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Autore: M a k o    17/10/2021    15 recensioni
• Challengeshipping (Kaito/Ryoga)
• Mini long Modern!AU
• Dal testo:
(Quei quattro anni di differenza parevano un abisso profondo migliaia di chilometri, quasi potesse arrivare fino al centro del mondo e al contempo una montagna altissima, che con la punta quasi solleticava il cielo).
{…} Erano solo quattro anni, dopotutto.
Quattro anni che a quel tempo pesavano come un macigno di carta vetrata che lacerava la carne, i tessuti e i sentimenti più intimi.
Si erano avvicinati per puro caso e sempre per puro caso, un giorno, si erano ritrovati talmente attaccati da rendersi conto troppo tardi di essersi innamorati l'uno dell'altro.
E il primo amore, quello vero, forse non aveva mai fatto tanto male.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kaito Tenjo/Kite Tenjo, Ryoga/Shark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il nostro tempo pt.2 N.d.A. in fondo alla pagina. Buona lettura!



Il nostro tempo

Parte 2




14

Che cosa ho fatto?
Kaito se lo era domandato più e più volte nel corso di quei sette anni, ma mai come in quel momento, quando mancava ormai poco, pochissimo all'inizio
    (o alla fine)
di tutto.
Sarebbe voluto tornare indietro nel tempo, proprio nell'istante in cui aveva dato la schiena a Ryoga, per poggiare le mani sulle sue stesse spalle e far voltare il diciottenne che era stato verso quel ragazzino che aveva un disperato bisogno di lui. Avrebbe voluto smuovere quelle gambe tremanti e indirizzarle verso la giusta meta senza più alcuna esitazione. Avrebbe voluto urlare nelle sue stesse orecchie e far vibrare i timpani di tutte quelle azioni che non era riuscito a compiere quella sera che, lo ricordava come se fosse il giorno prima, aveva un buco nero al posto del cielo stellato.
    (Va' da lui).
    (Non esitare).
    (Non lasciartelo scappare).
    (Datevi una possibilità).
Alla fine, però, aveva ceduto all'arrendevolezza, lasciandosi andare nel senso opposto. Si era allontanato da Ryoga pensando fosse un addio, credendo di porre la parola “fine” a tutto quanto ancor prima che sbocciasse, quando invece la sua vita si era tramutata in sette anni di agonia. Quando tornava a Heartland City per le festività o le brevi vacanze estive, era come se Ryoga non esistesse: lui non si faceva vedere mai e Kaito a sua volta non chiedeva mai di lui, nonostante Yuma avesse tentato più e più volte di renderlo il fulcro di diverse discussioni – e in ogni caso finiva comunque per informare Kaito riguardo più o meno tutto –, non lo cercava mai né lo aveva mai chiamato di sua spontanea volontà.
E allora quelle tre parole
    (“Sei un codardo”)
trovavano un saldo appiglio da qualche parte nella sua mente, riecheggiando in una nenia sfiancante dal retrogusto acido della verità: era vero, era proprio un codardo. Aveva paura perché sapeva di aver commesso un errore imperdonabile, forse anche irrimediabile e, più di ogni altra cosa, aveva realizzato che sette anni addietro, nonostante lo volesse, non si sentiva ancora pronto. E che tra loro, l'unico veramente pronto era Ryoga. Era sempre stato lui, col suo voler sovrastare ogni scoglio e ogni montagna con tonnellate di caparbietà tipiche dei ragazzini della sua età.
Kaito aveva ricominciato a camminare già da un po', avvicinandosi sempre più al punto di incontro – il locale sulla spiaggia e la musica che si diffondeva nell'aria erano sempre più presenti nel suo campo percettivo.
A un tratto si domandò se avessero potuto farcela davvero, sette anni addietro, se solo lui non se ne fosse andato in quel modo. Magari nell'ultimo inverno ormai passato avrebbero già festeggiato il loro settimo anniversario. Ryoga non avrebbe avuto la febbre e sarebbero usciti la sera, perdendosi per le vie di Heartland City illuminate da infinite stelle cadute per sbaglio sulla Terra. Durante la primavera Ryoga lo avrebbe trascinato di peso all'acquario della città e, anzi, perché no, magari tutte quelle creature marine le avrebbero potute vedere dal vivo da qualche parte nel mondo, solo loro due, durante le vacanze estive.
