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Autore: Florence    31/10/2021    3 recensioni
-Pluto, ci stai dicendo che se non riusciremo nella nostra missione la nostra esistenza futura potrebbe essere compromessa?-
-È molto complicato... quel che è certo è che la nostra realtà non esisterà più, perché nessuno può fermare la collisione con un'altra dimensione che avverrà alla prossima eclisse di luna.-
-E quindi... ? Stiamo per morire?-
-Non è così semplice, Neptune: continuamente le nostre coscienze passano tra una realtà e l'altra senza che noi ce ne accorgiamo nemmeno, questo avviene ogni volta che si incontrano dimensioni molto simili tra loro nel continuum spazio-tempo.-
-E quindi perché stavolta dovremmo preoccuparcene?-
-Perché stavolta stiamo per scontrarci con una dimensione del tutto differente dalla nostra... Dobbiamo "sistemare" gli eventi del passato di quella dimensione affinché non sia tutto perduto.-
-In sostanza, cosa dovremmo fare? Altre battaglie? Scontri epici?-
-No, niente di tutto ciò, Uranus: il vostro scopo è quello di fare innamorare Usagi Tsukino e Mamoru Chiba prima che avvenga l'eclissi di luna.-
-Parli dei nostri sovrani? E qual è il problema: quei due si amano da sempre!-
-Ne sei proprio sicura...?-
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Mamoru/Marzio, Nuovo personaggio, Outer Senshi, Usagi/Bunny | Coppie: Endymion/Serenity, Mamoru/Usagi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie, Prima serie
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Siamo giunti alla fine di questa storia, la fine vera e propria, perché qualcosa era stato lasciato in sospeso, "in un altro tempo, in un altro spazio". Forse la parola "FINE" al termine del precedente capitolo può aver tratto in inganno, ma quella era soltanto la fine di una parte della storia, quella più interessante, forse, ma non di tutta la storia.

Questo racconto termina qua, e oggi termina il mio "Writober", realizzato del tutto casualmente, spezzando in 31 capitoli quello che originariamente stava in 9, più un prologo e un epilogo. Prologo ed epilogo che sono stati i capitoli più complicati per me da scrivere, che al lettore forse risulteranno i più ostici, ma che erano doverosi per dare un senso logico alla storia che altrimenti sarebbe stata un semplice "what if".

Spero di avervi fatto compagnia (in realtà spero che i miei pochissimi lettori per adesso abbiano apprezzato la mia compagnia quotidiana) e, perché no, spero anche che prima o poi qualcun altro scopra e legga questa storia che ha radici molto profonde nel tempo. Ringrazio chiunque abbia amato come me le avventure di Sailor Moon e abbia speso un po' del suo tempo per arrivare a leggere fin qui. 

Un caro abbraccio a tutti,

Florence

 

Epilogo 


-È il momento-, mormorò Serenity fermandosi al centro di un cerchio di pietre, all'esterno una corona di macerie grigie era stata lasciata lì, per ricordare quello per cui combattevano. La Regina chiuse gli occhi e il suo abito bianco scomparve, sostituito da una divisa alla marinara dello stesso colore, che Pluto non aveva mai visto prima indossare da Sailor Moon.”


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Il Re Endymion con la Principessa, la Prima Dama con i figli e il marito, il Generale Furuhata e la sua bambina si allontanarono dal gruppo delle guerriere Sailor, queste si disposero occupando posti prestabiliti nel cerchio di pietre oltre le macerie lasciate sulla Spianata dei Caduti. 

Pluto avrebbe dovuto conoscere ogni passaggio di quella cerimonia, ma si rendeva conto di non intuire neanche cosa sarebbe accaduto. Per qualche misterioso motivo, non solo non era mai riuscita a guardare in quella linea temporale, ma non conservava neanche i ricordi di quando, evidentemente, lei era già stata lì. 


Quello che era accaduto nella dimensione in cui si trovava differiva dal passato avvenuto nella dimensione da cui provenivano le guerriere sailor che erano state per secoli le sue compagne di vita: evidentemente, in quella realtà che le aveva assorbite, Serenity non aveva avuto da sola la forza di contrastare gli effetti dell’attacco delle forze maligne che avevano portato alla glaciazione del pianeta. 

La storia come era avvenuta lì era diversa: la Regina era riuscita a salvare soltanto parte del genere umano, il resto delle persone e delle cose giaceva ancora sepolto sotto a uno strato di ghiaccio e, con il rito de “La Ricerca”, tutte le guardiane Sailor cercavano di contribuire a strappare alla morte chi non era stato ancora salvato. 

C’era desolazione tutto attorno, c’era una profonda oppressione sui cuori di ciascuno di loro, perché il miracolo che aveva riportato in vita la “sua” realtà, lì non era mai avvenuto. 

 

Comprese che le sue previsioni erano state corrette: per avere un futuro “bello” anche in quella dimensione era stata essenziale la loro azione nel lontano millenovecentonovantasei, ma ancora non era stato sufficiente.

 

Pluto avvertì che non c’era armonia nel gruppo in cui si trovava, piuttosto regnava la paura di non farcela, ancora una volta. Osservò come le cose fossero diverse dalla dimensione da cui lei proveniva: personaggi che lì erano morti da secoli apparivano vivi e vegeti davanti a lei, eppure la paura sembrava regnare più potente della Nuova Regina Serenity. 

Naru Osaka, per esempio e Umino Gurio, i ragazzi che aveva conosciuto rapidamente durante la sua incursione nel millenovecentonovantasei di quella dimensione dal futuro a lei ignoto, erano in piedi a lato del suo gruppo e avevano anche messo su famiglia. Motoki Furuhata era un altro che era scomparso da secoli nel suo vecchio mondo, ma in quella dimensione sembrava ricoprire una delle più alte cariche al servizio della corona. 

Eppure ancora qualcosa non si era compiuto. Tutto quello che lei, Haruka e Michiru avevano fatto sembrava non aver portato i frutti attesi, ma qualcosa le aveva fatto intuire che forse non era a conoscenza di ogni cosa fosse avvenuta nel frattempo, a opera di una giovane donna che nel passato aveva appena scoperto di essere Principessa.

