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Autore: thewanderess    17/10/2021    1 recensioni
"Il Maestro è morto, lo hanno ucciso. Sono morti tutti... e io sono rimasto. Sono vivo, capisci? L'ultimo alchimista..."
Genere: Angst, Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’unica cosa che era rimasta la stessa a Central City era il Quartier Generale militare. Il che era piuttosto bizzarro, considerando che l’intero complesso era stato in gran parte distrutto durante le battaglie del Giorno della Promessa, molti anni prima. L’aria di austerità che si respirava all’interno delle sue mura e le enormi vetrate che permettevano la vista sul giardino erano le stesse. I suoi corridoi erano ancora interminabili, colossali. Le centraliniste e i custodi perennemente annoiati, le segretarie oberate di lavoro. Persino le uniformi dei militari erano rimaste identiche. 

Roy Mustang non riusciva a farsi piacere la banalità di quella nostalgia. Quel luogo era stato certo importante per gran parte della sua gioventù, ma rappresentava la quasi totale distruzione di una nazione e la scomparsa di tantissime persone che non lo meritavano. Non tutte, comunque.

Riza era al suo fianco, come sempre, mentre percorreva l’ala ovest del palazzo in direzione dell’ufficio del Comandante Supremo. Riusciva a scorgere la sua espressione corrucciata lanciandole rapide occhiate furtive. I movimenti del suo corpo erano controllati, seppur lenti, e l’uomo poté quasi notare che le braccia al di sotto dell’uniforme erano un fascio di muscoli in tensione. Lui non era meno teso.

Un colloquio privato con l’uomo più potente del paese, in quel contesto, significava solo guai. Le comunicazioni, almeno quelle ufficiali, da quando Grumman era stato promosso a nuovo Comandante si erano fatte meno informali ed erano diventate decisamente rare. Mustang aveva scelto - per mera convenienza personale  - di interferire il minimo indispensabile con le azioni dell’uomo e, almeno fino a quel momento, era stata una cortesia ricambiata con tacita approvazione. Ma il Generale sentiva che quella tregua non sarebbe durata ancora a lungo. 

Si chiese cosa stesse pensando Riza di preciso.

Forse pensa che, invitandola a presenziare a questo incontro, io l’abbia messa in una posizione scomoda.

Bussò rozzamente un paio di volte e il segretario di Grumman lo invitò ad entrare. Il militare che li accolse con un saluto di routine pregò Riza di chiudersi la porta alle spalle e poi li accompagnò senza indugio verso la grande sala che ospitava lo studio del Comandante.

L’ufficio era lo stesso in cui, tanti anni prima, King Bradley aveva minacciato l’incolumità dei suoi sottoposti e soprattutto di Riza. Ma non era più la sala spoglia e minimalista che l’homunculus non aveva avuto interesse nell’arredare. Grumman amava circondarsi di opere d’arte ed oggetti che tradissero una certa opulenza. Eppure, in un angolo, la solita vecchia scacchiera.

“Ah, vedo che sei arrivato subito. E hai portato il colonnello Hawkeye” Grumman si alzò dal divano al centro della stanza per accoglierli con un gesto gentile. “Accomodati mia cara, ti faccio portare una tazza di tè. E’ appena fatto.” 

Notò che Riza si limito a sorridere, evidentemente disagio per quelle premure eccessive che sicuramente trovava fuori luogo ma che non avrebbe mai rifiutato. Roy sapeva, anche se non gli era mai stato detto chiaramente, che Riza provava per quell’uomo una sorta di primordiale affetto.

“Mi dispiace averti convocato ad un orario così spiacevole, Generale. Ma se l’ho fatto ci sono delle ragioni ed immagino che tu l’abbia capito”.

Roy prese posto accanto a Riza, unendo le mani sulle ginocchia con fare nervoso. “Credevo si trattasse della questione di Ishval.”

“E’ così, infatti!” esclamò l’anziano. “Il tuo lavoro ad Ishval è encomiabile. Così giovane, eppure così efficiente nell’impiegare le proprie risorse. E’ ancora più sorprendente considerare che hai coordinato la maggior parte del lavoro da qui.”

Sul volto del Generale affiorò un ghigno. “Eppure… sono sorti alcuni problemi con una frangia della popolazione di Ishval.” Tagliò corto il giovane.

“Non essere così duro con te stesso. Errare humanum est, dopotutto.”

Il segretario di Grumman raggiunse il gruppo e consegnò a Riza una tazza fumante e poi una a Roy, che la rifiutò.

