Baker Street, dolce
casa
Capitolo 19
A un certo punto doveva essersi addormentato. Sherlock arrivò
a quella conclusione perché si era appena svegliato.
Gli faceva male la testa e la gola era dolorante e gli occhi
erano sabbiosi. Conosceva quei sintomi e immediatamente aggrottò la fronte.
Perché aveva pianto?
Il ricordo tornò un attimo dopo.
John.
John, che aveva scatenato il caos nelle sue emozioni,
facendolo a pezzi e rimettendolo insieme nello spazio di qualche ora. Non era
sicuro di quali parti dell'intera giornata fossero state reali e quali fossero
state un'allucinazione particolarmente assurda.
Ma quando riaprì gli occhi, si ritrovò a fissare
l'inconfondibile motivo a trecce del maglione preferito di John.
Sherlock sbatté le palpebre diverse volte in rapida
successione, ma lo schema rimase. Così fece il braccio solido che poteva
sentire avvolto intorno alla propria vita, che lo teneva stretto. C'era una
mano premuta contro la sua schiena, cinque dita che formavano perfetti punti di
calore, che s'irradiavano attraverso il tessuto sottile della sua camicia. La
sua gamba era gettata sopra quella di John e le sue dita erano aggrovigliate
nel maglione di John, probabilmente sgualcendo la lana in modo irreparabile.
Tutto ciò era meglio delle sue fantasie più sfrenate. Questo era il profumo di John nel suo naso e lana ruvida contro la sua guancia e il
respiro gentile di John nei suoi capelli e John nel suo letto. Questo era reale.
E John aveva detto... John gli aveva detto tante cose
adorabili. Un intero discorso, solo per lui. Era più sentimento di quanto
Sherlock gli avesse mai sentito ammettere. Alla faccia di tutti quelli che
affermavano che Sherlock fosse riservato, di sicuro non avevano mai provato a
convincere John ad aprirsi sui propri sentimenti. Era chiuso in modo più ostinato
di qualsiasi ostrica. Eppure eccolo qui, dopo avere fatto a Sherlock un
discorso abbastanza incredibile, che era culminato in... inspirò e chiuse gli
occhi.
No, non poteva essere vero.
Ma John era proprio lì, aggrappato a lui tanto strettamente
quanto lui era aggrappato al suo maglione. Non avrebbe permesso a John di
avvicinarsi così tanto se non avesse detto o fatto qualcosa di significativo.
E la fantasia di Sherlock non era abbastanza buona per
immaginarlo mentre lo diceva. Non quelle tre parole che aveva desiderato
sentire per così tanto tempo.
Gli echeggiarono nella mente e lasciò che lo annegassero, del
tutto sopraffatto.
'Ti amo. Ti amo. Ti
amo.'
La voce di John, le parole di John. John, proprio qui, che lo
abbracciava.
Come si adattava all'altra cosa che John aveva detto prima?
Il dubbio fece capolino nella sua mente e Sherlock si
irrigidì, diviso tra il desiderio di mettere un po' di distanza tra loro e
restare lì per sempre. Il riflesso della fuga vinse.
Si sedette di scatto.
"Sh'lock? – John borbottò e aprì gli occhi. Sorrise.
Quindi notò l'espressione sul viso di Sherlock e il sorriso si trasformò in
qualcosa di più serio – Ehi. Che cosa sta succedendo?"
"Hai detto… – Sherlock deglutì. Il ricordo di quel dolore
– Hai detto che volevi essere sposato con qualcuno che amavi."
"Oh. – anche John si raddrizzò a fatica – In realtà, ho
detto che volevo essere sposato con qualcuno che io potessi amare."
Sherlock sussultò e John fece una smorfia: "Mi dispiace.
Non è ciò che intendevo. Volevo dire... volevo dire che io volevo qualcuno
che fosse sicuro per me amare.
Qualcuno che avrei potuto amare ed essere sicuro di essere ricambiato. Non so
perché io abbia pensato che Mary andasse bene, ma è così. Non mi è mai venuto
in mente che tu lo facessi. Greg ha dovuto dirmelo in faccia."
Sherlock aggrottò la fronte: "Greg?"
"Lestrade, – chiarì John – Mi ha chiamato e ha chiesto
di incontrarmi dopo averti lasciato alle cure della signora Hudson. Voleva
chiedermi quanto sapessi di questo tuo matrimonio, voleva un consiglio. Mi ha
detto del tuo messaggio e di come ti ha trovato e che tu… – deglutì – …
che tu amavi tuo marito. E prima che me ne rendessi conto, gli ho raccontato
l'intera storia. Sinceramente, non avevo la minima idea finché non me
l'ha detto."
Scosse la testa, chiaramente arrabbiato con se stesso, e prese
le mani di Sherlock: "Sul serio non lo sapevo. Non osavo sperare, davvero.
Mi dispiace che mi ci sia voluto così tanto."