 

La cosa che più di tutte stonava in quella nuova realtà era l’astio mal celato che Sailor Neptune e Sailor Uranus sembravano provare l’una per l’altra, mentre le loro controparti a lei note erano da sempre due donne unite e in profonda sintonia tra loro.

Pluto si rese conto però che tutto quello che era davanti ai suoi occhi era destinato a scomparire: le cose stavano ancora cambiando, piccoli eventi seminati nel passato stavano dando i suoi frutti in quell’istante, là sulla Spianata dei Caduti. Anche quella dimensione grigia e dolorosa era prossima a mutare drasticamente. Doveva solo aspettare che il futuro si compisse e sperare che i cambiamenti fossero stati in meglio.

 

Serenity, al centro del cerchio, alzò le mani sulla testa facendo apparire tra esse il leggendario Cristallo d’Argento, quindi guardò una a una le sue guardiane.

Una alla volta, esse allargarono le mani fino a sfiorarsi l’una con l’altra, anche Pluto le imitò toccando con la punta delle dita quelle di Uranus, alla sua destra e Saturn, a sinistra.

Il brusio attorno cessò, Endymion salì su una specie di altare costituito da un grande blocco, resto di qualche antico palazzo.

-Che la Ricerca inizi!-, pronunciò a voce stentorea, -Preghiamo affinché altre vite vengano salvate dalla morsa del ghiaccio, preghiamo per le anime che non riusciranno a tornare a casa.-

 

Pluto comprese che non sarebbe servito a nulla. Provò una dolorosa fitta alle tempie, strinse gli occhi aspettando che passasse, ma il dolore, al contrario, si faceva più forte. Evidentemente non poteva in nessun modo allontanarsi da quel luogo: in quel momento c’erano centinaia di persone con gli occhi puntati su di loro, la figura stessa della Regina appariva quasi una divinità, lei era solo una sua subordinata, non poteva assentarsi e turbare quella cerimonia prestabilita.

Strinse i denti, ma si accorse che la sua vista si stava annebbiando: cosa diavolo stava accadendo!? 


Un rumore di passi sulla ghiaia infranse il silenzio, Endymion si voltò in quella direzione, anche Serenity lo imitò e scorsero il Sacerdote Yuichiro Kumada che si metteva in un angolo. Pluto realizzò che Yuichiro Kumada avrebbe dovuto essere scomparso da centinaia di anni, qualcosa lo aveva tenuto in vita e in quel momento lui aveva turbato l’inizio di una nuova speranza. 

Qualcuno tossì, la bambina che Furuhata teneva in braccia strillò, Piccola Lady si distrasse a guardarla, un vento teso si alzò e fece volare ovunque i lunghi codini della Regina. Il mantello pacchiano che indossava Neptune si slacciò dalle sue spalle e volò via, attorcigliandosi alle gambe di Sailor Venus, che squittì per lo spavento.

 

Serenity sospirò e abbassò le braccia: non poteva concentrarsi con tutte quelle distrazioni. Sailor Neptune sbuffò seccata, Uranus spostò l’equilibrio da una gamba all’altra, Pluto rimase immobile, ma sempre più confusa. Le sembrava di essere nella parodia del mondo che conosceva, un tentativo all’apparenza di buona imitazione, ma in cui mancava l’autenticità di ciò che aveva cementato i legami tra i vari personaggi sul palco e donato forza sufficiente alla Regina per annullare il Male. Dov’erano finiti la complicità, l’amicizia, i grandi amori?

-Riproviamo tra un attimo, perdonatemi-, Serenity si sedette con le gambe strette al petto lì al centro del cerchio, Endymion si avvicinò a lei, il pubblico riprese a mormorare. Pluto intuì che non fosse la prima volta che accadeva un fatto simile, ma si ritrovò a osservare la scena che diventava sempre più sfocata ai suoi occhi, il dolore nella sua testa si faceva più acuto, il panico iniziava a strisciare nel suo petto. 

Tutto stava andando a rotoli: la sua Regina non era abbastanza determinata, le sue compagne non conoscevano un modo efficiente per sostenerla. Il suo Re non era legato a lei da un aggancio che andasse oltre un sentimento profondo, quello che li teneva uniti sembrava incapace di espandersi oltre loro due, e lei si sentiva inutile. Aveva vissuto dall’inizio del tempo relegata a far da guardiana a una Porta fluttuante nel nulla cosmico all’intersezione delle dimensioni, era sempre stata da sola: non era capace di portare aiuto alla sua Regina, non riusciva nemmeno a resistere a quel dolore: d’altronde non aveva mai provato nella sua esistenza qualcosa di simile al dolore umano…

Un lampo nella testa la fece vacillare, si rese conto che stava per perdere conoscenza nell’attimo in cui il suo viso sbatté a terra.




 

Il nulla.

 

Sailor Pluto aprì gli occhi e si guardò attorno: non c’era nulla, il dolore era scomparso. Ovunque guardasse c’era solo una intensa e calda luce.

Mosse una mano davanti a sé e non la vide, abbassò lo sguardo e si rese conto di non avere alcun corpo tangibile.

La sua testa le diceva che il cuore avrebbe dovuto schizzarle in petto, ma si rese conto di non possedere alcun cuore, nessuna testa.

 

Era tornata alla forma primordiale della sua esistenza, senza un corpo, senza uno spazio dove esistere. Realizzò di essere semplicemente tempo.

 

Riusciva a percepire ogni azione che avvenisse simultaneamente in ogni spazio, in ogni dimensione, le apparivano tutte nell’istante in cui si verificavano, riusciva a captare ogni battito d’ali di un insetto sulla Terra, ogni singulto di una stella neonata nell’angolo più remoto dell’universo.

Comprese solo allora che lei non era la Guardiana del tempo, lei era il Tempo stesso, era la trama su cui tutto si muoveva, la sua essenza permeava ogni atomo del cosmo, ogni onda passava attraverso di lei.