    (Quanti “Ti amo” avrebbero potuto dirsi in sette anni?)
    (Quante volte avrebbero potuto baciarsi, abbracciarsi, litigare per poi fare pace e prendersi in giro?)
    (Quanto tempo avevano perso senza più avere modo di riavvolgere il nastro e tornare al momento in cui tutto era finito per invertire la rotta e farlo diventare il loro bellissimo punto di inizio?)
Aveva sbagliato tutto. Tutto, tutto, tutto. Aveva sbagliato ogni cosa. Aveva trascorso gli ultimi due anni all'estero e l'unico bagaglio culturale che si era portato a casa era la consapevolezza che una vita senza Ryoga lo stava pian piano uccidendo.
Aveva fatto ritorno a Heartland City con l'intenzione di restare, questa volta per davvero. Aveva terminato gli studi, era pronto per affacciarsi al mondo del lavoro e voleva ripartire proprio da lì, perché le opportunità c'erano e non aveva più motivo di ignorare il volere del suo cuore spaccato a metà.
Se Ryoga avesse ribaltato la situazione e gli avesse detto che era ormai troppo tardi anche solo per provarci, lo avrebbe accettato.
Se Ryoga avesse acconsentito a incontrarlo solo per dirgli che dopo sette anni era ormai inutile avere dei ripensamenti, che lui era già andato avanti da un pezzo con la propria vita e che non era minimamente interessato a dare al loro rapporto una possibilità, Kaito lo avrebbe capito e se ne sarebbe fatto una ragione. Dopotutto, era stato il primo tra i due ad aver sbagliato e non aveva motivo alcuno di opporsi alle decisioni prese da Ryoga.
E se proprio doveva essere onesto, c'era una microscopica parte della sua coscienza che sperava ardentemente in questo: che almeno Ryoga fosse andato avanti, dimostrandosi più forte di lui. Che non avesse atteso sette anni invano, cercando qualcuno che non arrivava mai… ma che era arrivato ora.
Kaito si fermò, guardandosi intorno. Era finalmente giunto a destinazione. C'erano diverse persone che non conosceva, alcune che stavano entrando nel locale e altre che stavano uscendo per sorseggiare i drink fuori, magari a un tavolo o in riva al mare. E poi… e poi c'era Ryoga.
Intento a fumare una sigaretta mentre, di fronte a lui, Yuma gli stava raccontando qualcosa in maniera concitata con un cocktail in mano che oscillava pericolosamente da una parte all'altra – e tra una sorsata e l'altra.
Ryoga, notò Kaito, annuiva sempre prima di prendere una boccata di fumo, sinceramente interessato a ciò che Yuma gli stava sciorinando senza mai fermarsi e poco ci mancò che ciò che restava del cocktail gli si rovesciasse addosso, rovinando la t-shirt rossiccia che indossava. Poi Ryoga lo bloccò, buttando il mozzicone direttamente nel bicchiere e
    («Shark, non lo avevo ancora finito!»)
    («Ma va, è rimasto solo il ghiaccio» – e sì, sghignazzava ancora allo stesso modo)
Yuma alzò gli occhi al cielo, incrociando lo sguardo con quello di Kaito nel momento in cui li riabbassò, bloccandosi definitivamente. Aprì la bocca più e più volte, senza però articolare alcun suono. Un baluginio di felicità si riflesse sul suo volto contornato ancora da un'espressione incredula, come se fosse stato ritratto nella tavola di un manga. Ryoga gli sventolò una mano davanti al volto, cercando di riportarlo alla realtà, ma Yuma gli afferrò il polso, facendo un segno col capo in direzione di Kaito.
Fu lì che Ryoga si voltò, accorgendosi finalmente di lui. I suoi occhi blu scuro si sgranarono in un meraviglioso slow motion, come un buco nero che inghiotte una stella riducendola in polvere.
    (Era bellissimo).


