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Autore: Star_Rover    11/10/2021    5 recensioni
Durante la Battaglia d’Inghilterra i cieli sopra alle verdi campagne irlandesi sono spesso oscurati da stormi di bombardieri tedeschi che pericolosamente attraversano il Mare d’Irlanda.
Quella notte però è un Heinkel solitario a sorvolare le montagne di Wicklow e il suo contenuto più prezioso non è una bomba.
Un ufficiale della Luftwaffe paracadutato nella neutrale Irlanda è un fatto curioso, potrebbe sembrare un assurdo errore, ma la Germania in guerra non può concedersi di sbagliare.
Infatti il tenente Hans Schneider è in realtà un agente dell’Abwehr giunto nell’Isola Smeraldo con un’importante missione da portare a termine.
Il tedesco si ritrova così in una Nazione ancora divisa da vecchi rancori e infestata dagli spettri di un tragico passato. In questo intricato scenario Schneider entra a far parte di un pericoloso gioco che potrebbe cambiare le sorti della guerra, ma anche per una spia ben addestrata è difficile riconoscere nemici e alleati.
Genere: Drammatico, Storico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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29. La spia del Castello
 

James riaprì gli occhi, la sua vista era offuscata, riconobbe a stento ombre distorte nell’oscurità. Avvertì la gola secca e la testa pesante, doveva trovarsi ancora sotto l’effetto dei farmaci. Si era risvegliato in una fredda stanza d’ospedale, soltanto dopo un po’ ebbe la certezza di essere solo, il silenzio divenne sempre più opprimente. Il giovane tentò far ordine nella sua mente, ma i suoi ricordi erano frammentati e confusi. Ad un tratto percepì un’intensa fitta di dolore al fianco. James sollevò il lenzuolo, la fasciatura era ancora sporca di sangue. Ripensò alle parole del tenente Hart, il suo ultimo ricordo era proprio l’ufficiale britannico che tentava di soccorrerlo rassicurandolo con frasi di conforto.
Donnelly trattenne una smorfia di dolore e prese un profondo respiro. Era troppo debole per reagire, in quelle condizioni non c’era nulla che potesse fare.
Il ferito poggiò nuovamente la testa sul cuscino, avrebbe dovuto temere per la sua sorte, ma ormai non poteva più evitare l’inevitabile. Era solo una questione di tempo.
Sopraffatto dall’incertezza James si ritrovò a ripensare a tutto quel che era accaduto. Le sue riflessioni lo riportarono nel passato, a dove tutto era iniziato. Ripercorse pian piano ogni tappa che l’aveva condotto in quella drammatica situazione.
 
***

Inverno 1935.
Con il passare degli anni il giovane James Donnelly aveva passivamente accettato l’eredità del padre, decidendo così di seguire il suo esempio. Per tutti egli era un eroe di guerra, sentiva che fosse suo compito rendere onore al genitore che si era sacrificato per la Patria, inoltre non voleva deludere le aspettative di coloro che lo circondavano. Tutti sembravano certi del suo destino e alla fine anche James si era convinto che un giorno avrebbe indossato la divisa del padre, combattendo per i suoi stessi ideali.
Per queste ragioni dopo il college aveva deciso di arruolarsi nella Garda. A diciotto anni James era un giovane poliziotto con una brillante carriera davanti a sé.
Il giorno in cui prestò giuramento non poté evitare di confrontarsi con la figura del padre. Si pose domande alle quali non riuscì a trovare risposta, accorgendosi così che in realtà c’era ancora molto che non conosceva di lui. Non poteva più accontentarsi delle solite risposte vaghe ed evasive. Ormai non era più un ragazzino, era convinto di poter affrontare la verità.
Quella stessa sera James decise di indagare sul suo passato. Era trascorso molto tempo dall’ultima volta in cui aveva trovato il coraggio di riportare alla luce i ricordi del genitore prematuramente scomparso, ma sapeva che sua madre aveva conservato ogni cosa con particolare cura e riguardo.
James rovistò a lungo tra oggetti personali e vecchie fotografie finché qualcosa non attirò la sua attenzione. All’interno di un libro dalle pagine ingiallite trovò una lettera. Era certo di non averla mai vista prima, la busta era stata ben riposta, sembrava che suo padre avesse voluto preservarla.
Il giovane esaminò il foglio con attenzione, la data risaliva al febbraio del 1922. La Guerra d’Indipendenza era terminata da pochi mesi, lo Stato Libero d’Irlanda era nato solo da alcune settimane, l’Inghilterra aveva accettato le condizioni del Trattato.
A quel tempo Liam Donnelly si era unito al National Army, probabilmente era in quel periodo che aveva ottenuto la carica di ufficiale.
Spinto dalla curiosità James iniziò a leggere.
 
