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Autore: Kameyo    27/10/2021    2 recensioni
"Un posto immerso nel buio, lontano dagli altri, questa era l’unica cosa a cui aveva pensato. Vomitare tutto e poi magari ricominciare fino a stordirsi e dimenticare. Sarebbe stato più semplice stargli vicino se non fosse riuscito a mettere a fuoco il suo viso.
Così non li aveva visti.
Petali.
Petali del colore del sole"
Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gaius, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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“Questa storia partecipa al Writotober di Fanwriter.it”
Prompt: Petali - PumpINK
N° parole: 4402
 
 
 
 
27.
 
Hanahaki
Morire d’Amore
Pt. 2
 
 
 
C’erano troppi fiori al castello. Arthur se ne accorse una domenica mattina.
Non ci aveva fatto caso all’inizio, i vasi vicino alle finestre c’erano sempre stati, come anche quelli nella sala del trono, piccoli, discreti. All’improvviso però sembravano essere aumentati: lungo i corridoi, sui tavoli di ogni stanza, in camera sua. Ne avevano sistemato uno in camera sua! Non che gli dispiacessero, ma iniziavano ad essere decisamente troppi, come se qualcuno si fosse divertito a piantare piccoli giardini qua e là.
Gwen non aveva idea di chi fosse stato. I cavalieri neanche a parlarne, e Merlin… Merlin era già molto se riusciva ad incontrarlo una volta ogni tanto e di fretta. Alle volte era indisposto, altre Gaius gli aveva dato un gran da fare, altre ancora non si capiva perché non avesse tempo di andare nelle sue stanze a fare il suo lavoro, c’era sempre qualcun altro al suo posto.
«Gaius lo sta istruendo» aveva detto Gwen. «Vuole ritirarsi e Merlin lo sostituirà.»
Ma non era solo quello. Non c’era solo il lavoro in arretrato o la sua – quasi totale – assenza. Merlin lo stava evitando. Non riusciva più ad incrociare il suo sguardo, cambiava strada non appena lo vedeva, aveva smesso di occuparsi personalmente di lui, aveva smesso di toccarlo.
La mancanza delle sue dita sulla pelle era vivida a bruciante, una carezza di cui non voleva fare a meno.
Merlin non si era mai preoccupato di far scorrere le dita sulla sua epidermide nuda, non si era mai fatto problemi a massaggiargli le spalle stanche durante il bagno, ma poi, poco a poco aveva smesso. C’era sempre la stoffa tra di loro e aveva altro da fare non appena i suoi piedi s’immergevano nell’acqua calda.
Come con i fiori, all’inizio non aveva dato peso a quei comportamenti, ma adesso, dopo settimane d’incontri mancati, la distanza tra di loro era diventata talmente tanta da non sapere più come approcciarsi. Doveva fermarlo in mezzo al corridoio? Farlo chiamare nelle sue stanze? Ordinargli di spiegargli cosa stesse accadendo tra di loro?
E poi c’era il suo aspetto. Le occhiaie, il viso pallido, la magrezza e quella maledetta tosse che lo seguiva ovunque. Si era ammalato e non voleva dirglielo? Se fosse stato contagioso Gaius non l’avrebbe di certo fatto girare per il castello, quindi perché?
Merlin non aveva smesso di essere gentile con gli altri, di darsi da fare, era solo lui il problema allora?
«L’avete fatto arrabbiare?» gli chiese Gwen mentre riordinava i suoi abiti.
«Se c’è qualcuno arrabbiato qui, sono io.»
«L’ultima volta che vi siete parlati magari avete detto qualcosa che l’ha ferito? Sapete com’è fatto Merlin. Potreste – involontariamente – aver detto la parola sbagliata?»
C’era un’accusa bella e buona sotto quel tono indagatore e Arthur l’aveva colta benissimo, ma non ricordava nulla del genere. Non c’erano stati litigi, battibecchi o quant’altro, e forse il problema era proprio quello. Merlin aveva smesso di essere Merlin. E anche se non voleva ancora ammetterlo ad alta voce, gli mancava.