15

Kaito aveva smesso di articolare pensieri sensati nella mente da quando aveva visto Ryoga
    (da quando aveva realizzato che non era più il ragazzino di sette anni addietro).
Il Ryoga ventunenne era più muscoloso e più alto di una decina di centimetri, aveva i capelli un po' più lunghi – in quel momento legati in una coda alta –, aveva uno squalo tatuato sul braccio sinistro, indossava una collana con il dente sempre di uno squalo – e forse della stessa specie tatuata – come ciondolo e, forse, aveva anche un piercing alla lingua.
Il Ryoga ventunenne si portava sicuramente appresso degli strascichi di ciò che era stato un tempo, ma erano ben celati sotto la canotta nera e i pantaloni chiari.
    (C'erano strati e strati e strati di cicatrici invisibili, là sotto).
    (Invisibili, ma che facevano comunque un gran male).
Kaito lo osservò mentre si riprendeva dallo stupore iniziale e, dopo aver alzato gli occhi al cielo a causa dei continui incoraggiamenti da parte di Yuma – il quale era, con ogni probabilità, il più agitato fra i tre –, avanzare verso di lui, con le scarpe che affondavano un poco nella rena e le mani che affondavano altrove, nelle tasche dei pantaloni.
    «Ehi» disse Ryoga, fermandosi a pochi passi da lui. «Vuoi bere qualcosa o preferisci evitare di vedere Yuma collassare da un momento all'altro?»
    (Ovvero: ci allontaniamo da qui che forse è meglio, che ne dici?)
    (E sì, aveva un piercing alla lingua).
Kaito abbozzò un sorriso. «Sì, credo sia meglio lasciare in pace Yuma».


16

'Cause without you I'm a disaster
(The moment you go)
And you're my ever after
(Just thought you should know)


Camminarono per qualche minuto nel mutismo più assoluto, allontanandosi pian piano dal locale, dai cocktail e dalla musica estiva. Erano alla ricerca di un posto tranquillo perché, ne erano consapevoli entrambi, i marosi che si stavano scatenando dentro di loro facevano già abbastanza frastuono.

Sembravano estremamente tranquilli, se osservati da un'occhiata superficiale, apparendo come due persone qualunque che camminavano in riva al mare.
Due amici. Due conoscenti. Due perfetti estranei.