“Colonnello Hawkeye, lei cosa ne pensa?”

La donna non fece una piega, sorseggiò il suo tè e rispose quieta. “Credo che si siano fatti innegabili passi avanti. Neslee è una città splendida, ospitale. L’economia tradizionale di Ishval coesiste pacificamente con un rinnovato commercio che si estende fino a Xing. La pressione militare sul Consiglio degli Anziani e sulla città è diminuita…” Ma poi si rabbuiò. 

Grumman squadrò entrambi con un’occhiata indagatrice. “E pensi che sia stato questo a dare vita ai moti di ribellione che come una piaga stanno infettando questo paese?” chiese provocatorio.

Il Generale intervenne “E’ stato ritenuto opportuno lasciare spazio agli stessi Ishvalan. Sono ancora convinto che sia stata la scelta più giusta ed è stata condivisa da molti ufficiali. Me ne sono sempre assunto la responsabilità in quanto coordinatore del progetto.”

“Generale, sarò schietto da ora in poi” Grumman aprì sul tavolino basso tra loro un paio di giornali. “La situazione, a ridosso della fine dei lavori sulla regione di Ishval non è confortante. La stampa e le radio marciano sopra questa incresciosa faccenda  - d’altronde è il loro lavoro  - fomentando le rivolte e gli scontri su entrambi I fronti.  Solo ieri abbiamo avuto quattro, quattro, manifestazioni non autorizzate in pieno centro cittadino. Più o meno violente, non è questo il punto.”

Il Comandante riprese fiato. “Sei uno dei pochi ufficiali che ha la capacità e le risorse umane per risolvere la questione. E mi aspetto che tu lo faccia prima che tutto questo finisca nel caos più totale.”

“Penso che il punto sia proprio la violenza, signore” Contestò Mustang. “Non è quasi mai servita la repressione, tanto meno la censura, in queste circostanze.”

“Beh, servirà a breve.”

Grumman si alzò e, appollaiato al bastone da passeggio, si avvicinò alla sua scrivania. Aprì un cassetto chiuso a chiave e ne estrasse un foglio piegato.
Nel frattempo, Riza guardò Roy. Sul volto duro del Generale non si leggevano particolari emozioni, ma era più che ovvio che non gli piacesse essere redarguito. Non su questo argomento. Inoltre, cosa aveva voluto dire il Comandante? 

Mustang diede uno sguardo distratto ad uno dei giornali, che titolavano rispettivamente ‘Ishval vs Amestris? Si inaspriscono I rapporti tra Central City e Neslee’ e ‘Ancora scontri in città: due Ishvalan arrestati.’ Non notò subito la lettera che Grumman aveva tra le mani. 

“Io non sono un homunculus, non mi considero senza cuore e comprendo il tuo idealismo. Ma questo non mi rende più tollerante nei confronti di chi mette a rischio le colonne portanti di questo paese.”

“Cosa intende dire?” Domando la donna, leggermente turbata, raccogliendo quel pezzo di carta.

Il foglio recava alcune frasi scritte in modo quasi infantile e abbastanza confuso, anche se non significava granché. Potevano aver provato ad occultare la calligrafia, o poteva averlo scritto un bambino sotto dettatura, per quanto ne erano a conoscenza. 

“Puoi leggere ad alta voce, mia cara?” Suggerì Grumman.

“Ultimatum per  Grumman e per Mustang l’assassino
La smilitarizzazione di Ishval e la libertà della terra che ci spetta di diritto è la nostra priorità
Se non vedremo a breve un impegno delle istituzioni militari agiremo di conseguenza
Il primo a morire sarete voi, comandante”


“Si firmano nella lingua di Ishval. Non so ancora leggerla abbastanza bene…” Il foglio nelle mani di Riza tremava leggermente, ma la voce non manifestava emozioni. Roy le sfiorò il ginocchio, attirando la sua attenzione. Fu allora che lei lasciò la presa sulla lettera, permettendo a Mustang di raccoglierla e poi posarla con sdegno sul tavolo. 

“Queste sono minacce. E lei vuole che scopriamo se sono concrete o meno.” 

“Ti sbagli, Generale Mustang” Grumman sembrava alterato. “Non mi importa se si tratta di uno scherzo di cattivo gusto o l’operato di un gruppo terroristico pronto ad uccidere. Trovateli, ed in ogni caso metteteli a tacere con ogni mezzo possibile.”