Tutto si muoveva, mentre il Tempo rimaneva immobile, in osservazione di ogni più minuscola azione avvenisse in sé. Non le appartenevano i concetti di presente, passato e futuro: tutto avveniva contemporaneamente, ogni azione le appariva come dipinta tra le maglie di una tela fitta e invisibile, tanto inesistente, quanto chiaramente costituita della stessa materia di cui lei era fatta.

Una di queste azioni che si svolgevano nella sua trama, catturò la sua attenzione: non avrebbe saputo dire l’attimo assoluto in cui essa stesse avvenendo, ma sentiva che fosse qualcosa che lei aveva già vissuto, uno scorcio su un passato dimenticato. Comprese di non avere più un corpo, ma di conservare ancora i suoi ricordi e che quei ricordi la stavano per rapire.

 

“È così che è avvenuto”: una forza più potente del tempo stesso le aveva porto la mano e aveva catturato il battito vitale che pulsava intrappolato nella rete di cui lei era fatta.

“Vieni con me”, una voce tra miliardi l’aveva chiamata, “Vieni con me e aiutami a mantenere l’Armonia nell’eternità”.

Aveva accettato senza nemmeno pensarci e aveva afferrato quella mano, materializzandosi in quell’istante di fronte alla più potente delle creature dell’universo. 

“Chi sei?” aveva domandato.

“Sono l’Amore”, le aveva risposto la creatura dal volto così brillante che, per la prima volta, lei aveva chiuso gli occhi, accecata da cotanta luce. Se fosse stata pura energia o avesse avuto un corpo fisico che poteva muoversi all’interno del tempo stesso, non aveva saputo stabilirlo.

“Vuoi aiutarmi a governare l’esistenza stessa della vita, aprendomi le tue porte e permettendomi di correggere gli errori del passato?”, le aveva chiesto quella voce, udibile soltanto tra le vibrazioni della sua più intima struttura.

E lei aveva accettato.

 

Era avvenuto proprio così che era venuta al mondo come Sailor Pluto, Guardiana del Tempo. In quel momento, l’Amore aveva emesso un’energia indicibile che aveva permeato ogni istante dall’attimo in cui tutto aveva iniziato a esistere fino ai confini inesplorati della sua trama e poi si era rimpicciolita, lasciando che lo scintillio del suo passaggio rimanesse impresso in ogni istante, in ogni luogo.

L’Amore aveva compiuto il suo ingresso nella Realtà e aveva disperso la sua forza: davanti a sé, Sailor Pluto aveva scorto nuovamente il nulla e di quella creatura così potente non era rimasto che un singolo bagliore. Pluto aveva preso coscienza di quello che era divenuta: aveva braccia e gambe che riusciva a muovere, aveva una testa per pensare oltre l’infinità degli attimi e aveva un cuore che batteva in risonanza con il bagliore davanti a sé. Si era sporta fino a toccarlo e in quel momento si era creato un cristallo dalla struttura così fitta e rilucente da essere riuscito a intrappolare il germe stesso dell’Amore.

“Dovrai proteggerlo, dovrai muoverti nella stessa essenza di cui sei fatta per far sì che questa luce non si spenga mai.”

Ancora quella voce.

“E adesso concentrati e trova l’attimo in cui è apparsa nell’universo la creatura più pura e misericordiosa che abbia mai vissuto. È ad essa che dovrai affidare questa luce, ad essa che giurerai fedeltà infinita allo scopo di non farla spegnere mai. Tu dovrai seguire sempre la Luce.”

 

Pluto aveva scandagliato ogni luogo e ogni tempo, alla ricerca di qualcosa o qualcuno che avesse potuto assolvere al compito affidatole e aveva individuato una creatura diversa da tutte le altre che si ripetevano in una sequenza infinita di istanti nella loro esistenza: quella creatura era capace di sognare e muovere la sua volontà in una trama differente dal tempo stesso. Era venuta al mondo in un punto così piccolo e anonimo del creato che Pluto si era domandata se fosse la scelta giusta, ma quella creatura le aveva aperto il proprio animo e Pluto aveva visto calore, pace, armonia. In essa era stato nascosto il germe dell’Amore, la scintilla suprema, perché venisse custodito per l’eternità.

 

Pluto aveva guardato la creatura crescere a ogni attimo che si susseguisse nella sua maglia fatta di attimi e si era talmente concentrata su di essa da dimenticare chi lei fosse. Aveva guardato la creatura diffondere l’Amore e la capacità di sognare in ogni tempo e in ogni spazio e, quando essa era giunta al termine della sua esistenza mortale, l’aveva vista tramandare quella luce al frutto stesso della sua forma tangibile: sua figlia. E così era stato di generazione in generazione: chi aveva accolto in sé la Luce aveva generato una stirpe di sovrane capaci di diffondere per l’eternità l’Armonia e il potere dei sogni, gli unici che riuscissero a sfuggire alla linearità del tempo.
Serenity era l’ultima di esse e Pluto aveva il compito di aiutarla, a dispetto delle regole del tempo stesso, delle realtà contemporanee, del caos che aveva riempito ogni istante lasciato libero di impazzire, quando lei si era sottratta al suo dovere per votarsi alla causa dell’Amore.

 

Ma gli intrecci che prima poteva discernere in un nulla fatto solo di tempo, piano piano non erano stati più così chiari a Sailor Pluto: non più tempo, non più creatura esistente, lei si sentiva cambiata, indebolita nel suo ruolo primigenio eppure indispensabile nella sua forma più semplice. Ogni attimo aveva iniziato a gravare sulla sua anima moltiplicato per l’immensità delle sue repliche, a ogni mutamento di un singolo dettaglio. 

 

Gli eventi, da punti su una maglia coerente, avevano preso a riunirsi in fili, ciascuno che seguiva il proprio percorso e quei fili si riunivano in fasci che rappresentavano le possibili dimensioni che lei non poteva più permeare simultaneamente, ma poteva solo osservare una a una. Aveva dovuto generare una finestra che le permettesse di scegliere cosa osservare per assolvere al compito affidatole dall’Amore: da eterna osservatrice del tempo contemporaneamente presente in ogni attimo era diventata capace di osservare solamente una realtà alla volta, quella in cui si nascondesse la Portatrice, strappando se stessa dalla trama di cui faceva parte.