Ryoga si bloccò all'improvviso, decretando silenziosamente di aver raggiunto una distanza soddisfacente da tutti i rumori del mondo. C'erano solo le piccole e timide onde del mare a creare un sottofondo quasi soffuso che si miscelava con il venticello serale che sbuffava ogni tanto. Erano arrivati a destinazione. E Kaito si fermò con lui.
    «Vedo che non sei cambiato di una virgola in questi sette anni» disse Ryoga, le mani sempre affondate nelle tasche dei pantaloni. «A parte l'altezza, intendo. Sei sempre tutto d'un pezzo».
    «Tu invece sei cambiato molto rispetto a sette anni fa» rispose Kaito, come se si fosse incantato a osservarlo.
    «Già, credo di essere cresciuto. Anche se resto comunque più basso di te». Nel dire ciò, Ryoga gli si avvicinò, annullando la distanza tra i loro corpi di pochissimi centimetri. «Sette anni fa arrivavo più o meno qui» proseguì, liberando una mano per sfiorargli le labbra con le dita.
Kaito trattenne il respiro. Ora Ryoga riusciva a guardarlo negli occhi senza dover necessariamente alzare il capo – e Kaito abbassarlo. Diamine, era davvero cresciuto.
Ryoga compì qualche passo indietro e dal suo sguardo Kaito comprese che lo stava facendo a malincuore. «Comunque,» riprese il discorso, il braccio che penzolava lungo il fianco, «Yuma mi ha detto che hai terminato gli studi».
    «Sì».
    «E che hai vissuto due anni all'estero. A Londra, se non erro».
    «Esatto. Tu, invece? Come procedono gli studi in Biologia?»
    «Tutto bene. Immagino che Yuma ti abbia anche riferito che l'anno prossimo inizierò la specializzazione in Biologia Marina».
    «Sì. Mi ha anche detto che inizialmente eri indeciso se frequentare l'università o aprire una palestra».
    «Perché ho la sensazione che Yuma abbia raccontato vita, morte e miracoli di entrambi senza che noi gli chiedessimo nulla?»
    «Perché è esattamente quello che ha fatto».
A quell'affermazione risero entrambi. E quando Kaito rivide dopo tanto tempo Ryoga ridere, capì ancora una volta perché si fosse innamorato di lui sette anni addietro. Ryoga pareva una creatura sospesa tra gli abissi e l'universo; un'entità più unica che rara dagli occhi freddi che, paradossalmente, ardevano di passione. Ryoga era bellissimo. In ogni suo più piccolo pregio e in ogni suo più grande difetto.
    «Yuma mi ha anche detto che sei tornato e che hai intenzione di restare».
Kaito smise di ridere, tornando a guardarlo con serietà e ritrovando nello sguardo di Ryoga tutta la consapevolezza di cui erano pregni i suoi occhi. «Sì, è così» confermò infine, avvertendo la gola fattasi improvvisamente riarsa.
    «E in questo tuo restare… che cosa c'è?»
    (Ci sei tu. Solo e soltanto tu. Perché questi sette anni senza di te sono stati un inferno e ho capito che non posso vivere un altro giorno in più senza starti accanto. In questo mio restare ci siamo noi. C'è il nostro tempo).
Per un attimo il mare notturno sparì, la rena si dissolse e il cielo si tramutò in un buco nero che aveva inghiottito ogni stella. Per un attimo Kaito tornò a sette anni addietro, davanti al Ryoga quattordicenne che a modo proprio lo stava implorando di rimanere lì, di non andarsene, di dare al loro amore una possibilità. Si perse in quegli occhi spenti, in quelle gambe tremanti, in quel corpo annichilito dalla febbre. E il cuore si incrinò.
    «C'è l'unica persona che non ho avuto il coraggio di tenermi stretta sette anni fa».
    «Capisco».
Ryoga chiuse gli occhi, inspirando a fondo l'aria salmastra. E poi riprese a parlare.
    «Durante le superiori per un po' ho frequentato una ragazza» ammise. «Penso che sia una tra le poche cose che Yuma non ti abbia detto, forse per non impensierirti». Aprì lentamente gli occhi, lasciando scivolare ogni parola pronunciata in un flusso di ricordi sbiaditi e contorti. «Comunque, era una mia compagna di classe. Molto carina, devo dire. Ci ho provato, sai? A prenderla per mano, a baciarla, a farle qualche sorpresa, a lasciarmi tutto alle spalle… niente. Niente di niente». Si morsicò il labbro inferiore prima di proseguire: «Al primo anno di università ci ho riprovato con un mio compagno di corso. Mi trovavo bene con lui e credevo che tra noi due potesse funzionare. Finì tutto al secondo appuntamento: mi disse che avevo perennemente la testa altrove e che lo aveva già notato da un po', come se non facessi altro che pensare a un'altra persona anche in mezzo a un sacco di gente. Non aveva poi tutti i torti… anzi, aveva proprio ragione».
La piccola parte di Kaito che fino all'ultimo aveva sperato che almeno Ryoga fosse andato avanti con la propria vita si frantumò in mille pezzi, riducendosi in polvere. E si sentì maledettamente in colpa per le conseguenze che la sua decisione aveva portato con sé.
Lui e Ryoga avevano condotto due vite parallele in cui avevano continuato a scegliersi nonostante tutto. Nonostante le innumerevoli possibilità. Nonostante l'immensità del mondo. Nonostante i continui silenzi e tutto il dolore che il non agire aveva portato con sé.
    «Rio e Thomas stanno insieme da quasi sette anni. Certo, hanno avuto qualche tira e molla una volta ogni tanto, però ora stanno insieme ufficialmente. Ricordi quando ti avevo detto che Thomas non mi piaceva? Anche se a malincuore, mi sono dovuto ricredere. Ha dimostrato di tenerci davvero a Rio e… cazzo, ti rendi conto? Loro ce l'hanno fatta. E nessuno mi toglie dalla testa la convinzione che ce l'avremmo potuta fare anche io e te, sette anni fa».
Ryoga liberò anche l'altra mano e si portò le braccia al petto, stringendole forte, come se lo squalo dall'aria minacciosa che aveva tatuato sul braccio potesse proteggerlo in un qualche modo. «In tutti questi anni ho perso il conto delle volte in cui ho provato il forte impulso di cercare il tuo numero in rubrica e chiamarti o inviarti un messaggio. Per dirti cosa, sinceramente non lo so, forse anche solo per mandarti a quel paese e sfogare su di te tutta la mia frustrazione e il mio dolore».
Si fermò un istante e Kaito notò le sue labbra tremare. «Ma che dico… in realtà so bene cosa ti avrei detto. Ti avrei chiesto di tornare, perché senza te… cazzo, senza di te la mia vita è un disastro. E nonostante tutto, ho sempre avuto paura di chiamarti. Mi sono sentito così stupido… così piccolo…»