«Non ho fatto niente! E poi cosa ti fa pensare che sia arrabbiato con me?»
«Per via di quelli» indicò il vaso di terracotta poggiato sul davanzale della finestra.
Arthur lo guardò, era certo che il giorno prima non ci fosse. Era identico a tutti gli altri, ma quella era la prima volta che vedeva una pianta del genere al castello, i fiori erano gialli e piccoli raggruppati in cima a rametti pieni di spine.
«Che cosa c’entrano i fiori adesso?»
Gwen prese il cesto vuoto e lo guardò con un cipiglio preoccupato.
«Quei fiori appartengono alla specie delle ginestre» spiegò cauta. «E questa qui in particolare significa sconforto, delusione, ma anche resa
«Delusione? E resa verso che cosa?» si agitò, e poi: «Allora è Merlin che sta cercando di trasformare il castello in una serra?»
Gwen si strinse nelle spalle.
«Merlin non sta bene, è ovvio a tutti ormai. Credo che dovreste parlargli, probabilmente siete l’unico con cui lo farebbe.»
«Ma se non mi guarda neanche!» e fu sconcertante rendersi conto quanto gli facesse male
«Allora scusatevi. Fatelo e vedrete che le cose si sistemeranno» rispose, gli lasciò un bacio sulla guancia e scomparì oltre l’uscio.
Arthur rimase a fissare la porta chiusa. Avrebbe voluto urlarle dietro che non aveva fatto proprio un bel niente, ma una vocina si era insinuata nella sua testa a ricordargli che non era sempre gentile con il suo servo. Forse una battuta di troppo? Lo aveva sgridato e non se ne ricordava?
Guardò la piantina spinosa.
«Non mi scuserò per qualcosa che non ricordo di aver fatto!»
 
 
Un’ora dopo, Arthur si trovava nelle stanze di Gaius.
Sapeva che Merlin era lì, lo aveva visto, o meglio, lo aveva seguito di nascosto per essere certo di potergli parlare. Non gli sarebbe sfuggito. Lo avrebbe costretto a dirgli cosa stava succedendo, e sì, si sarebbe scusato per qualsiasi stupidaggine lo avesse fatto arrabbiare, anche se era ancora convinto di non aver fatto proprio un bel niente!
Bussò un paio di volte ed entrò senza aspettare di essere invitato a farlo, altrimenti avrebbe fatto dietro front e se ne sarebbe tornato nelle sue stanze, perché era davvero assurdo che lui, il principe, l’erede al trono dovesse andar dietro al suo servo.
Notò con un certo nervosismo che Gaius non c’era. Si richiuse la porta alle spalle e si guardò intorno. Erano soli. Dopo settimane passate a cercarlo tra gli sguardi della gente, adesso erano soli. Non era perfetto?
Per niente.
Era nervoso, non aveva idea di cosa avrebbe dovuto dirgli. Forse avrebbe potuto girarci intorno, parlare del perché stesse riempiendo l’intero castello di vasi, piantine, fiorellini e spine. A meno che non fosse lui il colpevole e Gwen si fosse sbagliata. Così sperava almeno.
Sospirò. Ormai era lì, tanto valeva chiudere la questione.
«Merlin?» chiamò piano.
Nessuno rispose.
«Merlin?»
Tese le orecchie, ma niente. Eppure, era certo di averlo visto entrare, non poteva essersi sbagliato. Lo aveva visto! Possibile che si stesse nascondendo?  Era davvero così furioso da non volerlo neanche vedere?
Poi lo sentì, sentì la tosse che lo seguiva dappertutto. Avanzò nella stanza e si diresse verso la porta infondo, la spalancò irato. Era insensato comportarsi in quel modo! Avevano sempre chiarito ogni cosa parlando, urlandosi contro anche, ma non avevano mai lasciato le cose in sospeso, mai.