Allora aveva scelto di chiudere la sua mente alla contemporaneità e di operare solamente decisioni che permettessero alla Luce di compiere il suo arco nell’infinito. Era rimasta in disparte, concentrando la sua attenzione sul piccolo punto nell’universo in cui era custodita la Luce ed era tornata a essere nuovamente sola, imponendosi di rimanere soltanto ad osservare da lontano che ogni creatura fosse accarezzata dalla potenza dell’Amore in ogni momento che riuscisse a percepire nella totalità del tempo, leggendo ed esistendo solo nelle dimensioni in cui ci fosse la Portatrice dell’Amore. Ecco perché il futuro le appariva chiaro soltanto se quella creatura vi si manifestava. Ecco perché non era stata capace di leggere quello che avrebbe potuto aspettarla in una dimensione differente: finché non era intervenuta con le sue compagne, la Portatrice non si era manifestata e lei non era riuscita a scandagliare l’universo in cui essa avrebbe potuto muoversi.


Ma il Tempo, orfano della sua essenza stessa, aveva risposto ingarbugliandosi e procedendo senza linearità, creando e distruggendo le trame che prima continuavano indisturbate il loro svolgimento in se stesso, o forse era soltanto lei che non aveva più capacità di comprenderlo. 

Il bisticcio con il Tempo aveva condotto alla distruzione della pacifica dimensione in cui la portatrice della Luce era riuscita nello scopo di stabilizzare l'armonia del tutto: al momento dell’eclisse essa aveva cessato di esistere. Il Tempo non voleva più nella sua trama una forza come l’Amore, così tanto più potente di lui da essersi insinuata in ogni singola maglia della sua struttura, ma non aveva avuto la sufficiente capacità di cancellarne ogni traccia nella moltitudine di realtà che continuavano a svolgersi in lui. Nel fare ciò, infatti, non aveva considerato che un’altra dimensione della realtà, in cui apparentemente l’Amore non era riuscito a trionfare, avrebbe custodito in sé la salvezza per l’universo intero. 

Era quella la dimensione dove Pluto si trovava: una successione di eventi che avevano portato alla comparsa della Luce, ma non alla sua supremazia sul nulla cosmico che governava il male. Il Tempo non aveva considerato che la sua Guardiana lo avrebbe potuto tradire in favore della Luce e scovare l’attimo in cui compiere l’azione per far risplendere ancora l’Amore nell’universo. Per questo motivo Pluto aveva scelto di infrangere la regola della sua immobilità e andare lei stessa a modificare il passato, e lo aveva fatto sapendo che sarebbe stato un salto nel buio, un’infrazione a ogni legge alla quale si era sempre sottomessa. Avrebbe dovuto rimanere Osservatrice, Guardiana, ma lei si era opposta a quel ruolo per salvare l’Amore.

Se il Tempo aveva causato il salto dimensionale verso la realtà in cui si trovava in quel momento, lei lo aveva combattuto creandone un’altra che si era sovrapposta ad essa, nel momento in cui da spettatrice era divenuta attrice degli eventi e li aveva modificati a suo piacimento: la dimensione dove erano stati sbalzati dal volere del Tempo non prevedeva la vittoria dell’Amore sul buio, le macerie che aveva visto ne erano la dimostrazione. Per questo aveva compiuto quel viaggio e aveva cercato di modificare quella realtà perché le cose andassero diversamente. Per questo avrebbe continuato a lottare per far tornare le cose come avrebbero dovuto essere.

 

Pluto sentì l’aria arrivare ai suoi polmoni: realizzò che stava tornando in sé, che il tempo dei ricordi stava per concludersi. Si aggrappò all’ultimo dettaglio che era riuscita a conservare e lasciò la mente aperta per discernere il modo in cui avrebbe potuto continuare il suo compito di aiutare l’Amore.
 

 

Il nulla che l'avvolgeva, la fitta rete del tempo che riusciva ad analizzare attimo dopo attimo, quella sensazione di incorporeità si contrassero rapidamente e per lei fu come tornare al mondo una seconda volta. Di nuovo non era più tempo, ma era tornata a essere se stessa.

Aprì lentamente gli occhi e vide davanti a sé, in un dejavu, una luce e una mano che le veniva porta.

-Sailor Pluto, come ti senti?-, la Regina era davanti a lei, sulla sua fronte brillava il simbolo della luna, dentro di lei pulsava il caldo cristallo dell'Amore.

Pluto prese la sua mano e comprese che quella forza celata nella Regina era la stessa che l'aveva fatta venire al mondo.

-Sto bene-, le rispose udendo la sua voce risuonare nella sua testa e nel petto: lei esisteva, non stava ancora vagando nel mondo dei suoi ricordi passati.

Si fece aiutare a tirarsi su, quindi si voltò verso la Regina e mise le mani sulle sue spalle: era più bassa di lei, apparentemente fragile eppure dotata della forza più incredibile tra tutte.

-Devo parlarti-, le disse, quella volta si sarebbe fatta ascoltare.

Serenity annuì e si allontanò con lei in un angolo appartato.

 

-Hai compreso quello che è accaduto?- le domandò e la Regina annuì, poi abbassò lo sguardo, -Almeno credo…-, si rivolse verso di lei con occhi tremolanti.

-Nel momento in cui la Luna ha iniziato a essere oscurata dall’ombra della Terra è avvenuta una battaglia tra la forza che tu comandi e il Tempo stesso-, esordì, ma la Regina non sembrava capire, c’era qualcosa che la turbava più del salto dimensionale avvenuto nel momento dell’eclisse. Pluto avrebbe dovuto tradurre ognuno dei concetti, che per lei erano ormai chiari, in parole più concrete, lasciando per altri momenti le spiegazioni più precise.

Sentiva alle sue spalle gli occhi di tutte le guerriere Sailor, del Re, dei loro amici: avrebbero voluto sapere, ma doveva prima parlare con la Regina da sola.

