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Autore: DirceMichelaRivetti    19/10/2021    0 recensioni
Reggio Emilia, 1559
Il medico Basilio Albrisio viene arrestato per eresia e le suore sue sostenitrici interrogate.
Egli afferma di essere il ricettacolo per la nuova incarnazione di Cristo. E' Santo o folle?
Compito dell'inquisitore Girolamo Volta è il stabilirlo.
Genere: Mistero, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Inquisizione, Rinascimento
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«Il Demonio mi è apparso, più di una volta. Forse lo rifarà … perché non dovrebbe? Più ci si accosta alla verità, più il Maligno si avvicina a noi per tentarci, spaventarci. Usa ogni mezzo per distoglierci dalla meta. Sono entrata in convento da bambina per volontà dei miei genitori, seguivo il percorso stabilito, senza nutrire una vera Fede ed ero tranquilla.»

La suora mi scruta con serenità. La voce è ferma, il corpo non freme. Non ha paura di me.

Bizzarro. Chi non trema davanti a un inquisitore?

Pure chi è convocato solo per testimoniare, come questa monaca, ha un sano e reverenziale timore, come è giusto che sia. Timor Dei.

Tutti hanno paura di me, sempre. Incurvati nelle spalle, non riescono a sostenere il mio sguardo e ruotano gli occhi per tutta la stanza o sorvegliano la porta come temessero che da un momento all’altro sparisse. Oppure ostentano arroganza e mi guardano con sfida. Certi buffoni tentano di impressionarmi e minacciano maledizioni. Forse si illudono di essere i primi ad avere l’idea. Non ha mai funzionato su di me, nemmeno quando ero agli inizi e il mio compito era solo quello di trascrivere le dichiarazioni.

Questa Suor Paola Ruspaggiari, invece, è diversa. Se ne sta seduta davanti al Consiglio come se fosse in un salotto a ricamare, in chiacchiere con amiche. È serena, com’è possibile?

Non si rende conto della situazione, non ci può essere altro motivo.

Oppure è convinta di essere nel giusto? No, no. Anche i più ostinanti che ho esaminato non son mai stati tanto pacati.

«Quando il Dottor Basilio è arrivato in convento, tutto è cambiato. Ci ha insegnato la Fede. Ci ha insegnato a pregare.»

«Un medico?»

«Sì. Proprio come Nostro Signore! Lo abbiam cercato per guarire i corpi e lui ha curato le nostre anime.»

Che sguardo ha? Le brillano gli occhi come in contemplazione. Ho già visto uno sguardo simile, negli uomini e nelle donne innamorate ma questo differisce: è rapito non in un corpo, bensì in qualcosa di ineffabile … nel … sublime?

Sublime! No, non posso averlo pensato. Qui stiamo trattando di un’eresia blasfema, questa povera monaca è stata corrotta, non posso pensare che il suo straniamento sia un’estasi mistica.

«Basilio giunse al convento per causa mia. Mi trovavo in stato di morte: ero afflitta da un’infermità incurabile e, per le sue mani, io fui risanata!»

Un sorriso radioso che fa apparir stupenda perfino quella dentatura storta e gialla.

«Le cure son state lunghe. Lui parlava di Dio e io capii che diceva la verità con parole acute da spezzare i cuori di sasso. Mi resi conto di essere io perennemente sviata in cose terrene e così niente facevo di ciò che predicava.»

Un tremolio nella voce, era ora. Che cosa la turba, però? È senso di colpa: per la vita passata o per aver prestato orecchio a questo Basilio Albrisio?

«Dopo ch’io fui guarita e lui se ne andò, io non credevo ad altro che a ciò che avevo sentito da lui e a comportarmi secondo le sue indicazioni. Il Signore cominciò a far miracolo in me: la prima ispirazione fu quella di confessarmi a Basilio e per lungo tempo mi rimase il pensiero nell’animo, senza comunicarlo a nessuno. Decisi allora di scrivere la mia confessione e non sapevo se anche altre l’avessero fatta.»

Lacrime? Sì, sono lacrime quelle righe che luccicano sulle guance, riflettendo i raggi del Sole che penetrano dalla finestrella.