Ryoga si strinse maggiormente in quell'abbraccio vuoto, quasi volesse diventare un tutt'uno col mare che si inscuriva sempre più, e una lacrima solitaria gli solcò il volto. «Quando oggi pomeriggio ho ricevuto il tuo messaggio, non potevo crederci. Ho provato così tante emozioni in una volta sola che forse devo ancora metabolizzarle del tutto. E ora tu sei qui. Sei qui e mi hai detto che sei tornato per restare. E che il motivo di tutto ciò sono io».

Kaito lo aveva ascoltato per tutto il tempo senza mai interromperlo. In fondo Ryoga se lo meritava: aveva bisogno di dirgli tutto quello che era sempre rimasto sepolto sotto strati e strati e strati di dolore ed emozioni taciute. Aveva bisogno di esporsi senza più riserva alcuna e senza più provare alcun senso di disagio o inadeguatezza.
    (Aveva bisogno del suo tempo. E Kaito glielo avrebbe concesso senza mai fiatare).
Ogni sua parola aveva la potenza di un bombardamento aereo pregno di emotività repressa in procinto di esplodere. Ogni bomba che si schiantava al suolo era in grado di sconquassargli le pareti del cuore e farlo vacillare sempre più.
Anche lui era cambiato. Non solo Ryoga, non solo quel ragazzino che a quattordici anni aveva già le idee molto chiare riguardo a tante cose. Anche Kaito era cambiato. Lo sentiva. Ne era certo. E lo era perché aveva ormai compreso che era impossibile cambiare il passato, che continuare a guardarsi indietro era completamente inutile. Che ciò che non erano stati sette anni addietro probabilmente avrebbe continuato a portare con sé tanti strascichi costellati da lividi e cicatrici e lacrime, ma poteva ancora avanzare, arrancare se necessario, e un giorno si sarebbe retto in piedi da solo e avrebbe trovato la forza di correre lontano, esplorando quel mondo che aveva sempre tenuto un piccolo spiraglio aperto in attesa del suo arrivo.
Ciò che non erano stati sette anni addietro c'era ancora. Era ancora vivo. E lui non voleva perderlo. Non più. Perché lo aveva perso per tanto, troppo tempo.
    «Kaito». Ryoga lo guardò dritto negli occhi, la lacrima solitaria ancora fresca sul suo volto e l'abbraccio vuoto ormai dissolto – le braccia ora ricadevano lungo i fianchi, stanche di proteggere un cuore già tanto martoriato. «Io ho paura».
Kaito compì il primo passo verso di lui. Vedendo che Ryoga non indietreggiava e non opponeva alcuna resistenza, compì anche il secondo e poi il terzo, arrivando a pochi centimetri di distanza dal suo corpo, dal suo cuore, dalla sua anima, da tutto ciò che rendeva Ryoga la persona che amava.
Gli asciugò la lacrima solitaria con dita ferme e sicure
    (nessuna esitazione, non più)
e ricambiò il suo sguardo.
Poterlo toccare nuovamente dopo tanto tempo gli bruciò le interiora. Lasciò la mano lì, poggiata su quella gota bagnata da una nuova lacrima e gli domandò: «Di che cosa hai paura?»
Ryoga si umettò le labbra, si prese il suo tempo e finalmente rispose: «Che un giorno te ne andrai via di nuovo. Che tutto ciò sia solo una parentesi. Che abbiamo aspettato così tanto per niente». Chiuse istintivamente gli occhi, nel vano tentativo di ricacciare indietro tutte le lacrime che ancora non aveva versato. E il suo intero corpo fu scosso da brividi famelici e beffardi. «Di tutto. Ho paura di tutto. Perché l'unica certezza che abbiamo ora è il fatto di non avere certezze per noi e per il nostro futuro».