 

-Il Cristallo che tu chiami “Cristallo d’Argento” custodisce il germe residuo della più potente forza esistente nello spazio-tempo: l’Amore. L’Amore ha permeato ogni cosa nell’attimo in cui si è manifestato e ha modificato la definizione stessa di “tempo”: attimi che si svolgevano contemporanei e identici hanno acquistato ciascuno una valenza particolare, alcune successioni di eventi hanno iniziato a definire il concetto stesso di dimensione e le dimensioni si sono moltiplicate perché ogni scelta compiuta in una di esse ha generato conseguenze plurime, cioè dimensioni parallele, tutte con un comune denominatore: l’Amore. Che sia la presenza dell’amore o la sua assenza, non ha importanza, fatto sta che in ciascuna di esse è ancora visibile la marcatura originale data dal passaggio dell’Amore stesso, all’origine delle coscienze degli esseri viventi.-

Serenity si sforzava di seguire il discorso, il brusio della folla, in lontananza, cresceva sempre di più.

-In ogni dimensione che si generi da un’azione, esistono repliche di ciascuno di noi-, sorrise, fece una pausa, no, non era così: lei era unica; -Sailor Mercury ti direbbe che sto confermando la sua “Teoria dei Molti Mondi”. Ma le dimensioni parallele tendono a collassare tutte su quella che ha maggior probabilità di evoluzione, cioè quella in cui è più potente l’impronta lasciata dall’Amore: quella in cui esiste il Cristallo d’Argento e la sua Portatrice. Questo è ciò che era avvenuto nella dimensione da cui io provengo.-

Serenity piegò le sopracciglia, tutto quello che Pluto stava dicendo le pareva di averlo già sentito in un passato lontanissimo.

-Quindi tu non appartieni a questa dimensione?-, le domandò.

Pluto deglutì: -No, io non appartengo ad alcuna dimensione, io vivo fuori dal tempo, io sono il Tempo, o meglio lo ero, finché non ho deciso di seguire la causa dell’Amore e allora sono divenuta di carne e ossa e ho scelto di seguire da lontano l’andamento degli eventi per proteggere il germe stesso dell’Amore. Io posso esistere con un corpo fisico soltanto nelle dimensioni dove c’è colei che per destino ha il compito di proteggere il Cristallo che contiene la Luce dell’Amore. Altrove io non ci sono, non vedo, non posso agire.-

Serenity comprese esattamente cosa significassero quelle parole, ma Pluto la stupì: -Io ho deciso di vivere accanto alla portatrice della Luce, io ho deciso di seguire te e le tue predecessore per aiutarvi a mantenere l’armonia nel cosmo. Seguirò anche Piccola Lady, quando verrà il suo momento e le figlie che verranno da lei, per l’eternità.-

Serenity posò la mano sulla sua, in un muto ringraziamento.

Ma Pluto doveva ancora spiegare la cosa principale. Fece una pausa, cercò di trovare le parole più incisive e chiare. -Nella dimensione da cui provengo tu sei riuscita a sconfiggere il male, ogni forma di male, e hai fatto sì che la pace regnasse sovrana non solo sulla terra ma in tutto l'universo conosciuto.-

-Io non ho questo potere Pluto!-, Serenity si fece d'un tratto pensierosa. Lei non aveva la forza di salvare tutto l'universo e non l'avrebbe mai avuta.

-È così, invece. Io l'ho visto-, Pluto prese le mani della regina tra le sue e guardò dritta nei suoi occhi azzurri.

-Dentro di te c'è la forza più potente di tutto l'universo l'ho capito solo adesso: tu sei una donna terrestre e sei stata una ragazzina come tante altre, ma dentro di te vive l'essenza più pura della forza più potente di tutto l'universo: tu possiedi la forza dell'Amore. Ma qualcosa poco fa, durante l’eclisse è andato storto, il Tempo ha cercato di cancellare dalla sua maglia la presenza stessa dell’Amore, annientando quella dimensione e sostituendola con questa, in cui tu non…-

-Lo so. Mi sono sentita strappata dalla mia stessa vita e un attimo dopo ero qua, sempre io, sempre accanto alle persone che conosco, ma allo stesso tempo ho provato smarrimento, perché troppe cose non erano dove dovevano essere…-, con una mano stava strizzando l’altra, i guanti bianchi che indossava erano tutti raggrinziti.

-Per un attimo ho creduto di essere sola, che mia figlia non fosse mai esistita, che il Re…-

Pluto sentì uno strano formicolio alla schiena: quindi il loro intervento non era stato vano: senza di esso ci sarebbe stata una Regina Serenity, ma non una discendenza!

-È così!-, quasi strillò, -È così-, ripeté più piano, -Per un attimo tu sei stata Regina di un regno senza né Re né eredi-, Serenity sbiancò, fece guizzare gli occhi verso la Spianata, cercò suo marito, lo vide, vide Piccola Lady, si tranquillizzò.

-Loro sono qua, perché siamo riuscite a salvare questo mondo in tempo-, sul viso stanco di Pluto si dipinse un sorriso esausto. Il peggio era accaduto, ma entro l’eclisse lei e le sue compagne avevano sistemato tutto. Era grata a Uranus e Neptune, sentiva il cuore spezzato all’idea di averle abbandonate al loro destino, ma il destino del loro regno, il destino della Luce dell’Amore era più importante di ciascuna di loro.

-Non capisco…-, Serenity si sforzò di ricordare, sapeva che c'era qualcosa che le stava sfuggendo.

-Anni fa-, Pluto piegò la testa di lato, -Molti anni fa, in questa dimensione le cose non stavano andando per il verso giusto, non erano avvenuti alcuni eventi che avrebbero potuto condurre questa realtà verso il successo che tu hai avuto nella dimensione da cui io provengo. Non si era manifestata la tua grandezza, non era apparsa “La Luce”. È per questo che il Tempo ha fatto collassare l’altra dimensione su questa: per annientare la Luce, per cancellare l’Amore che tu rappresenti.-

-È... è terribile!-

-Io sapevo che tu saresti comunque divenuta Regina, ma il tuo cuore non avrebbe avuto la gioia dell’amore e per questo il tuo potere sarebbe stato insufficiente.- 

Pluto si guardò attorno: la desolazione che c’era, il ghiaccio che si estendeva all’infinito lontano da lì, erano tutti segni che l’universo ancora non si era piegato al salvataggio che lei, Uranus e Neptune avevano fatto. La realtà stava cambiando, la realtà doveva cambiare, ma ancora serviva “un segno”.