«Ero, però, ancora debole e provai vergogna dei miei peccati e quindi ne omisi alcuni. Durante la confessione della quaresima, Basilio si accorse che non mi ero confessata del tutto e mi rivelò un peccato che solo Dio sapeva!»

Perché si stupisce? Lei lo sa già, no? Vuole impressionare me e gli altri giudici? Oppure sta rivivendo quei momenti nella sua testa? Quel suo sguardo vago è così frustrante! È pazza o scaltra?

«Io rimasi grandemente sorpresa, non sapevo cosa dire, eppure il mio cuore era rivelato, senza ch’io lo sapessi e nessun altro poteva conoscerlo se non Dio. Così la Fede mi cominciò a crescere.»

Provochiamola, vediamo come reagisce: «Fede in chi? In Dio o nel Dottor Albrisio?»

«Entrambi. Non vi è differenza.»

Uno scatto nervoso della mano del vicario fa rovesciare il boccetto di inchiostro: «Questa è blasfemia! Attireranno la sciagura su tutta Reggio.»

Meglio tenere le redini. Non mi piace chi si agita per così poco. D’altra parte sono stato chiamato apposta per occuparmi della faccenda perché io sono lo specialista e loro gli improvvisati.

«Abbiamo già visionato le deposizioni delle altre monache e le lettere che vi scambiavate con il Dottor Albrisio … quelle che si son salvate dal camino, almeno.»

Che razza di incompetenti! È mai possibile che le guardie siano tanto sprovvedute da perquisire una casa e metterla a soqquadro, senza accorgersi che le prove che cercavano stavano bruciando nel salotto, sotto lo sguardo del fratello dell’eretico?

Avrebbero dovuto imprigionare anche lui per evitare distruggesse altro materiale. Pazienza, indagherò con i mezzi rimasti.

«Sappiamo abbastanza della sua convinzione di essere un novello Cristo, approfondiremo con lui queste follie. Da voi, invece, Suor Paola, mi interessa sapere di più delle visioni del demonio che sostenete di avere avuto.»

Strilla: «Lui è venuto a tormentarmi poiché io conosco la verità che voi chiamate blasfemia.»

Ha perso il suo sguardo. È rapito ancora, ma non contempla più il divino. Le pupille trasudano il terrore. Cosa stanno guardando? Che orrori la stanno tormentando? Perché li vede solo lei?

Ah, basta, Girolamo, riprendiamoci! Da quando ci facciamo impressionare dagli interrogati?

«Un giorno, ero da sola nella mia cella e stavo pregando come mi ha insegnato Basilio. Un fruscio dietro di me. Mi son voltata ma tutto era normale. Mi sono concentrata di nuovo nella preghiera. Un altro rumore: qualcosa scorreva in basso, lungo la parete. Mi son girata certa di vedere un topo e, invece, nulla. Mi stavo tornando a volgere al crocefisso e un piccolo bagliore ha raggiunto la coda del mio occhio. Non sapevo più dove guardare. Ruotavo su me stessa per cercare qualunque cosa stesse correndo per la stanza. Correndo? Oh, no. Non correndo. Strisciando. Una fiammella sotto il letto. Ho afferrato la brocca con l’acqua, stavo per gettarla ma dal mio giaciglio era emerso un serpente tutto di fuoco: il Maledetto. Tanto orribile che svenni.»

Respira con fatica, il fiato esce a scatti e rumoroso. È impallidita. Non credo stia mentendo. Lei è convinta di aver visto quell’obbrobrio. Un medico l’ha visitata? Un medico vero, non un eretico. Potrebbero essere i suoi umori, squilibrati, a suscitarle allucinazioni.

Se volessimo, però, ammettere che le si è manifestato un demonio, dovremmo anche stabilire se esso vuol osteggiare il Dottor Albrisio, com’ella sostiene, o se piuttosto non è la blasfemia stessa a richiamarlo e nutrirlo.