Sherlock fissò le mani di John sulle proprie, meravigliandosi
della sensazione che coprissero le sue: "Io... io volevo dirtelo. L'ho quasi fatto, un paio di volte. Ma ogni volta che pensavo che avrei avuto una possibilità, tiravi fuori di nuovo il divorzio, o Mary, o entrambi. Non mi sono illuso nemmeno per
un attimo di credere che la nostra amicizia potesse sopravvivere,
se te lo avessi detto."
"Ma... ci siamo sposati, – ribatté John – Tu… tu dovevi
sapere che a un certo punto l'avrei scoperto. Devi aver pensato a come avrei
reagito."
"L'ho fatto, – concordò Sherlock – All'inizio, non
credevo che te ne saresti davvero dimenticato. Drogarti senza che tu lo sapessi
o senza il tuo consenso è stato sbagliato e mi dispiace, ma non mi sarei mai
aspettato che cancellasse sul serio la tua memoria. Sapevo che c'era una
possibilità, ma ha davvero colpito il segno solo la mattina dopo, quando ti sei
comportato come se non fosse accaduto niente. E poi ho pensato che andasse
bene. Potevamo continuare come avevamo sempre fatto. Non era cambiato nulla. E
poi è successo Moriarty ed ero sicuro che lo avresti scoperto, allora. Ero
sicuro che qualcuno te l'avrebbe detto e ho pensato che non avesse importanza perché
io comunque non avrei potuto vedere la tua reazione. Ma poi sono tornato ed eri
furioso, ma non l'hai mai menzionato. Non una volta. E poi non mi hai parlato
affatto, quindi non ho avuto la possibilità di dirtelo anche se ci avessi
pensato. Onestamente, c'erano cose più importanti nella mia mente. – scosse la
testa, ricordando quei primi mesi dopo il suo ritorno, solitari e senza John –
Volevo solo vederti. Mi sono reso conto che non ne avevi ancora la più pallida
idea quando ti sei presentato di nuovo quattro mesi più tardi con le carte del
divorzio."
Anche adesso, l'ondata di sollievo alla vista di John e la
dolorosa consapevolezza del motivo per cui era venuto erano difficili da
esprimere a parole: "Sapevo che se avessi firmato i documenti allora, te
ne saresti andato e non ti avrei rivisto mai più. Non potevo farlo, John. Ho
suggerito il primo accordo che mi è venuto in mente, sperando che se avessimo
trascorso abbastanza tempo insieme, avresti rinunciato a questa illusione di
volerla sposare, sperando che tu tornassi a casa. Ammetto di essere stato un po'
troppo ottimista."
Abbassò lo sguardo: "E devo ammettere che non ho mai avuto
intenzione di firmare. Mi dava la sensazione di firmare per buttare via la mia anima. Volevo così
disperatamente che tu rimanessi. Ho visto il modo in cui mi guardavi alla raccolta fondi.
Ho visto la tua gelosia quando Alexander ha flirtato con me. Mi ha dato la
speranza che forse, se io avessi giocato bene le mie carte, ti saresti accorto
che non avevi bisogno di lei per renderti felice. Hai passato così tanto della
scorsa settimana facendomi dei complimenti, che avevo iniziato a pensare che lo
stessi finalmente comprendendo. Non puoi immaginare come mi sia sentito quando
mi hai chiesto di nuovo di firmare. Volevo rifiutare, lo volevo davvero. E
poi hai detto quello e ho capito che
non avevo mai avuto alcuna possibilità. Che mi ero illuso per tutto quel tempo.
Io... io onestamente non ricordo che cosa sia successo dopo che ho firmato quei
dannati documenti. Sono sbalordito di non avertelo semplicemente urlato in
faccia. Continuavo a pensarlo, sai? 'Non
farmi questo, io ti amo, ti amo, ti amo'. " La sua voce si spezzò e
non riuscì a trovare il coraggio di guardare John negli occhi più a lungo di un
secondo.
"Non hai detto una parola, – dichiarò John in tono dolce
– Nemmeno una parola."
Si leccò le labbra, sempre segno che era a disagio, ma
determinato ad andare avanti: "Ma ti sento ora. Ti ho sentito, Sherlock. E
ti amo anch'io."
*****
Lo sguardo sul viso di Sherlock a quelle tre parole era incomparabile,
qualcosa di insopportabilmente dolce e vulnerabile, il tutto avvolto in uno
spesso strato di incredulità.
John non poteva biasimarlo per questo. Dopo tutto quello che
era successo, sarebbe stato più sorpreso se Sherlock avesse semplicemente accettato
le sue parole e fosse andato avanti.
Esitò: "Tu... non mi hai mai risposto."
Sherlock sbatté le palpebre, gli occhi spalancati: "John...
certo che lo voglio. È tutto quello che ho sempre
voluto."
Sembrava che metà delle Alpi gli venissero sollevate dal
petto. John inspirò, poi espirò, poi inspirò di nuovo, e tentò di impedire che il
sorriso sciocco gli si diffondesse sul viso. Non ebbe molto successo.
Incapace di fermarsi, lasciò andare una delle mani di
Sherlock e allungò la mano per prendergli il viso, accarezzando con il pollice quello
zigomo impressionante: "Allora è esattamente quello che otterrai."