-L’onda degli eventi che mutano non è ancora arrivata fin qua-, spiegò a lei nell’attimo in cui stava raccapezzandosi in quel che vedeva, -Io so che adesso è possibile ripristinare la pace che c’era nell’altra dimensione, ma deve essere compiuto un atto… qualcosa!-, non sapeva cosa. Era come se ci fosse una diga nel tempo che arginasse lo tsunami che era stato messo in moto in quella notte del millenovecentonovantasei e ancora non permettesse di apprezzare i frutti del loro salvataggio.

-Serenity, ti ricordi quello che è successo quando eri ancora una ragazzina sull’isola di Kakeroma?-, la Regina rimase immobile, poi abbassò la testa.

-In parte. No. Non lo so-, era confusa, eppure qualche dettaglio aveva fatto breccia in quella diga.

-Il fiore che mi hai dato, mi ha ricordato un nome, ma è troppo poco-, scosse il capo, -È così importante?-

Pluto fece un rapido esame di quel che stava avvenendo, -Cosa ricordi adesso del tuo passato?-

Serenity aprì gli occhi e sospirò: -È difficile… Ero una ragazzina, conobbi Luna, mi dette la spilla, diventai Sailor Moon, combattei con le mie compagne contro Berillia, la sconfissi, poi arrivò il Clan della Luna Nera, li sconfiggemmo grazie all’intervento di un cavallo alato, poi…-

-No: non è così-, Pluto le mise le mani sulle spalle e fissò gli occhi nei suoi. Sembravano due calderoni in cui ribollivano filtri magici: stava a lei inserire gli ingredienti giusti perché la magia avvenisse.

-Hai un Re al tuo fianco: quando lo hai incontrato la prima volta?-, doveva capire come aiutare la Regina, ma le serviva premere i tasti giusti. Quello era uno di essi, perché lo sguardo azzurro si addolcì, i ricordi iniziarono a fluire alla sua mente, un dolce sorriso accompagnò il suo viaggio a ritroso nel tempo. Poi, tutto a un tratto, lo sguardo si fece vitreo, Serenity spazzò con lo sguardo tutte le persone lì attorno e iniziò a tremare.

-Lui non dovrebbe essere qui… loro non ci sono più… lui non è mai esistito…-, stava per scoppiare in lacrime, Pluto strinse le mani sulle sue spalle e catturò il suo sguardo.

-Quello che dici è vero, ma non spaventarti: al momento in cui la dimensione da cui provengo è scomparsa, tu, qua, eri una Regina senza un Re, senza un futuro, in lotta contro forze più grandi di quelle che penseresti di poter affrontare. La devastazione attorno a noi ne è la prova. Per questo sono tornata indietro nel tempo per aiutarti a compiere il tuo destino. Tutto ciò ha modificato questa linea temporale, o meglio l'ha fatta convergere alla nuova dimensione in cui i fatti hanno iniziato a svolgersi nel modo giusto, e tu hai potuto trovare al tuo fianco Endymion, in modo che la luce dell'Amore che proteggi dentro di te potesse essere più forte per affrontare il male.- 

Cercò un concetto facile da spiegare: -In questo momento lui è qua, tutti noi siamo fisicamente qua, ma ancora il nostro tempo non è avvenuto, le nostre menti non si sono riunite a quelle della dimensione il cui passato è stato corretto. Manca poco… si tratta solo di attendere che il flusso degli eventi cambi. Il passato che ancora non ricordi si sta creando in questo momento e finché non si assesterà né tu, né io riusciremo a capire esattamente dove poggi la nostra storia.-

-Perché non ci sono riuscita, da sola?-, c’era amarezza nella voce della Regina, si sentiva debole, era a causa sua se aveva fallito. Da sola con il suo potere non aveva avuto facoltà di riportare la vita su quel pianeta.

Pluto sorrise dolcemente: com’era candido l’animo di quella donna. -Perché l'amore che rappresenti è stato donato a ogni creatura nel cosmo e non te ne è rimasto a sufficienza: per questo sono state create le guerriere Sailor, guardiane e protettrici della Forza Galattica, che può raccogliere ogni impronta lasciata dall’Amore nell’universo e convogliarla nel Cristallo D’argento, tramite te.-

 

E allora Pluto capì: non bastavano un Re, non una Principessa né tutto l’impegno della Regina. Occorreva la più totale armonia tra coloro che avrebbero dovuto regalarle l’energia per vincere, ma lì non c’era armonia. Lasciò per un attimo la Regina, si voltò, notò come Uranus e Neptune fossero distanti tra loro, come si ignorassero e provò una fitta di dolore al pensiero delle sue compagne perdute. Chissà se erano ancora in vita, grazie alla magia che quella Serenity era comunque riuscita a fare. Le avrebbe volute al suo fianco per mostrare alle loro alter ego cosa significasse fare squadra, cosa combattere per uno scopo comune. Cosa fosse l’amore. Strinse i denti: non ce l’avrebbero fatta, non senza collaborazione da parte di quelle due.

In quel momento realizzò che tutti gli interventi che aveva fatto nel lontano passato erano stati concentrati esclusivamente su Serenity ed Endymion. Nulla era stato operato affinché avessero potuto salvaguardare le coscienze di Sailor Neptune e Sailor Uranus. Di loro due non sapeva nulla, se non che erano in piedi davanti a lei: sicuramente erano due donne in grado di governare i poteri dei pianeti che rappresentavano, ma lei non aveva idea di chi fossero o di chi fossero state o se avessero acquisito nel tempo la coscienza del compito che avevano. E senza il loro supporto, alla luce di quanto aveva appena compreso, Serenity non sarebbe riuscita nella sua impresa. Anche se l’onda degli eventi avesse investito tutti loro in quel momento, portando a un radicale mutamento di quella realtà, nulla avrebbe dato a pensare che quelle Uranus e Neptune avrebbero potuto apportare un contributo sostanziale alla causa. La “Ricerca”, Pluto lo comprese solo allora, era davvero fondamentale, dal momento che tutto aveva portato lì. Non avrebbero riaperto gli occhi trovandosi in un prato di fiori, così per magia: l’onda li avrebbe colti tutti lì, forse con poteri accresciuti, ma in una situazione analoga a quella. “La Ricerca” doveva avvenire comunque.