Mi dispiace che le cose siano dovute andare in questo modo. Hai preso la tua decisione e anche se non condivido la tua scelta posso comprendere le tue motivazioni.
Qualunque cosa accada voglio che tu sappia che non provo alcun rancore, soltanto dolore, per il tuo tradimento. La Libertà ha il suo prezzo, noi abbiamo dovuto sacrificare la nostra amicizia.
La guerra è guerra, entrambi sappiamo qual è il nostro dovere.
Addio, mio vecchio compagno. Voglio ricordarti per come eri e non per quello che sei diventato.
Ad un futuro migliore, per un’Irlanda Libera e Unita.
 
La firma non aveva nulla di familiare per James, quel nome gli era del tutto sconosciuto. Riuscì però ad intuire chi potesse aver scritto quella lettera. Sicuramente doveva trattarsi di un militante dell’IRA, un compagno di suo padre che aveva combattuto al suo fianco durante la Guerra d’Indipendenza. Dopo il Trattato Liam si era unito all’esercito, mentre il suo ex commilitone doveva essere rimasto fedele agli ideali repubblicani. Così i due si erano ritrovati su fronti opposti.
James comprese che quel rapporto dovesse esser stato davvero importante per entrambi, il significato di quelle parole era intenso e profondo.
 
Nei giorni seguenti Donnelly continuò le sue ricerche, in breve riuscì a trovare un indirizzo dove poter cercare il suo testimone. Il giovane non perse tempo, la sua curiosità lo spinse ad agire senza nemmeno riflettere sulle possibili conseguenze. In fondo stava per presentarsi da uno sconosciuto per riportare alla luce i ricordi del doloroso periodo della Guerra Civile.
Per Donnelly però quella era una questione personale, il mittente di quella lettera poteva essere l’unico legame con il passato del padre.
James si presentò davanti all’ingresso al termine del turno, indossando ancora la divisa da poliziotto. Non sapeva cosa aspettarsi e fu sorpreso di ritrovarsi di fronte ad un elegante villetta nel quartiere di Drumcondra.
Bussò alla porta con fin troppa decisione e impazienza. Immediatamente avvertì il rumore di alcuni passi, non dovette attendere a lungo prima di ritrovarsi davanti al padrone di casa. Si trattava di un uomo di circa cinquant’anni, alto e snello, i capelli erano ingrigiti e qualche ruga gli solcava il viso, ma i suoi occhi azzurri brillavano di vitalità.
Il giovane iniziò a parlare in modo impacciato: «mi scusi per il disturbo, io sono…»
«Il figlio di Liam Donnelly» rispose l’altro terminando la frase.
James confermò, sorprendendosi per la prontezza con cui egli aveva riconosciuto la sua identità.
L’uomo guardò il ragazzo negli occhi, poi mostrò un malinconico sorriso.
«Sei davvero uguale a lui» commentò con gli occhi lucidi dall’emozione.
James esitò sulla soglia.
«Avanti, entra» continuò il proprietario spalancando la porta.
«Grazie signore»
«Per favore, chiamami Seamus. E non rivolgerti a me in modo così formale, se no mi ricordi che sei un poliziotto» disse con leggera ironia.
Il ragazzo annuì e lo seguì prima sulle scale e poi lungo il corridoio. L’appartamento era spazioso e ben arredato, James intuì che dovesse trattarsi di una famiglia borgese e benestante. I due raggiunsero il salotto, al centro della stanza c’era un ampio tavolo in legno scuro, accanto ad una libreria e un pianoforte.
Seamus invitò il giovane a sedersi per poi posizionarsi davanti a lui. Per un po’ restò in silenzio, osservando con attenzione il suo ospite. Provò una strana sensazione davanti al figlio del suo vecchio compagno, sentimenti che credeva assopiti da tempo tornarono a manifestarsi.  
«È vero, assomigli molto a tuo padre, non al tenente Donnelly, ma a Liam»
James ebbe un lieve sussulto, non si era mai confrontato con il passato, aveva iniziato a detestare l’immagine fittizia di suo padre, ma ora riusciva a vederlo sotto una luce diversa.
Seamus estrasse una sigaretta dal taschino della giacca e ne offrì un’altra al giovane, il quale rifiutò educatamente.
«Come mai hai deciso di venire da me proprio adesso?»
«Ho trovato una tua lettera tra gli oggetti di mio padre, lui l’aveva conservata»
«Così non avevi mai sentito il mio nome prima d’ora?» chiese portandosi la sigaretta accesa alle labbra.
«No, non conosco niente del passato di mio padre, per me lui è sempre stato soltanto il tenente Donnelly»
«Non mi sorprende che tua madre non ti abbia mai raccontato di me. Non posso biasimare Molly per questo, poveretta, deve esser convinta che suo marito sia morto per colpa mia»
«Per quale motivo dovrebbe credere che tu sia responsabile?»
Seamus sospirò.  
«Liam è morto in battaglia ed io ero schierato dalla parte avversaria, dunque, in un certo senso tua madre ha ragione»
«Hai combattuto a Kilmallock?»
Egli annuì: «non ho sparato io a tuo padre, ma se fosse toccato a me avrei premuto il grilletto. Eravamo in guerra. Lui avrebbe fatto altrettanto»
James fu colpito dalla freddezza di quelle parole.
«Dunque consideri mio padre un traditore?»
«Non l’ho perdonato per aver abbandonato l’IRA, ma in realtà non ho mai provato odio nei suoi confronti. Liam era mio amico, ho sofferto per la sua perdita, nonostante il fatto che ormai avesse rinunciato alla lotta per la Libertà»
Il giovane rifletté su quelle parole.
Seamus terminò di fumare la sua sigaretta. La sua mente si perse tra i ricordi, sembrava fosse trascorsa un’intera vita da quando considerava Liam come un fratello e Molly come una sorella.
«Così tua madre non si è più risposata?» domandò.
«No. Amava davvero mio padre e non ha voluto nessun altro uomo al suo fianco»
«Avrei dovuto immaginarlo, Molly non ha mai tradito una promessa. È comunque triste pensare che sia rimasta sola tutto questo tempo, era una donna giovane e bella quando è rimasta vedova»
James si sentì a disagio nel sentire qualcuno parlare in quel modo di sua madre.
Seamus continuò ad esternare i suoi pensieri: «sono certo che abbia fatto del suo meglio per crescere un figlio da sola»
«Lei ha fatto molti sacrifici per me, le devo davvero tutto»
«Sono sicuro che tua madre sia orgogliosa di te» lo rassicurò.
James percepì sincerità e umanità nelle sue parole. Confortato da ciò pian piano riprese coraggio.
«Sono venuto qui per conoscere qualcosa di più su mio padre…tutti mi hanno sempre raccontato che egli era un eroe, ma questa è solo una versione della storia»
Seamus fu piacevolmente sorpreso dalla sua determinazione.
«Bene ragazzo, se è quel che vuoi, ritengo che tu abbia il pieno diritto di conoscere la verità»
 