Lo scatto della maniglia le provocò un brivido, quando la porta dell’ufficio si richiuse dietro di lei.
Il corridoio era nuovamente frequentato dagli ufficiali e dai segretari che, completati I propri incarichi, si accingevano a tornare a casa. Qualcuno di loro si spinse ad un saluto, ricambiato distrattamente da I due. 
La vita fuori da quella stanza sembrava continuare come se nulla fosse e, almeno per quel momento, era meglio così. 

“Diamine, è ormai sera.” Roy evitò il suo sguardo, che era invece puntato sul finestrone che dava sull’esterno. “Quanto siamo rimasti?”

“Quanto basta.” 

L’uomo sorrise, stanco. “E’ ora di andare. Vieni con me.”

“Dove, signore?”

“A cena. Sto morendo di fame.”



Riza si ritrovò seduta al tavolo di un anonimo, seppur frequentato, locale in centro. Erano passati mesi da quando aveva condiviso una cena con il Generale e comunque non erano stati da soli. La richiesta dell’uomo era arrivata in modo inaspettato e Riza pensò che la situazione fosse fastidiosamente bizzarra. Non che non le facesse piacere  - questo doveva riconoscerlo - vederlo in abiti civili. Condividere del tempo con lui, senza le costrizioni del lavoro, era una cosa che apprezzava. Ma che fosse davvero quella, la sera giusta per un invito, lo dubitava fortemente.

Il duetto romantico dei due cantanti accompagnati dal piano, le luci soffuse, le risa dei commensali e l’ostentata cortesia dei camerieri cosa avevano a che fare con minacce di morte, con la paura? Era tutto troppo inadeguato.

“Spero che ti piaccia qui, vengo ogni tanto quando ho compagnia.”

Anche Roy, che con fare candido le chiedeva se si trovava a suo agio. 
No, non sono a mio agio. L’unico componente della famiglia rimastomi, nonché comandante supremo della nazione dove vivo e che dovrei proteggere, ha ricevuto serie intimidazioni. Il lavoro che abbiamo svolto per anni è messo a repentaglio non si sa nemmeno bene da chi. La popolazione di Ishval potrebbe essere nuovamente in pericolo. Direi proprio che “agio” non è la parola che userei.

“E’ carino, qui. Sono solo ancora un po’ scossa” Si limitò a dire. Sapeva di non poter parlare pubblicamente di quella faccenda, e infatti non lo fece. Anche perché non sembrava che l’altro volesse in qualche modo scambiare nemmeno un cenno d’intesa in proposito, con lei. 
Cosa diavolo stava succedendo? Era sveglia?

“So che non sembra, ma qui la cucina è ottima. Prendi pure quello che preferisci, offro io”

Il cameriere, un uomo magro e allampanato, li squadrò un po’ malizioso. Scoccò un’occhiata di intesa al Generale, come se lo conoscesse bene, e subito dopo una a Riza, come fosse solo l’ennesima conquista di un uomo potente ed affascinante. Questo la disturbò, ma non disse nulla.

Roy ordinò una specialità aerugoniana dal nome impronunciabile, mentre Riza si limitò ad ordinare una semplicissima zuppa. Se fosse stata a casa da sola, come tutte le sere, con tutta probabilità non sarebbe riuscita ad ingerire nulla.
Le sembrava assurdo essere dopo chissà quanto tempo a cena da sola con lui e non poter godere neanche un po’ della sua compagnia. Non era naturale. Roy le parlò tranquillamente di Falman, di come si trovasse bene a Briggs con la famiglia. Quel discorso la distrasse un po’ da quelle riflessioni e riuscì leggermente a rilassarsi, tanto da conversare tra un boccone e l’altro. Ma poi la discussione prese una strana piega.

“Allora, a proposito di Drachma… hai più visto Sacha?”

Non avevano mai parlato di lui così apertamente. Neanche sapeva se il Generale si ricordasse chi fosse, figuriamoci il diminutivo del suo nome. 
Aleksandr, detto Sacha, era stato il suo vicino di casa per quasi un anno, ma I saluti cortesi che si scambiavano per le scale si erano trasformati in occhiate incuriosite già pochi giorni dopo il suo trasloco. La loro relazione non era durata molto, ma Riza la ricordava con estremo affetto. Era stato lui a lasciarla, dopo averle detto “un gentiluomo sa quando farsi da parte”. Era stato uno dei pochi uomini della sua vita. Nonché proprietario della piccola Kya, con cui Black Hayate aveva avuto I suoi cuccioli.

