietro il capo, portando le mani ad allontanarla, spingendone le spalle, quasi il suo carnale odore lo infastidisse.
“Le scommesse lasciamole agli stolti.” mediò tra loro Ludovico, separandoli paciere con le mani, vivace nel sorriso, superiore di fronte alla loro scaramuccia, spalleggiato dall’indiscreta curiosità di Alberico che indagò“E così, ora, vivi nel bosco?”.
“Sì, come la vecchia delle favole!” sbottò lei, mani ai fianchi, come un tacchino dalla ruota aperta a ventaglio, facendoli sorridere e trattenere a stento una risata che stemperò la tensione.
“Perciò scommetto che mi aiuterai.” azzardò Ludovico galante. “Le vecchie non aiutano forse i principi?” cercò di intenerirla e, biondo e irresistibile com’era, sarebbe stato facile cedervi per qualsiasi altra fanciulla.
“Aiutano gli eroi!” puntualizzò lei con voce seccata, spostandosi all’indietro la nuvola di capelli corvini che ne facevano una dea in terra, tanto erano setosi e lucidi. Prese a girarsi un ciuffo snervata, mettendo in chiaro non fosse un’ingenua sprovveduta da liquidare con quattro chiacchiere.
“Un principe è un eroe!” rispose prontamente Federico che fino a quel momento era rimasto in disparte, a sostegno del proprio principe.
Un eroe è colui che è disposto a dare la propria vita per coloro che ama. Non per recuperare quattro mura, considerò per poi ridere impertinente “Il mio probo Federico. Un eroe di questi tempi è merce pregiata.”. “Te l’ha detto la vecchia Agata?” incalzò Alberico, riferendosi alla donna che s’era presa cura di Malia, non lasciandola sola e sconsolata dopo l’incendio di Macerino che l’aveva vista rinnegare l’inviso amato.
Lei lo volle mettere al proprio posto all’istante, furiosa di ricordare quell’avvoltoio nero “No, me lo disse per primo Baltasar! Prima di farmi questo!” mostrò le bruciature sulle braccia, che ricordavano l’incendio accorso al gaio e cordiale villaggio che l’aveva vista nascere e li avevi visti sfortunatamente incontrare.
Alberico sbuffò il fiato in una risatina “Quando ancora ti amava?”.
“Quando ancora un uomo poteva gloriarsi di sottomettermi!” usò parole grosse “Cosa di cui tu attualmente non puoi gloriarti.”, costringendo Ludovico a intervenire limitando la reazione del rosso cavaliere verso di lei “Calma, mia bella signora. Ti sapevo innocente a quel tempo.” la sgravò dal peso di una colpa che le era stata impressa sulla carne.
“A quell’epoca eri meno presuntuoso” si fece ardita.
“E tu meno aggressiva”
Così, certa di esser orami una donna perduta, accettò quel gioco  “Comunque io non sono vecchia, perciò posso aiutare pure i principi!” volle mettere in chiaro, rubando l’ennesima risata a Ludovico, mentre gli lisciava col dito il torace.
“Dai su, la verità” la interrogò scherzoso scrollando i biondi ricci “L’hai più visto?”
“Sarebbe difficile, visto che ha tirato le cuoia.” sbottò breve avvicinandosi, con il viso che esprimeva vittoria a quel pensiero. “Parliamo d’affari piuttosto!” continuò dunque senza mezzi termini.
“Affari… Null’altro?” annuì col capo Ludovico, assottigliando la loro vicinanza: la cinse alla vita e Malia ne sentì l’odore maschio,il vigore dei pettorali che le venivano premuti contro.
“Mi mancava il profumo della tua pelle.” accordò retorico avvicinando il proprio viso al suo.
“Non mentire!”disse lei con due tormaline che sembravano essersi accese a tizzoni.