«Un’altra volta mi elencò tutti i mali del sacramento, dicendo che non lo stima per niente e che non ha paura di lui e infatti veniva senza paura. Ripeteva che tutto il mondo è cosa sua e che lui è padrone di ogni cosa e che, se avesse voluto, mi avrebbe portata via. Una sera volevo scrivere una confessione dei miei peccati da mandare a Basilio, ma il Maligno è tornato e mi tormentava con parole e minacce, come fumo si avvolgeva attorno al mio collo e mi soffocava. Per 7 ore sono rimasta in sua balia, finché una delle mie compagne non è sopraggiunta e con le sue preghiere l’ha scacciato. Un’altra volta pure, minacciava di gettarmi dalle scale e ci sarebbe riuscito, se fossi rimasta sola, ma per fortuna una delle mie sorelle si è avvicinata.»

«Dunque voi non siete sola ad aver avuto queste visioni. Le vostre sorelle, che avete appena nominato, vedevano la manifestazione da voi descritta, oppure vi trovavano delirante?»

Se risponde con chiarezza, ci toglie ogni dubbio circa la concretezza dell’apparizione.

Ha aggrottato la fronte, stinge i denti. Gli occhi infossati mi fissano con furore: «Voi non credete perché appartenete alla Chiesa corrotta e voi stessi siete in mano a Satana. Voi ignorate la verità a tal punto che vi spaventa e la perseguitate.»

Il Vicario Vacca scuote il capo, lo sdegno gli arriccia le labbra: «La verità? E la saprebbe dunque un medico? Un uomo colto, senza dubbio, ma lontano da Dio.»

Ride e molti si uniscono al suo disprezzo. Io preferisco non mostrare mai le mie emozioni agli interrogati, tanto meno schernirli. Sono molto più collaborativi, quando si credono rispettati.

Vediamo di arrivarci in fondo: «Ci sono altri episodi che deve riferirci?»

«Sì, uno. L’ultimo. Risus abundat in ore stultorum. Se aprirete i vostri cuori, se siete pronti ad abbracciare la vera Fede, ascoltando queste mie parole vedrete quanto il Diavolo tema Basilio.» d’improvviso si è fatta solenne «Ero china a pregare in una cappella. Passi rimbombarono per la navata, non vi feci caso. Era qualche altra suora, mi dissi, era naturale. I passi si arrestarono proprio dietro di me. Una voce, un gracchio polveroso, mi chiamò per nome. Mi voltai. Un grido scappò dalla mia bocca: innanzi a me un corpo putrido, indossava abiti da nobile con catene d’oro e gioielli, perle e gemme, ma emanava un odore nauseabondo. La pelle grigia era scrostata qua e là dalle carni scavate con discontinuità. Là si vedeva un pezzo d’osso, lì vermi si agitavano. Solo il viso era intatto. No, quasi, le orbite erano vuote: fosse nere in mezzo al grigio. Un morto si era alzato dalla sua tomba e mi aveva cercata.»

«Era un demonio?»

«Era il Maledetto. Mi ha ordinato di prepararmi alla morte, di smetterla di pregare per gli altri poiché ogni uomo è suo. Sì, anche voi che mi state compatendo, anche voi che giudicherete Basilio, anche voi che vi credete pii, in realtà appartenete a Lucifero. Lui si è accorto di quel che sta accadendo qui. Ha scatenato voi per fermare Basilio, per impedirgli di compiere il grande dovere che lo attende. Voi siete strumenti del Maligno.»

Il Vicario ancora sbotta, addirittura si leva in piedi: «Questa è un’offesa che dev’essere purgata.»

«Placatevi.» interviene un uomo piuttosto anziano «Suor Paola, così come le altre monache, non è inquisita, bensì una testimone. Deve aiutarci a capire la natura dell’eresia di Albrisio. È una vittima e noi abbiamo il dovere di salvarla.»

Quest’uomo parla bene, assai assennato. Chi è? … Ah, già, Malaguzzi. Dobbiamo farci due chiacchiere dopo. Da come l’ho sentito riferirsi all’imputato, ho l’impressione che lo conosca piuttosto bene, magari potrà aiutarci a comprenderlo.

La suora continua a scrutarci con furente disprezzo: «Tacete e ascoltate. In quella funerea sembianza mi ha ordinato: “Manda a dire a Basilio che mi lasci stare; se non lo farà, gliene farò venire io la voglia.”» è passata a un’aria di sfida «Basilio non ha smesso di combatterlo e siete arrivati voi.»