“Di recente mi ha inviato un paio di lettere, adesso vive a nord e pensa di sposarsi”

Roy non osò parlarne ulteriormente. Riza, contrariata, avrebbe voluto controbattere chiedendo di qualche donna in particolare, ma la verità è che non aveva idea di chi quell’uomo frequentasse. E, considerato il rapporto che li legava, era davvero strano. E spiacevole. Si sentiva… esclusa? Perché lui poteva conoscere il nome degli uomini che si erano legati a lei ma il contrario era da escludere? Non era equo.

Dopo cena il locale si trasformava in una specie di sala da ballo, ma proporre a Riza partecipare sarebbe stato troppo anche per quel bizzarro Mustang.
Il vecchio cameriere, innaturalmente imperturbabile, si avvicinò un’ultima volta alla coppia. “Signore, posso portare ancora qualcosa a lei e alla sua compagna?” 

“Non sono la sua compagna” Si affrettò a chiarire lei, con un tono indispettito che stupì perfino Mustang. “Ci porti il conto, per piacere”

Il cameriere si defilò alla svelta, non prima di immaginare che in quella serata romantica non fosse andato proprio tutto come sperato.
Fu Riza a pagare durante un attimo di distrazione di Roy, e i due infine rientrarono in auto. Mentre lei lo guidava a casa, forse poco sobrio a causa del vino, ricominciò a dire cose strane.

“Riza, mi chiedevo se non ti senti sola. Qui nella grande città, sempre a lavoro. Abbiamo davvero poco tempo per svagarci e in tutta onestà ti dico che non so nemmeno se tu lo faccia.”

Riza fu presa alla sprovvista. Di nuovo. “Non sono sola”

“Non senti la mancanza di qualcosa?”

“Lei sì?”

Roy rise “Beh non posso dire di non essere un uomo realizzato. Sono quasi riuscito a prendere le redini di questo paese, una volta.”

“Adesso sembra il Comandante Supremo. Non vorrà darmi una cattiva notizia, dopo questa pungente ironia?”

“Ehi, non preoccuparti. Sei al sicuro con me.”

Riza non fu certa di cosa il generale volesse dire e tentò nuovamente di convincersi che fosse solo responsabilità dell’alcol. “Ha bevuto un po’ troppo, forse. E’ una fortuna che ci troviamo sotto casa sua.”

Roy sembrava lucido, a giudicare dalla camminata sicura, ma per il resto lei avrebbe giurato che fosse ubriaco fradicio. “Ci serviva una distrazione, non è vero? Magari, almeno stasera dormiremo I nostri ultimi sonni tranquilli.”

Riza durante tutto il viaggio di ritorno non poté far altro che sentirsi manipolata. E spaventata, principalmente. Lo aveva riaccompagnato a casa, ma come faceva ad essere certa che fosse al sicuro? Facile: non poteva. 
Salì le scale del suo appartamento nel minor tempo possibile, aprì la porta, d’istinto ebbe giusto il tempo di controllare che Hayate fosse nella sua cuccia, poi si fiondò sul telefono. Che squillò.
“Qui è tutto libero, Elizabeth. Buonanotte.”

 
~

Con il giaccone zuppo di pioggia e l’ultimo morso di ciambella della colazione tra le labbra, Heymans Breda accartocciò malamente la prima pagina del Daily Central, gettandolo nel primo cestino capitatogli a tiro. “Che razza di spazzatura…” Esclamò seccato e con la bocca piena.

“E tu smettila di comprarlo” Gli rispose Havoc, arrivato stranamente in anticipo a lavoro.

 “La minaccia di Ishval sempre più concreta: Mustang se ne lava le mani” Fury ricordò rapidamente il titolo appena letto. “E’ veramente terribile”

 “Beh, guarda il lato positivo… almeno è sul giornale” Scherzò Havoc distrattamente, controllando quante sigarette gli fossero rimaste.

“E in che modo questo sarebbe positivo?”

Riza sbucò da dietro di loro, superandoli velocemente senza neanche guardarli. “Il Generale ha qualcosa di importante da dirci, sbrighiamoci.”
La guardarono allontanarsi a passo spedito, confusi e presi alla sprovvista.

“Quindi cerchiamo di non dirgli del giornale…?” Chiese Fury.

“E come? Se non lo ha già scoperto lo scoprirà. E comunque deve sapere ciò che si dice di lui”

Il Generale Mustang era già in ufficio e, per una volta, non si trovava sommerso di scartoffie. Hawkeye, invece, portava alcuni dossier sottobraccio, che lasciò sulla scrivania del suo superiore che non le sfogliò nemmeno, come se ne conoscesse già molto bene il contenuto.