Da quel giorno James tornò frequentemente e costantemente a trovare Seamus, non solo per parlare di suo padre. Inevitabilmente imparò a conoscere più da vicino l’IRA e i suoi ideali di Libertà.
Avrebbe dovuto considerare quell’uomo come l’assassino, seppur non materiale, di suo padre, invece provava sempre più interesse e ammirazione per lui.
Tutto ciò che aveva sempre cercato nel falso mito del tenente Donnelly l’aveva trovato realmente in Seamus. Aveva anche scoperto un lato di suo padre che sentiva ben più affine al suo essere, non quello del militare che aveva rinunciato ai suoi ideali per eseguire gli ordini, ma quello del ribelle che aveva combattuto davvero per liberare l’Irlanda.
Queste nuove consapevolezze iniziavano però ad essere in contrasto con le sue scelte di vita. James aveva deciso di arruolarsi perché credeva nell’ideale di giustizia ed era convinto di fare del bene indossando quella divisa. Pian piano però aveva scoperto anche il lato oscuro di quella realtà. La Garda non era immune alle ingiustizie, alla corruzione e alla violenza. C’erano tante contraddizioni nella società irlandese, molte avevano origini dalla sanguinosa Guerra Civile, e quell’ambiente era sicuramente lo specchio di una Nazione ancora divisa e frammentata, dove ancora sopravvivevano odio e rancore.
Se dentro di sé James era tormentato da dubbi e incertezze all’apparenza continuava a svolgere il suo dovere. Agli occhi di tutti era sempre un giovane poliziotto dal futuro promettente, tanto che in poche settimane ottenne addirittura una promozione.
Quella sera Donnelly decise di festeggiare in compagnia di alcuni colleghi. Anche in quell’occasione mascherò abilmente la propria disillusione. Forse credeva ancora di avere una possibilità in quel mondo, oppure una parte di sé si era già rassegnata.
Al termine della serata James restò solo al tavolo. Aveva bevuto qualche bicchiere di troppo, percepiva i sensi offuscati dai fumi dell’alcol. Il giovane si prese la testa tra le mani, quando rialzò lo sguardo notò un paio di figure in piedi davanti a lui. Si trattava di due uomini in abiti scuri, entrambi dal volto freddo e inespressivo.
«James Donnelly?» domandò il più alto con voce atona.
Egli non rispose, ma gli sconosciuti in nero non ebbero bisogno di una reale conferma.
Uno dei due l’afferrò per un braccio costringendolo ad alzarsi.
James si allarmò: «chi siete? Che cosa volete da me?»
«Avrai le risposte a tempo debito, adesso faresti meglio a seguirci senza fare domande»
Il giovane tentò di opporsi: «lasciatemi andare! Sono un poliziotto!»
Nel momento in cui posò la mano destra alla cinta dei pantaloni scoprì di non avere più la sua pistola. Al contempo notò che i suoi rapitori erano entrambi armati. Era certo che essi non avessero alcun timore di sparare in caso di necessità.
Immediatamente il ragazzo pensò alla fuga, ma il senno che gli era rimasto riuscì a convincerlo a non compiere mosse azzardate.
I due trascinarono il loro ostaggio fuori dal locale e senza mollare la stretta lo condussero per le strade deserte. L’aria gelida aiutò Donnelly a riprendersi dalla leggera sbornia. In quelle condizioni però non poté far altro che lasciarsi condurre verso la misteriosa meta, nella speranza che quei due non fossero intenzionati a fargli del male.
Dopo un breve giro del quartiere James fu accompagnato all’interno di un’abitazione, apparentemente quel luogo sembrava disabitato. Donnelly fu portato in una stanza che doveva essere uno studio, all’interno non c’era ancora nessuno.
Anche quando fu lasciato solo James ebbe la certezza di essere controllato. Non dovette attendere a lungo, poco dopo la porta si riaprì e un terzo sconosciuto comparve sulla soglia.