Vedere Ryoga in quello stato
    (così fragile e annichilito)

fu un duro colpo, per Kaito.
Quanto aveva dovuto sopportare nel corso degli anni? Sotto quanti strati di corazza spessa e dura aveva dovuto nascondere tutta la sua emotività? Era davvero andato avanti così, per tutto quel tempo, con la consapevolezza ormai certa che non avrebbe mai amato qualcun altro allo stesso modo?
    (Che cosa ho fatto?)
    «Ryoga, guardami». Ryoga riaprì gli occhi e Kaito lasciò scivolare le braccia lungo i suoi fianchi, poggiando poi la fronte contro la sua. «Mentirei se ti dicessi che sette anni fa non ho avuto paura di ciò che provavamo l'uno per l'altro» sussurrò. «Questo perché non ho dato il giusto peso ai tuoi sentimenti, cosa di cui mi pento ancora oggi. Pensavo davvero che la tua fosse solo una cotta adolescenziale, qualcosa di passeggero… e intanto continuavo a credere di essere il più maturo fra i due e che avrei saputo gestire la situazione, ma non è stato così. Anzi, ho solo peggiorato le cose». Le mani ora vagavano sulla sua schiena, nel tentativo disperato di sorreggerlo
    (per tutte le volte in cui Ryoga aveva avuto bisogno di lui e lui non c'era stato).
Kaito avvertì un groppo formarsi nella gola. Deglutì a fatica, si fece coraggio e proseguì: «Questi sette anni senza di te sono stati un disastro. Ho conosciuto tante persone, ho creduto fermamente che sarei potuto andare avanti con la mia vita, ma la verità è che quando realizzavo che nessuna persona era te, tornavo sempre al punto di partenza. Anche io ho provato spesso il forte impulso di chiamarti… e anche io ho avuto paura ogni volta delle conseguenze. Speravo che in questi anni almeno tu fossi riuscito a voltare pagina e che l'unico rimasto indietro fossi io, come una sorta di karma che avrei accettato senza opporre resistenza… ma adesso ho davvero capito di aver sbagliato tutto, ogni cosa, sette anni fa. Mi sarei dovuto voltare verso di te e non darti le spalle. Avrei dovuto raggiungerti e stringerti come sto facendo ora. E avrei dovuto dirti che era già il nostro tempo».
Erano talmente vicini che ogni tremito valeva il doppio, ogni sospiro si confondeva e si ammassava ai suoi simili e ogni lacrima versata avrebbe potuto coprire l'intero oceano. Erano talmente vicini che tutto, in quel piccolo mondo che si stava costruendo pian piano, pareva più chiassoso e amplificato.
    «Sono davvero tornato per te. Avrei accettato ogni cosa pur di rivederti ancora e parlarti finalmente a cuore aperto. So che le mie parole non bastano e mai basteranno a colmare questi sette anni di vuoto che ci sono stati, ma voglio che tu sappia che quando te la sentirai, io sarò qui. D'ora in avanti ci sarò sempre, qualunque cosa accada. Se hai bisogno del tuo tempo per riflettere, io non sono nessuno per negartelo». Sciolse l'abbraccio e si allontanò di qualche passo. «Questa volta sono io che lascio andare te, senza però andarmene via. Ti aspetterò. E qualunque sarà la tua decisione, la accetterò».
Non gli stava voltando le spalle come aveva fatto sette anni addietro. Questa volta era sicuro delle sue scelte dopo essere finalmente riuscito a far chiarezza dentro di sé.
Era tornato per Ryoga e lo avrebbe aspettato. Lo aveva giurato.



