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Autore: whitemushroom    16/10/2021    3 recensioni
[Hades]
La dimora degli dei è l'Olimpo, al di sotto del cielo stellato.
La dimora di Hades è sotto terra, lontano dagli occhi dei cieli.
Ma dov'è la dimora della regina degli Inferi?
Storia partecipante al contest per il dodicesimo anniversario del mitico thexiiiorderforum
Prompt: # "Cosa vedi mentre osservi le stelle?"
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Hades
Genere: Introspettivo, Missing Moments
Rating: verde
Prompt: "Cosa vedi mentre osservi le stelle?"
Avvertenze: nessuna


La strada di casa

La barca scivola sul fiume, muovendosi con la stessa grazia di una foglia lungo la corrente senza sollevare nemmeno uno spruzzo; il suo guidatore la conduce con movimenti impercettibili, scuro come la stessa notte che è calata intorno a loro.
Le mancheranno i profumi del bosco.
Una civetta cala sulla preda lungo la sponda alla sua sinistra, e d’istinto si volta per ammirarne il movimento perfetto. Il rapace solleva la sua piccola vittima verso il cielo, la sua sagoma resa ancora più invisibile dal silenzio della luna nuova; ed è per seguirne il volo che i suoi occhi incrociano per l’ultima volta la grandezza della volta celeste.
I tre re della cintura di Orione risplendono in quel cielo privo di nuvole, una delle prime costellazioni che ha imparato a riconoscere e salutare, ma non appena rivolge gli occhi verso la figura celeste anche Capella, lì vicino, si affaccia dalla notte per renderle omaggio. Un rapido movimento del capo le porta l’inchino delle Pleiadi intere, mentre nel punto in cui le punte degli alberi sembrano sfiorare il cielo il Toro si accinge ad inseguire i Gemelli, le sue stelle non ancora pronte a cedere il passo alla stagione che verrà. La luna mostra soltanto il suo viso più triste, ma in lontananza i suoi occhi riescono ad individuare lo sguardo eterno di Giove, il pianeta con cui gli uomini hanno deciso di omaggiare il sommo Zeus. Alla sua vista volge di nuovo la testa, irritata ma persa nello splendido arazzo che anima la notte.
“Sei sicura che tutto questo non ti mancherà?”
Il sorriso curioso del ragazzo la riporta di getto sulla barca.
Zagreus non lo ammetterà, ma è la copia di suo padre.
Ha gli occhi fissi sulla terra, sui pesci che guizzano e sulle rive del fiume quasi nel terrore che qualche creatura possa sbucare dal sottobosco per attaccarli. Non ha abbandonato la presa sulla lancia nemmeno quando l’imbarcazione ha lasciato il molo, e l’occhio rosso finisce sempre per guardare con sospetto il barcaiolo e lo strano sacco che ha appoggiato ai suoi piedi.
“Un po’, suppongo …” mormora, capendo che prima o poi qualcuno avrebbe dovuto affrontare la questione. “Il mondo della superficie è bellissimo, figlio mio. Se fosse dipeso da me, avrei preferito farti crescere qui, sotto il sole e le stelle”.
Lui volge lo sguardo verso il cielo.
Stavolta non lo sguardo disgustato di suo padre, ma un movimento delle sopracciglia leggero, carico della curiosità dei suoi giovani anni.
Solo in quel momento, seduti uno vicino all’altra sulla barca che li sta riportando a casa, Persefone capisce che per tutti questi anni suo figlio ha visto sopra di sé soltanto le volte nere degli abissi del Tartaro ed al massimo le colonne bianche ed il soffitto di marmo dell’Elisio. Non ha mai sentito nemmeno per un istante il freddo del vento, o atteso mesi per veder germogliare dei semi.
E, se le cose andranno come sospetta, questo piccolo viaggio sarà l’ultimo che compirà nel mondo della superficie.
“Ammetto che il cielo è … immenso. Non sono sicuro che riuscirei a passare tutta la vita sotto qualcosa che non ha né un inizio né una fine” dice, sollevando il mento. “Mio padre dice che i mortali passano troppo tempo a guardare il cielo e troppo poco a guardare la terra dove risiederanno per il resto della loro esistenza. E ho notato che anche tu lo fai spesso. Come mai?”
A quelle parole Persefone sorride, meravigliata.