Il Vicario sbuffa: «Ho sentito abbastanza.»

«Io no. Un’ultima domanda, Suor Paola, poi potrete tornare dalle vostre consorelle di Santa Chiara. Avete mai scacciato i diavoli? Con quali metodi?”

«Vi sono riuscita talvolta da sola, sì. Quando ho imparato per bene le preghiere che Basilio ci prescriveva.»

«Potete farcene sentire una? Se voi avete ragione, l’orazione aiuterà tutti quanti a liberarsi da ogni funesta presenza.»

Il viso si rilassa, le labbra le tremano. Annuisce convinta.

Sentiamo.

«Imperet tibi Deus, o maledicte Satana, così ti comandi Dio onnipotente in imperio grande sopra di te, o maledetto Satan che tu lasci star tutto il mondo con tutti questi contradicenti, che tu lasci stare queste dodici figliuole con l’Angelo Gabriele, et venghi qua nel deserto avante al tribunal de la Trinità er Unità di Dio al tremebondo giusto giudicio suo, et la giusta pugna con il cricifisso in forma di serpente. O ribaldo, che puoi tu più fare? Non hai tu la gloria persin qui, che tanto secreto sacrato para un insonnio et una illusione da tutti schernito profanato et biastemato? A te mi rivolgo, Trinità altissima et unità di Dio, procura l’honore del tremebondo giusto giudicio tuo del tribunal tuo, che non lo possia scappare ancora Satan maledetto, il quale tu vedi quanto si sforza si fugere il giudicio tuo, reiterandosi al giudicio fallace delli huomini. Chiudegli la bocca, signore, che non possia più parlare, et sia sforzato di tutta ragione venir qui al deserto, al tribunal tuo, al tremebondo giudicio tuo, a la giusta pugna con il crucifisso in forma di serpente. Amen. Amen. Amen. Cristo diviso in Basilio et in Maria. Amen.»

Il mio cuore martella, tutto il petto pulsa rapido. Le narici si contraggono a scatti e irregolari. Luce. Ho bisogno di luce, di vedere il cielo. Ma non riesco a distogliere lo sguardo dalla monaca e non mi pare di vederla. È lì, lo so, la vedo, ma è come se un velo di nebbia gelata fosse calato sui miei occhi.

Ho già letto questa e altre simili preghiere, tra le carte sequestrate. Mi han fatto sorridere. Il tentativo di ricalcare le scritture e di adattarle è evidente. Sentirla pronunciare, però, è tutt’altra cosa. Il fervore della suora rendeva ogni parola tremenda e accendeva brividi che mi han attraversato la schiena.

Non voglio più parlarle. Non oggi almeno. Fatela uscire.

Ecco, appena la porta si richiude dietro di lei, un peso s’allontana dal mio petto. L’aria fluisce tranquilla nel naso. C’è più luce?

Sì, ora che se n’è uscita, mi sento meglio. Perché quell’improvvisa angoscia?

I testi li avevo già analizzati, nulla di nuovo, nulla di impressionante. Perché allora la voce e il tono della suora li hanno completamente tramutati? Erano le medesime parole ma mi hanno atterrito.

Dev’essere la stanchezza, dopo ore e ore passate a interrogare monache.

Comunico al Vicario Vacca che per oggi è sufficiente. Riprenderemo domani.

Mi alzo in piedi. Intreccio le dita sopra la mia testa e mi stiracchio per bene braccia e schiena. Non voglio vedere una sedia almeno fino a cena.

Lasciamo la stanza e ognuno chiacchiera con almeno un compagno e ci si disperde per il palazzo vescovile. Il Vicario mi chiede che ne penso. Non mi va ancora di esprimermi, per cui gli consiglio di pensare ai suoi compiti, visto che gli interrogatori lo hanno privato già di parecchie ore di lavoro.

Imbocco la scalinata in pietra che scende al cortile. Qualche gradino più in basso, il Malaguzzi procede solo, stringe il palmo al corrimano e cala piano i piedi. Solleva la gamba per il nuovo passo e gli trema, ondeggia un poco e si adagia.