«Senti» iniziò entrando nell’angusto stanzino che era la camera del suo servo. «Ti chiedo scusa! Va bene? Smettila di…»
Si bloccò e istintivamente fece un passo indietro, gli occhi sbarrati.
Merlin era inginocchiato a terra scosso da una tosse terribile e tra le sue gambe e il pavimento si estendeva una pozza di petali. Petali e boccioli che uscivano dalla sua bocca in un grumo di saliva e sangue.
Le parole gli morirono in gola.
Rimase a fissarlo sconvolto per un minuto buono, prima di decidersi a raggiungerlo e mettergli una mano sulla schiena inginocchiandosi al suo fianco.
«Respira con il naso» gli suggerì nel panico. «Piano. Concentrati sul respiro e lascia che il resto venga fuori.»
Vide le sue mani stringere il petto e pregò che qualsiasi cosa stesse accadendo finisse in fretta. Tentò di rialzarsi.
«Vado a cercare aiuto!»
Ma Merlin lo afferrò per il polso, scosse la testa.
«Gaius! Cercherò Gaius!»
Merlin negò ancora, strinse la presa e tossì e tossì. Arthur gli si rimise accanto, la mano ancorata alla sua schiena, l’altra stretta in quella dell’altro. Aspettò, pregò. Quale stregoneria era mai quella? Cosa gli stava succedendo?
I petali e i boccioli scivolavano dalle labbra sporche di Merlin. Gialli, rossi, rosa scuro tutti di fiori diversi. Riconobbe quelli della pianta della sua camera. Sconforto, delusione, resa. “Resa verso che cosa?” aveva chiesto. Adesso non voleva più saperlo.
Merlin tossì per un tempo che gli parve infinito. Quando smise la presa sulla sua mano si allentò e dovette sostenerlo affinché non cadesse sdraiato sul pavimento sporco. Gli fece poggiare la schiena sul suo petto e aspettò che riprendesse a respirare normalmente. Aveva le labbra imbrattate di sangue; ce n’era così tanto.
Lo cullò nel suo abbraccio, gli sussurrò che era finita, che il peggio era passato, ma cosa ne sapeva lui di quello che sarebbe potuto accadere ancora?
Gaius li trovò così. Merlin esausto, Arthur pallido e terrorizzato come non lo era mai stato in vita sua, abbracciati stretti in mezzo a petali ricoperti di sangue.
Arthur lo guardò controllare i petali, contare i boccioli.
«Sei» osservò cupo. «Calendula. Ciclamino. Ginestra spinosa. Tulipano rosso
Prese il bocciolo rosso tra le mani, lo studiò, scosse la testa e rivolse il suo sguardo duro su di loro, poi solo sul principe.
«Lo ha rigettato per ultimo» disse al medico per spezzare il silenzio, cercando di ritrovare la parola.
Gaius annuì come se avesse capito, come se fosse stato tutto chiaro. Arthur trovò sconcertante la sua calma, il modo in cui studiava i boccioli, il cipiglio concentrato, mentre lui teneva ancora Merlin tra le braccia, sconvolto, incredulo e terribilmente spaventato.
«Volete dirmi cosa sta succedendo?»
Merlin scosse la testa, e per poco non lo mollò sul pavimento tanta fu la rabbia.
«Fai sul serio, Merlin?!»
Gaius gli si avvicinò e gli accarezzò i capelli in un gesto paterno.
«Non credo tu possa nasconderti ancora.»
Merlin lo guardò impassibile, aveva gli occhi lucidi, il sangue si stava incrostando sulle labbra. Quando parò, Arthur immaginò la sua gola ricoperta di graffi.
«Avevate promesso.»
«Lo ha scoperto da solo, e poi, se le cose andranno come andranno, è giusto che lo sappia.»
«Sapere che cosa? Volete decidervi a dirmi cos’ha? L’ho visto vomitare petali!»