“Buongiorno, capo” 
Havoc salutò distrattamente, senza particolare enfasi. Quella tradita informalità era diventata la routine, dopo molti anni al servizio di quell’uomo, e nessuno di loro avrebbe mai rinunciato al privilegio di trattare il proprio superiore come fosse un vecchio amico. Questo con I dovuti limiti, s’intende. Rispettavano Mustang in quanto esempio da seguire, lo servivano come un vero leader, ma non in base ai gradi appuntati sulla divisa.

Sedendosi al suo posto, Fury notò il Tenente Hawkeye evitare con tutte le proprie forze non solo di incrociare lo sguardo del Generale anche per puro caso, ma di guardarlo proprio. Il più giovane della squadra percepì del disagio nell’aria e non si capacitò proprio come I suoi compagni non lo notassero e non si scambiassero sguardi d’intesa con lui, mentre si sistemavano sulle loro scrivanie. 
Mustang aveva risposto al saluto fugacemente ed era evidente avesse qualcosa in mente. Qualcosa di serio.

“C’è qualcosa di molto sbagliato in questo paese. Questo qualcosa mi sfugge ed è una cosa che non riesco a sopportare.”

Nessuno disse nulla. Lo sguardo di Riza ancora perso nel vuoto.
Mustang si alzò e si avvicinò ai loro tavoli. “Ieri sera ho avuta una interessante discussione con il Comandante Supremo…”

“Se si riferisce all’articolo di giornale, noi-”

“Lo so, ma ciò che dice la stampa al momento è l’ultimo dei miei problemi.” Mustang si incupì. “Ieri qualcuno ha recapitato questo messaggio alla residenza di Grumman.” Passò il foglio a Breda, per primo, che cambiò espressione.

“A qualcuno non sta molto bene la politica di Amestris...” Breda rimase accigliato, rileggendo ancora e ancora quelle poche righe. “Non è che non lo sapessimo.”

“Che roba è questo scarabocchio?” Havoc girò diverse volte il foglio per capire.

Fury intervenne “non sono un esperto, ma… sembra scritto nella lingua di Ishval.”

“E’ esatto, Fury” Intervenne Riza. “Non conosciamo il significato di quelle parole ma potrebbe essere una specie di rivendicazione. Qualcosa che ha a che fare con il movimento indipendentista.”

“E il movimento si macchierebbe di omicidio? Di un alto ufficiale, per di più?”

Mustang si allontanò dai suoi uomini, con le braccia conserte e si piazzò accanto a Riza, che sussultò leggermente. “Potrebbero essere minacce a vuoto, ma sicuramente non voglio stare con le mani in mano per scoprirlo. Né si può andare incontro alle loro richieste assurde.”

“Vogliono smilitarizzare Ishval… iniziando con le vostre dimissioni”

“Sapevano benissimo che non l’avrei fatto. E’ un tentativo di portare scompiglio. Ma al momento l’operazione è top secret per chiunque oltre I qui presenti. Intesi?”

“Pensa possano essere coinvolti altri ufficiali?” Disse Riza, che gli parlò direttamente per la prima volta.

“Non voglio escluderlo… quegli avvoltoi non aspettano altro di mettere le mani sulla mia posizione. Non sono nuovi a certi mezzucci con l’unico fine di screditarmi. Per loro questo è un vero colpo di fortuna”

“Comunque, In pratica, ci sta dicendo che è compito nostro occuparci del colpevole”

“Ordini di Grumman.” Chiarì Roy. “Hawkeye ci ha fornito tutti I dossier su quello che sappiamo dei moti di indipendenza, dai nomi degli arresti ai rapporti del tenente colonnello Miles da Ishval. E spero non  abbiate impegni, perché ci sarà da lavorare.”

Riza divise le copie dei dossier a tutti I presenti, tenendone una per sé.

“Direi di iniziare da I primi episodi di ribellione.”

“Ricordo bene, siamo intervenuti io ed Havoc.” Ricordò Breda. “Erano dei ragazzini, studenti universitari che proponevano una manifestazione pacifica. Qualcuno si è sentito minacciato ed ha allertato le autorità, ma non ce n’era motivo. Siamo comunque stati costretti a schedare tutti I partecipanti”
“Le loro schede sono qui… ma non mi sembra di trovare niente di allarmante.”

