Giochi senza artifici
Qualcuno li avrebbe chiamati giochi.
Corse d'estate
tramonti ad accenderti le ciglia – i tuoi sguardi erano fuochi.
Erano risate
avvolte nella pancia
per mascherare il brivido
di struggimenti tesi a scivolare
fra l'infanzia e il mare.
Tu immobile
coi tuoi occhi di fuoco
che d'artificiale avevano solo il silenzio con cui
ti scostavi
quando i sorrisi perdevano i contorni.
Qualcuno li avrebbe chiamati giochi.
Dita a raccogliere il sale
per disegnare miele
– miele per lenire, miele per lambire –
e inventare l'età della ragione.
(Tu eri la ragione
di ogni sospiro fatto di mare)
Giocavamo a creare ponti
strade fra i sorrisi
sentieri di dita e pelle e anima gettata in mezzo.
Ci fingevamo adulti
sciogliendo barriere come candele
nell'estate del nostro ricordo.
Qualcuno li avrebbe chiamati giochi.
Troppo adulti per scambiarci la pelle
fingevamo abbracci che fossero confini.
Avevo occhi di vetro
quando la sabbia era solo il dolore
– sordo come il giorno che non muore –
e separarci continuava a non venirci naturale.
Qualcuno li avrebbe chiamati giochi.
I sospiri in cui ci ritroviamo
e ci mordiamo le labbra
per assaggiare il miele sporco di mare
– non fa male nemmeno il tempo che è passato
perché lo ritroviamo a ogni nido
raccolto in grembo con la tenerezza
che non ci siamo mai concessi.
Sono sempre
stati
respiri
(nostri).
Note:
Prompt: 20, multitarian: avere molte forme ma una sola essenza