Fu difficile mantenere la calma, aspettare che Merlin riuscisse a sedersi da solo, che Gaius ripulisse il pavimento. Fu estenuante guardarli mentre entrambi cercavano le parole. Fu terribile e spaventoso ascoltarli, mentre parlavano quasi con tranquillità della malattia che presto o tardi gli avrebbe portato via il suo amico.
«Non c’è un modo per impedirlo?» chiese con la gola secca. «Una cura, una maniera per rallentare le radici. Com’è possibile che dei fiori nascano nei suoi polmoni? È una stregoneria? Qualcuno gli ha lanciato una maledizione?»
«Niente del genere, sire. È una malattia rarissima i cui casi sono conosciuti per lo più in oriente. Non so come abbia fatto Merlin a contrarla» mentì. «L’unica cosa certa è che per guarire il suo amore deve essere ricambiato, altrimenti…»
Arthur non volle immaginarlo. Guardò Merlin raggomitolato nel suo letto, il respiro pesante. Gaius aveva contato sei boccioli, il giorno prima erano stati cinque, il che significava che la malattia stava progredendo velocemente. Quanto ci sarebbe voluto prima di veder spuntare i fiori dalla bocca di Merlin? Quanto ancora prima che tutto precipitasse? Non voleva pensarci, ma guardandolo gli sembrò di non avere abbastanza tempo.
«Credo dovremmo farlo riposare» sentenziò il medico alla fine.
Arthur annuì. Strinse il braccio di Merlin per un attimo e seguì Gaius nella stanza principale. Quando la porta fu chiusa si lasciò cadere sulla prima sedia a disposizione.
«Davvero non esiste una cura?»
«Solo ciò che vi ho detto, sire.»
«E questa persona non può ricambiarlo? Posso intercedere per lui.»
«Non potete. Merlin è stato abbastanza chiaro su questo. Non mi ha detto chi è la persona in questione, ma a quanto pare non solo è inarrivabile, ma è anche già impegnata.»
«Allora morirà?»
«Sto ancora cercando una cura, anche se le probabilità di trovarne una sono nulle.»
Arthur si tenne la testa tra le mani. Non poteva perdere Merlin, non così, non senza lottare fino alla fine, e quell’idiota gliel’aveva persino nascosto. Voleva affrontare la morte senza di lui? Non avevano sempre combattuto insieme ogni mostro?
Il suo cuore tremò al pensiero di perderlo.
«E la magia?» sussurrò, stupendo se stesso.
Gaius lo fissò esterrefatto.
«Non credo di aver compreso ciò che avete detto.»
«Avete capito benissimo. Se si trovasse uno stregone, un druido, pensate che potrebbe aiutarlo? Credete che la magia possa essere utile?»
«Sire, vi prego, non dite cose che potrebbero mettervi in pericolo. Vostro padre l’ha proibita, sapete cosa accade a chi ne fa uso.»
«Sarebbe un segreto. Rimarrebbe fra me e voi. Voglio solo sapere se sia possibile.»
Gaius tentennò.
«No, non lo so… non sono sicuro… Potrei provare a cercare qualcosa, ma…»
«Fatelo» ordinò. «Se trovate un modo per salvarlo, qualunque esso sia, va provato. Dovete solo dirmi cosa fare.»
«Se ne siete sicuro…»
«Se salverà Marlin, allora ne sarò sicuro.»
Gaius annuì incredulo.
 
Tornato nelle sue stanze, Arthur non riuscì a smettere di pensare a Merlin, ai petali incastrati tra i suoi polmoni.
Guardò la piantina sulla sua finestra. Pensò alla persona che lo stava uccidendo. Era a conoscenza del suo amore? E se lo era, perché non lo ricambiava? Merlin era pieno di difetti, avrebbe potuto elencarli uno ad uno fino a sentire la lingua dolorante, ma era buono, gentile, di cuore, come si poteva non amarlo? Lui stesso era stato costretto a fare un passo indietro più di una volta, quando aveva sentito il cuore battere più veloce al momento sbagliato.