“E chi mente…” vi sorvolò Ludovico con un sospiro, mentre le sue mani le scendevano lungo le braccia. Lui rudemente si impose su di lei, stringendole ancor più la vita, riprendendola e avvicinandosela perché fossero a contatto : un tono imperioso ma ancora indulgente “Nessuna donna può dire di aver amato, se non ha amato un principe.” chiarì lui.
“Abbiamo detto di non scommettere!” gli fece eco lei, civettuola.
“E’ dalla presa di Rocca Lisia che non ti vedo?” le sfiorò il collo con la punta del naso, mentre la voce diveniva più roca e il respiro lasciava intuire un rigore assai poco appropriato per la figura che ti immagini di un principe. “Sono rimasto dispiaciuto.” ammise diretto.
“L’atmosfera si faceva un po’ troppo vivace per i miei gusti, ma sono sicura che hai trovato di che consolarti…” civettò evasiva quanto sfacciata “O forse non ne avete avuto il tempo?” sembrò scherzarci su.
“La tua dipartita ci è parsa sospetta” precisò Federico.
“Che brutto termine…” s’imbronciò lei, sporgendo le labbra al principe perché le umettasse.
“Iorio è morto avvelenato!” s’irritò Alberico indisposto dalle sue smancerie col principe.
“E dovrei essere stata io?” s’indignò lei, la mano al petto a suggerire platealmente fosse impossibile. “Baltasar a suo tempo, mi ha già abbastanza incatramata, perché io ambisca a crearmi nuovi nemici, non trovate?”.
“Lanciagli un osso” mediò conciliante Ludovico. “E’ stato Zelio, il traditore!”, ma non negò di aver pensato “Tuttavia tu avresti potuto aiutato?”.
Quasi le sfuggi un vago “In effetti…Potrei averlo fatto?” che fece loro alzare le spade.
“Attenti.” avvertì lei; suadente come una vipera che avverte della sua presenza e delle proprie armi. Gli stessi occhi di un’ombra. “Attenti, voi per primi chiedete qualcosa di pericoloso o sbaglio?” disse bilanciando le loro posizioni, ridimensionando la loro diffidenza.
“Deduco che non sono l’eroe che ti aspettavi.” ammise Ludovico staccandosi da lei, rimirandola dall’alto al basso, per averne uno sguardo d’insieme “Del resto non sei tu la principessa a cui ambisco” la dileggiò.
“Non sono giocattolo con cui giocare.” precisò Malia, allusiva “Potresti scottarti!”.
“Ed io non sono il cuore puro che potrebbe liberarti della colpa che sconti per aver amato Baltasar.” scherzò velenoso, cingendola “Cerco vendetta, null’altro.”.
“Vendetta e il trono che ti è destinato….” lo corresse lei.
A quelle parole, le labbra del principe le si incollarono addosso. La solidità di quelle braccia s’impressero sulla sua vita.
“Potrei darti ciò che cerchi.” solleticò i desideri principeschi.
Un bacio procedette intenso, estraneo alla timidezza, ingorda furia, in un gioco di lingua che scavava dentro la sua bocca, finché senza mezzi termini Ludovico si staccò da lei, le mani sul suo capo ferree “Hai quello che ti ho chiesto?”.
“Sì!” si limitò a rispondere.
“Aiuti un uomo nonostante Baltasar?”.
“Aiuto un principe in memoria di un re!” disse Malia rievocando sincero affetto per Iorio. “Quanto la vecchia Agata, lui credette in me!”
“Iorio credette nelle tue grazie!” ironizzò Ludovico ma forse per rispetto alla memoria di suo padre ritornò ai propri interessi più urgenti “Dimmi solo quanto è potente!”.
“Per una cisterna basterebbe metà boccetta.” confidò stirando il nasino pepata, mentre gli metteva le braccia al collo avida di lui. “Spero tu non voglia metterlo nel vino? E’ troppo banale.” gli alitò sull’orecchio.
“Ho già pensato dove potrei!” se la tirò in braccio, mentre lei lo cingeva con un abbraccio di gambe, ammettendo disponibile “Non vedo l’ora di scoprirlo!”.
   
 
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