Guardò l'orologio: "Dopo che avremo dormito ancora un po'.
È notte fonda. Vieni su, sdraiati di nuovo. Abbiamo avuto una giornata stressante,
puoi riposarti un po'."
Sherlock annuì contro la mano di John: "Hai ragione. Ma magari
non con questi vestiti. Dammi un minuto."
Districò le loro mani con visibile riluttanza, afferrò il proprio
pigiama e scomparve nel bagno. John dovette ammettere che era una mossa
intelligente e decise di seguirne l'esempio. Non aveva lasciato abiti a Baker
Street, ovviamente, ma si tolse comunque il maglione e i jeans e rovistò nell'armadio
di Sherlock per rubargli un paio di pantaloni del pigiama di flanella.
Quando Sherlock tornò dal bagno, si fermò di colpo per un
momento, fissando John come se stesse vedendo un miraggio.
John sorrise: "Vedi qualcosa che ti piace?"
Sherlock deglutì, ma ricambiò il sorriso:
"Decisamente."
Si rimise a letto e scivolarono insieme sotto le coperte,
voltandosi l'uno verso l'altro e riprendendo la loro precedente posizione come
per un tacito accordo.
Sherlock sospirò: "Non mi abituerò mai a questo."
"Non ti senti a tuo agio? – chiese John, preoccupato –
Possiamo spostarci se…"
"No, voglio dire... questo. Non mi abituerò a questo.
Averti qui con me. Non lo darò mai per scontato, John."
"Oh."
John sorrise e non riuscì a trattenersi dal premere un bacio
sui riccioli scuri di Sherlock: "È tutto a posto. Comunque sarò qui.
Possiamo essere piacevolmente sorpresi ogni giorno per il resto della
nostra vita insieme."
"Sì, – mormorò Sherlock, stringendo leggermente la presa
su di lui – Facciamolo."
Stavano quasi dormendo quando John se ne ricordò: "Oh,
aspetta!"
Sherlock emise un suono vagamente incuriosito quando John
accese di nuovo la luce e si allungò verso il comodino: "Dammi la mano.
No, l'altra."
A quel punto, Sherlock comprese ciò che John voleva:
"John..."
"Per favore, lasciamelo fare. Lascia che lo
aggiusti."
In silenzio, Sherlock tese la mano. John la tenne dolcemente,
e altrettanto delicatamente alzò l'altra, impugnando la fede nuziale in titanio
di Sherlock.
"Sherlock Holmes, sei l'uomo migliore e più gentile che
abbia mai incontrato. Il più brillante e bello, pure. Non ti merito e non ti ho
dato abbastanza amore e adorazione, certamente non tanto quanto ne meriti. Ma mi
farò perdonare se me lo permetterai. Quindi, nei giorni buoni e in quelli cattivi, sulle
scene del crimine interessanti e nelle serate noiose a casa... vuoi essere mio?"
Sherlock lo fissò, gli occhi scintillanti. Gli ci vollero due
tentativi per trovare la voce: "Sì."
John sorrise e fece scivolare di nuovo l'anello al dito, al posto cui
apparteneva.
*****
Circa sei ore dopo, la signora Hudson, preoccupata dal
continuo silenzio che veniva dal piano di sopra, decise per portare la
colazione ai suoi ragazzi. Sperava anche di trovare John ancora presente
nell'appartamento, ma era ben consapevole che lui avrebbe potuto essere andato
via a un certo punto della notte.
Quando entrò in cucina, l'appartamento era silenzioso. Trovò
il cappotto e le scarpe di John dove erano solite essere e sorrise tra sé,
mentre appoggiava il vassoio. E poiché era la signora Hudson e non aveva alcuna
vergogna, sgattaiolò lungo il corridoio per sbirciare attraverso la serratura della
porta nella stanza di Sherlock, solo per assicurarsi che i suoi ragazzi
stessero bene.
Erano rannicchiati nel letto di Sherlock, vestiti in modo abbastanza chiaro
e altrettanto chiaramente addormentati. Lei colse il modo in cui i loro arti
erano intrecciati, notò l'anello sulla mano sinistra di Sherlock e il suo
sorriso si allargò. I suoi poveri cari, ne avevano passate troppe perché chiunque
potesse sopportarle. Era contenta che si fossero finalmente ritrovati.
Sempre sorridendo, tornò in punta di piedi lungo il
corridoio, scarabocchiò un breve biglietto e lo appoggiò contro il piatto pieno
di panini che aveva preparato e se ne andò silenziosamente come era venuta.
Nella camera da letto, Sherlock e John continuarono a dormire,
ignari della loro visitatrice, ma nella certezza che, per ora, non sarebbe
potuto accadere loro nulla di male. Non mentre avevano l’un l’altro cui
aggrapparsi.
NdT
Sono leggermente in ritardo, ma ieri mi è stato proprio impossibile aggiornare. Sono teneri i nostri due novelli sposi, non trovate? E la mitica signora Hudson è tutti noi!
Grazie a Himeko82, garfield73, T Jill e Alicia05xxx per le recensioni.
Ciao ciao.