“Non su di loro. Ad un certo punto, agli studenti si sono uniti alcuni lavoratori che hanno scioperato. Volevano solo essere ascoltati. Solo due di loro hanno avuto atteggiamenti riottosi.”

“E’ come se la situazione fosse peggiorata sensibilmente con l’improvviso interesse della stampa per la questione… alcuni nazionalisti amestresiani hanno scatenato risse con I manifestanti Ishvalan. E I giornali parlavano di come Ishval fosse nuovamente fuori controllo per i militari e la polizia civile.”

“Ma non è assolutamente vero! Stanno solo fomentando la rabbia da entrambe le parti. E’ inaccettabile.” Fury si alterò. 

Mustang ascoltò tutto molto attentamente. Poi interruppe Fury dicendo “Havoc, Breda… quell’uomo di Ishval arrestato e poi scarcerato subito perché estraneo alle manifestazioni… siete andati da lui, di recente?”

“Il suo nome è Isaac e sì, siamo stati da lui. Ma non ha mai niente di nuovo.”

Il biondo sbuffò.“E’ solo un idiota, non ci dirà niente di utile. Preferisce stare fuori dai guai”

“E vuoi forse biasimarlo?” Lo ammutolì Riza. “E’ un civile, non ha scelto di ritrovarsi in mezzo a questa storia”

“In ogni caso sarà il caso di fargli una nuova visita, chiedetegli se quella scritta per lui ha qualche significato”

“La stampa comunque ha alimentato lo scontento anche dalla parte degli Ishvalan. Non si sentono tutelati, gli episodi di razzismo aumentano e noi non possiamo farci granché, a parte intervenire a cosa fatta”

Roy sapeva che era vero. Ma non poteva farsi influenzare dalle manipolazioni faziose dei giornalisti. “Stiamo lavorando a Neslee anche per questo. E mi sembra che prima di questa storia le cose fossero tranquille. Bisogna capire da dove è iniziato tutto.”

“Quindi quali sono I nostri compiti?”

“Per ora io e Hawkeye resteremo qui a studiare ancora questi documenti, nonché ad organizzare l’inaugurazione di Neslee…”

“Quindi si farà comunque tra tre settimane? Non è un po’… fuori luogo?”

“Abbiamo discusso con il consiglio di Ishval e siamo arrivati a questa conclusione. La festa del solstizio è una festa troppo importante ed in questo periodo difficile è essenziale far sentire la popolazione di Ishval come parte di questo paese”

“Anche se non vogliono” 

 “Non tutti.” Ribadì Riza.  “solo una parte degli abitanti di Ishval vuole l’indipendenza. Tutti gli altri, compresi molti amestresiani, vorrebbero semplicemente una società più democratica e smilitarizzata…”

Un breve momento di silenzioso disagio venne interrotto da Roy.

“Insomma, Havoc e Breda, interrogate Rani e ditegli di tenere gli occhi aperti. Se trova qualche indizio non deve esitare a riferircelo. In cambio gli offriamo la nostra protezione. Fury tu dovrai mettere sotto controllo un certo numero di linee telefoniche. Ti farò avere una lista a breve. E anche tu occhi ed orecchie aperte, mi raccomando." 

 
~

Le notti all’interno della sua stanza erano sempre buie ed umide. 

Con le dita avvizzite della mano sinistra, consunte da una penosa vecchiaia e dalla fame, l’uomo grattava febbrilmente il pavimento mentre con la destra tracciava simboli e trascriveva vecchie formule su fogli consunti. Le ricordava tutte, quelle formule. Nonostante gran parte non fossero state sviluppate da lui ne conosceva tutti I misteri, tutte le sfaccettature. Eppure qualcosa sfuggiva ancora alla sua memoria.

Lo tenevano lì da mesi. Il delirio si era presto impadronito della sua mente già debole e ora il vecchio se ne stava seduto per terra sul pavimento freddo a cercare di ricordare. Avrebbe dovuto trovare una soluzione in fretta, o lo avrebbero ucciso. Senza la sua alchimia per loro era inutile tenerlo in vita.

Si accarezzò il volto sfigurato con la mano libera, per alleviare il dolore che lo tormentava ciclicamente. Le cicatrici della grave ustione sembravano pulsare nonostante la ferita gli fosse stata inferta quando era giovane. Il ricordo di quel giorno infausto era l’unica cosa veramente viva in lui, insieme alla voglia di vendetta mai davvero estinta.

Van Hanussen allora capì, in un frangente di inaspettata lucidità.

L’alchimia del fuoco non era mai stata nelle sue mani.

 
  
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