17

'Cause I need to know your answer
(Just say you'll stay with me)
I want you to say you're gonna stay with me
(Just say you'll stay with me)
I die every day that you're away from me


    «Allora ci ve–»
    «Sei proprio un idiota».
Kaito sgranò gli occhi nell'udire quell'affermazione tanto secca e diretta.
Ryoga arricciò le labbra, le lacrime ancora fresche sul suo volto e le gambe che tremavano appena.
    «Io la mia scelta l'ho già fatta sette anni fa» disse con voce paradossalmente ferma e irremovibile. Annullò ancora una volta la distanza tra i loro corpi e si parò di fronte a Kaito, guardandolo dritto negli occhi. «E posso assicurarti che non è mai cambiata. Sette anni fa ho detto di voler stare con te e anche oggi, in questo preciso istante, voglio stare con te». Poggiò la fronte sulla sua, tornando esattamente a come erano prima.
    «Io ti amo ancora. E se sei davvero tornato per restare, se davvero l'hai fatto per me, dimostramelo».

Qualcosa, dentro Kaito, si sbloccò. Una consapevolezza senza fine fece muovere le sue braccia verso Ryoga, stringendolo forte a sé. La vicinanza dei loro corpi aveva ormai raggiunto il suo perfetto apogeo. I loro respiri tornarono a essere un tutt'uno, le punte dei loro nasi si sfiorarono per un istante e gli sguardi si incatenarono creando un mondo completamente nuovo e meraviglioso.
    «Anche io ti amo ancora» gli sussurrò a fior di labbra, prima di baciarlo.
    (In quel preciso momento, qualcosa nell'universo esplose, ristabilendo ogni equilibrio).


18

So just say you'll promise me
Please, take me if you ever leave
My heart breaks with every beat
I die every day that you're away from me


Ryoga si stava sciogliendo sempre più tra le braccia di Kaito. A ogni bacio, a ogni sospiro, a ogni lacrima versata, a ogni “mi sei mancato” sussurrato con il cuore in mano corrispondeva un tassello di tutto ciò che non erano stati sette anni addietro, un amore che stava pian piano riemergendo dalle ceneri, un sentimento che c'era sempre stato ma che non era mai riuscito ad affacciarsi alla finestra del mondo per ammirare il sole.
Quella notte, per la prima volta, loro due insieme divennero una cosa sola. Si amarono e si lasciarono andare senza più alcuna esitazione, senza più provare la paura atavica di essere inghiottiti da un buco nero senza fine.
    (Si erano finalmente ritrovati, riposizionandosi al loro punto di appartenenza).
La loro storia d'amore poteva finalmente cominciare.