 

Sentì un urlo straziante alle sue spalle, si voltò, vide Jupiter stretta alla bambina che stava con Furuhata, “Non lasciarmi! Non lasciarmi!”, strillava. Così Pluto e Serenity realizzarono simultaneamente che l’onda era in arrivo. La Regina si riunì alle altre, accorrendo al capezzale della sua cara compagna.

Ma l’Amore, in qualche modo che Pluto non sarebbe mai riuscita a comprendere, andava oltre anche a quella forza subdola e inarrestabile, e mise in moto un ingranaggio scritto nel destino, che altra cosa era rispetto al Tempo.


In disparte oltre il gruppo delle guerriere, più lontana rispetto a Jupiter che viveva un dramma straziante nella sua testa, Piccola Lady si sentiva inutile, estranea a tutta quella forza cosmica che aveva sempre visto brillare in sua madre e nelle altre Guardiane Sailor, e che in quel momento sembrava aver del tutto abbandonato quel luogo.

Chiese scusa alla Prima Dama allontanandosi da lei e raggiunse i suoi genitori al centro del cerchio di pietra.

-Piccola Lady, tu non puoi stare qua-, provò a fermarla il Re, ma la bambina si avvicinò lo stesso a sua madre.

-Mamma, devi trovare la forza per salvarli tutti, per aiutare Jupiter-, la spronò, quindi allungò una mano verso di lei e le porse il fiore di gardenia che aveva recuperato dal palazzo.

-Forse questo ti può aiutare-, le disse in un sorriso, con tutta l’innocenza di una bambina che avrebbe fatto grandi cose nella sua lunga vita.

 

Serenity prese il fiore, un brivido percorse tutta la sua schiena dalla nuca alle gambe e tornò indietro, lasciando Jupiter alle cure delle altre. La Regina si alzò di scatto, il suo respiro si fece affrettato, cercò Pluto e si aggrappò alle sue spalle. Piccola Lady corse via, stava per accadere qualcosa. Riunì gli altri bambini e stette a guardare.

 

-La sento… l’onda: io la sento! È questa la chiave!-, mostrò il fiore a Pluto, quella forza che la Regina celava nell’animo pulsava e bruciava come se stesse per generarsi una stella, dentro di lei. Fu la prima ad accogliere l’onda e lo fece ritta in piedi, a braccia larghe e occhi chiusi, lasciando che i ricordi riaffiorassero chiari, come fotografie in ordine su un album da sfogliare. 

Serenity aprì gli occhi, si voltò e cercò il marito, l’osservò come se fosse la prima volta che lo vedeva, lo abbracciò.

-Mamo-, sussurrò Serenity, -Mamo!-, disse più forte e con gli occhi spalancati si staccò da lui. Il Re piegò le sopracciglia, scavò tra mille ricordi e i suoi occhi si aprirono in un muto stupore. La Regina si guardò attorno, voltandosi repentinamente in ogni direzione, guardando ognuno dei presenti e ricordando le loro storie. Corse da Jupiter con il respiro che si faceva sempre più affannato, appariva come una pazza.

-Mako-chan!-, le fece una carezza, le lacrime iniziarono a scivolare giù dai suoi occhi.

Le altre guerriere la circondarono, dovevano coprire al popolo quello che stava accadendo, il Generale chiamò le guardie che si disposero tutte attorno a loro, facendo scudo a occhi indiscreti.

-Rei, Piccola Ami, Minako… Oh, ragazze! Dove sono tutti gli altri? Dov’è Moto-Chan?-, Serenity piangeva e voleva tutti, tutti vicino a sé. Il Generale accorse, il nome con cui era stato chiamato gli aveva riportato alla mente un passato ormai lontano.

-Naru, mia dolce Naru, Umino, Yuichiro…-, Serenity li chiamò uno a uno e li guardò uno a uno negli occhi.

-Setsuna…-, si volse verso Pluto e la abbracciò, bagnando la sua divisa di lacrime. 

Pluto guardò la falce di luna brillare sulla fronte della sovrana, fu come se lei parlasse direttamente alla sua anima e nella sua testa si crearono ricordi che non sapeva di possedere, che non appartenevano a lei, ma le erano stati appena donati dalla Regina stessa. Sorrise, ormai le era tutto chiaro: la porta di quella dimensione ignota si era spalancata e lei poté scoprire tutta la storia di quella dimensione che non aveva mai potuto conoscere.

La Regina tirò su col naso, mentre il brusio cresceva attorno a loro, si asciugò con il polso le lacrime, si alzò e andò dritta da Sailor Neptune.

-Michiru-, la sua voce sembrava essere tornata sicura, -Hai fatto quello che ti ho ordinato una mattina di agosto alla stazione di Tokyo, tanto tempo fa?-, le domandò e chiuse gli occhi.

Sailor Naptune sentì la terra vacillare sotto di sé, tremò, cercò aria, quasi fosse stata colpita da una forza impetuosa e sconosciuta. Il tempo stesso parve allargarsi e contrarsi nella sua testa, il cuore prese a battere furioso, come se mille anni di emozioni si fossero riversate in quell’istante dentro il suo cuore. 

E allora l’onda dei ricordi colpì anche lei: un treno da prendere al volo a Tokyo, una ragazzina bionda con in spalla uno zaino più grande di lei, un nome scritto su una cartaccia, gli anni spesi a riflettere ripensando di continuo a quell’incontro, la scelta di trovare “il suo destino”, una ricerca estenuante, l'incontro con lei in una sera piovosa, il cuore che batteva, un fiore secco in dono.
Si sentì andar giù, schiacciata da qualcosa di più del peso dell’emozione di ricordare la sua vera storia. Vide nero.