Il nuovo arrivato era piuttosto diverso dagli altri, si trattava di un giovane in abiti eleganti. Doveva avere solo pochi anni in più di lui, ma ai suoi occhi appariva già come un uomo adulto e maturo. Il suo atteggiamento severo e la sua compostezza gli conferivano una certa autorevolezza.  
Lo sconosciuto si avvicinò al tavolo restando in silenzio. L’osservò accuratamente, squadrandolo con attenzione. Al termine di quella sorta di ispezione si sedette davanti a lui e finalmente si decise a rivolgergli la parola.
«James, è un piacere conoscerti. Mio padre mi ha parlato molto di te, ha detto cose davvero interessanti sul tuo conto»
Donnelly sussultò, esaminando meglio quel volto riconobbe i lineamenti familiari del suo interlocutore.
«Sei il figlio di Seamus?»
Egli confermò: «qui tutti mi conoscono come il tenente Maguire, ma tu puoi chiamarmi Charles. Un tempo i nostri genitori erano buoni amici, noi possiamo dimenticare i vecchi rancori della guerra. Che ne pensi?»
Il ragazzo esitò mostrandosi diffidente: «il tuo invito non è stato molto amichevole»
«Mi spiace che i miei compagni ti abbiano spaventato, ho preferito ricorrere ai metodi dell’IRA. Volevo essere sicuro che non ti rifiutassi di incontrarmi»
«Loro non mi hanno spaventato» replicò James per difendere il suo orgoglio.
Charles sogghignò: «bene. Suppongo che tu voglia conoscere il motivo per cui sei qui»
Donnelly annuì tentando di non esternare troppo la propria preoccupazione.
«Non ho intenzione di perdere tempo, quindi giungerò subito al punto. Ritengo che tu abbia delle ottime potenzialità, sarebbe un peccato non sfruttarle. Noi abbiamo bisogno di qualcuno come te»
James assunse un’espressione perplessa: «qualcuno come me?»
«Già, l’IRA necessita sempre di occhi e orecchie nella polizia»
Nel sentire quelle parole il ragazzo sobbalzò sulla sedia. 
«Mi stai chiedendo di diventare un traditore?» domandò con voce tremante.
«Credo che tu non abbia ancora compreso il tuo valore. Potresti diventare un’arma preziosa. Sei un candidato insospettabile, nessuno potrebbe immaginare che il figlio del tenente Donnelly, un ufficiale assassinato dai militanti dell’IRA, sia in realtà una spia»
«Io…non sono certo di poterlo fare»
«Perché non dovresti? In questo momento hai due alternative, puoi vivere il resto della tua esistenza come un ipocrita, oppure agire per il bene di questa Nazione»
«So perché mi stai dicendo questo»
«Ti sto forse mentendo?»
«No, ma…»
«Allora devi fidarti di me. Credimi, noi vogliamo la stessa cosa: un’Irlanda Libera e Unita»
«La guerra non è l’unica soluzione»
Maguire scosse il capo: «non la guerra, ma la rivolta del popolo. È questo il solo modo che abbiamo per far valere i nostri diritti»
Donnelly vacillò, poteva comprendere le ragioni dell’IRA e in parte condividere i suoi ideali, ma ciò andava ben oltre al confronto politico.
Charles lo guardò dritto negli occhi: «tu non sei come tuo padre»
James si sentì colpito nel profondo: «che cosa vuoi dire?»
«È questo che vuoi dimostrare, vero? Adesso hai l’occasione di rivelarti per chi sei veramente, prendendo questa decisione. Tuo padre ha rinunciato a combattere per la Libertà, si è arreso proprio quando l’Irlanda aveva bisogno di uomini leali e coraggiosi. Tu invece che hai intenzione di fare?»
James capì di non poter più tornare indietro, non c’erano alternative, ormai doveva prendere la sua decisione definitiva. C’era però una questione che l’ufficiale dell’IRA sembrava aver trascurato.
«Non sono un militante, non sono stato addestrato per questo»
Charles sorrise: «sei stato addestrato tutta la vita per questa missione»
 