Si era sentito spesso confuso, perché Merlin era capace di fargli provare sentimenti straordinari, ma erano entrambi uomini, e questo era bastato affinché mettesse un muro fra di loro.
Erano amici, e questo andava bene, nessuno si sarebbe fatto male. Ma essere di più… Se non fosse stato l’erede al trono, se non avesse avuto quel peso, forse avrebbe anche potuto lasciarsi andare. Si sarebbe concesso la possibilità di scoprire il perché di quei brividi mentre le mani di Merlin lo sfioravano.
La sensazione delle sue dita sulla pelle gli mancò fino a sentirsi bruciare dal desiderio di sentirle ancora.
Chiunque fosse quella persona, come faceva a non desiderare lo stesso?
Gwen entrò in camera facendolo sussultare, non si era neanche accorto che avesse bussato.
«Allora?» chiese. «Avete fatto pace con Merlin?»
«In un certo senso.»
«Bene, sono contenta.»
Gwen gli si avvicinò e gli baciò una guancia con affetto. E se fosse stata lei l’amore di Merlin? Per un lungo, triste momento pensò che l’avrebbe lasciata andare senza lamentarsi. Tutto pur di salvarlo, pur di riaverlo indietro.
«Calendula, ciclamino, tulipano rosso» elencò.
Gwen lo guardò confusa.
«Conosci il significato di questi fiori?»
«La calendula significa gelosia, pene d’amore, il ciclamino rassegnazione e addio, il tulipano rosso invece dicono sia il fiore che rappresenta il vero amore.»
«Il vero amore?» chiese meditabondo. «Il cuore che batte forte, le mani che sudano e tutta quella roba lì?»
 Gwen mise le mani in grembo, il suo sorriso si fece mesto.
«In realtà dicono che il vero amore sia tutt’altro.»
«Sarebbe a dire?»
«Pace. Serenità. Poter essere se stessi senza preoccuparsi delle conseguenze.»
«Si può essere se stessi anche con un vero amico.»
«Questo è vero, ma voi lo vorreste baciare un amico? Vorreste tenerlo tutto per voi, senza farlo avvicinare agli altri? Non è solo questione di sentirsi liberi, ci sono anche i desideri nascosti, la voglia di stare insieme, la speranza di non separarsi mai.»
Arthur fissò la piantina spinosa.
Lo aveva desiderato. Certo che lo aveva fatto. Nelle notti in mezzo agli alberi stretti vicino al fuoco, mentre le sue mani gli accarezzavano i muscoli stanchi, quando sorrideva e i suoi occhi blu si illuminavano di gioia. E in ogni singolo momento si era sentito come se il suo equilibrio interiore fosse perfetto. Sentiva una tale pace quando era con lui.
Si sentì in colpa verso Gwen per questo, con lei, per quanto fosse bello stare insieme, non aveva mai provato lo stesso. C’era sempre una sorta di velo fra loro, le nascondeva parti di se stesso che non voleva mostrare.
Merlin invece aveva visto tutto.
«Come mai siete così interessato ai fiori?»
«Solo… curiosità.»
 
 
Due ore dopo, Arthur si trovava di nuovo nelle stanze di Gaius. Merlin riposava ancora.
«Allora? Trovato qualcosa?»
L’anziano medico si sedette nervoso di fronte al principe, aveva un aspetto stanco e abbattuto.
«Dovete scusarmi, sire, non sono stato del tutto sincero con voi» iniziò. «Non mi aspettavo che faceste una tale richiesta, sono rimasto sorpreso e non sono riuscito a trovare il coraggio di parlarvene.»
Arthur si sistemò meglio sulla sedia, una scintilla di speranza si accese nel suo sguardo.
«Che cosa devo fare?»
Gaius lanciò uno sguardo fugace verso la stanza di Merlin e poi gli si fece più vicino.
«Lui non vorrebbe che lo sapeste, perché si è già rifiutato di farsi aiutare, ma esiste un modo per salvarlo.»