Ci sono tante cose che vorrebbe dire a quel ragazzo che fino a qualche giorno prima non sapeva nemmeno di avere; nulla di preciso, parole e pensieri senza forma che ha avuto modo di intessere negli ultimi giorni, nella sua capanna dalla primavera perenne. Non sa se preferisca il nettare o l’ambrosia, con chi si sia allenato per manovrare così bene tante armi o se sua cugina Afrodite gli abbia già fatto qualche proposta -ci mancherebbe altro, suo figlio è così bello che senza dubbio la dea dell’amore deve avergli concesso i suoi favori.
E invece … è stato lui a riempirla di domande.
Ogni minuto, ogni istante.
E lei, persa in quello sguardo di pura adorazione, risponde.
“Perché vi è scritta la storia della nostra famiglia, figlio mio. I nostri nomi, i nostri errori, i mortali che abbiamo coinvolto … gli dei possono ingannare con le parole, ma il cielo non può mentire. Mai. Gli esseri umani hanno persino tributato a noi i pianeti, i satelliti, le stelle …” mormora, osservando lo sguardo rosso e giallo guizzare curioso verso l’alto, senza dubbio incapace di vedere quei sottili disegni che solo un occhio allenato riuscirebbe a dipanare “… pensa, hanno dedicato un pianeta persino a tuo padre! Il più lontano, brutto e buio che ci sia!”
“Sul serio?”
“Sì”.
Intorno a loro il paesaggio cambia. Il fiume si è ristretto, ed il loro silenzioso barcaiolo li ha diretti lungo un ramo laterale su cui le fronde degli alberi si abbassano fin quasi a sfiorargli le falde dell’enorme cappello. Il verso della civetta è ormai sparito, così come il frusciare degli animali nel sottobosco, ed in quelle acque scure anche il guizzo del pesce più grande le risulta impossibile da vedere. I rami protesi nella loro direzione hanno le foglie scure e secche.
Solo un canto, armonico e divino, si innalza nell’aria.
Un canto che dice molte parole, ma che annuncia una sola verità: la regina degli Inferi sta tornando a casa.
Zagreus volge l’orecchio verso il canto, come se qualcosa avesse per un attimo rapito la sua attenzione, ma dopo qualche istante torna a guardare prima il firmamento, poi lei. “Madre, il tuo posto è l’Olimpo, insieme con gli altri dei. Avresti tutto il diritto ad avere una stella con il tuo nome, o degli eroi mortali a cui dare la tua benedizione. Sei sicura di voler rinunciare a tutto questo?”
“Non si può avere nulla di perfetto, figlio mio. Ma su una cosa devo darti torto …”
Le fronde degli alberi scendono ancora, coprendo tutto. Coprendo Capella, coprendo le Pleiadi.
Coprendo le costellazioni che dividono i mesi dell’anno.
Nascondendo con le loro foglie spettrali il moto di Giove e degli altri pianeti, quasi come a bloccare il passo a tutte le luci della volta celeste.
Sì, vi è la loro storia lassù.
Una storia che il suo ragazzo senza dubbio non ha sentito ma che lei ha visto con i propri occhi. Ha guardato Ceto distruggere il regno di Cassiopea, per poi osservare la sua ascesa al cielo per mano di Poseidone. E nel suo girovagare per la terra ha sentito le sofferenze d’amore segrete di Artemide per il bellissimo Orione, e le sue parole di gelosia sussurrate allo Scorpione. Ha osservato i capelli della splendida Berenice volare verso il cielo, graditi alla stessa Afrodite, ha pianto per tutti gli eroi che sono scesi nell’Ade durante guerre che non sempre li riguardavano.
Lei è Persefone, la primavera e la vita.
Il cielo e le stelle sono il drappo che decora il pianeta a cui infonde ogni giorno il suo amore, ma adesso il suo cuore sa di doversi recare altrove. “… il mio posto non è lì. Non più”.
Le rive dell’Acheronte si perdono nel buio.
Il regno dell’Ade è tutto ciò che nega la vita, eppure è nel profondo degli Inferi che la vita più bella è nata dal suo ventre.
Ed ora che sa che Zagreus è vivo, e che ha attraversato l’intero Oltretomba soltanto per poterla vedere, sa che anche la gioia del cielo estivo ed il profumo delle migliori rose del pianeta non potrà mai superare i numerosi giorni che la attendono al fianco del suo ragazzo e del suo rumoroso consorte.
Quando la barca si ferma lungo il molo, la regina degli Inferi accetta la mano spettrale del barcaiolo per scendere lungo la riva. “Grazie mille, Caronte. Avverti mio marito che sono tornata a casa”.
E, stavolta, per sempre.
“E che si prepari. Lo attende una sonora lavata di capo”.
  
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