 

-Ci sono io con te, Michi-, una carezza sul suo viso, mani familiari, occhi celesti che conosceva da sempre.

-Haruka-, mormorò e si sostenne a lei per tirarsi su in piedi. Era la sua Haruka, adesso ricordava tutto. L’aveva cercata per anni tra milioni, l’aveva trovata, l’aveva amata e adesso erano di nuovo insieme.

 

Le due si abbracciarono, a coloro che erano lì, quella scena apparve familiare, giusta così.

Pluto comprese che laddove il suo intervento era stato fallimentare, omettendo il ruolo chiave di quelle due, era stata una ragazzina di sedici anni, goffa e inesperta, a mostrare una lungimiranza degna della più grande sovrana che sarebbe diventata.
Usagi Tsukino gliel’aveva fatta: aveva messo un tappo alla falla nel piano di Pluto e aveva fatto sì che quel futuro, quella dimensione, il loro presente potesse diventare ancora più bello di quello che avevano dimenticato.

 

Neptune si rivolse alla Regina: -Sì, biondina, ho fatto quello che mi avevi ordinato-, rispose e sentì un forte calore scaldare il suo petto e colmare il vuoto che aveva sempre accompagnato la sua infinita esistenza solitaria. Haruka era accanto a lei, dimenticò in un battito di ciglia ogni attrito che mai ci fosse stato tra loro, comprese che il mare e il vento erano di nuovo legati da qualcosa di magico.



 

-Riproviamoci-, disse Serenity, -Ma stavolta tutti insieme, anche voi-, si rivolse a tutti coloro che erano stati presenti agli albori di tutta la sua storia, agli amici che aveva imparato ad amare in una afosa settimana di luglio, su un’isola ormai perduta. Guardò negli occhi Motoki, fiero nella sua armatura dorata, Naru, a cui prese la mano, Umino che comprese, senza porre obiezioni, Yuichiro che annuì e baciò con lo sguardo la sua Rei.
 

-E anche tu, baka del mio cuore-.
La Regina tese la mano al Re e lo tirò a sé fino a baciarlo, lì in pubblico, davanti a tutti, come non era mai successo prima.

Si strinsero in cerchio, misero ciascuno le braccia sulle spalle di chi era vicino, il cristallo d'argento apparve davanti al petto della Regina e fluttuò sospeso in mezzo a loro.



 

-Adesso!-, urlò la sovrana e ciascuno si concentrò fino allo spasmo.

Un pensiero per chi non c’era più, un pensiero per chi avrebbe potuto farcela.

Un pensiero per il tempo sprecato, un pensiero per l’amore che avevano ricevuto in dono.

Un pensiero per ricordare la perfezione della loro giovinezza, un pensiero di speranza per il loro futuro.

Un pensiero corse veloce a un’isola lontana, all’amicizia, all’attimo in cui erano divenuti adulti.

Un pensiero corse all’immobilità della loro esistenza, un ringraziamento per quella lunga vita arrivò da tutti al Cristallo d’Argento, che si illuminò dei riflessi di Sole e Luna, del fuoco della speranza, del prezioso scintillio della vita.


Un'accecante colonna di luce si innalzò in mezzo a loro e raggiunse il limite dell'atmosfera, per poi ricadere giù e avvolgere l'intero pianeta. I ghiacci si sciolsero, i mari tornarono ad occupare le infinite distese ormai vuote, la vita riprese a brulicare grazie al potere del Re della Terra e alla magia della Luna.

Per un istante tutto il pianeta brillò nel cosmo di una luce più potente di mille galassie.


Poi la luce svanì e per la prima volta da quando tentavano la Ricerca, Serenity non si sentì esausta, sul punto di morire, ma rafforzata dall’emozione di aver finalmente compiuto la sua impresa, sostenuta da coloro che amava da sempre.


Si ritrovarono ancora in cerchio ciascuno con le proprie braccia sulle spalle di chi gli stava accanto: -Dovremmo rifarlo…-, disse Yuichiro Kumada e quelli che avevano già vissuto quell'attimo, in una lontana mattina del millenovecentonovantasei urlarono la loro gioia infinita.

-È il momento di rompere le righe!-, annunciò il generale, -Amici, è stato bellissimo!-, e con un battito di mani si staccò per primo dal gruppo e baciò la sua Makoto.

-Vuoi sposarmi?-, le domandò sollevandola da terra e lei urlò, cercò con lo sguardo la loro bambina e urlò ancora la sua immensa felicità.

Le guardie attorno a loro voltarono lo sguardo verso il loro Generale e furono una voce sola di giubilo, la gente fuori dal cerchio esultò a sua volta, perché era stato compiuto qualcosa di grande.

 

L'esercito, preparato per quando fosse avvenuto il miracolo, si mosse rapido verso le terre riemerse, gli ultimo avamposti furono allertati, il genere umano scattò sull'attenti indaffarato per aiutare chi fosse sopravvissuto all'ecatombe.


-Ce l'hai fatta, Testolina Buffa-, Endymion strinse al suo petto la moglie, in un battito di ciglia gli passò davanti tutta la vita spesa al suo fianco e la baciò con lo stesso impeto di un ragazzo di vent'anni alle prime esperienze, con lo stesso amore che provava per lei da più di mille anni. 

Un colpo soffice alle loro gambe li interruppe: -Mamma, papà, ma cosa fate!?-, Piccola Lady era in imbarazzo nel vedere i suoi genitori così innamorati e senza vergogna come se fossero stati dei ragazzini.

Endymion la sollevò e portò il suo visino alla loro altezza, entrambi la guardarono negli occhi: -L'incubo è finito, Chibiusa-.

La mamma la prese in braccio e posò la fronte sulla sua: -Da oggi tutto il pianeta sarà la nostra casa e tornerà a risplendere come una perla blu nello spazio. Piccola Lady, appena sarà possibile voglio portarti in vacanza al mare, in un bel posto…-, le disse e sorrise.



 

Ce l'aveva fatta.





 

FINE


 
   
 
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