«Parlate Gaius, farò qualsiasi cosa mi diciate.»
«Bisogna portarlo dai drudi, su nelle foreste a nord. Loro possono usare un incantesimo di cancellazione della memoria e con quello c’è la possibilità che la malattia scompaia. Se Merlin non ricorderà nulla di quella persona, allora non l’amerà e le radici pian piano avvizziranno.»
«Questo lo salverà per certo?» chiese speranzoso.
«Non lo so, ma è l’unica possibilità che abbiamo. Il problema è che Merlin non vuole saperne.»
Arthur sbatté le palpebre confuso.
«Non vuole guarire?»
Gaius lo fissò per un lungo istante.
«Non vuole dimenticare
«Perché?» chiese alterato. «Sopravvivrebbe!»
«Spezzerebbe il cuore di questa persona con il senso di colpa, perché per quanto non lo ricambi in maniera romantica, il suo affetto è forte e sincero. Almeno così mi ha detto.»
«Non vuole farsi curare per non ferire la persona che ama?»
Gaius annuì e per Arthur fu abbastanza. Si alzò con rabbia facendo cadere la sedia e si diresse a passo spedito verso la stanza di quell’idiota del suo servitore, spalancò la porta e, accorgendosi che Merlin era già sveglio, gli puntò contro un dito accusatorio.
«Che tu fossi idiota, lo sapevo già, ma adesso hai davvero superato ogni limite!»
«Buonasera anche voi asino reale, prego, entrate pure, come se aveste bussato.»
«Non provarci nemmeno, Merlin! Perché non vuoi andare dai druidi?»
Merlin scoccò un’occhiataccia al medico nascosto alle spalle del principe, che preferì borbottare qualcosa e dileguarsi lasciandoli soli, chiudendo per bene la porta.
«Non rinuncerò ai mie ricordi, sono troppo importati.»
«Sei davvero stupido?! Morirai se non ti lasci aiutare!»
«Non. Rinuncerò. Ai. Miei. Ricordi. Vi è più chiaro adesso?»
«Perché? Spiegamelo!»
Merlin abbassò lo sguardo al pavimento.
«Non potete capire. Sarebbe un disastro. Si sentirebbe in colpa e non credo riuscirebbe a perdonarsi.»
Arthur alzò le braccia esasperato.
«Questa persona ti sta uccidendo! Se lo sapesse, non pensi che ti chiederebbe di andare dai druidi?»
Merlin gli avrebbe volentieri lanciato uno stivale. Non capiva la sua posizione? A cosa gli stava chiedendo di rinunciare?
«Mi dimenticherei di lui» disse. «Tutte le cose fatte insieme, la nostra amicizia. Diverrebbe un estraneo! Non voglio perdere tutto quello abbiamo fatto! E poi… » il destino mi riporterebbe a voi e la cosa si ripeterebbe. «E poi è una mia scelta!»
Arthur sentì soltanto lui.
Un uomo. Merlin era innamorato follemente di un uomo.
Merlin desiderava essere ricambiato da un uomo. Voleva i suoi baci, i suoi abbracci. Merlin voleva un altro uomo.
«È Gwaine?» chiese d’impulso. Qualcosa di viscido è freddo si insinuò nel suo stomaco, gridava “No, no, no” e ancora “No!” «O Lancelot?»
Il viso di Merlin prese colore.
«Co-cosa? No! No, no, no! Come vi è venuto in mente?»
«Allora chi è?»
Avrebbe dovuto dirgli di volerlo sapere per provare a sistemare le cose, per aiutarlo a farsi ricambiare, per salvarlo. Ma la realtà era che voleva saperlo perché una parte di lui si era sentita ferita.
Se è un uomo, perché non io?
«Non ho intenzione di dirvelo! Non mi ricambierà mai, qualsiasi cosa gli diciate, quindi è perfettamente inutile che voi sappiate chi è!»