Lo affianco e gli porgo il braccio. Mi sorride e accetta volentieri il mio aiuto.

«Messer Ippolito, giusto?» annuisce «Vorrei farvi qualche domanda. Voi conoscete bene il Dottor Albrisio? Mi pare siate quasi coetanei. Ha mai avuto tendenze al misticismo o bizzarrie?»

Un lungo e stanco sospiro: «Sì, siamo stati amici, o quasi. Io ho 58 anni, pochini in più di lui. Le nostre famiglie appartenevano alla medesima fazione, quando ancora le parti si scontravano. Eravamo bambini, ragazzini poi. Giocavamo assieme. Lui ha seguito il mestiere della sua famiglia ed è diventato medico, io ho continuato la tradizione della mia con la Legge e il commercio di sete, carta, spezie. Da adulti, le occasioni in cui ci vedevamo erano proprio quando veniva a comprare le erbe per i medicamenti, nella mia bottega in piazza, la teniamo da oltre un secolo.»

È fiero delle sue origini, l’orgoglio gli raddrizza la schiena e accende le pupille. Non mi interessa granché il suo casato ma non interrompiamolo. Ci sta dicendo quanto speriamo, pazienza per qualche noticella in più. Poi, chissà, magari ci tornerà utile.

«Basilio non si è mai interessato alla religione, almeno fino a 12 anni fa, circa, quando ha iniziato a leggere libri particolari, ma non saprei di più.»

Di libri ne abbiamo sequestrati, ci sono testi di Gioacchino da Fiore, ma le posizioni di quest’eretico mi sembrano diverse. Vi è un volume con dei disegni meravigliosi, me lo sono tenuto da parte per esaminarlo con calma.

«Avete nominato scontri. Le normali baruffe o qualcosa di più?»

Ippolito sospira e guarda altrove, prende tempo. Si sfrega il pollice della mano libera con le altre dita. I ricordi lo turbano?

«Una faida, anche molto politica. In 13 anni ha lasciato oltre 70 morti per le strade. Mio fratello ha rischiato di entrare in quel numero. Sia sempre ringraziato il Dio che non ha reso mortale quelle coltellate alla gola. È stato ucciso … massacrato, un governatore in Duomo, durante la messa. Non era la migliore delle persone, anzi, sapeva suscitare odio, ma l’omicidio in chiesa è troppo sacrilego. Ci sono stati saccheggi, palazzi bruciati. Noi Malaguzzi eravamo più esposti degli Albrisio, ma anche loro hanno subito le conseguenze. Non è facile essere fanciulli in un clima tanto violento. Pensate che, addirittura, accanto alle porte di casa, chi era neutrale faceva murare una piastrella che dichiarava: Pars Mea Deus. Credo che chiunque abbia vissuto quegli anni si stia portando dietro ancora i segni. Per alcuni sono cicatrici, per altri tagli che non si sono mai chiusi del tutto.»

Non aggiunge altro. Tiene d’occhio le scale. Dopo l’ultimo gradino, lo ringrazio e lo saluto.

Voglio farmi una bella passeggiata e riflettere. Chissà, forse questo Albrisio ha sempre vissuto nella paura. Il clima generato dalla faida potrebbe non averlo mai abbandonato e a un certo punto ha cercato di combattere l’ansia perenne con questa sua assurda ed eretica convinzione.

Bah. Credersi un secondo Cristo, proclamare Reggio nuova Betlemme … certo che questo 1559 inizia con un caso proprio interessante.

Oh, accidenti. Ho dimenticato di chiedere a Suor Paola di quell’Angelo Gabriele che tutte le altre undici monache coinvolte hanno nominato. Lei ne ha fatto cenno nella preghiera, se non sbaglio. È strano, ne parlano come fosse una persona in carne e ossa con cui hanno avuto a che fare.

Ricapitoliamo: un medico che si sente Messia, dodici suore diventano i suoi apostoli per espiare i peccati della Chiesa e un arcangelo che vive in mezzo a noi.

Caro Girolamo Volta, l’inquisizione ti ha affidato una matassa bella aggrovigliata da dipanare.

Via, fosse anche il nodo gordiano, ne verremo a capo … e non come Alessandro Magno.

   
 
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