19

Ryoga aprì gli occhi alle prime luci dell'alba. Erano troppo impegnate a indorare il mondo esterno con il loro calore per badare alle sue emozioni, ma ci fu comunque un tremolio sospeso tra il cielo e la terra, come una piccola danza, che rese il risveglio di un singolo essere umano ancora più bello.
Cercò di fare mente locale riguardo ciò che aveva vissuto nelle ultime ore e, nel momento in cui avvertì la presenza di qualcuno steso al proprio fianco, spalancò del tutto gli occhi. Il cuore iniziò a battere celere, quasi mancassero pochi secondi a uno scoppio impossibile da evitare, e ogni centimetro di pelle costellato da succhiotti e piccoli morsi si scaldò, raggiungendo picchi elevatissimi. Un placido respiro si infrangeva costante sul suo collo, solleticandolo.
Ryoga inspirò a fondo
    (Non è stato un sogno. Non è stato un sogno. Non è stato un sogno)
e si voltò lentamente, ritrovandosi ad ammirare Kaito che ancora dormiva accanto a lui. Il lenzuolo bianco lo copriva fino al bacino e tutto ciò che era rimasto scoperto era un mosaico molto simile a quello che tappezzava il corpo di Ryoga – con l'aggiunta di qualche graffio sulla schiena, probabilmente.
Kaito era lì. Era lì accanto a lui. Era rimasto.
    (Era tornato per restare).
Ryoga incurvò le labbra in un sorriso e, dopo aver constatato che fosse ancora troppo presto per alzarsi dal letto, si sistemò meglio tra le braccia di Kaito, poggiando il capo sul suo petto. Chiuse gli occhi e il coperchio del sonno si abbassò nuovamente sul suo intero corpo.
Le braccia di Kaito si strinsero un po' più forte attorno a lui, in un istinto di protezione dettato dall'inconscio, in un meraviglioso gesto d'amore che non aveva bisogno di essere messo in pratica a occhi aperti. E allora Ryoga, prima di lasciarsi completamente andare alla sonnolenza, sorrise ancora.
Il loro tempo era arrivato.



N.d.A.

Cliccare su “Completa” è stato un momento davvero particolare. Ero talmente abituata a immaginare questa storia perennemente in sospeso che ancora non avevo realizzato di averla già conclusa da un po', ancor prima di aver (ri)pubblicato la Parte 1.
Ovviamente sono molto felice di aver concluso anche con la pubblicazione qui su EFP, però mi fa comunque uno strano effetto, non so bene come spiegarmi.

Questa storia è sicuramente una tra quelle a cui sono più affezionata; non è la migliore dal punto di vista stilistico, sono la prima a dirlo, ma per quanto riguarda quello affettivo per me ha un valore inestimabile.
Poter dare finalmente un lieto fine a Kaito e Ryoga è stata una liberazione, perché se lo meritavano proprio – e se lo meritava pure il mio cervello, che per mesi ha immaginato tutti i momenti che avete letto senza mai vederli proiettati sullo schermo del computer.

E a proposito, cosa ne pensate? Il loro confronto vi è piaciuto? E la parte finale? Spero di averla resa una degna conclusione per questa storia.
Come sempre, Without You dei My Darkest Days fa da sottofondo per il capitolo e ci sono anche delle parti che non vedevo l'ora di inserire – tipo che ogni volta che le ascolto tremo, letteralmente.
Ringrazio tutti coloro che sono arrivati fino a qui, tra chi ha letto per la prima volta questa storia e chi, invece, ha deciso di darle una seconda possibilità dopo essere rimasto in sospeso mesi addietro.
Grazie di cuore, davvero.

M a k o
   
 
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