«Invece devo saperlo!» tuonò, prima di cercare di ricomporsi. «In qualità di tuo amico!»
«Vi ho già detto che è inutile.»
«Allora dimenticalo! Permetti ai drudi di aiutarti!»
«Non posso, ne soffrirebbe e non voglio.»
«Cosa t’importa della sua sofferenza? Stai morendo, Merlin!»
Non solo lo stivale, anche il secchio ai suoi piedi gli avrebbe lanciato contro.
«Siete un vero asino! Non capite proprio niente!»
«Allora dimmi chi è, così potrò ucciderlo, non dovrai vederlo soffrire per il senso di colpa e sarai costretto ad andare dai druidi!»
Merlin lo fissò come se fosse completamente pazzo e probabilmente un po’ lo era.
«Ma vi sentite quando parlate? Uccidereste un uomo innocente?»
Arthur si passò le mani fra i capelli frustrato e guardò i petali rossi in mezzo a loro, così piccoli, bellissimi, erano rimasti a terra mentre gli altri erano stati spazzati via. Merlin sarebbe morto soffocato da quei petali che gridavano al vero amore e l’unica cosa a cui riusciva a pensare era “Perché non io?”. Si sentì una persona orribile.
Ci aveva messo cura nel costruire il muro che lo separava dai suoi sentimenti per Merlin e adesso si odiava per averlo fatto. Si pentì di non averci provato. Se solo si fosse lasciato andare, Merlin avrebbe potuto struggersi per lui e non per un tipo qualsiasi … Ma forse… forse.
«Allora smetti di amarlo.»
«Come se fosse possibile.»
«Innamorati di qualcun altro.»
Merlin alzò gli occhi al cielo e lo guardò come se fosse stupido.
«Non sapete proprio niente sull’amore. Sareste in grado di disinnamorarvi di Gwen a comando? Non credo. Non è qualcosa che si sceglie di fare. I sentimenti possono essere ignorati, ma restano esattamente lì dove sono. Ci si può illudere di riuscire controllarli, ma prima o poi arriva il momento di doverci fare i conti e resteranno solo i rimpianti. Questo è quello che mi è successo ed è solo colpa mia. Non permetterò che lui ne soffra solo perché non sono stato in grado di accettarmi e di accettare il fatto che non mi guarderà mai come desidero.»
Arthur trattenne il fiato. Ci rifletté. E si sentì un vero asino. Era stato davvero necessario arrivare a quel momento per capirlo? Quanto era stato stupido.
Amava Gwen, era dolce, premurosa, paziente. Era una donna. Con lei - anche se avrebbe dovuto lottare - sarebbe riuscito ad avere un futuro, una famiglia, degli eredi. Amarla era più semplice, più facile.
Merlin invece era l’impossibile. Un uomo. Ma era anche la sua pace, il suo equilibrio interiore. Se si immaginava Re, lo faceva con lui al suo fianco, perché Merlin era sempre stato una certezza, o meglio, la speranza di averlo come certezza assoluta.
Non voleva che diventasse un rimpianto, e più di ogni altra cosa non voleva perderlo.
«Innamorati di me» disse.
Merlin gli lanciò uno stivale.
«Sei impazzito?!»
«E voi?! Voi chi vi credette di essere?! Innamorati di me» gli fece il verso. «Volete anche ordinarmelo per caso? Cosa avete in quella testa?!»
«Se non lo amassi più, guariresti.»
«E dovrei innamorarmi di voi per riuscirci? Dovreste ricambiarmi per farmi guarire! E non credo che voi possiate farlo, mi ritroverei nella stessa situazione!»
Arthur fissò i petali attaccati alle lenzuola, improvvisamente si sentì molto timido.
«Io ti ricambierei» sussurrò.
Calò il silenzio.