***

James si riprese da quei ricordi, per anni aveva svolto il suo dovere senza destare alcun sospetto, prima nella polizia e poi nell’esercito, fino a diventare la spia del Castello. Aveva creduto di poter continuare ad obbedire agli ordini dell’IRA senza provare rimorsi o rimpianti, si era illuso di poter vivere di sole menzogne, ma ora che aveva provato il desiderio di qualcosa di reale e sincero tutto aveva perso il suo significato.
L’incontro con Julia gli aveva rivelato l’esistenza di un futuro differente. Il suo amore l’aveva posto di fronte ad un’alternativa, che in breve tempo era diventata la sua unica speranza di salvezza.
Per quanto assurdo, era stato il tenente Hart, un agente britannico, a fargli comprendere ciò che provava realmente.
Il rapporto con Hart era complesso, inizialmente era stato arduo e difficile da accettare, ma in qualche modo l’inglese era riuscito a conquistare la sua fiducia. Aveva veramente provato stima e ammirazione nei suoi confronti, e aveva sofferto nel tradire e mentire ad una persona che riconosceva quasi come un amico.
D’altra parte Charles era stato chiaro: la Libertà aveva il suo prezzo, in questo caso, la sua vita o quella di Hart.  
Nel corso di quella torbida faccenda però la storia si era complicata ulteriormente. I metodi dell’IRA erano diventati sempre più estremi e violenti. Prima la sparatoria a Drumcondra, poi l’attentato alle caserme McKee e infine uno spietato omicidio.
Anche l’alleanza con la Germania era una questione pericolosa, eppure per mantener fede alla sua parola Donnelly non si era rifiutato di proteggere l’Aquila e compromettere le indagini, almeno fin quanto aveva potuto. Il tenente Hart non era certo uno sprovveduto.
James aveva però compreso che Radley teneva davvero a lui quando aveva scelto di non denunciarlo al detective Sullivan. L’agente dell’MI5 aveva voluto proteggerlo anche quando l’esperienza e il buon senso avrebbero dovuto avvertirlo del suo possibile tradimento.  
Non sapeva se il tenente avesse avuto interesse nel mentire a suo favore, in ogni caso aveva consapevolmente scelto di fidarsi di lui. Ed ora cosa sarebbe successo?
La sua vita era nelle mani dell’inglese.
Inevitabilmente pensò a quel che era accaduto durante la retata. Aveva agito d’istinto per proteggere la vita del tenente. Per quale motivo l’aveva fatto? Ad essere sincero James non lo sapeva, ma dentro di sé sentiva di aver fatto la cosa giusta. Come sempre aveva agito con le migliori intenzioni.
Forse, inconsciamente, aveva voluto confessare per mettere a fine a quella condizione che ormai non gli causava altro che sofferenze. Era certo che Hart avesse capito, l’aveva letto nel suo ultimo sguardo.
James socchiuse gli occhi, non aveva paura di affrontare il suo destino, era sempre stato consapevole delle conseguenze. Non si era mai pentito per le sue scelte, ma gli restava un unico rimpianto. Il suo ultimo pensiero prima di abbandonarsi alla stanchezza fu per Julia.
   
 
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