Arthur non osò alzare lo sguardo. Alla fine lo aveva detto, ce l’aveva fatta. Non avrebbe smesso di amare Gwen, non l’avrebbe lasciata, ma almeno non avrebbe più nascosto l’amore per Merlin. Lo pretendeva al suo fianco, in qualunque modo lui avesse voluto, e sarebbe stato sempre sincero.
«Che cosa significa?» si sentì chiedere.
Guardarlo gli costò uno sforzo immenso. Era imbarazzato, e di certo quegli occhi blu così sconvolti non lo aiutavano affatto.
«Se tu mi amassi, io ti ricambierei e guariresti.»
Vide il pomo d’Adamo di Merlin muoversi lento, sentì il suo respiro tremare.
«Ve l’ho già detto, non si può amare a comando. Non potete decidere di innamorarvi di me da un giorno all’altro.»
«Non ti ho detto che mi sarei innamorato di te. Ti ho chiesto di amarmi, perché io posso ricambiarti e guarirti.»
Merlin non lo capiva, non ci riusciva per niente.
«Voi amate Gwen» gli fece presente.
Arthur si strinse nelle spalle, stanco.
«Amo Gwen, è vero. Potrei sposarla un giorno, farne la mia regina, la madre dei miei figli. Sarebbe naturale e semplice, se lo aspetterebbero tutti. Ma non credo che lei sia la persona totalmente giusta per me, non riesco a essere del tutto me stesso quando siamo insieme. Con te è diverso, Merlin. Ogni cosa è diversa.»
«Noi siamo amici.»
«Non credo che volerti baciare sia tanto da amico, né voler staccare le mani a Gwaine quando ti tocca o voler allontanare Lancelot perché riesce a farti sorridere più di me.»
Merlin lo fissò sconvolto, gli occhi spalancati e lucidi, le mani tremanti a stringere la stoffa degli abiti.
«Voi amate Gwen» ripeté in un sussurro.
Arthur fece un passo avanti, lentamente, desiderò abbracciarlo, stringerlo e nasconderlo al resto del mondo. Merlin non gli era mai sembrato tanto fragile.
«Sì, la amo. Non posso prometterti che la lascerò, non posso neanche dirti che non sposerò una donna, alla fine. Ma posso darti l’amore che meriti. Forse non potrò sposarti, né stare con te alla luce del sole, ma questo non vuol dire che il mio cuore non sia tuo.»
«Di che state parlando? Non riesco più a capirvi.»
Arthur s’inginocchiò vicino alle sue gambe, piano gli prese una mano, lo guardò. Con Gwen non sarebbe mai riuscito ad arrivare a tanto.
«Sto dicendo che, se potessi, sceglierei te. Sempre te. Se potessi decidere con chi passare la mia vita, senza danneggiare Camelot, senza venir meno ai miei doveri, vorrei poter guidare questo regno con te.»
Merlin deglutì.
«State dicendo che mi amate?»
Arthur si voltò verso il pavimento e prese un petalo di tulipano rosso tra le dita, lo poggiò sulle gambe di Merlin, si guardarono.
Merlin si lasciò sfuggire una lacrima.
«Sto dicendo che alla futura regina regalerò di certo delle rose, che sia Gwen o una principessa di un paese lontano, ma a te donerò sempre i tulipani rossi. Perciò, ti prego, se davvero non vuoi che i drudi ti cancellino la memoria, almeno prova a pensare a me. Prova ad innamorarti di me.»
Merlin strinse fra le dita il piccolo petalo. Un lungo e meraviglioso sospiro di sollievo sgorgò dai suoi polmoni.
«Perché voi mi amate.»
«Sì» fu la risposta del principe.
Merlin poggiò la fronte sulla sua, poté sentire le radici ritirarsi.
«Gwaine, eh? Lancelot addirittura. Siete proprio un asino. E chiedermi di dimenticare poi… Non potrei mai cancellare i nostri ricordi, neanche se questi mi portassero alla morte.»
Arthur spalancò gli occhi e fece per dire qualcosa, ma Merlin fu più veloce e gli rubò il respiro con un bacio.
  
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